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Autore: Sakyo_    25/03/2013    2 recensioni
[Spezzone del 6° capitolo]
Ci ritrovammo così, in quella posizione non voluta ma perfetta, i nostri visi a pochi centimetri di distanza l'uno dall'altro. I capelli lunghi di Castiel mi solleticavano la fronte e il suo profumo pungente arrivò fino alle mie narici.
Per qualche secondo restammo a guardarci negli occhi: era la prima volta che li osservavo bene, e ne rimasi ipnotizzata. Profondi, intensi, neri come la pece.
«Adatti» mi ritrovai a pronunciare senza accorgermene.
Castiel mi guardò interrogativo.
«I tuoi occhi... Sono proprio adatti a te» affermai convinta.
[Spezzone del 13° capitolo]
«Non dirlo Nath, io sto bene con te…»
«E allora permettimi di renderti felice»
Una frase che arrivò come una cannonata in pieno petto. Mi sentii così confusa e inibita, come se mi fossi svegliata improvvisamente da un’anestesia totale.
Col dorso della mano mi carezzò la guancia nel modo più dolce possibile, mentre mi confessava il suo amore sincero.
«Sono innamorato di te, Emma»
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Castiel, Iris, Nathaniel, Nuovo personaggio, Rosalya
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Night and Day
Capitolo 8



Lo specchio che avevo di fronte rifletteva l'immagine di una Emma così avvilita e depressa che fui quasi tentata di assestare un pugno sul vetro per far sparire quelle profonde occhiaie che mi facevano assomigliare più a un panda che a un essere umano.
La notte appena trascorsa non ero riuscita a chiudere occhio per colpa di Castiel e del suo sguardo feroce che mi aveva perseguitata per tutto il tempo.
Già, colpa sua...
In parte anche mia, forse.
Il mio viso nello specchio assunse le fattezze di un perfetto viso colpevole.
Chi volevo prendere in giro? La colpa era solo e unicamente mia.
Se Castiel aveva reagito in quel modo era perché io avevo indubbiamente esagerato ad accanirmi contro di lui.
Ma non riuscivo a restare indifferente a quella storia, Nathaniel mi aveva fatto entrare nel suo passato e io volevo definire il puzzle dei suoi ricordi.
Mi diedi due schiaffi sulle guance e spalancai la bocca per sfogare uno sbadiglio sintomo della nottata in bianco.
Sbarrai gli occhi alla vista di un ex punto nero che durante i miei dilemmi interiori aveva avuto il tempo di trasformarsi in un enorme brufolo rosa che tiranneggiava prepotentemente al centro del mio mento.
Di tutta l'area del corpo umano, perché proprio sul mento?!
«Papààà, non posso andare a scuola oggi!» urlai dalla mia camera cercando di imitare meglio che potevo la voce di una bambina.
«Che succede? Stai male?» mio padre accorse con l'aria preoccupata.
Nel frattempo io mi ero infilata nel letto tirandomi le lenzuola fin sotto gli occhi.
«Sì, sto malissimo» piagnucolai.
Papà incrociò le braccia e mi fissò torvo.
«E cosa avresti di così terribile da impedirti di andare a scuola?»
Sbattei le ciglia e mi sforzai di risultare convincente «Un male... Un male ripugnante. Perderei quel poco di vita sociale che mi è rimasto se oggi varcassi la soglia di questa casa»
Di colpo le coperte finirono ai miei piedi e mi trovai completamente scoperta.
«Su, alzati e non fare i capricci» mi liquidò uscendo dalla stanza.
«Ma perché devi fare la parte del padre intransigente proprio adesso?»
Controvoglia mi alzai e borbottando andai verso l'armadio.
Il mio piano era penosamente fallito. La scuola mi stava aspettando.

Se avevo sperato di riuscire a evitare qualsiasi chioma rossa almeno fino all'intervallo, beh, quel giorno la fatina dei desideri era sicuramente arrabbiata con me.
Mi scontrai con Castiel e il suo fedele broncio non appena voltai l'angolo del corridoio che portava alla mia classe. Farfugliai un “buongiorno” ma in risposta ricevetti un'occhiataccia ostile e nessuna parola.
Quella situazione non mi andava giù. Ma come potevo chiedergli dei chiarimenti, visto che dopo la mia fantastica uscita del giorno precedente ero sicuramente finita nella sua lista nera?
Poi d'improvviso mi venne un'idea che avrei messo in atto quello stesso pomeriggio. O la va o la spacca, pensai.
Anche se peggio di così indubbiamente non poteva andare.

I teneri cagnolini disegnati sull'insegna del negozio di animali che avevo di fronte contrastavano appena appena con il ricordo del fedele bisonte di Castiel.
Feci un respiro profondo e mi addentrai nel negozio con fare deciso, forse fin troppo dato che la commessa corrugò la fronte per poi lasciarsi scappare una risatina silenziosa.
Non passò molto prima di perdermi tra tutti quegli scaffali che contenevano i prodotti per animali più disparati.
Da dove potevo cominciare?
Alla mia destra, il ripiano dei giochi. Alla sinistra quello dei cibi.
Bene, almeno sul bivio della scelta avevo le idee chiare. Mi rivolsi a sinistra e iniziai a scrutare con aria perplessa le varie etichette dei croccantini per cani: Puppy, Junior, Adult...
E cosa cavolo ne sapevo io della fascia di età di Demon?
Scossi la testa e avanzai un altro po' fino ad arrivare ai bocconcini. Subito mi saltò agli occhi una confezione di biscottini a forma di osso.
Perfetti! Demon ne sarebbe andato ghiotto.
Stavo per avvicinarmi alla casa quando una voce molto familiare arrivò alle mie orecchie e mi fece sobbalzare.
«Vuole una busta?»
«Sì, grazie»
Castiel era lì, a meno di due metri da me.
...Quale entità divina godeva così tanto nel farmi disperare?
Non ero pronta psicologicamente per affrontarlo. Già mi sentivo fin troppo idiota a scegliere un regalo per lui e per il suo cane, dato che nella migliore delle ipotesi mi figuravo un Castiel furibondo che mi costringeva a mangiare a forza quei biscotti con un sorriso maligno stampato sul volto.
In punta di piedi mi nascosi dietro un grande contenitore di collari ed altri accessori dalla dubbia utilità e rimasi in attesa di sentire i suoi passi uscire dal negozio.
Per un istante ebbi un déjà vu e istintivamente mi portai la mano sulla fronte come a cercare un bernoccolo ormai inesistente.
Rimasi col fiato sospeso e attizzai le orecchie, ma il rumore dei passi sembrava sparito di colpo.
Forse era uscito mentre io mi stavo nascondendo...
Feci capolino con la testa oltre il contenitore e mi accorsi troppo tardi delle quattro paia di occhi puntati su di me e sulla mia posizione assurda.
Castiel e la commessa mi osservavano con un'espressione tra lo stupito e l'esterrefatto, quasi fossi un fenomeno da baraccone.
Beh, in quel momento avrei preferito essere in un tendone da circo insieme a scimmie ed elefanti piuttosto che lì, alla mercé di quelle iridi colore della pece che continuavano a fissarmi astiose.
La parte egoista di me aveva sperato fino all'ultimo di sentire l'appellativo con cui aveva preso ormai il vizio di chiamarmi, “molestatrice”. Già, perché paradossalmente anche quella situazione sembrava essere stata escogitata per un attacco di spionaggio di livello professionistico.
Ma la sua bocca rimase chiusa come una cerniera.
«Castiel...» sussurrai.
Sentendo il suo nome uscire dalla mia bocca il rosso si irrigidì, voltò le spalle e uscì dal negozio facendo un cenno secco alla commessa. Mi aveva completamente ignorata, e questa consapevolezza mi ferì una seconda volta nell'arco della giornata.
«Castiel, aspetta!» urlai con un groppo in gola, e precipitosamente mi diressi al bancone per pagare i biscotti.
Uscii dal negozio talmente di corsa da non accorgermi del gradino che precedeva la porta. Quella volta però Castiel era troppo lontano per permettersi un altro salvataggio eroico, quindi caddi a terra sbattendo il sedere sul duro cemento del marciapiede.
«Ahio...» piagnucolai.
Accidenti a me e alle mie stupide idee.
Con la coda dell'occhio vidi Castiel voltarsi verso di me, scuotere la testa esasperato e fare dietro front.
«Devi sempre farmi perdere tempo, tu?!» disse mentre mi aiutava a rialzarmi.
Avevo una voglia matta di massaggiarmi il sedere indolenzito ma pensai che non era il caso. Seppur controvoglia Castiel mi aveva rivolto la parola e io dovevo approfittarne.
«Senti... Volevo parlarti di quello che è successo ieri» iniziai.
Il suo sguardo si fece di nuovo duro e si scagliò come un'ascia nei miei occhi mortificati.
«Non c'è nulla da dire» rispose prontamente lui con l'intenzione di voler mettere subito fine a quel discorso.
«E invece si» dissi guardandolo intensamente, poi abbassai lo sguardo a terra. «Mi dispiace Castiel, sono stata una stupida»
Il rosso rimase in silenzio e io approfittai di quella che mi parve una minuscola sospensione delle ostilità per offrirgli il regalo che gli avevo appena comprato.
«Ta-daaan» mormorari impacciata porgendogli la busta.
Evidentemente Castiel non si aspettava nulla del genere perché restò imbambolato a guardare me e la busta come se si trovasse di fronte a uno di quegli indovinelli quasi impossibili da risolvere.
«E' per te. Cioè, per Demon... Non so se possano piacergli, ma... Ecco...»
Stavo di nuovo facendo la figura dell'ebete. In un impeto di pessimismo mi convinsi che scusarmi in quel modo fosse stata un'idea davvero scadente, e provai un forte imbarazzo.
Ma Castiel fece una cosa che sarebbe un eufemismo definire sorprendente. Si portò una mano a coprirsi gli occhi per tentare di nascondere il suo visibile imbarazzo, poiché nel giro di pochi secondi il colore del suo viso aveva assunto le sfumature rossicce dei suoi capelli.
La reazione inaspettata a cui avevo appena assistito mi rese le cose un po' più difficili dato che avevo scommesso che quel mio gesto non l'avrebbe affatto scalfito. E invece mi ero sbagliata.
«Ehm... Allora, tieni»
Di nuovo il rosso mi sbalordì rifiutando la busta e mugugnando una frase che mi aprì il cuore.
«E' per Demon, no? Allora devi darlo a lui...» detto ciò si rimise in marcia verso la strada che stava percorrendo prima del nostro discorso, ma stavolta le sue falcate erano più lente, come a farmi intendere di seguirlo.
Senza farmelo ripetere due volte mi ritrovai a camminare dietro di lui con lo sguardo fisso sulla sua schiena ampia coperta dall'immancabile giacchetto di pelle nera.
D'improvviso mi resi conto di una cosa che fino ad allora sembrava quasi assopita dentro di me.
L'essere stata male per la sua reazione, l'aver comprato quei biscotti e il disagio di fronte alla sua espressione così dura...
Il motivo per cui stavo facendo tutto quello era perché a me premeva conoscere anche il suo punto di vista, mi importava sapere cosa lui ne pensasse e quali erano stati i suoi sentimenti durante lo svolgersi di quella vicenda.
Desideravo conoscere Castiel ancora più a fondo, perché mi importava di lui.

Il giardino di casa sua era piccolo ma accogliente. Il ringhiare minaccioso di Demon era l'unica nota stonata in quel piccolo paradiso verde, ma se non volevo buttare tutto all'aria mi conveniva tenere per me determinate battutine sarcastiche sul suo bel cagnolone.
Appena Demon avvistò il padrone corse verso di noi a passo di elefante mentre la sua coda cominciò a roteare follemente di gioia.
Ci mancò poco che dovessi chiamare un'ambulanza vedendo Castiel steso a terra con trenta o quaranta chili di massa corporea pelosa sopra la pancia.
«Smettila, Demon!» disse lui, e io mi resi conto che quella era la prima volta da quando lo conoscevo che lo vedevo ridere in modo così solare.
Il suo viso sempre impostato con quell'aria da duro cambiò completamente e mi ritrovai a pensare che fosse ancora più bello...
Poco dopo si alzò e cercò di scrollarsi di dosso l'erba e la terra che gli si erano appiccicati ai jeans scuri, poi con la mano fece segno di avvicinarmi.
Titubante feci come mi disse tenendo gli occhi ben fissi sul cane che ora ansimava con un metro di lingua penzolante dalla bocca.
«Non aver paura» disse, aprendo la busta dei biscotti e mettendomene un paio nel palmo della mano. Poi delicatamente poggiò il suo palmo sul mio dorso e lo avvicinò al muso di Demon. Quest'ultimo prima annusò diffidente ma presto si convinse che se la mia mano odorava di cibo, probabilmente ero un individuo abbastanza interessante per il suo stomaco, così prese gli ossicini dalla mia mano e li sgranocchiò con gusto.
Il respiro che avevo trattenuto fino a quel momento uscì tutto fuori e mi voltai sorridente verso Castiel.
«Visto?» mi disse, ma non completamente soddisfatto prese di nuovo la mia mano e la poggiò sotto il muso del cane, che distrattamente odorava intorno a sé alla ricerca di altre leccornie da divorare.
«E' morbido» constatai, continuando ad accarezzarlo compiaciuta.
«Vedi di non intenerirti troppo, altrimenti te lo scaglio contro» disse Castiel col solito tono burbero e non troppo sincero.
Sorrisi e mi sedetti sullo scalino della veranda accanto a me.
«Eravate molto amici, vero?»
Il rosso sembrò cadere dalle nuvole.
«Tu e Nathaniel, intendo»
Ero stata avventata ad uscirmene di nuovo con quella storia senza alcun preavviso, ma non avevo altra scelta. Oltretutto se Castiel aveva deciso di passare del tempo con me certamente aveva anche intuito le mie intenzioni.
Si distese nuovamente sul prato e portò una mano dietro la testa a mo' di protezione contro lo scomodo terreno erboso, mentre con l'altra aveva cominciato a lanciare un sassolino sopra la sua testa.
«Mah...» si limitò a dire.
Forse quando si parlava di cose come quella non era un tipo molto loquace.
«Ti trovavi bene insieme a lui?» lo spronai.
«Fammi capire, ti stai esercitando per una dubbia carriera da psicologa?»
Sospirai. «Sto solo cercando di capire quanto per te era importante questo rapporto»
Castiel scrutò il cielo con occhi imperturbabili.
«Lo avevo sopravvalutato» disse, «Credevo fosse più maturo»
Con lui sapevo di dover stare attenta a calibrare accuratamente ogni parola, ma l'istinto era più forte di me e senza accorgermene i miei pensieri si tramutarono in voce. «Così maturo da accettare il fatto che il suo migliore amico aveva baciato la ragazza di cui era innamorato?»
Castiel si alzò sui gomiti e mi guardò rabbioso. «Io non l'ho baciata!»
«...Come?»
«Io non ho mai baciato Rosalya, dannazione. Ti sembra il tipo di ragazza a cui potrei fare il filo?!»
Pensandoci due secondi... In effetti anche sforzandomi non riuscivo a immaginare lei e Castiel come una coppia. Decisamente no.
«Ma Nathaniel vi ha visti...»
Lanciò con forza il sassolino nel punto più lontano possibile, poi continuò.
«E ha visto male. Quel giorno... Rosa era venuta a parlarmi»
Un brutto presentimento si insinuò nella mia mente, ma non dissi nulla e lasciai che terminasse il suo racconto.
«Inizialmente pensavo che volesse sapere qualcosa riguardo Nathaniel, visto che da un po' di tempo lui la riaccompagnava spesso a casa dopo le lezioni...»
Demon spalancò la bocca dando vita a un profondo sbadiglio, incurante di tutto e di tutti.
«Non immaginavo che sarebbe venuta a farmi una dichiarazione»
«Un momento... Quindi Rosalya era innamorata di te?»
«Così pare. Io le dissi subito che non ero interessato, ma lei iniziò a piangere e mi baciò senza che potessi fare nulla per fermarla»
«Insomma, tu non hai ricambiato quel bacio»
«No che non l'ho ricambiato. Ma il caro segretario» sottolineò quell'appellativo con una buona dose di sarcasmo mista a qualcosa che mi sembrò delusione, poi andò avanti «Si fece una sua idea e se ne convinse senza chiedermi alcuna spiegazione»
«E perché non sei andato tu a chiarire quell'equivoco?»
A quel punto Castiel si mise in piedi e girò lo sguardo verso di me, di nuovo una nota di amarezza nella sua voce. «Perché avrei dovuto? Era lui ad avere un problema con me, non io»
Infilò le mani in tasca e mi passò accanto per entrare in casa attraverso la porta sulla veranda, lasciandomi sola.
Dunque Nathaniel aveva frainteso tutto... Non era Castiel ad essere interessato a Rosalya, bensì il contrario!
La loro amicizia era terminata a causa di un equivoco, e non era assolutamente giusto.
Intanto Castiel era tornato ed aveva con sé una ciotola di acqua che poggiò per terra vicino a un Demon sonnecchiante.
«Io penso che dovresti parlargliene» dissi, fissando un fiorellino giallo ai miei piedi.
«E di cosa? Ormai non abbiamo più nulla da dirci» rispose lui ponendo fine al discorso.
Potevo capire che Castiel fosse rimasto ferito dal comportamento del suo amico, d'altra parte ero consapevole del fatto che il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di sbloccare quella spiacevole situazione.
Ma continuavo a ripetermi che non era giusto, che le cose non sarebbero dovute andare così.
Prima di uscire da casa di Castiel passai di fronte la sua camera e buttai l'occhio sulla mensola dove era posata la foto che avevo visto la prima volta che avevo messo piede lì.
Per l'ennesima volta il mio carattere impulsivo parlò al posto mio.
«In quella foto siete tu e...?»
Ma Castiel non rispose. Da quel gesto però capii che ci avevo azzeccato. La foto annerita ritraeva lui e Nathaniel probabilmente in tempi migliori di questo.
Una rottura non voluta era fonte di sofferenza per entrambi, perché avevo capito che la loro amicizia era stato un sentimento importante in passato.
Sebbene la voglia di aiutarli si fosse già radicata dentro di me, sapevo che per far sì che si presentasse un'opportunità di riappacificazione sarebbe stato necessario parlare con un'altra persona.
Rosalya.


Note dell'autrice: Ehilà! Chiedo umilmente perdono per il ritardo con cui ho pubblicato questo capitolo, anche se più o meno lo avevo preannunciato nello scorso... Purtroppo è un periodaccio e le vacanze di Pasqua non sistemeranno le cose poiché ho in programma un viaggio quindi altro poco tempo per scrivere.
Però ce la sto mettendo tutta a scrivere questa storia e spero davvero che continui a piacervi!
Mi aspetto i vostri commentini che mi spronano ad andare avanti :3 un bacione a tutte e a presto!

  
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