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Autore: zucchero filato    28/03/2013    0 recensioni
Una villa sulla collina abbandonata da anni e la curiosità di scoprirne qualcosa di più in una sera d'autunno. Una storia rimasta in un cassetto per venti e più anni.
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’angolo dell’autrice

Una piccola premessa a questa breve, inedita, storia, rimasta nel cassetto per venti e più anni.

È stata scritta per essere tradotta in inglese per un compito al liceo; ovviamente troppo difficile da tradurre per me (allora come forse anche adesso), è rimasta a dormire sul fondo di una cartellina per tutto questo tempo. La grande villa sulla collina esiste davvero, ed è bellissima, io al liceo giravo solo in bici e facevo il tecnico luci per un piccolo gruppo che si dilettava a mettere su spettacoli (oggi si direbbe musical) su testi originali.

Ed esiste anche il luogo “stregato”, un vecchio cimitero abbandonato sul fianco della collina dove, quando andavo al liceo, ancora si trovavano ossa (forse umane o forse seppellite dal cane del vicino) fra le trombe vecchie di più di un secolo.

Lo stile di allora, ovviamente, era molto diverso da quello attuale ma qualcosa di simile c'è: leggetela pensando che quando l'ho scritta avevo 15-16 anni.

 

 

Era tardi, ero rimasta più a lungo in sala prove ed ora avrei dovuto sbrigarmi per tornare a casa in tempo.

Presi la bicicletta e cominciai a pedalare. Era autunno inoltrato, il cielo coperto era percorso da nuvoloni grigi che correvano, portati dal vento freddo del Nord.

L’aria era pungente e quella sera aveva un che di lugubre che non sapevo spiegarmi. La strada per tornare a casa passava davanti al cancello della grande villa che si estendeva su tutta la collina e che era abbandonata ormai da molti anni.

In città giravano voci che fosse stregata, tanta gente si era avventurata fra quelle mura coperte dall’edera ma nessuno aveva mai potuto confermare quelle dicerie.

Arrivata davanti al cancello mi fermai un attimo ad osservare il grande parco che nascondeva quasi totalmente la villa alla vista dalla strada.

I due lupi di pietra che si ergevano sui pilastri del cancello erano ancora più tetri del solito, illuminati dalla luce della luna piena ormai alta che riusciva filtrare, di quando in quando, attraverso squarci nelle nubi.

Avevo sempre desiderato entrare ma non ne avevo mai avuto il coraggio. Facendomi forza provai ad aprire il cancello che fece resistenza; dopo poco cedette, rimanendo inclinato di lato. Attesi di vedere se il rumore che avevo fatto aveva attirato qualcuno ma non c’erano segni di vita.

Pedalai infine lentamente su per il viale mentre, sotto le ruote, le foglie frusciavano ed alcuni uccelli, sorpresi dal rumore, volarono via confusamente.

Ero quasi arrivata davanti al portone della villa quando vidi una vecchia che usciva da una porticina laterale, recando in mano un oggetto che, con mio grande orrore, si rivelò essere un teschio. Tentai di nascondermi ma mi aveva sentito.

“Va via, va via di qui se non vuoi che ti sistemi, vattene immediatamente, questo non è posto per te! “e si mise a correre verso di me.

Spaventata, girai la bici e fuggì giù per il viale, pedalando il più velocemente possibile.

Credevo di trovare il cancello aperto e con sorpresa mi accorsi che era chiuso. Frenai quasi di colpo e scesi per vedere meglio casa potesse essere successo.

Era tutto come prima, come se non fossi mai passata. Provai a forzare nuovamente il cancello ma era come se l’avessero saldato; tentai ancora ma non si mosse di un millimetro.

Mi guardai attorno per cercare qualcosa con cui forzarlo ma non c’era niente.

D’un tratto vidi gli occhi delle statue sopra i pilastri farsi di brace mentre i due lupi cominciavano a muoversi.

Rimasi paralizzata, poi, lentamente, mi appoggiai al muro sperando che non mi avessero vista.

Ma come facevano a muoversi? Erano statue!

Pensai di aver avuto le allucinazioni e guardai nuovamente verso i pilastri: i lupi non c’erano più!

Terrorizzata presi la bicicletta e tentai di trovare un’altra via per uscire, con l’impressione di avere i lupi che mi correvano dietro.

Stancare e tremante mi fermai vicino alla dependance.

Cercavo nell’oscurità quegli occhi di fuoco, temendo di vederli comparire da un momento all’altro dinnanzi a me.

Invece delle statue vidi una donna vestita di bianco, evanescente, che si muoveva senza rumore e senza far muovere le foglie secche a terra.

Era pallida, con l’aspetto di una morta.

Improvvisamente scomparve dalla mia vista per poi ricomparine dopo alcuni istanti qualche decina di metri più in là. Era un fantasma, non c’erano dubbi.

Mi strinsi contro il muro di cinta; scomparve di nuovo per riapparire a pochissimi metri da me. Mi guardava ma non sembrava avermi visto.

Provai a strisciare lungo il muro per scappare via ma mi fermò con un gesto: “Cosa fai qui?”

La voce! Non era risuonata nell’aria, le mie orecchie non udivano alcun suono oltre il fruscio degli alberi. Quella voce era risuonata direttamente nella mia mente. Mi sentivo mancare! La villa era davvero stregata come si diceva in città.

I lupi comparvero, uscendo dai cespugli e sedendosi a fianco della donna vestita di bianco.

“Va via di qui, questo non è posto per te!”

Provai a parlare ma le parole mi morirono in gola; provai allora a pensare per vedere se la creatura poteva capirmi.

“Io sono la padrona di questo posto ma sono destinata a vagare in questo giardino per l’eternità perché mio marito, dopo avermi ucciso mi ha smembrato e sepolto qui. In questo modo ha fatto scempio di me e dei miei amati cani che ora vedi sotto forma di statue. Potremo avere pace solo quando qualche anima pietosa avrà ricomposto i nostri corpi.”

“E la vecchia? Con quel teschio in mano? È un fantasma anche lei?”

“È la mia vecchia governante…È tutto quello che ha di me…"

Inorridita e spaventata a morte le chiesi di farmi uscire. Acconsentì a patto che raccontassi la sua triste storia. Annuì e feci per riprendere la bicicletta ma caddi in uno strano torpore.

Quando mi svegliai mi ritrovai nella mia stanza. Credetti di aver sognato fino a quando trovai sulla scrivania un anello con inciso lo stesso stemma presente sui pilastri della villa.

Lo presi per osservarlo meglio e, al suo interno, vidi una scritta:” Ricordati di me infelice”.

Non era sotto un sogno.

  
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