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Autore: slyfox18    28/03/2013    4 recensioni
“Draco,
so che dopo aver letto questa lettera mi odierai.
Devo andarmene.
Non puoi fermarmi.
Non cercarmi.
Innamorati ancora, sposati, fatti una famiglia.
Mi dispiace…
Addio Draco, ricordami…
H.”
«Oblivion»
Un nemico che si credeva sconfitto.
Un’amica che si credeva scomparsa.
Un odio che va avanti da secoli.
Un amore che non è mai finito.
Una vita da ricordare.
Un futuro da costruire.
Hanalis deve tornare ad Hogwarts!
Ma chi è Hanalis?
[Draco/nuovo personaggio (coppia principale)]
[Titolo modificato]
Genere: Avventura, Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Draco Malfoy, Il trio protagonista, Nuovo personaggio | Coppie: Blaise/Pansy, Harry/Ginny, Ron/Hermione
Note: Movieverse, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le fleur de Lis'
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SEI ANNI DOPO…

 
 
Sei anni dopo…
 

“Non sei altro che polvere tra le mie mani...”

 
 
Agosto. 
Needles-stack, Isola di Wight, coste occidentali.
 
«Mio Signore»
Le grandi porte della sala principale del castello, si spalancarono per far entrare un uomo incappucciato e coperto interamente da un mantello nero. L’uomo si inginocchiò ai piedi di quello che un tempo doveva essere un trono dall’aspetto sfarzoso, su cui era seduta una figura dall’aria inquietante, coperta da un lungo mantello rosso come il sangue. Il cappuccio adagiato sulla sua testa, nascondeva l’abbozzo di due corna e una mano dalle dita artigliate tamburellava sul bracciolo di legno, con fare scocciato.
«Mi avete fatto chiamare mio signore?»
« Si Sulfus, mio servo fidato, ho un’importante missione da affidarti»
Un brivido corse lungo la schiena dell’uomo chiamato Sulfus, nel sentire la voce quasi sibilante e serpentina del suo signore. Sapeva bene quale sarebbe stata la sua missione, aveva sentito delle voci lungo gli infiniti corridoi del castello e sapeva anche quale sarebbe stata la sua sorte se avesse fallito. Non c’erano seconde occasioni alla corte del temuto Shiryu, il drago della morte, il fallimento portava solo alla morte.
«Sono ai vostri ordini mio Signore…»
Shiryu si alzò flemmatico e, sempre nascosto dal lungo mantello sanguigno, si diresse verso il suo servitore, giungendogli fino a pochi centimetri di distanza, cominciando a girargli intorno.
«So che girano parecchie voci di corridoio in questi giorni, Sulfus…cosa mi sai dire in tal proposito?»
«Si dice, mio Signore, che la giovane Holmes sia ancora viva e che in questi anni si sia solo nascosta da qualche parte, con l’aiuto di Silente»
«Sei molto informato Sulfus» un altro brivido percorse la spina dorsale di Sulfus. Sapeva bene che il suo Signore non amava le voci di corridoio ed era sicuro che nessuno gli avrebbe risparmiato una bella serie di frustate ma, contro ogni sua previsione, sul volto di Shiryu, seppur parzialmente nascosto dal cappuccio, comparve un ghigno compiaciuto.
«Molto bene, molto bene! Noto con piacere che una volta tanto i pettegolezzi del castello sono giusti, mio fido servitore. Ed è proprio perché tu sei uno dei più fidati tra i miei uomini che ho deciso di affidarti questa missione! Voglio la Holmes viva! Non mi importa quanto dovrai cruciarla o schiantarla per portarla qui, l’importante è che sia viva!» la cattiveria e l’odio provato nei confronti della ragazza era più che percepibile nella voce di Shiryu.
«Voi mi lusingate mio Signore. È un onore per me svolgere questa missione» Sulfus chinò il capo in segno di rispetto e sottomissione.
«Puoi andare ora. Porta con te i tuoi uomini e disponi pure di tutto ciò che ti è necessario per la cattura, ma bada bene Sulfus, non ci saranno seconde possibilità per te!» detto questo Shiryu si voltò con uno svolazzamento di mantello e tornò a sedersi sul suo trono, facendo un cenno con la mano verso Sulfus, come a voler scacciare una mosca fastidiosa.
Sulfus si alzò e se ne andò, pronto a preparare la sua nuova missione, sperando che non fosse l’ultima.
«Sarai presto costretta a inginocchiarti davanti a me mio piccolo fiore! E l’alternativa ad unirti a me sarà la morte!»
 
 

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 “I mostri sono reali e anche i fantasmi sono reali. 
Vivono dentro di noi e, a volte, vincono.”
Stephen King

 
 
 
Settembre. 
Scuola di magia e stregoneria di Hogwarts, Scozia.
 
«Minerva! Minerva!» madama Chips entrò trafelata nell’ufficio della preside, dopo aver salito i gradini della scala nascosta a tre a tre.
La professoressa McGranit la accolse seduta alla sua scrivania, intenta a conversare con il ritratto del professor Silente, ex preside della scuola.
«Poppy! Cosa è successo?» esclamò preoccupata vedendola in quello stato. Minerva, purtroppo, sapeva anche troppo bene cosa aveva portato l’infermiera nel suo ufficio, ma in cuor suo sperava che si trattasse di qualcos’altro.
«È successo ancora Minerva, non so più cosa posso fare…» madama Chips era davvero sconvolta e l’espressione triste e contrita che vide dipingersi sul volto della preside, non le risollevò il morale.
«Mi dispiace Albus, ma credo che dovremo rimandare la nostra conversazione» disse la McGranit incontro al vecchio preside, che annuì preoccupato dal suo quadro, invitandola con lo sguardo a seguire l’infermiera.
«Chi è stato colpito questa volta Poppy?»
«La piccola Marylin Pike, Serpeverde del primo anno» lo sguardo della vecchia preside si rattristò ancora, mentre seguiva madama Chips in infermeria.
Il nuovo anno scolastico, ad Hogwarts, era cominciato ormai da quasi un mese e settembre stava giungendo ormai al termine. A distanza di quattro anni dalla fine della Seconda Guerra Magica però, sembrava che un nuovo nemico stesse minando la pace che ormai regnava nel Mondo Magico e soprattutto ad Hogwarts. Fin dai primi giorni del mese, una strana nebbia nera aveva cominciato a colpire gli alunni della scuola, facendoli cadere in un sonno profondo e doloroso, caratterizzato da terribili incubi, febbre alta e dolori lancinanti ad ogni parte del corpo. Fino a quel giorno, compresa la piccola Pike, le vittime erano state quattro, una ogni settimana, e tutte erano ragazze di Serpeverde.
Grazie alla potente magia degli insegnanti, all’interno dell’infermeria, era stata creata una zona di quarantena insonorizzata chiamata Zona Nera, dove riposavano le quattro ragazze e dove l’unico rumore erano le loro urla di dolore.
«Questa volta c’è qualcosa di diverso Minerva» disse madama Chips una volta chiusa la porta della Zona Nera. La preside la guardò con stupore e paura negli occhi.
«Cosa intendi Poppy?»
«La signorina Lincoll, la signorina Wollace e la signorina Stone sono state colpite da un sonno profondo, tutto ciò che esce dalle loro bocche sono urla di dolore. Ma la piccola Pike…beh, è cambiato qualcosa – la donna prese la preside per un braccio e l’avvicinò al corpo della piccola Serpeverde – senti con le tue orecchie Minerva, la piccola Pike parla e dice solo una cosa»
«Piccolo fiore» l’orrore si dipinse sul volto dell’anziana preside e i suoi occhi si riempirono di paura, mentre madama Chips annuiva mesta. Quelle due semplici parole, all’apparenza innocue, volevano dire molte cose per le due donne e nessuna di queste era positiva.
«Non può essere Poppy»
«Purtroppo è così Minerva, temo che la signorina Holmes sia nuovamente in pericolo…»
«Corro a parlare con Albus e Severus, dobbiamo assolutamente fare qualcosa» Minerva uscì dalla Zona Nera e si diresse il più velocemente possibile verso il suo studio, aveva sperato con tutta se stessa che, una volta trasferitasi lontano, quella ragazza potesse vivere tranquilla. Era stato terribile scoprire che si era sbagliata, che era nuovamente in pericolo.
«L’Oblivion non ha funzionato! Com’è possibile che siano riusciti a trovarla? Non posso permettere che le accada qualcosa, quella povera ragazza ha già sofferto abbastanza. Questa volta Albus dovrà darmi retta, Hanalis deve tornare ad Hogwarts! »
 
 

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“E si, mi manca ancora.
Per quanto incomprensibile possa essere, 
sento ancora la sua mancanza.
La sento soprattutto in questa situazione, 
quando esco…”

 
 
Malfoy Manor, Old Sarum, Wiltshire.
 
Un potente incantesimo stregava l’occhio di chiunque capitava nei pressi dell’antico villaggio di Old Sarum: il villaggio sarebbe sembrato a tutti diroccato e abbandonato da secoli. Ma qualsiasi essere in possesso di poteri magici l’avrebbe visto per quello che era veramente: una piccola comunità magica attiva e ridente.
Non molto lontano dal piccolo villaggio, sorgeva una grande villa circondata da un ampio e rigoglioso giardino che nascondeva al suo interno un piccolo angolo di paradiso. Lontano dall’occhio dei curiosi, Narcissa Malfoy, da sempre amante dei fiori, aveva creato quello che negli anni era diventato il rifugio preferito del figlio. Ed era proprio lì, tra i filari di lavanda, che si trovava il giovane Draco Malfoy quando il padre lo raggiunse trafelato, stringendo in mano una busta su cui era impresso il famoso stemma di Hogwarts.
«Cosa succede padre? Ci sono brutte notizie?» chiese il giovane, preoccupato del fatto che il genitore avesse per qualche secondo perso il suo naturale sangue freddo.
«Non tutte figliolo, ma purtroppo ci sono delle notizie che non ti faranno piacere – gli porse la lettera aperta – tieni è arrivata questa lettera. Hogwarts come mittente mi ha impensierito e mi sono permesso di leggerla»
«Avete fatto bene padre, non vi angustiate per questo» Draco prese il foglio di pergamena ripiegato dalle mani del padre e lo lesse con attenzione. Man mano che procedeva nella lettura, i suoi occhi grigi si dilatavano per lo stupore e le sue gote bianche si tingevano di rosso per la rabbia. Dopo che ebbe finito, in un moto di ira, scagliò il foglio nel laghetto e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo, preoccupando per la prima volta l’algido Lucius Malfoy.
«Come sarebbe a dire che Hanalis è viva?!»
 
 

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“Quando non hai altro che vecchie parole, 
puoi solo metterle insieme 
e sperare che dicano qualcosa di nuovo”
Scrubs


 
Ottobre.
Padova, Italia.
 
Una scatola di legno scuro, con il coperchio intarsiato, stava perennemente chiusa sul piccolo comodino della sua camera da letto. Non aveva perso le chiavi del lucchetto. A dir la verità la scatola nemmeno aveva un lucchetto o una serratura. Semplicemente sembrava aver acquisito vita propria e con essa sembrava aver preso la decisione di non aprirsi. Era chiusa ermeticamente in una qualche maniera, che se non fosse stata sicura che la magia non esisteva, l’avrebbe preso per un incantesimo.
Seduta sul letto matrimoniale, su cui dormiva irrimediabilmente da sola, la ragazza dai lunghi capelli neri sorrise alla sua immagine riflessa sul vetro della finestra e scosse la testa, come a voler cacciare qualche pensiero fastidioso. Si alzò e il parquet sotto i suoi piedi nudi la fece rabbrividire.
 
L’autunno era arrivato puntuale quell’anno, anche se nessuno ci sperava più. L’estate passata era stata una delle più calde degli ultimi dieci anni, o almeno così dicevano in tv, dove assicuravano che ci sarebbe stato un passaggio graduale tra una stagione e l’altra. Si sbagliavano, tanto per cambiare.
Non c’erano state giornate miti, non c’erano stati passaggi graduali, non c’era stato nulla di quello che avevano previsto. L’autunno era arrivato un giorno all’improvviso portando con se pioggia, nebbia e vento gelido. Era da poco passata la metà di ottobre, ma sembrava che la stagione da poco cominciata avesse già fretta di terminare per lasciare posto all’inverno. La tv diceva che sarebbe stato un inverno freddo e piovoso; la tv diceva che sarebbe stato un inverno bianco di fiocchi di neve, ma probabilmente sbagliava ancora. Anche la radiosveglia sul comodino della ragazza continuava a ripeterlo incessantemente e la giovane decise di spegnerla. Tutte quelle previsioni, tutti quei confronti con le stagioni degli anni passati la innervosivano e non le piaceva innervosirsi di prima mattina.
Si infilò la vestaglia e aprì la finestra. Pioveva. Pioveva ogni mattina di recente, e se non era la mattina era la sera o la notte. Pioveva ad ogni ora del giorno. Sospirò e si diresse verso il bagno, dove si guardò allo specchio mentre si lavava i denti. I suoi grandi occhi dorati risposero al suo sguardo con tristezza e cerchiati da pesanti occhiaie. Ottobre era il mese delle occhiaie come dicembre era quello delle lacrime. Ogni mattina dal primo al trentunesimo giorno di ottobre si svegliava con delle pesanti righe viola sotto gli occhi. Era tutta colpa di quel sogno che la tormentava da sette anni sempre e solo durante le notti di ottobre.
 
Si trovava in un giardino grandissimo, con filari di lavanda profumata e aiuole di fori colorati. In lontananza si poteva scorgere un laghetto e sulla sua riva una piccola pagoda rotonda di pietra incrostata di muschio. Conosceva quel posto ne era certa. 
Correva tra i filari di  lavanda e rideva. Sembrava felice. Rideva e correva tra i fiori profumati. Ma non era sola. Alle sue spalle correva qualcun altro. E anche lui rideva felice pregandola di fermarsi.
Quando si fermava si trovava stesa tra la lavanda con accanto un ragazzino dai capelli biondissimi, così chiari da sembrare bianchi. Il ragazzino le sorrideva con il viso diafano arrossato sulle guance. Teneva in mano un fiore giallo e glielo porgeva. Sapeva che anche gli occhi del ragazzino stavano sorridendo, anche se non li vedeva e non riusciva a distinguerne il colore. Anche lei si sentiva felice, come non lo era mai stata.
Poi tutto scompariva e si trovava in mezzo al nulla. Era tutto nero. C’era solo una piccola luce verde in fondo a quello che sembrava un tunnel infinito. Una voce le diceva di non andare verso quella luce, di allontanarsi. Ma lei non riusciva a capire chi fosse. Era un amico o un nemico? La voce la chiamava per nome, lo urlava nelle sue orecchie fino a svegliarla.
 
Il sogno finiva così, all’improvviso, e lei si svegliava di soprassalto soffocando un urlo,poco prima che la sua sveglia suonasse, con la fronte imperlata di sudore e una strana sensazione di pericolo e ansia che le pesava sul cuore. Se solo il sogno si fosse interrotto sul sorriso di quel ragazzino…..
Voleva dimenticarlo come aveva dimenticato tutto il resto, ma non ci riusciva e il sogno tornava ogni notte e ogni mattina a tormentarla. Era sicura che volesse dire qualcosa ma ancora non capiva o non ricordava bene cosa. Si sentiva sempre parecchio frustrata quando provava quelle sensazioni.
 
Fu il trillo del telefono a risvegliarla dai suoi pensieri. Corse fuori dalla cabina armadio con solo una felpa addosso e si precipitò al comodino dove stava il cordless.
«Holmes» rispose un po’ trafelata.
«Lis, tesoro, scusa se ti disturbo a quest’ora, spero di non averti svegliata…» una voce di donna dal tono gentile le arrivò alle orecchie facendola sorridere.
«Buongiorno signora Blanchard! Si figuri nessun disturbo, in cosa posso esserle utile?»
«Mi dispiace rovinarti il sabato tesoro, ma Nike non può sostituirmi in biblioteca e tu sei l’unica che sapevo essere libera» la ragazza trattenne uno sbuffo. Nike, da pronunciarsi assolutamente Naike pena la sfuriata della proprietaria del nome, era l’assistente della signora Blanchard. Era una ragazza veramente odiosa e ogni volta che poteva le affibbiava il turno del sabato mattina inventando scuse su scuse.
«Non si preoccupi, oggi non ho davvero nulla da fare, mi fa sempre piacere darle una mano» disse, cambiando subito umore al pensiero di aiutare quella donnina così piccola ma allo stesso tempo così forte, che praticamente l’aveva adottata invece che assumerla.
Clotild Blanchard, oltre ad essere un’arzilla vecchietta di quasi ottant’anni, era anche la proprietaria della piccola biblioteca in cui la ragazza aveva trovato lavoro da ormai quattro anni. Fin dal primo giorno, forse per la sua giovane età, la donna l’aveva considerata più come una nipotina che come una dipendente. La ragazza le si era affezionata tanto e ogni volta che la donna le chiedeva un favore, qualsiasi esso fosse, proprio non se la sentiva di dirle di no. Così, anche quella mattina, benchè il fatto che non avesse nulla da fare fosse una bugia, si vestì velocemente e recuperata la borsa con tutte le sue cose, uscì di casa.
La biblioteca non era poi così distante, a piedi ci avrebbe messo poco più di dieci minuti e, visto che con la pioggia tutti sembravano rincretinirsi, non era proprio il caso di prendere la macchina o i mezzi pubblici. Si chiuse alle spalle il grosso portone di legno del condominio in cui abitava e, salutando la vicina alla finestra, si incamminò verso il palazzo di mattoni facciavista che ospitava la biblioteca.
«Spero solo che quell’antipatica di Nike mi abbia lasciato le chiavi…quanto è odiosa quella ragazza. Fortuna che mi sono portata via un po’ di cose da fare, al sabato non c’è mai nessuno…»
 
 
 
 
 
 
 
 
 
COMUNICAZIONE DI SERVIZIO:
Salvo eventuali imprevisti, pubblicherò tre volte al mese: l’8, il 18 e il 28 J
 
NOTE:
 
Il primo capitolo è andato.
Per il momento c’è solo una panoramica di alcuni dei personaggi e dei luoghi che saranno tipici di questa storia.
Per motivi di trama ho deciso che, in questo ipotetico futuro, il nostro caro Lucius Malfoy non sia stato rinchiuso ad Azkaban ma che debba scontare una pena agli arresti domiciliari (verrà comunque spiegato in uno dei prossimi capitoli).
Ho deciso di ambientare una parte della storia a Padova perché mi serviva una città che conoscessi abbastanza da poterla descrivere(visto che ci abito mi pareva l’ideale); i luoghi nominati ovviamente non esistono, se dovessero essere in qualche modo reali la mia è stata un’associazione puramente casuale. Idem per le persone.
Le frasi che trovate all’inizio di ogni capitolo/paragrafo sono prese da libri che ho letto, canzoni che ho ascoltato o film che ho visto. Alcune le ho trovate per caso su internet e mi hanno colpito, in questo caso è probabile che non ci sia indicato il proprietario…se qualcuno lo conosce e mi vuole rendere partecipe ben vengaJ
Mi sembra di aver detto tutto, ma se ci fossero dubbi sapete dove trovarmi ^^
 
Ringrazio chi ha letto e chi ha recensito^^
Slyfox18
   
 
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