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Autore: Harleen Quinzel    26/03/2013    1 recensioni
Questa è una Lily-Scorpius. Narra delle vicende di due scalmanati ragazzi in una Hogwarts un tantino più rock n'roll di quella originale.
Ci sarà azione, amore, sesso, problemi, avventure e tanta tanta musica.
La nostra Lily è una scatenata chitarrista, ma si arrangia a volte anche come vocalist. Lei è alla ricerca di futuri idonei componenti della sua band, ma ne vedrà di cotte e di crude. Leggete e scoprite ;)
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Lily/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Scusate la mia lunghissima assenza (me ne vergogno altamente). Ho passato un bruttissimo periodo (non è assolutamente una giustificazione) e avevo persino avuto intenzione di eliminare questa storia poichè mi infastidisce lasciare le cose incomplete, ma mi sono ricreduta, e anche ripresa :) Non merito affato perdono, ma spero che questo capitolo vi piaccia. A me piace particolarmente perchè si capisce il vero sapporto che vi era tra Lily e Scorpius e gli avvenimenti accaduti del loro passato. Vi avviso che è un capitolo leggermente triste, ma ci voleva per chiarire al meglio le idee. Inoltre volevo aggiungere che se notate degli errori grammaticali nelle frasi pronunciate da Hagrid è tutto voluto, infatti, per chi ha letto il libro, se ricordate bene, ad ogni inizio di uno dei sette libri vi è una sorta di nota che avvisa il lettore del linguaggio "diverso" di ogni perdonaggio. Buona lettura!


 

                                     I'm going back to the start




«Scorpy, hai della roba veramente bizzarra nel tuo baule», disse una ragazza pesantemente truccata di prima mattina.
Non ricevette risposta, il ragazzo con cui essa aveva tentato di interagire era abbandonato nudo nel suo letto verde a baldacchino in un sonno talmente pesante che neanche un incantesimo di espansione di voce della Mcgrannit lo avrebbe smosso da quella posizione.



La ragazza, ricoperta solamente da un lenzuolo, continuò a frugare rumorosamente come una talpa in cerca della luce. Procurò un potente frastuono quando le cadde di mano un libro raffigurante tutte le tecniche possibili per effettuare gli attacchi, le difese, i voli e i giri della morte durante una partita di Quidditch.
«Mmm…», bofonchiò il ragazzo, disturbato.
«Scusami, è che ho visto una collana bellissima dentro il tuo baule e mi è caduto tutto di mano»fece lei.
«Fai silenzio»disse lui girandosi nelle coperte.
«Wow, è femminile. Me la regali? Avrei scommesso che prima o poi mi avresti fatto un regalo. Pensavo ad un vestito, o dei fiori, ma non sarei mai arrivata a pensare a tanto. È bellissima» fece lei con il tono più civettuolo che aveva mai assunto.
«Falla finita»sbottò il ragazzo, infastidito dal gracchiare di lei.
Dei passi avvertirono il ragazzo che la portatrice di quella fastidiosa voce si stava recando verso lo specchio più vicino.
«Mi sta divinamente, lo sapevo»disse sfacciata.
«Toglila».
«Cosa?»chiese lei, il tempo di girarsi e vide il volto del ragazzo di fronte a sé, gli occhi fissi nei suoi, pieni di rabbia e collera.
«Ho detto di toglierla»scandì feroce lui.
«Smettila con questi giochetti, tanto lo so che è per me stupido»disse lei ridacchiando e cercando di scansare il ragazzo. Due secondi dopo lei era intrappolata tra il muro e le braccia di lui. La serravano fortemente, ma non era quella stretta che era causata da due innamorati presi dalla passione, era una stretta violenta, rude.
«Se non te la togli immediatamente te la strappo dal collo»disse lui a denti stretti.
«Perché fai il freddo Scorpy? Questa notte non eri affatto così» fece moine, lei.
Poi ci fu un qualcosa, un qualcosa di nettamente pauroso e terrorizzante, che cambiò tutto. Sarà stato il clima di tensione che girava nell’aria o sarà stato un tremolio negli occhi di lui, fissi, spalancati in quelli di lei, gli occhi di un serial killer che individuava la sua preda, gli occhi di un pazzo. Lei fece scattare la sicura dell’apertura della collana, e con voce tremante disse «Tieni», porgendo a lui la collana.
Fece per andarsene da quella stanza, a capo chino, quando qualcosa posto ai suoi piedi, sul pavimento, la fermò. Rimase cinque netti secondi e fissare tale oggetto, per poi piegarsi e prenderlo.
Esso era probabilmente volato via da qualche pagina di un qualunque libro che Francis ebbe scaraventato a terra mentre frugava nel baule di Scorpius, come passatempo. Francis era un’amante dell’arte del ficcanasare.
«E questa?»chiese lei, riassumendo tutto d’un tratto il tono orgoglioso e sfacciato.
Lui, a metà tra l’irato per la collana e metà incuriosito, si fece avanti per vedere di cosa si trattasse, quando lei d’un tratto spinse tale oggetto sul petto di lui, con forza, per poi mollare la presa e farlo delicatamente cadere a terra, ai piedi di lui.
«Lo sapevo io che c’era un’altra. Ma non pensavo potessi ridurti così in basso con una Mezzosangue»sbottò lei.
Lui piegò impercettibilmente la testa per vedere di cosa si trattasse, e vide, stupefatto, la foto di una ragazza un po’ troppo allegra per essere normale, un po’ troppo radiosa per essere normale e un po’ troppo rossa per essere normale. Una ragazza strana.
Lily Luna Potter adagiava tranquillamente sul pavimento della camera di Scorpius Hymperion Malfoy, proprio accanto ai suoi piedi.
«Non so cosa ci faccia questa foto in camera mia»disse lui.
«Se c’è vuol dire che un motivo esiste»disse lei sul punto di piangere.
«Sarà uscita da un libro di Albus che evidentemente mi avrà prestato»si scusò lui, e strafottente, si voltò per vestirsi e far finta che non ci sia una ragazza in piena crisi ormonale nella sua stanza.
«Oh certo, e vuoi dirmi che Albus tutto ad un tratto è diventato tanto romantico da tenersi la foto della sua dolce sorellina nei libri di scuola?!»strillò lei.
«E per quale motivo dovrei tenere io una foto della Potter?»chiese lui.
«Spiegamelo tu, perché io non lo so»disse lei, singhiozzando.
Scorpius non sopportava l’idea di vedere una ragazzina frignante piangere proprio davanti a lui. Le scelte erano due, o schiantarla verso la finestra, in modo che usciva dal suo raggio visivo, o liquidarla con una delle sue solite uscite per le quali le donne non riuscivano a farne a meno, e visto e considerato che non voleva iniziare l’anno scolastico con una punizione, optò per la seconda scelta.
«Francis, calmati, io e la Potter non abbiamo nulla a che fare, non abbiamo mai avuto una storia insieme, e mai l’avremo, mi fa ribrezzo solo a pensarlo e non posso credere che tu ci abbia minimamente pensato. Non starei mai con una come lei, specialmente se quella “una come lei” è lei. Ma hai mai visto cosa ha in testa? Non sembrano capelli, sembra lava. A me piaci tu, e stanotte mi sembra di avertelo fatto notare abbastanza bene, se non sbaglio»disse lui, accarezzando delicatamente i fianchi di lei.
«Forse si»fece lei, cercando di ottenere un tono serio e autoritario. Purtroppo, in quella scuola, ma anche in altre a dirla tutta, le ragazze non riuscivano a mantenere un procinto di autocontrollo se la loro pelle andava minimamente a contatto con il tocco di quella di Malfoy.
«Sarà di Albus sicuramente, quella sfigata della Potter non si sa neanche fare una foto da sola»disse lui ghignando, piegandosi a prendere la foto e accartocciandola nel suo palmo ferreo.
Lanciò ciò che rimaneva della foto in un cestino posto sotto quel che sembrava una scrivania di legno.
Scorpius Malfoy era pienamente cosciente su ciò che aveva detto nell’arco di cinque minuti, ed era anche pienamente cosciente che la maggior parte delle parole che uscirono dalla sua bocca, in quei cinque minuti, non erano altro che menzogne. Il fatto che lui non aveva mai avuto nulla a che fare con la Potter e l’appartenenza di Albus della foto, erano tutte cose che, una ragazza normale, o perlomeno non stupida quanto Francis, avrebbe dedotto fossero bugie. Ma considerando che sotto le braccia di Scorpius Malfoy la maggior parte delle ragazze diveniva stupida, e considerando che Francis lo era già abbastanza di suo, Malfoy riuscì a cavarsela a pieni voti d’attore.
«E che mi dici della collana? Di chi è?»chiese lei, con le lacrime ormai dileguate.
«Di mia madre».
«Oh, perdonami allora»disse rammaricata, lei.
 

*

«Lily, spiegheresti al tuo giovane e intrepido cugino il perché mai mi vieni a scassare i coglioni di prima mattina?»chiese un ragazzo in procinto di vestirsi.
«E tu spiegheresti a me perché mai io ti faccio i regali e tu puntualmente li fai putrefare dalla vecchiaia? Porca puttana io i tuoi vinili quasi li faccio andare in cancrena tanto è che li uso!»disse una chioma rossa infilatasi nell’armadio di quello che doveva essere suo cugino.
«Che è tutto questo baccano?»chiese una voce strusciante dal sonno, all’altra estremità della stanza, con la faccia sotto il cuscino.
«Dormite ragazzi, è solo Lily che ha un’altra delle sue psico-manie-adolescenziali, o forse è prematuramente in menopausa»si scusò Hugo.
«Lily? Ho sentito bene? Ehi ma non crea alcun rumore, anzi! Come stai Testa Rossa? E Firred che dice?»si alzò di scatto il ragazzo, emozionato dalla presenza della ragazza nel suo dormitorio.
«Ehi, belle mutande! Io tutto bene, e per quanto riguarda Firred, sai com’è, lei suona, non parla, che è ben diverso»liquidò il ragazzo lei.
«Sarà meglio che torni a dormire amico, non vorrai essere coinvolto nella malata mente di mia cugina. Di prima mattina è anche più acida del solito»incitò Hugo all’amico.
Mentre gli altri due compagni di stanza continuavano a ronfare tranquillamente, il ragazzo sveglio prese in buona considerazione il consiglio di Hugo e filò via in bagno, troppo imbarazzato per mostrarsi in quelle condizioni dopo il commento della rossa.
«Potresti essere anche più carina ogni tanto con i miei amici» rimproverò.
«Eureka!»
«È la mia vecchia maglietta dei Sex Pistols. Brava. Vedo che non mancano gradi alla tua vista. E allora?»sbottò lui.
«E allora te la metti. E poi non è affatto vecchia e anche se lo fosse le cose vecchie sono le più belle, è il mio primo regalo di compleanno che ti feci e se non te la metti ciò che ti rende uomo te lo sciolgo nell’acido»disse lei ammiccando ai pantaloni di lui.
Hugo senza pensarci si infilò la maglia nera che lei gli porse senza trapelare alcuna parola.
«Beh, in tutto ciò io vado, adios»fece lei.
«Dove vai? Aspettami!» chiese lui.
«È uno di quei momenti cugino!»gridò entusiasta lei prima di chiudersi alle spalle la porta.
Si capirono al volo, Hugo non insistette a capire o sapere di cosa stesse parlando sua cugina. Ogni qual volta Lily Luna Potter annunciava che aveva uno dei suoi momenti fatidici, chiunque - anche se Lord Voldemort l’avesse aspettata davanti al pianerottolo di casa sua per farla fuori – l’avrebbe dovuta lasciare in pace, sola, senza alcun rumore o preoccupazione, libera. Lily avrebbe compiuto un capolavoro di lì a poco.

*

Lily salutò qualche volto visto nei corridoi della prestigiosa scuola, prima di recarsi di fretta al grande parco verde che vi era a metà tra Hogwarts, il lago Nero, e il bosco.


Si sedette a terra e fece uscire dallo zaino un blocco di carta con già disegnato un pentagramma e una matita.
Iniziò a fischiettare una melodia e a scrivere qualche parola su un altro pezzo di carta, quando un qualcosa, un rumore, o meglio un suono, le catturò l’attenzione.
Una bambina con i capelli più biondi del grano stava correndo insieme a quello che sembrava un cicciottello gatto nero lungo il prato; giocavano e ridevano spensierati senza curarsi di far baccano. Lily avrebbe dovuto mostrarsi adirata dal disturbo che causavano, soprattutto dopo averla interrotta in uno dei suoi momenti, ma non le riuscì, bensì fu incantata alla vista della bambina che rideva felice dietro il suo gatto.
In quei giorni ad Hogwarts non l’aveva ancora vista ridere. Lily pensò che fosse la bambina più bella che avesse mai visto.


Antares Malfoy correva indisturbata sulle verde erba quando all’improvviso si bloccò e il suo sorriso e le sue risate cessarono.
Lily riuscì a scorgere il gatto agitarsi e dimenarsi nell’acqua e andare sempre più giù, sempre di più, senza riuscire a ottenere un respiro. Antares, in tutto ciò, non disse nulla, ne provò a chiamare aiuto: rimase immobile lungo la riva del lago Nero ad osservare la terribile scena davanti a lei.


Lily buttò via tutti i fogli che aveva sulle ginocchia e corse verso di lei.
«Dimmi immediatamente come si chiama!»ordinò agitata lei.
Ottenne il silenzio più oscuro che potesse avere.
«Antares! Mi devi aiutare! Come si chiama il tuo gatto?!»richiese alla bambina.
«Non è mio. Nulla è mio. Tutto ciò che penso che lo sia se ne va e mi abbandona»sibilò la bambina, quasi sottovoce.
«Se non mi dici il suo nome, il gatto, di chiunque esso sia, morirà, e so che tu non vuoi che accada. Eri felice con lui prima!»disse Lily.
«Anche conlei ero felice, prima. Ora non lo sono più. Ora non c’è più. Perché tutti quelli che amo se ne devono andare?»
Lily si inginocchiò davanti Antares per guardarla meglio negli occhi e le provocò un forte scossone alle spalle.
«Adesso tu mi ascolti! Tua madre è morta, e anche quel gatto lo sarà tra qualche minuto. Ma il futuro si può cambiare, il passato no. Noi potremmo salvare quel gatto. Tu se avessi potuto, non avresti salvato tua mamma?».
Silenzio. Solo qualche battito di palpebra di Lily. Gli occhi di Antares erano persi nei suoi, ma non stavano guardando veramente gli occhi di Lily, ma qualcosa, un qualcosa di molto lontano, un ricordo, e tutto cambiò.
«Kurt».
Lily voltò le spalle alla bambina più veloce che mai, strinse forte a se la bacchetta che ormai teneva stretta in mano già da un pezzo e la agitò: «Accio Kurt!».
Il gatto, fradicio, lievitò verso di loro, ormai privo di sensi.
Lily avvicinò due dita a Kurt e fu inondata da un tremolio alla schiena dovuto al pacifico senso scaturito dall’abbandono della preoccupazione dal corpo, o meglio, dal cuore.
Kurt era vivo.
«Bisogna immediatamente portarlo in infermeria»constatò la rossa.
«Grazie mille, Lily»disse inaspettatamente Antares.
«Come fai a ricordarti il mio nome se abbiamo parlato solo una volta?»chiese stupefatta.
«Io non la dimentico una ragazza con i capelli più strani dei miei»disse, sfociando un lieve sorriso sghembo.
Con quel sorriso, Lily vide per un impercettibile secondo, il volto di Scorpius in quello di Antares, ma subito svanì quando la ragazzina si mise a correre verso l’infermeria del castello con in grembo Kurt privo di sensi.
Lily si fece tirar fuori un lieve sospiro di sollievo, recuperò la borsa e, avendo ormai perso tutta l’ispirazione nel comporre musica che prima la invadeva, decise di andare a fare una visitina al suo omone rozzo preferito: Hagrid.
Si condusse alla piccola casetta adagiata vicino all’entrata della foresta proibita.
Se lo era decisamente meritato, dopo aver salvato un essere vivente.
*
«E così tu dici a me che la piccola Malfoy si è pietrificata nel vedere il gatto affogare? Nessun atteggiamento di coraggio?»chiese il grande omaccione con la giacca di panno più malandata ed enorme mai vista addosso a lui, versando dei thè a Lily.
«Si, proprio così. Ma non do la colpa a lei. Cioè, credo che lei sia coraggiosa, ma che abbia un trauma da superare per dimostrarlo. Un qualcosa che la blocca a dimostrarsi e ad affrontare i pericoli»disse Lily osservando apparentemente la tua tazza da thè, ma in realtà con lo sguardo perso chissà dove.
«Cosa vuoi dire? Prendi qualche biscotti mo’ che ci sei, sono caldi caldi»disse Hagrid sedendosi di fronte a lei.
Lily sapeva benissimo che i biscotti di Hagrid avrebbero mandato all’aldilà i suoi denti e perciò finse di prenderne un boccone per portare giù la mano sotto il tavolo e donarli a Thor, il quale stranamente adorava i biscotti-pietra del padrone.
«Hagrid, credo che ciò sia dovuto a causa della morte della mamma. Astoria Greengrass. Quando le chiesi di dirmi il nome del gatto per pronunciare l’Incantesimo di Appello, lei mi rispose dicendomi che il gatto non era suo e che nulla era di sua proprietà perché tutto quello cui lei pensava di esserne a possesso se ne andava, credo si riferisse proprio alla madre. Dovevi vederla Hagrid, aveva uno sguardo perso più freddo della neve di Natale ad Hogwarts, sembrava senz’anima».
«Sei così sicura? Ricordo a te che la piccola Malfoy non ha avuto nessuna relazione con la madre, se non quando c’erano i nove mesi di attesa nella pancia. Non può avere nessun ricordo di lei quando era piccola perché non l’ha mai vista, quindi non capisco perché ci soffre così tanto, quello che dovrebbe esser più triste è suo fratello, e naturalmente Draco Malfoy»disse Hagrid pensieroso.
«Hagrid, la perdita della maglie, la donna che ami, è sicuramente uno dei dolori emotivamente più forti e distruttivi che esistano; ma la perdita di una madre, colei che ti ha generato, strappata troppo in fretta per dire di essertela goduta, colei che doveva vederti crescere, sposarti e avere dei bambini, è senza dubbio di una lacerazione d’animo paragonabile a quella del marito, se non di più. Draco ha sofferto da marito, ha visto la donna che amava portata via da una stupida malattia Babbana; Malfoy ha sofferto da figlio, ha visto la mamma portarsela via da una stupida malattia Babbana; ma Antares ha visto la mamma portarsela via da una malattia Babbana, ma l’ottanta percento delle persone hanno associato la causa della morta di Astoria a lei, e questa credo sia uno strazio simile ad un Cruciatus, con l’unica differenza che quell’incantesimo è uno strazio fisico, questo invece è morale, ed è di gran lunga peggio»disse Lily guardando un punto imprecisato della piccola casetta del custode.
«Tu hai ragione Lily, hai preso il cervello e il cuore dai tuoi genitori, non c’è che dire»disse Hagrid, cercando di asciugarsi con il pollicione una lacrima ribelle dal suo viso.
«Beh, spero tu non ti sei troppo ingozzata dei miei biscotti signorina, o non mangi nulla a pranzo. A proposito, si è fatta ora, ti conviene andare»annunciò Hagrid.
«Hai ragione, a presto Hagrid!»salutò il custode.
Era ora di pranzo nel Castello, e di certo quasi tutti gli studenti erano già posizionati rispettivamente alle proprie tavole per gustarsi tutte le prelibatezze preparate dagli Elfi. Lily però decise di compiere una deviazione e cambiare rotta: c’era uno scoglio, o meglio una roccia, posizionata verso il lato posteriore dell’imponente Catello la quale Lily trovava immensamente comoda per essere una forma solida, e visto che era uno dei suoi preferiti luoghi di meditazione e di riposo – specialmente quando voleva evitare un’ora di Divinazione – decide di favi una sosta, o magari perché no, un riposino.
Poggiò la sua schiena contro la fredda roccia e sfilò via dalla borsa quella che sembrava una canna.
La accese con la sua bacchetta e si lasciò andare a se stessa. Una regola fondamentale che Lily conosceva bene era: mai fumare quando si è in stato di paranoia, mai.
Beh, su per giù il suo stato d’animo le si avvicinava molto, ma non diede troppo peso a ciò, e decise di continuare a badare ai pensieri che in quel momento le offuscavano la mente.



Flashback


Era il Natale del secondo anno di Lily nella scuola di magia e stregoneria del Regno Unito. Si respirava aria di Natale ovunque, la scuola era impregnata dall’odore dei succulenti cibi sfornati dagli Elfi provenienti dalle cucine, i corridoi della scuola erano in festa, tutte le sale erano addobbate a tema e le decorazioni scintillavano ancor di più per i gli incanti di magia creati, per non parlare del tetto stellato dal quale fluttuavano da esso leggiadri fiocchi i neve che andavano poi a cullarsi lentamente al suolo, o su qualche capo di uno studente qualsiasi di Hogwarts, ma non su quello di Lily. Lei non si trovava momentaneamente nella Sala Grande, ma era intenta a girovagare i corridoi alla ricerca della persona più desiderata dalla ragazza in quella circostanza, uno dei suoi più cari amici. Il respiro si affannava e diveniva pesante ad ogni sua accelerazione della velocità dei passi, il cuore iniziò a battere sempre più rapido, le lacrime lottavano per rimanere imprigionate nella gabbia del suo bulbo oculare. Lily pensava al peggio. Per il corridoio si udiva solo il suo leggero ticchettare scaturito dalla suola dei suoi anfibi con il pavimento, ogni tanto passava per i corridoi qualche ragazzo correndo in ritardo per la cena, o di rado in rado qualche coppia di ragazzi amanti i quali andavano a rifugiarsi nel loro amore in posti nascosti da occhi indiscreti, finché Lily non si imbatté in un corridoio dove udì un leggero singhiozzare.
A Lily mancò il respiro.
Scrutò attentamente la zona per cercare di individuarlo, finché non vide un leggero chiarore in una zona troppo buia: Scorpius giaceva seduto a terra con le ginocchia al petto, dietro una colonna della zona porticata che precedeva le scale che conducevano ai sotterranei. Il chiarore che Lily aveva colto era stato scaturito dai suoi capelli. Lily aveva sempre amato quel suo chiarore, l’aveva salvata sempre, sin dai primi tempi quando Lily al primo anno cercava di evitarlo per i corridoi della scuola perché altrimenti gli avrebbe tirato un pugno in faccia e l’avrebbero mandata in punizione, anche quando poi, divenuti amici, lei correva nei sotterranei di Serpeverde per cercare di trovare lui ed Albus e convincerli a giocare una partita di Quidditch perché vi era il campo libero e a disposizione, fin quando poi, Lily non si infatuò, e cercò di cogliere quel suo chiarore di capelli tra le tante teste degli studenti ammassati nei corridoi in procinto di giungere in tempo a lezione. Quel suo chiarore l’aveva salvata, sempre.
Scorpius stava piangendo.
Istintivamente le lacrime che prima sgorgavano dagli occhi di Lily si bloccarono di colpo, trattenendosi, magari per far si che poi, più in seguito, Lily avesse potuto dedicargli via d’uscita e liberarle più avanti, forse appena si sarebbe trovata sola. Ma non davanti a lui.
Lily fece scivolare il suo corpo contro il freddo colonnato e scivolò accanto a lui. Lo guardò nei suoi immensi occhi rossi dal pianto e con i pollici asciugò delicatamente, quasi come un soffio di fresco vento, le lacrime sulle guance di Scorpius, si guardarono negli occhi per quei secondi indispensabili per far sì che Lily potesse comprendere appieno ciò che era accaduto, anche se già in cuor suo sapeva. Lui la guardava e aveva la forza di non abbassare gli occhi; lei lo guardava e aveva la debolezza di non distogliere i suoi.
Era morta.
Sua mamma era morta.
Scorpius, Antares e Draco erano rimasti soli, soli insieme.
Astoria Greengrass si era spenta quella vigilia di Natale per un cancro all’utero. Erano anni che soffriva e tutta la famiglia combatteva per uccidere questo male, ma purtroppo, la magia non fa miracoli. Lily ricordò di come Scorpius aveva iniziato a sentirsi deluso e abbandonato della magia da quando sua madre iniziò ad ammalarsi, e di come Lily lottò mesi e mesi per riconquistarlo e far tornare l’amore e la passione per la magia al ragazzo.
I mali, quando sono irrisolvibili dalla scienza, lo sono anche per la magia, ma non perché la magia sia meno potente della scienza, tutt’altro, ma perché se è destino che ciò sia accaduto, forse avrebbe dovuto essere così. A capo della scienza, ma anche della magia, c’è sempre una forza più grande, onnipotente, almeno così le aveva insegnato Astoria quando Scorpius era ancora un bambino. Scorpius però non ci credeva. Scorpius ormai non credeva più a nulla.
Lui si chinò per porre la testa sulle gambe di Lily. Lei lo colse con garbo e gli cinse il volto con tutto l’amore possibile, stringendolo al caldo, in un abbraccio protettivo, quasi come se Lily volesse tenerlo immune da tutti i mali del mondo esterno. Accarezzò i capelli di lui, lentamente, compiendo una sorta di ghirigori immaginari sul suo cuoio capelluto, e intonando una melodia a Scorpius sconosciuta. Per scuotere un cuore che ha sofferto ci vuole il doppio dell'amore che ha perso.
Erano rimasti così tutto il tempo, senza fiatare, gli era bastato il linguaggio degli sguardi a loro. L’unico momento che spezzò quella pace – ma guerra di emozioni- che vi era dietro quella colonna fu scaturito da Scorpius.
«Lily, tu credi nel Paradiso? Secondo te esiste? E l’Inferno? È vero?» chiese con voce rotta dal pianto.
«La verità è che non c’è verità, che nessuno se ne va mai per davvero. E nessuno resta per sempre» soffiò Lily.
«Kurt Cobain» concluse Scorpius, e tornò a farsi cullare tra le braccia della sua migliore amica.
Trascorsero la notte cullati l’un l’altro, ogni tanto cantavano, ogni tanto ridevano cercando di offuscare la mente dal dolore, fin quando Scorpius, dopo aver riso ad una battuta di Lily sulle mantidi religiose, non si fece d’un tratto serio e disse «Grazie. Di esserci. Sempre».
Lily si chinò a baciarli la fronte spostando una ciocca bionda che intralciava la strada.
«Lily, mi prometti che non mi abbandonerai? Almeno tu?» a Lily sembrò per un secondo quasi un bambino con il broncio.
«Tu non mi leverai più dalle palle, Malfoy. E se ipoteticamente fosse il contrario, non sarebbe di certo per merito mio, lo devi volere tu. Ma anche se fosse così, tu penserai di essenti liberato di me, ma io ci sarò sempre, anche se tu non lo verrai mai a sapere».
«Ho paura Lily. Non sono bravo con le relazioni umane. Non voglio perderti»disse Scorpius con voce debole in procinto di esser cullato nel sonno.
«Hai pur sempre tua sorella e tuo padre, e per loro sei necessariamente importante. E semmai rimarrai anche abbandonato da essi non sarai solo. Avrai la musica. Ascolta, la senti? Io la sento dappertutto: nel vento, nell'aria, nella luce, è intorno a noi, non bisogna fare altro che aprire l'anima, non bisogna fare altro che ascoltare».
«La sento»bisbigliò Scorpius.
«Come up to meet you, tell you I’m sorry,
You don’t know how lovely you are.
I had to find you, tell you I need you,
Tell you I set you apart.
          […]
Nobody said it was easy,
It's such a shame for us to part.
Nobody said it was easy,
No-one ever said it would be this hard,
Oh take me back to the start
» intonò Lily cullando Scorpius in un dolce sonno.
Se fosse stato possibile, come dice il testo di The Scientist dei Coldplay, far sì che possa tornare tutto al punto di partenza, poter fermare il tempo e riportarlo indietro, con Scorpius tra le braccia della mamma.

Fine Flashback 


Lily credeva che lei e Scorpius fossero legati da un unico, semplice filo, cioè dalla loro relazione, e se avesse tagliato quel filo era fatta. Così l’ha tagliato, ma non è stato come si aspettava. Non c’era solo un filo, erano centinaia, migliaia, ovunque si girasse.
Lanciò il mozzicone e raccolse la sua tracolla per dirigersi al castello.
«Poi mi hai scritto: “Spero che le tue canzoni ti portino lontano”. E invece io volevo starti vicino» disse ad alta voce.


   
 
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