Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Riholu    26/03/2013    4 recensioni
[Storia ambientata prima degli eventi di B2 e N2]
Ad Unima non c'è più tempo di divertirsi, perché i Pokémon stanno soffrendo per mano di un team sconosciuto.
Non c'è più tempo di giocare al novello allenatore, e Touko dovrà impararlo presto, se vorrà aiutare la sua regione a curarsi dalle Ombre.
Tratto dal testo:
I due ragazzi si guardarono per un attimo, per capire chi è che dovesse parlare.
Alla fine prese parola il primo.
«Ciò che stiamo per dirti probabilmente ti scioccherà un po', ma non è il caso di addolcirti la pillola. Hai comunque l'età per capire, quindi cerca di affrontare la verità con diplomazia. Qualunque sia. E di crederci, soprattutto»
[REVISIONE IN CORSO --> Capitolo 13]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Touko
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 11
Sangue e dolorosi ricordi



 
 
Wes ordinò a Suicune di eseguire Nebbia, in modo che i suoi avversari non vedessero cosa succedesse.
In seguito, in silenzio, fece uscire Raikou e Tyranitar e ordinò loro di liberare i seguaci del Team Plasma: per quanto odiasse le organizzazioni criminali come quella, non poteva comunque permettere che quell'N venisse fucilato.
Gli dava una buona impressione, nonostante gli ideali che aveva i testa.

 
Così ordinò ai due Pokémon di portare via le altre persone in pericolo, poi fece uscire Altaria.
L'uccello di tipo Drago/Volante si rifugiò sotto Protezione di Suicune, pronta a eseguire qualsiasi richiesta del suo amato allenatore.

 
-Per favore, portami via di qui. Protezione non può durare per sempre, alla lunga diverrà fallace e i proiettili passeranno- le disse il giovane, supplichevole.
Altaria comprese che se il mulatto si rivolgeva così a qualcuno aveva davvero paura, perciò annuì.
-Grazie mille, Altaria. Adesso io ti salirò in groppa e, appena farò ritornare Cune, in contemporanea spiccherai il volo. Reggerai il mio peso?-.
 
Il Pokémon strusciò il becco contro il suo allenatore, dimostrandogli tutto l'affetto che poté: era ovvio che avrebbe retto il peso del ragazzo, come poteva fare altrimenti per impedire che venisse ucciso?

Wes le salì in groppa, mentre Suicune tornava pian piano in posizione eretta per ampliare il raggio d'azione della mossa.
Il giovane diede il segnale a entrambi e, nel momento stesso in cui l'uccello spiccava il volo, richiamò Suicune nell'ultraball.

 
Allenatore e Pokémon si allontanarono dalla spessa nebbia ad alta velocità, il vento che sferzava i loro volti e scuoteva le piume di Altaria.
L'uccello, appena fu ad alta quota, planò un po' per stabilizzare il proprio corpo e far riposare le ali nuvolose.
Si girò verso il suo allenatore e lo guardò preoccupata: era piuttosto pallido, forse gli mancava l'aria.
Decise dunque di scendere un po' per avere più ossigeno a disposizione, ma niente: il giovane continuava a stare male.

 
Lo chiamò, preoccupata, e lui le rivolse un debole sorriso, che non la convinse affatto.
Gli chiese allora cosa avesse.
-Sto bene, Altaria, tranquilla... Uh...- disse lui, stringendosi ad un tratto il braccio.
 
-Al-Alta-ria...- disse l'uccello, preoccupato.
 
-Forse non sto poi così bene... Mi sa che un proiettile mi ha preso al braccio, ahi... Atterra, per favore, ho bisogno di cure...-.
 
Il Pokémon planò immediatamente verso terra, optando per una discesa morbida anziché una liberatoria picchiata ad alta velocità: non sarebbe stato affatto d'aiuto al giovane.
Atterrò con delicatezza e Wes scese giù, tenendosi con il braccio sano. Una volta toccato terra, barcollò fino ad un albero e si lasciò scivolare contro di esso, sempre tenendosi il braccio.

Con l'aiuto di Altaria si tolse il capotto blu scuro, rimanendo con la solita canotta a collo alto.
Osservando il proprio arto, capì di avere ragione: era ferito al braccio destro, proprio sul muscolo. Forse aveva il proiettile dentro o forse l'aveva solo preso di striscio, ma comunque perdeva sangue.
Il guanto nero con la quale teneva la ferita era completamente macchiato di rosso, perciò se lo sfilò con l'ausilio dei denti.
Purtroppo non aveva come fasciare il taglio profondo: l'unica cosa possibile era fermare l'emorragia con la mano, ma aveva bisogno di cure urgenti.

 
-Dove sono Raikou e Tyranitar, Altaria?- domandò con voce dolorante.
L'uccello, accucciatosi accanto al padrone, alzò la testa immediatamente e aguzzò l'udito, in cerca di segni che le indicassero la posizione dei due compagni.
Nulla le diede qualche indizio.
-Valli a cercare, allora- disse il giovane.

Fece poi uscire Suicune dalla sua sfera, con un po' di fatica non essendo abituato a usare il braccio sinistro per quel tipo di attività.
Questo ringhiò, una volta fuori, alla vista delle sue condizioni.

 
-Cune, andresti a cercare Touko? Avrei bisogno di una mano-.
Il Leggendario si mostrò completamente in disaccordo, insistendo nel voler vegliare sul mulatto.
-Stai tranquillo, ci sarà Umbreon con me. Ti fidi di lui, no?- provò a convincerlo Wes.
 
Il Pokémon annuì e, rassegnatosi, corse alla ricerca della brunetta, non capendo perché non gli avesse chiesto di portarlo al Centro Medico, invece di mandarlo alla ricerca della sua compagna di viaggio.
Non capiva cosa il suo allenatore vedesse in quella ragazza: forse se ne stava innamorando...
Accidenti se così era doveva impedirlo: l'amore portava solo a tristezza e non voleva che fosse triste.

 
Così il ragazzo rimase da solo con Umbreon accanto, uscito dalla pokéball dopo la scomparsa di Cune, e si mise a riflettere.
Era riuscito a trovare il Team Cripto, affermando così i suoi sospetti sulla loro colpevolezza. Era effettivamente affar suo sistemare quei dannati fuorilegge: se fosse stato chiamato qualcun'altro a risolvere la faccenda e questo avesse scoperto i colpevoli, lui sarebbe stato scomodato comunque.

 
"Devo ammetere, però, che Nascour è diventato davvero forte, difficile da battere. Questa volta debellarli sarà più complicato rispetto ai tempi di Auros. Oppure siamo noi che ci siamo indeboliti con il passare degli anni?" pensò il giovane.
Sospirò, stringendo il braccio con forza, gemendo di dolore per via del taglio aperto.
"Ci vorrà tempo prima che possa riutilizzare agevolmente il braccio. Finché non si sarà cicatrizzato, sarebbe il caso che lo portassi fasciato e non sforzarlo" pensò.

 
Sospirò nuovamente, rendendosi conto della difficoltà della cosa: sapeva di essere un tipo piuttosto attivo, sempre in movimento, e avere un arto poco utile gli sarebbe stato di notevole impiccio.
"Dannazione, perché mi ficco sempre in problemi più grandi di me?" si rimproverò. "Devo proprio smetterla: nonostante l'esperienza nel mondo criminale, la vita fatta di sparatorie non fa per me, come non è da me vivere in un singolo posto. Ho bisogno di spostarmi, di viaggiare: sono uno spirito libero, non potrei mai vivere in una casa. Ma devo piantarla di rischiare di lasciarci le penne, ogni volta".

Ripensò un attimo alla sua abitudine di spostarsi sempre di qua e di là.
-Viaggiare sempre, però, mi porta lontano da chi amo- sussurrò, assente, ricordandosi della sua famiglia.

Non sapeva nemmeno più dove fossero sua madre e suo fratello minore, Michael: aveva saputo che il suo caro e vispo fratellino aveva preso la stessa via di lui, riuscendo anche a proteggere Auros mentre lui era assente.
Non si vedevano da un pezzo, probabilmente non si sarebbero nemmeno riconosciuti.

"Dovrebbe avere poco più dell'età di Touko, adesso. Quando andai via di casa aveva tredici anni, io quindici. Mi odierà? Forse, dopotutto non l'ho mai nemmeno chiamato... E mamma? Di sicuro ce l'avrà con me a morte finché vivrà: in fondo, me ne sono andato senza dire una singola parola né avvertirla, così come Mic. Che razza di figlio sono? Se mi vedesse adesso mi rinchiuderebbe in camera in punizione, manco fossi un bambino capriccioso" pensò il giovane, ridacchiando da solo come un idiota.
"La vita di chi mi vuole bene non dev'esse affatto facile" realizzò, ricordandosi poi dell'addio alla sua casa.
 
Il giovane quindicenne stava sistemando tutti i suoi principali averi all'interno dello zaino color pece, del suo colore preferito.
Era solo l'essenziale: ricambi, le pokéball di Umbreon e Espeon, il Pokédex, una piccola mappa di Auros... Cose così, insomma. Era pronto ad andare all'avventura, anche se l'avrebbe fatto clandestinamente: sua madre era contrarissima alla sua partenza, dicendo che era una cosa troppo avventata e di pessimo esempio per il fratello.
Wes, fin da piccolo, aveva mostrato un temperamento ribelle, arrogante, sicuro di sé e sfrontato.
Proprio per questo suo carattere spericolato non gli era stato complicato decidere di partire di nascosto, senza salutare.
Proprio come fece suo padre tempo fa, scomparso e mai più rivisto quando lui aveva sei anni e Michael quattro.
L'odio che albergava in Wes per il padre era immenso e lo disgustava commettere lo stesso errore di lui, ma non c'era altro modo per seguire il suo sogno: distinguersi tra gli allenatori di tutto il mondo e dare un po' di importanza alla sua desertica regione natìa.
Erano nobili princìpi, ma non era giusto compierli con il dissenso di chi lo aveva cresciuto.
Al giovane dispiaceva lasciare per sempre la sua casa, perché sapeva che una volta che la madre avesse scoperto il suo misfatto non lo avrebbe più riconosciuto come figlio, ma diventare allenatore di Pokémon era sempre stato il suo più grande sogno, e non voleva essere costretto a "mettere su famiglia" come invece lei avrebbe voluto.
Lui vedeva il desiderio della madre come qualcosa di egoistico.
Così partì senza alcuna remora, senza salutare per davvero nemmeno il fratellino di tredici anni.
 
Wes tornò al presente mentre i ricordi scemavano, lasciando solo qualche vaga immagine di ciò che era stato il suo passato.
Ricostruire i suoi ricordi gli era davvero difficile, come se si fosse svegliato da un coma senza alcun ricordo del suo passato.

Era terribile non riuscire a ricordare, anche perché non aveva idea del motivo, ma almeno il viso del fratello l'aveva sempre in mente: viso tondo, un po' paffuto, dalla pelle chiara, capelli rosso fuoco ribelli e occhi verde smeraldo.
I capelli provenivano dal padre, gli occhi dalla madre. Lui invece aveva preso gli occhi del padre, seppur più chiari, e i capelli della madre; il suo colorito mulatto lo doveva probabilmente a qualche suo antenato, poiché entrambi i genitori era di pelle bianca lattea, ovviamente un po' bronzea per il forte sole della regione.

 
Lo ricordava vivace e perennemente felice, sebbene alcune volte potesse essere triste, ad esempio quando i genitori litigavano.
Per il resto era sempre iperattivo, al contrario di lui, che sebbene avesse un atteggiamento arrogante e ribelle, sapeva essere spesso pacato e tranquillo, a volte indifferente.

Col tempo quell'indifferenza era andata radicandosi in Wes, rendendo rare le volte in cui sorrideva di cuore.
Non mancavano mai, però, le frecciatine e i commenti pungenti con la quale esprimeva il suo dissenso.
Sapeva essere completamente privo di tatto, alcune volte.

 
-Quanto mi manca, il mio piccolo fratellino Michael. Mi piacerebbe rivederlo anche solo una volta, solo per vedere com'è diventato. Chissà se mi ha visto in televisione, e se è ancora a Auros. E' sempre stato attaccato alle sue cose, non mi stupirebbe se abitasse ancora nella nostra... ops, loro casa. Ormai non è più anche mia. Ti ricordi di lui, Reon?- disse Wes, guardando il cielo, voltandosi poi verso il volpino nero che riposava accanto a lui.
 
Il giovane allenatore sapeva che era un finto riposo: il suo Pokémon era sempre e comunque vigile, anche nel sonno, sempre pronto a proteggerlo.
Reon non gli rispose, ma aprì comunque un occhio amaranto per guardare il mulatto, incuriosito dalla piega che stava prendendo il discorso.

 
-Ho proprio voglia di tornare a casa, a visitare mia madre e mio fratello. Ma non mi riaccetterebbero mai, nemmeno se portassi tutto il denaro che ho: mi odiano, e non posso biasimarli. Me ne sono andato senza nessuna spiegazione o un saluto, non c'è da meravigliarsi se a quest'ora mi stessero maledicendo. Questo viaggio mi ha allontanato da loro, anche se mi ha fatto conoscere tante persone. Ma il distacco con la propria famiglia è qualcosa che non si può scordare nemmeno dopo cento anni. Abbandonare chi ti ha visto crescere, anche chi ti ha dato la vita stessa, è qualcosa di indescrivibile. Mi sembra di non esistere, sapendo che la mia mamma biologica non mi riconosce come figlio suo. E' tremendo- continuò il giovane, chiudendo gli occhi, con la mano che faceva pressione sulla ferita.
 
Accortosi poi di aver ricordato troppo, decise di cambiare argomento, spostando tutta la sua attenzione sulla lunga assenza dei suoi quattro fidati compagni Pokémon.

Il repentino cambio di interesse fece ghignare Umbreon, capendo quanto fosse duro per il biondo ricordare ciò che ormai rappresentava un passato lontano per lui, sotto tutti gli aspetti oggettivi e soggettivi.

 
-Mi chiedo dove siano finiti, quei quattro. Ammetto, però, che questo bosco è davvero immenso. Mi pare si tratti del Bosco Girandola: secondo alcune voci si direbbe un labirinto naturale, in cui se perdi di vista il sentiero perdi completamente l'orientamento. Dev'essere davvero difficile orientarsi qui, ma non dovrebbe rappresentare un grosso problema per loro. Touko, però, di certo si è addentrata qui, accidenti: mi avrà cercato, sicuro. Accidenti... Uh!-.
 
Un lamento sfuggì dalle labbra del ragazzo, mentre premeva con forza la ferita all'altezza del braccio.
Sentiva la mano nuda completamente ricoperta di sangue, pensiero che un po' lo disgustava: la sensazione di quel vitale liquido rosso sul suo corpo gli provocava l'illusione di essere su un campo di battaglia.
Altro dolore, altra sofferenza.

"Di certo è molto più di un taglio, il dolore è tremendamente lancinante...".

 
Un'altro gemito gli sfuggì, mentre Umbreon lo guardava preoccupato: il colorito del giovane era davvero pallido, troppo per il marroncino chiaro che solitamente aveva.
Aveva perso troppo sangue, la mano non riusciva più a fermare l'emorragia.

 
-Non mi sento per niente bene...- borbottò il giovane, accasciandosi al terreno, sul punto di perdere i sensi.
Cominciava a vedere sfocato, sapeva che era sul punto di svenire, ma non voleva rendersi inerme più di quanto già non fosse. 
Se fosse spuntato dal nulla un Cripsolato, avrebbe potuto facilmente sbarazzarsi di entrambi.
 
Sentì il tocco familiare di Umbreon che cercava di aiutarlo, di spronarlo a restare sveglio, ma la tentazione di lasciarsi andare era troppo forte, troppo irresistibile perché il giovane potesse resistere a lungo.
Un nuovo ricordo gli offuscò la vista.

 
Era notte fonda.
Tutti dormivano a Villaggio Toko, un paesino accanto al calmo e sicuro Villaggio Sofo, mitica dimora del Pokémon Leggendario Celebi, alla quale si doveva la vegetazione rigogliosa dei luoghi vicini. Tutti, tranne un bambino dalla carnagione mulatta e o capelli biondi.
Il viso era rivolto alla finestra della sua stanza, seduto sul letto con le gambe sotto le coperte, e i raggi lunari illuminavano i suoi occhi color miele dorato.
Il bambino aveva l'espressione assente di chi è assorto nei propri pensieri, battendo ogni tanto le palpebre per inumidire gli occhi. Era calmo, più di quanto normalmente fosse: sembrava proprio addormentato a occhi aperti.
Un leggero "toc toc" lo riscosse, facendolo voltare subito verso la porta della sua stanza. Le ossa scricchiolarono quando si mossero: evidentemente il mulatto era in quella posizione da molto tempo.
Senza che desse il permesso di entrare, la porta si aprì e il bambino poté intravedere il suo fratellino Michael: i capelli rossi erano più disordinati del solito, tanto quanto i suoi, e gli occhi smeraldini erano assonnati, la bocca schiusa in una muta "o".
I due bambini si scambiarono dei reciprochi sguardi, chi intimidito chi morto di sonno, quando il rosso parlò:
-Wes, devo andare in bagno...- borbottò.
-E non sei capace di farla da solo?- chiese tagliente il biondo, socchiudendo gli occhi.
-No...-.
Il biondo, che rispondeva al nome di Wes, sospirò pesantemente e scostò le coperte, scendendo dal letto per avvicinarsi al fratello. Affiancatolo, poté vedere il divario di altezza che c'era tra i due: Michael non era molto alto, perciò veniva quasi sovrastato dal maggiore di due anni più grande di lui.
A compensare i centimetri mancati c'erano i suoi capelli sparati in aria, o meglio, disordinati in maniera tremenda che andavano dove volevano.
Né lui né Wes avevano un'acconciatura esatta, anche se il fratello riusciva a domare i suoi capelli quel che bastava perché non gli ricadessero completamente davanti agli occhi. Alcuni ciuffi di un pallido oro coprivano leggermente le iridi mielate, donandogli un aspetto misterioso.
-Vieni che t'aiuto. Mi chiedo quand'è che imparerai a farla da solo- borbottò Wes, posando una mano sulla schiena del fratello.
I due bambini camminarono lungo il corridoio della casa, diretti al bagno, quando dalla stanza a due camere da lì arrivarono delle urla.
Wes sapeva che erano i suoi genitori che si gridavano nuovamente contro: si era abituato, ormai, alle loro litigate notturne. Ma Michael non poté che rimanere smarrito, sentendo le voci dei due adulti che sbraitavano insulti e imprecazioni degni di uno scaricatore di porto.
Il biondo, che voleva preservare il fratellino da quella valanga di accuse poco educative, cercò di allontanarlo, ma la porta della stanza si spalancò rivelando la figura tremante della madre.
Helen Kotou Mokura attraversò a grandi falcate il corridoio senza notare i due figli davanti al bagno, con il capo basso e i capelli biondo cenere a coprirle gli occhi.
Un uomo alto e muscoloso la seguì, pregandola di ascoltarlo: si trattava di Tsutai Mokura, il marito, nonché padre di Wes e Michael.
A differenza della moglie, il padre notò la presenza dei due bambini e li guardò severo.
-Cosa fate in piedi a quest'ora?- domandò sbrigativo, mentre vedeva la moglie allontanarsi senza alcuna remora.
Il biondino sostenne lo sguardo duro del padre per un bel pezzo, dimostrando lo stesso orgoglio dell'uomo suo genitore, poi rispose:
-Michael doveva andare in bagno-.
-Beh, se la può tenere. E' grande abbastanza per imparare a resistere- disse il rosso, infastidito dal tono del mulatto. Non accettava che suo figlio gli si rivolgesse così.
Quest'ultimo non gli rispose, continuando a fissarlo con sufficienza.
"Troppo arrogante, prima o poi dovrò abbassargli la cresta a questo sfrontato. Perché non ora? Helen non sarà qui a proteggerlo questa volta" pensò Tsutai, con un ghigno.
Prese il dorato con irruenza e lo sollevò, portandolo agli occhi. Dopodiché gli mollò un potente ceffone, mentre lo teneva con una mano -era molto grande-, che fece arrossare immediatamente la guancia mulatta, provocando un istantaneo e formicolante dolore al bambino e lasciandogli il segno a forma di mano.
-Ma papà... Perché?!- urlò, mentre le lacrime minacciavano di uscire e si massaggiava la parte lesa.
-Questo perché sei arrogante- disse il padre, poi colpì l'altra guancia, facendolo piangere sul serio.
-E questo per ricordarti il rispetto che mi devi in quanto tuo genitore. Ricorda che senza il mio aiuto tu non saresti nato, marmocchio- .
Dagli occhi di Wes cadderò dei lacrimoni di rabbia e vergogna, sentendosi incredibilmente impotente.
Sapeva che Michael stava assistendo all'assalto di Tsutai e non voleva che il suo fratellino, ancora puro, conoscesse la violenza del padre. Non voleva che anche lui arrivasse a odiarlo, anche se quell'uomo meritava tutto l'odio del mondo solo per il fatto di essere vivo.
All'improvviso il bambino minore assaltò le gambe del padre, prendendo a pugni la coscia muscolosa e piangendo.
-Lascia stare Wes, lascia stare Wes!- gridò, ma una bella pedata lo spinse via.
Il maggiore s'infiammò, vedendo la facilità con la quale Michael veniva sconfitto, e si mise a urlare a squarciagola, graffiando e mordendo le mani dell'uomo che grugnì per il dolore: aveva denti piuttosto affilati, come tutti i bambini.
Helen comparve all'improvviso e inorridì vedendo che il marito stava scaricando la rabbia sui loro figli, troppo piccoli per potersi difendere. Urlò il nome dell'uomo e corse a sollevare il figlio minore per poi, con altrettanta velocità, strappare Wes dalle mani del rosso.
Controllò le guancie del biondo e si adirò vedendole completamente rosse, segno che era stato pesantemente percosso. Gridò nuovamente contro il marito, che rispose alle urla con altrettante urla.
I due bambini, spaventati, si rifugiarono all'interno del bagno, il bisogno di prima sparito del tutto, cancellato dal terrore.
Quando le urla cessarono con uno schiaffo in faccia a Helen, dopo un pesante silenzio, i due uscirono timorosi: videro il padre mettere la giacca e infilarsi il cappello, per poi aprire la porta e richiuderla alle sue spalle con uno sbattone violento, che probabilmente risuonò in tutto Toko.
Se n'era andato di nuovo, e stavolta per sempre. Aveva mollato la famiglia, il bastardo.

 
Il ricordo si concluse, lasciando Wes inorridito.
Aveva ricordato l'ultima volta che aveva visto il padre.

Probabilmente il sangue, di un colore rosso vermiglio, gli aveva ricordato non solo il fratello, ma anche il padre, o meglio i suoi capelli fiammeggianti. Credeva di aver cancellato quel brutto ricordo, ma ora che l'aveva rivissuto gli sembrava più vivido che mai.
La consapevolezza che i suoi Pokémon erano lontani, unita al ricordo dell'addio del padre, gli provocò un senso di sconforto e di abbandono incredibile, nonostante sapesse che accanto a sé c'era Umbreon.

 
Sentiva i sensi affievolirsi.
Era forse un altro ricordo? O forse stava solo perdendo i sensi?
Gli parve di udire una voce che lo chiamava, e somigliava tremendamente a quella di sua madre.
"E' forse un'allucinazione?".

 
La voce si fece più vicina e gli parve di vedere degli scarponcini, ma non riuscì a tenere aperti gli occhi ancora a lungo, così sprofondò nel Limbo, sperando che chiunque gli si fosse avvicinato non avesse cattive intenzioni, che i suoi fidati Pokémon stessero bene, e che Touko fosse sana e salva.
Perché non si sarebbe mai perdonato in caso lei fosse stata ferita a causa sua. Come Michael.

                                                                                                    *
Sniff... Dopo tutto questo tempo, continuo a credere che questo capitolo sia uno dei più toccanti che abbia mai scritto.
Non ho molto da dire, a parte le solite correzioni qua e là e alcune aggiunte.
Ringrazio le commentatrici per le loro recensioni divertenti ^^
Alla prossima, bye!
... Sigh: ora devo farmi gli strumenti per domani -facepalm-   .-.
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Riholu