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Autore: That_Lady    27/03/2013    3 recensioni
-Amanda Hillbarns era una persona speciale e superdotata.
Ma ora è morta.
Io l’ho uccisa.
Mi chiamo Natalie Jones e ho diciotto anni. Ero la migliore amica di Amanda Hillbarns, e questo è il suo funerale.-
___Dinamico, ti confonde... curiosi? Leggete___ (p.s. sono attese recensioni! :)
Genere: Drammatico, Suspence, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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2.5 – Un incarico

Avevo quattro anni e mezzo, quando portai a termine il primo vero incarico per Amanda Hillbarns.

Fu terribile.

Ero piccola, eravamo piccole, eppure lei non lo sembrava affatto.

Mi ricordo ancora ora il suo sguardo freddo ed esigente. Il modo diretto in cui spartiva gli ordini, ed il modo in cui io li eseguivo senza fiatare, a capo chino, per compiacerla.

-Natasha non mi piace-, mi disse.

La guardai, mentre finivo di infilare il vestito rosa alla barbie. Kent la stava aspettando sull’auto bianca fuori dalla loro villetta, doveva sbrigarsi.

-A me sì- risposi mentre facevo scendere le scale alla bambola e aiutavo Kent ad aprirle la portiera.

Amanda mi fissava, sentivo il suo sguardo di fuoco bruciarmi la pelle sopra la nuca, da dove mi osservava da dieci minuti buoni.

-Beh, non importa- tagliò corto lei.

Tornai a guardarla, confusa, -cosa c’è di male in Natasha? È sempre simpatica e gentile con tutti, mi ha anche regalato un braccialetto, guarda!- Sorridente le mostrai il bracciale di perline azzurre che mi aveva regalato qualche giorno prima.

Amanda fece una smorfia, mi afferrò il polso e strappò il braccialetto. Le perline finirono ovunque in giro per la stanza.

Mi fece segno di tacere.

Trattenni a stento le lacrime, la guardai, mi sentivo tradita. –Perché l’hai fatto?- Balbettai.

Lei sorrise, poi lasciò cadere il filo e chiamò a gran voce il nome di Natasha. Fece un passo avanti e mi spinse.

Il mio piede scivolò su alcune perline e poco dopo mi ritrovai a fissare il soffitto. Piangevo, la testa mi faceva male.

Sentì la maestra accorrere, e quando mi prese in braccio chiedendomi cosa fosse successo, non aspettai ad indicare con rabbia la persona in piedi di fronte a me, urlando ciò che mi aveva fatto con il viso inondato dalle lacrime.

Ma Amanda  non c’era, e non era lei la bambina a fissarmi con gli occhi spalancati dalla paura e il filo del braccialetto in mano.

L’altra educatrice afferrò Natasha e la trascinò nella stanza della punizione, prima di dirigersi a chiamare i genitori dallo studio.

Quando uscì dall’infermeria, Amanda mi si avvicinò con un largo sorriso sul volto. Mi prese la mano e vi infilò un bracciale con le perline bianche.

-Ottimo lavoro, amica- mi sussurrò all’orecchio.

 

-

 

-Cos’è successo Mr York?-

-L’abbiamo trovata a terra a pochi metri dall’aula di biologia dopo la fine dell’ora. Dev’essere svenuta-.

-Signorina, mi sente?-.

Sì che vi sento…

Lentamente apro gli occhi. Sopra di me ci sono tre teste a fissarmi preoccupate, e ne noto una quarta poco più in là.

-Oh tesoro!- Mia madre mi accarezza la fronte preoccupata. Cosa ci fa lei qui?

-Ciao, mamma…-

-Si ricorda cos’è successo, signorina Jones?-

Mi metto seduta sul lettino dell’infermeria e guardo i due docenti, mia madre e la signora Hastings fissarmi di rimando.

Poi ricordo.

-Che giorno è?- Chiedo di getto.

Mr York sbatte le palpebre, riesco a vedere lo stupore negli occhi di tutti i presenti

-È martedì 25 Settembre, cara…-  Risponde l’infermiera.

Sposto lo sguardo sulla donna in camice bianco che mi ha risposto,  la signora Hastings, e non riesco a fare a meno di ricordare quella volta in cui ho accompagnato Amanda proprio in questa stanza perché si era rivelata allergica ad una sostanza che stavamo utilizzando in laboratorio.

Soltanto quel pomeriggio scoprii che era una messa in scena da lei organizzata in modo a dir poco impeccabile.

Chiudo gli occhi, -martedì?- domando con un filo di voce.

Non sento la risposta, così scendo da letto, -Signor York, è un problema si torno a casa?- Chiedo seccamente.

Quando metto piede in salotto, mia madre non aspetta a dare il via al suo infinito interrogatorio.

-Sto bene- sbotto la quarta volta che mi chiede cosa sento. -Mamma dico sul serio. Ero senza pranzo, ero stanca, stressata… Voglio solo andare a riposarmi un po’-.

Lei mi fissa, poi annuisce. –D’accordo, allora ti porto il tè di sopra tra poco-.

Evitò di controbattere e salgo in camera.

 

 

Martedì. Caro diario…

È  il secondo giorno dopo il funerale di Amanda. Il quarto dal ritrovamento del corpo, ed il quinto da quello in cui l’ho uccisa.

 

È l’unico modo che ho per distinguere la follia dalla vita reale.


  
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