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Autore: Latis Lensherr    29/03/2013    3 recensioni
[Spin-off della long "Dove ci sei tu, ecco, quella è casa mia".]
Xerxes Avery e Tristan Carrow sono al settimo anno, fanno parte della ristretta cerchia degli accoliti di Tom Riddle e sono amici da sempre.
Anzi, molto più che amici!
E tutto sembra andare al meglio...almeno fino a quando i doveri sociali e famigliari di entrambi non creano tensioni ed incomprensioni.
In una società dove il futuro dei figli è deciso e imposto dalle famiglie, c'è ancora posto per i desideri e i sentimenti?
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Mangiamorte, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '"All that's done is forgiven"'
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“Sentivo che stavo finalmente facendo lo sbaglio giusto.”
(D. Grossman)

 
 
 
Epilogo.
 
<…e una volta terminato il funerale, la salma di Helena Corvonero venne deposta nel vicino cimitero di Hogsmeade. Da questo punto in poi sembrerebbe che la discendenza diretta di Rowena si sia interrotta e che il nome dei Corvonero sia stato tramandato da un altro ramo della famiglia > spiego scrupolosamente a Tom Riddle, sistemandomi meglio sul naso gli occhiali da lettura per sbirciare di tanto in tanto gli schemi e gli appunti che ho preparato negli scorsi giorni.
Lui fa scorrere il suo sguardo scuro e attento sul resto del mio lavoro e, senza guardarmi, mi domanda:
< In quegli anni Hogsmeade faceva ancora parte dei possedimenti della scuola, giusto?>
< Sì, credo proprio di sì > rispondo tentando di fare mente locale. < E’ diventato un villaggio autonomo solo un paio di secoli dopo.>
< Quindi non ha mai abbandonato i confini di Hogwarts…> commenta in un mormorio meditabondo, continuando a sfogliare le pergamene.
< Non credo di capire, Lord…>
Lui sembra ricordarsi con un impercettibile sussulto che sono accanto a lui. Riordina le carte in un fascio preciso e mi dice in tono sbrigativo:
< Nulla, Avery, nulla. Hai fatto un buon lavoro.>
Faccio un breve cenno col capo e prego con tutto me stesso che non noti il sorrisetto compiaciuto che ha increspato le mie labbra a quelle parole. Sto ancora gongolando internamente, quando il passaggio di pietra della Sala Comune si apre permettendo agli studenti che hanno terminato le lezioni del pomeriggio di entrare.
Come sempre, non è difficile trovare Tristan in mezzo al piccolo gruppo di studenti verde-argento che ritornano dalla lezione di Aritmanzia: infatti, è l’unico che sta tenendo ferma la testa di Lennox Rosier con un braccio, stringendo un po’ di più la presa ogni volta che quello tenta di liberarsi. Lo strattona ancora un paio di volte, bisbigliandogli qualcosa nell’orecchio, e, quando finalmente si arrende facendo cenno di sì, gli sfrega dolorosamente le nocche sulla parte alta del capo e lo lascia andare. Quello si porta le mani sulla propria, maltrattata cute bionda e gli lancia un’occhiata omicida.
Il mio ragazzo si limita a rispondergli con un sorrisetto strafottente. Appoggia la tracolla su una poltrona, sistemando con cura un angolo piegato, e potrei giurare che sta saltellando, mentre raggiunge il tavolo dove il Lord e io stiamo ancora lavorando. Ammicca nella mia direzione ma non si ferma e punta dritto verso Riddle, che non lo degna di uno sguardo fino a quando gli si mette a fianco e attira la sua attenzione con un finto colpo di tosse. Gli mormora piano e con estrema deferenza una sola parola che non riesco ad afferrare e poi mi lancia un’occhiata, cosa che fa anche il Lord subito dopo e che mi provoca un caldo innaturale alla faccia.
< Quando mai vi ho dato il permesso…> sospira esasperato, mentre si massaggia gli occhi chiusi con pollice e indice. Quando li riapre il suo sguardo scuro ci fulmina entrambi. < Va bene, qui abbiamo finito: puoi andare, Avery. E ora sparite dalla mia vista, prima che cambi idea!>
Tristan sbrodola ringraziamenti e profonde riverenze, fa rapidamente il giro del tavolo e, prima che io possa chiedere spiegazioni o anche solo pensare di protestare, mi afferra per il polso trascinandomi verso le scale che portano ai Dormitori.
< Tristan! Per Merlino, che cosa stai facendo? Hai idea di quello che hai combinato?! Interrompere me e il Lord in quel modo, sei forse….>
< Parli troppo, cub. Stai zitto!>
A queste parole la mia irritazione è talmente tanta che potrebbe benissimo farmi fischiare fumo dalle orecchie. Mi impunto coi piedi su uno scalino e faccio resistenza impedendogli di proseguire il suo percorso. Lui mi fissa come se mi fosse spuntata un’altra testa e io dico risoluto:
< Non ho intenzione di fare nemmeno un altro passo, se prima non ti decidi a dirmi che cosa hai in mente!>
< Non hai intenzione di fare nemmeno un altro passo?> ripete.
< Esattamente.>
< Come ti pare.>
Comprendo il mio errore nel momento in cui mi si piazza di fronte, ma è troppo tardi: si piega sulle ginocchia e, afferrandomi le gambe in una morsa, mi issa sulla sua spalla. Senza nemmeno fingere un po’ di fatica! Ed è vano qualunque tentativo di svincolarmi da quella presa micidiale agitando braccia e mani a casaccio, anzi, tutto ciò mi procura solo una dolorosissima sculacciata. Arriva davanti alla porta della nostra stanza e la spalanca con un calcio.
In un ultimo lampo di intraprendenza mi arpiono con entrambe le mani allo stipite della porta. Tristan sbuffa appena e con un unico, poderoso strattone mi fa entrare del tutto, per poi assicurarsi di chiudere l’ingresso a chiave. E nello stesso modo tranquillo che userebbe per trasportare una busta della spesa, giunge accanto al mio letto.
Mi fa tornare finalmente con i piedi per terra e rispondo al suo sorrisone a trentadue denti incrociando le braccia sul petto e trapassandolo con uno dei miei glaciali sguardi grigi.
< Non guardarmi in quel modo > mi rimprovera, continuando a sorridere.
< Cosa vuoi?>
< Voglio fare sesso > confessa senza il minimo senso del pudore. < Mi hai chiesto di aspettare che consegnassi quella fottuta ricerca al Lord e l’ho fatto: ma sono passate quasi tre settimane dall’ultima volta e devi solo ringraziare quella gran porca di Morgana se non ti ho scopato direttamente sulle scale! Sono arrapato come non mai: quindi, ora, facciamo sesso.>
Resto impalato a fissarlo a bocca aperta e con un’espressione oltraggiata e persino un po’ disgustata!
Quindi davvero non so perché l’istante dopo ho il suo viso fra le mani e lo sto baciando con un desiderio tale da accorciarmi immediatamente il fiato. Lo sento sorridere nel bacio e posare le mani grandi sui miei fianchi: li carezza con premura seguendone scrupolosamente la linea asciutta su e giù. Poi aumenta la presa e spinge i nostri bacini l’uno contro l’altro, cominciando a muoversi contro di me con spinte lente ma decise. Tengo le labbra premute contro le sue e mi privo del soprabito della divisa con gesti febbrili. Lo getto da parte senza fare caso a dove va a finire e poi faccio lo stesso con il suo: interrompe il bacio voltando appena il viso per cercare l’indumento in disordine, incapace com’è di mettere a tacere i suoi comportamenti compulsivi anche in un momento come questo. Ma per fortuna, dopo tutto questo tempo, ho imparato come gestirlo e lo costringo e riportare la sua attenzione su di me prendendogli le mani e facendole scivolare dai miei fianchi al sedere. Lui sospira soddisfatto nella mia bocca aperta e stringendomi le natiche mi spinge fino a farmi appoggiare la schiena contro il sostegno di legno del baldacchino.
Si allontana di nuovo e senza tante cerimonie mi aiuta a levarmi il golf grigio della divisa. Poi la cravatta verde-argento. E slacciando solo i primi tre bottoni mi fa sfilare la camicia dalla testa. Il contatto delle sue mani calde e ruvide sul mio petto, sui capezzoli, mi scatena dei brividi terribili e Tristan ringhia letteralmente d’impazienza alla vista della mia pelle nuda, mentre scalcia le scarpe dall’altra parte della stanza e si libera maldestramente del proprio golf.
Ritorna a guardarmi con gli occhi viola che sembrano fiammeggiare nella penombra della stanza e io porto le mani sul nodo della sua cravatta, prendendo a slacciarla con una lentezza a dir poco esasperante. Quando mi rendo conto di averlo sufficientemente spazientito, gli rivolgo un mezzo sorrisetto provocatorio che mi fa guadagnare un nuovo bacio e dolorosissimi morsi sul labbro inferiore e sulla curva della spalla. Una mano comincia ad accarezzarmi leggera il ventre e l’altra affonda le unghie nei muscoli tesi della mia schiena, mentre a labbra aperte Tristan assapora e lecca la mia pelle scorrendo sull’osso della clavicola fino a raggiungere la parte alta del collo. E io devo necessariamente aggrapparmi con entrambe le mani alla colonna del letto per non stramazzare a terra, quando prende a succhiarlo voluttuosamente. Mi sfugge un gemito strozzato e affondo la faccia nella sua spalla boccheggiando. Vorrei tentare di slacciargli la camicia che ancora indossa e che mi impedisce di toccarlo e averlo come desidero, ma la pericolante lucidità mentale che avevo fino a poco fa viene completamente distrutta nel momento in cui Tristan si preme ancora più addosso a me e la sua eccitazione gonfia va a cozzare contro la mia risvegliandola del tutto all’istante! Mi sostengo a lui circondandogli il collo con le braccia e lo bacio – e lo bacio e lo bacio e lo bacio e lo bacio un’altra volta! – come se senza il contatto umido di quella bocca mi fosse irrimediabilmente impossibile respirare. E forse un po’ è così.
Tristan mi circonda la vita e mi grazia di un’altra spinta che mi strappa un gemito parecchio acuto e mi costringe ad abbandonare la testa all’indietro, lasciando così il collo completamente scoperto. Lui segue la linea appena accennata del mio pomo d’Adamo con la punta della lingua, mi accarezza il mento con un bacio leggero e poi torna a braccare la mia lingua con bramosia.
< Sei bellissimo…> sospira contro le mie labbra, con un tono roco e sognante che mi fa squagliare le interiora come un gelato al sole.
Mi smarrisco un secondo a fissare quei suoi grandissimi occhi viola, mentre gli vezzeggio piano i capelli corti e ispidi della nuca con la punta delle dita, e con un sorriso stupido e felice in faccia mormoro a mia volta:
< Dimmelo ancora.>
Tristan mi afferra la cintura dei pantaloni con entrambe le mani e con uno strattone mi costringe ad allontanarmi dalla colonna e a cadere seduto sul materasso. Si piazza autoritario davanti a me e io ne approfitto per aprirgli quella dannata camicia un bottone per volta. Devo controllare il tremore delle dita che vorrebbero semplicemente lacerarla in mille pezzi e gettarla lontano da qualche parte, ma alla fine la mia pazienza viene ricompensata quando i miei occhi scorrono finalmente sul suo torace nudo. Sulla peluria riccioluta e scura che gli copre il petto e segna la dolce curva di pelle sotto l’ombelico fino all’inguine; sul rilievo appena accennato dei muscoli degli addominali. Poso una scia di lunghi baci bagnati sulla sua pelle fremente e a palmi aperti tocco con reverenza il profilo sporgente del bacino. Mi separo a malincuore da quel paradiso quando Tristan mi afferra le spalle e con una spinta sicura mi manda supino sul letto. Il respiro mi si blocca in gola mentre lo osservo togliersi di dosso velocemente i pantaloni e fare lo stesso con i miei e le mie scarpe. Una volta restati entrambi in boxer, scivolo sulle lenzuola per fargli posto fino a quando trovo il cuscino, che spedisco sul pavimento con una manata. Lui si avvicina e si fa posto fra le mie gambe aperte, sdraiandosi sopra di me senza preoccuparsi di pesarmi o meno addosso: cosa che non mi da alcun fastidio visto che il contatto della sua pelle rovente contro la mia mi fa completamente uscire di senno senza alcuna possibilità di ritorno! Sento le sue mani che armeggiano verso il basso e che liberano entrambi dagli ultimi, scomodi indumenti.
Si ferma un attimo prima di procedere oltre.
Intrappola il mio sguardo nel suo per quello che mi sembra un tempo interminabile e, infine, si scioglie in un sorriso assolutamente irresistibile che è riservato a me e a me soltanto e che mi rende banale e molle creta nelle sue abili mani.
< Sei bellissimo > ripete, prima di sollevarmi le gambe contro i suoi fianchi e intrappolare la mia bocca in un nuovo, sconvolgente bacio.
Il resto poi…beh, il resto è tutto un dolce oblio.
 
 
 
Ho la testa talmente leggera e vuota che, se per sbaglio chiudessi gli occhi per due secondi di troppo, mi addormenterei all’istante.
Non è la prima volta che facciamo sesso ma…Merlino!, quest’orgasmo è entrato di diritto nella classifica dei migliori dieci che io abbia mai avuto nella mia vita.
Sia ringraziato colui che ha inventato il sesso riparatore, penso mentre fisso il velluto verde del baldacchino senza vederlo davvero e un sorriso ebete mi occupa l’intera faccia. Tristan se ne sta ancora sdraiato addosso a me, intrappolandomi fra le braccia e sbaciucchiandomi pigramente la parte sinistra del petto con piccoli morsi e lappate. Mi godo fino in fondo quei contatti veloci e umidi che mi provocano dei piacevoli tremori in fondo ai muscoli e il calore della pelle liscia della sua schiena sotto i polpastrelli.
E’ un momento talmente perfetto che non riesco a trattenere un sospiro che sa di spossatezza, felicità e pace. E tutto.
Il mio ragazzo, richiamato dal quel suono, mi fissa per un momento con una guancia appoggiata al mio torace, poi si solleva sui gomiti e comincia a tracciare una scia di baci che parte dal petto, si sofferma sulla base del collo e lo percorre più volte su e giù solleticandolo e si arresta infine sul mento, che comincia a succhiare con voracità rischiando di lasciarci un gigantesco e purpureo succhiotto.
Senza interrompere il suo operato domanda, incredibilmente serio:
< Che c’è?>
< C’è che, per una volta, hai avuto un’idea geniale > rispondo sorridendo ancora, a occhi chiusi.
< Pfff > sbuffa fintamente risentito e alzando il volto in un’espressione presuntuosa. < Io ho sempre e solo delle idee geniali, mio caro signorino!>
< Beh, a me non era sembrata particolarmente geniale l’idea che hai avuto quella volta in cui ti sei spalmato un’intera fiala di unguento urticante sullo scro…>
< Va bene, va bene, va bene: hai ragione tu. Come sempre! Contento, infame traditore?!>
Mi sciolgo in una sonora, spontanea risata senza riuscire a ricordare quanto tempo sia passato dall’ultima volta e continuo a ridere, anche se Tristan mette il broncio offeso e per ripicca mi morde forte un braccio lasciandomi i segni.
< Toglimi una curiosità > dico, passando una mano fra i suoi capelli terribilmente scompigliati per farmi perdonare. < In Sala Comune, cosa hai detto a Lennox?>
< Gli ho chiesto se, per cortesia, fosse stato tanto gentile da non avventurarsi nella nostra camera per il resto del pomeriggio > recita, interpretando quasi alla perfezione la parte del bravo ragazzo.
Ma oramai lo conosco da troppo tempo e troppo bene per lasciarmi abbindolare, infatti gli lancio un’occhiata scettica e affermo, sicuro:
< L’hai minacciato.>
< Ovvio che sì.>
< E come diavolo l’hai convinto?!>
< Gli ho semplicemente detto che, se per colpa sua o di Yaxley tu ed io non avessimo scopato neanche oggi, mi sarei rifatto sul suo culo.>
< Quanto sei scemo…> ridacchio piantandogli una mano dritta in faccia.
< Quanto è scemo lui, vorrai dire > ribatte Tristan, stringendomi il polso. < Santo Merlino, non lo toccherei nemmeno con una pertica!>
Sorride ancora perfidamente divertito, tenendo stretta la punta della lingua fra i denti. Poi intreccia le sue dita con le mie e continuando a guardarmi negli occhi pone un lungo bacio nel centro del dorso della mia mano e nel punto all’inizio del braccio dove le ramificazioni scure delle vene si incrociano fra di loro.
Mi sembra quasi che la pelle bruci in maniera insopportabile nel punto in cui lui ha appoggiato le sue labbra. E’ talmente bello, in questo preciso momento, da bloccarmi qualsiasi capacità respiratoria e da farmi desiderare di passare il resto dell’eternità esattamente così: nudi. Mescolati e imprigionati. L’uno addosso all’altro. Stupidi e insensati. Avventati, irragionevoli e folli d’amore!
Desidero passare il resto dell’eternità esattamente così…eppure so che non sarà così! Si prende il disturbo di ricordarmelo una vocina fastidiosa, tanto e troppo simile a quella della Gibbon, che mi canzona da un angolo lontano della mia calotta cranica. So che non dovrei pensarci – mi sono ripetuto almeno un milione di volte che non devo pensarci prima del tempo! – e che devo godermi ogni singolo istante fino all’ultimo. So che ho detto che mi sarei fatto andare bene questa situazione, che mi sarei adattato e che non avrei fatto problemi…ma ora non sono più tanto sicuro di riuscire a fare ciò che io stesso ho detto.
Non ci riesco!
Non riesco a passare sopra all’angoscioso pensiero che, tra non molto tempo, tutto questo sarà suo.
Non riesco a passare sopra all’angoscioso pensiero che, tra non molto tempo, quella smorfiosa si approprierà di tutto ciò che voglio e amo.
< Tu pensi…> mormoro, fermandomi subito dopo per mordicchiarmi l’angolo del labbro inferiore. Le parole scivolano lungo le pareti vischiose della gola e sposto lo sguardo a fissare le nostre mani intrecciate, incapace di sostenere il suo sguardo e impaurito dalla risposta che potrei trovarci dentro. < Tu pensi che…ti innamorerai di lei?>
Tristan si prende un momento per pensare a una risposta e cerca anche lui riparo nell’immagine assurdamente rassicurante delle nostre dita unite. Fa scorrere il pollice sulla mia pelle in una sorta d’impacciata carezza e poi, dopo averla consolata con un altro bacio, risponde:
< Non lo so.>
Mi sembra che il cuore stia sprofondando, più in basso del materasso e del letto, del pavimento, del resto della Sala Comune e più a fondo ancora del Lago Nero, in un luogo tanto lontano nel quale non lo posso più udire ma nel quale è ancora in grado di sminuzzarmi dolorosamente le interiora fino a renderle una poltiglia irriconoscibile. Sposto la testa di lato nel tentativo di occultare i miei occhi lucidi e di soffocare sul nascere un singhiozzo che so lui sentirà comunque.
Ma non posso fare altro che obbedirgli, quando mi stringe il mento fra due dita e riporta gentilmente il mio sguardo su di sé. Si allunga verso di me e cerca il contatto delle mie labbra, baciandole lungamente ad occhi aperti. La sua mano mi accarezza gentile.
< Vorrei davvero…credimi: vorrei davvero poterti dire che non cambierà nulla; che noi due non cambieremo…ma non lo so. Non lo posso sapere > mi dice, appoggiando la guancia contro la mia e parlando direttamente nel mio orecchio.
Si ferma e lo sento sospirare. Non è facile nemmeno per lui; non è mai stato facile nemmeno per lui. Poi, in un tono fioco e titubante che raramente gli ho sentito usare, aggiunge:
< L’unica cosa di cui sono sicuro, ora, è che tu sei l’unico per me…>
Gli getto le braccia al collo e lo stringo forte, come se questo gesto tanto stupido potesse cambiare le cose o renderle migliori di quello che sono. Ma non mi da conforto: mi da conforto il suo odore di sesso e gel che mi riempie il naso, il suo cuore che batte e brutalizza la parte vuota del mio petto, le sue mani che mi stringono così tanto da farmi male e che rivelano involontariamente la loro incapacità a lasciarmi andare – così simile alla mia!
< Vorrei che tu non lo facessi > piagnucolo nella sua spalla.
Con un colpo di reni e un movimento fluido, Tristan ribalta le posizioni e mi costringe a stare a cavalcioni sopra di lui. Mi afferra la testa con entrambe le mani e mi fissa a lungo, gli occhi viola che sembrano in grado di bruciare ogni centimetro della mia anima.
< Nemmeno io > risponde. < Ma lo sai: non sono molto bravo con le promesse.>
Poi mi bacia con impeto e non perde altro tempo.
Ne abbiamo così poco…
 
 

***

 
 
Più di quindici anni dopo.
 
< Piano. Fai piano.>
< Stai zitto, lolly!>
< Aspe…uff, ma…ma proprio sul tavolo dove tengo gli spa – ah! – rtiti del...violoncello…dobbiamo farlo…?>
< Te li faccio ingoiare gli spartiti se non stai…ma quante cazzo di chiusure ha quest’affare?! Per quella puttana di Morgana, non si aprirebbe nemmeno pronunciando un Alohomora!>
< Faccio io…>
< No!>
< Sì, invece: non voglio affatto che i bambini sentano tutto il fracasso che fai e che si avventurino qua sopra per controllare quello che facciamo.>
< Va bene, rompipalle, fai come vuoi ma sbrigati! Charissa non gironzolerà a Diagon Alley con Amycus per tutta la vita – purtroppo – e da un momento all’altro mia sorella potrebbe domandarsi dove cazzo ci siamo andati a cacciare.>
< Ecco. Ho fatt…>
Non faccio in tempo a terminare la frase che Tristan mi assalta la bocca con un grugnito impaziente. Quel bacio annebbia all’istante qualsiasi mio pensiero e accende in me un entusiasmo del tutto inaspettato: gli afferro il bavero dell’abito elegante e cerco con bramosia la sua lingua, mentre mi dimentico dei bambini che stanno giocando nel salone al piano inferiore, degli spartiti di Luigi Boccherini sparsi sul pavimento e di tutto il resto.
Merlino, abbiamo aspettato questo pomeriggio per quasi un mese!
Nel momento in cui mi afferra saldamente i fianchi e strofina il suo bacino eccitato contro il mio strappandomi un mezzo gemito roco, non posso fare a meno di ridacchiare internamente e pensare che certe cose non cambiano mai.
Certo, è passato parecchio tempo da quando abbiamo abbandonato le mura sicure di Hogwarts: abbiamo più del doppio degli anni che avevamo allora e un tatuaggio identico su entrambi i nostri avambracci; la mia presbiopia è peggiorata ulteriormente costringendomi ad indossare gli occhiali in ogni momento della giornata e Tristan ha perso talmente tanti capelli da non potersi più permettere quelle sue bizzarre pettinature fissate col gel.
Eppure siamo rimasti sempre gli stessi. Tristan e il suo rude modo di sapere sempre quali siano i punti migliori da toccare e baciare e io che divento irrimediabilmente molle e malleabile nelle sue mani capaci.
Ci abbiamo provato a rispettare il patto che avevamo fatto a scuola, lo giuro, e per i successivi due anni ci siamo anche discretamente riusciti, un po’ grazie ai numerosi viaggi che avevo cominciato a intraprendere inseguendo e sostenendo mia madre nei suoi svariati impegni e un po’ per il fatto che il Lord, a quei tempi, era troppo impegnato a migliorare le vendite del disastrato negozio di Burke per avere il tempo di organizzare incontri frequenti tra i suoi seguaci. La fatidica data che si faceva sempre più vicina e un accidentale incontro nei corridoi del Ministero della Magia avevano poi permesso a Tristan di tornare prepotentemente a sconvolgere la mia esistenza, insieme all’irragionevole richiesta di fargli da testimone durante la cerimonia. Ricordo di essermi addirittura sorpreso nel riscoprire quanto potesse essere insistente e soffocante il primogenito dei Carrow che, per ottenere ciò che voleva, era arrivato a minacciarmi di presentarsi durante a uno dei convegni presenziati da mia madre e di raccontare a mezza società culturale del Mondo Magico piacevoli aneddoti delle nostre notti accademiche.
Alla fine avevo ceduto. Come sempre.
Mi ero messo il completo più costoso che possedevo e avevo simulato, al meglio delle mie capacità, il conato di vomito che mi aveva solleticato la gola alla vista del bacio di chiusura tra lo sposo e la sposa. Malessere che era poi completamente scomparso verso la fine dei festeggiamenti, quando la neo signora Carrow era troppo occupata a scartare regali e gli ospiti troppo ubriachi, per accorgersi di me e Tristan che rispolveravamo la nostra attrazione reciproca all’ombra di uno dei tanti gazebo che ornavano l’immenso giardino in festa – la fede d’oro ancora fresca intorno al suo anulare sinistro.
Da lì erano ricominciati gli incontri clandestini, una manciata di momenti rubati in cui non facevamo quasi nemmeno in tempo a liberarci dei pantaloni e che mi facevano tornare in mente quelle sere a Hogwarts in cui sfogavamo le nostre voglie tappandoci nei bagni maschili, perché Rosier e Yaxley non sembravano intenzionati a sloggiare dalla nostra camera. Ma nonostante tutti gli sforzi e l’impegno che ci mettessimo, i nostri appuntamenti erano sempre troppo pochi e troppo rischiosi. E forse era proprio per la disperazione e la profonda esasperazione che questa situazione aveva creato che, in un lampo di follia, avevo accettato la proposta che Tristan mi aveva lanciato una sera, tra uno schiocco di bacio e l’altro. Era una di quelle idee tanto stupide che non potevano far altro che risultare geniali: quale via migliore, per poterci vedere tutte le volte che volevamo e senza destare troppi chiacchierati sospetti, che entrare a far parte della famiglia Carrow direttamente dall’ingresso principale?
Fu così che, in una di quelle poche mattine che mi ritrovavo da solo a fare colazione con mia madre, le riferii la mia intenzione di sposare una delle cinque figlie dei Carrow: Miranda – Tristan l’aveva accuratamente selezionata fra le sue tante consanguinee perché era la più ingenua e svampita di tutte. E perché non voleva assolutamente che finissi per sbaglio nelle grinfie di sua sorella India, “una grandissima stronza impicciona”, a suo dire.
La ragazzina era di sei anni più giovane di me e frequentava ancora Hogwarts quando venne stipulato il fidanzamento e accordato il matrimonio, cosa che, insieme alla fortuita scomparsa del prozio Deonne, il più accanito e sospettoso detrattore di quella pazzesca idea, facilitò moltissimo le trattative tra le nostre due famiglie. Mi sono sposato un anno dopo che Miranda ebbe terminato gli studi, all’età di ventiquattro anni.
Da allora, le cose fra me e Tristan andarono di bene in meglio. Ogni scusa od occasione erano buone per vederci e per passare del tempo da soli a fare ciò che più ci piaceva: riunioni di famiglia, pranzi di Natale e di Pasqua, i matrimoni delle altre sorelle Carrow e perfino le cerimonie di battesimo del mio bimbo, Oz, e di quelli di Tristan, Amycus e Alecto.
Specialmente i bambini, furono una vera manna dal cielo. Amycus era il più grande con i suoi tre anni di differenza rispetto alla sorellina minore, che invece ne aveva solo uno in meno di Oz: l’età tanto ravvicinate avevano permesso ai tre cuginetti di passare insieme parecchie sessioni di gioco pomeridiane, delle quali Tristan ed io non esitammo nemmeno per un momento di approfittare.
Insomma, le cose non sono andate esattamente come avevamo pianificato anni fa, ma di certo non mi dispiace affatto!
Un morso al lato del collo più doloroso degli altri mi fa emergere dai miei pensieri, proprio nel momento in cui la sua bocca torna a cercare con urgenza la mia.
< Dannazione a te e a questo stupido pizzetto > borbotto, passando la lingua sulle mie labbra formicolanti, mentre lui sposta le proprie affettuose attenzioni verso il mio mento e la mia mascella. < Pizzica.>
< Ad Alecto piace > risponde semplicemente, tra un ghigno e un bacio.
< Non penso che Alecto sia costretta a baciarti in bocca.>
< Nemmeno tu sei costretto: puoi smettere anche adesso!>
Gli lancio un’occhiataccia, mentre lui mi sbatte in faccia quel suo sorrisetto odioso e, senza smettere di guardarmi, mi libera prontamente della cintura e mi sfila gli occhiali dal naso mettendoli al sicuro in un punto lontano del tavolo. Gli getto le braccia al collo e lo attiro verso di me per baciarlo ancora, ancora e ancora! E al diavolo pure il solletico che mi provoca quell’insulso pizzetto!
Non vorrei – non riuscirei – a smettere di baciare quelle labbra per nulla al mondo. E pensare che a diciassette anni ero davvero convinto che avrei potuto farlo. Questo pensiero mi fa ridacchiare e attira l’attenzione di Tristan, che riporta il viso verso di me per fissarmi.
Ha un’espressione confusa e curiosa, quando mi domanda:
< Che c’è?! Perché ridi, adesso?>
< Nulla. Stavo solo pensando che, una volta, avevamo giurato sul nostro onore che dopo essere usciti da scuola avremmo smesso > rispondo, guardandolo teneramente negli occhi viola e carezzandogli una guancia col pollice.
< Mi conosci > dice sorridendo ancora, mentre con decisione mi fa andare a sedere sulla scrivania e si fa posto in mezzo alle mie gambe. La giacca del mio abito che va a formare un agglomerato informe sul pavimento, insieme alla camicia. < Non sono mai stato molto bravo con le promesse.>

 



 

FINE

 
 
 


 
 
ANGOLO DELL’AUTORE.
 
Inizio questo breve spazio chiedendo infinito perdono per il ritardo della pubblicazione dell’ultimo capitolo *Latis si prostra in ginocchio, autoflagellandosi*
Ma se questa settimana poteva andare male…beh, è andata peggio!
C’è andato di mezzo una nonna che doveva e poi non doveva più essere ricoverata in ospedale; una sessione intensiva e notturna di rigurgito di qualsiasi cosa avessi mai ingerito nella mia vita; un palloncino esploso e, ultima ma non ultima, una diabolica bambina di quasi quattro anni a casa per le vacanze di Pasqua che sta portando lo scompiglio più totale in casa mia.
*Tom e la sua schiera di Mangiamorte scappano urlando inseguiti da una Sofia che strilla felice e contenta*
 
Ma insomma…alla fine ce l’ho fatta *__________*
Quando avrete finito di leggere tutto, potete passare dal buffet per ritirare la vostra meritatissima dose di Pandistelle :D
 
Che si può dire di questo capitolo?!
 
CUB. In inglese si traduce con qualcosa come “cucciolo”.
 
LA LEMON – che poi lemon non è! Sono rimasta molto sul soft, un po’ perché non ne ho mai scritte prima e questa è la prima cosa che faccio che ci va anche solo lontanamente vicina. Ma questi due insieme devo ammettere che mi ispirano tantissimo (ricordate questo consiglio della vecchia e saggia Latis: non innamoratevi mai di un vostro OC. MAI!) e credo che in futuro, quando mi sarà passata finalmente la paura di scrivere baggianate, potrei scriverci su una lemon nuda e cruda! Per ora, continuo ad allenarmi.
 
Poi, non so che dire…beh, spero che il gran finale sia stato di vostro gradimento. Che non sia stato troppo melenso o mortale per chi soffre di diabete.
Io ho amato tantissimo Xerxes e Tristan e, se li avete amati anche voi come me, non temete: li rivedrete presto in giro in azione!
E questa subdola e misteriosa frase lasciata così a metà mi permette di allacciarmi direttamente a ciò che tutti stavate ansiosamente aspettando e per la quale vi siete pippati tutti e quattro i capitoli di questa mascherata tortura giapponese!
LA SUCCULENTISIMISSIMA NOVITA’ SULLA MIA LONG “DOVE CI SEI TU, ECCO, QUELLA E’ CASA MIA.”
 
Ebbene, tenevi forte, perché…TOM E PHOEBE STANNO TORNANDO!! Ma in una versione tutta nuova e migliorata.
Avete letto proprio bene. All’incirca nel mese di Maggio, Latis Lensherr pubblicherà sulle reti di EFP LA REVISIONE DELLA SUA LONG!!
Insomma, ricominciamo da capo! Più attivi, belli, simpatici e carismatici di prima.
E SIETE TUTTI INVITATI A PARTECIPARE, sempre se vi va ;)
Ho detto all’incirca nel mese di Maggio perché ho sei capitoli già pronti, ma ne voglio scrivere almeno altri quattro, per avere un po’ di vantaggio e per essere sicura di pubblicare con una certa regolarità – e anche perché Erodiade mi ha minacciata di morte violenta!!
Comunque, non appena sarò pronta per pubblicare vi avviserò UNA SETTIMANA PRIMA, con un capitolo-annuncio sulla vecchia long.
Insomma…se la storia vi interessava già prima o leggendo questa mini-long vi siete affezionati alla buona, vecchia Latis (Tom:”Ma quando mai!”)…beh, fateci un salto. Anche solo per consigliarmi di appendere la tastiera al chiodo e andare in Brasile a coltivare manguste e allevare banane XD
 
Finisco con i ringraziamenti :)
Un grazie particolare a tutte coloro che hanno commentato i capitoli precedenti: ERODIADE, ENIDE, SANTA VIO DA PETRALCINA E MAYA_POTTER.
E un grazie speciale a questi nuovi lettori che non mi conoscevano ma che hanno avuto il coraggio di affrontare ciò che la mia mente psicolabile ha partorito: un grazie a HANNYABAL per avermi inserito nelle preferite e a CHIAKI TANIMURA, DARKMAGIC31, ELYZA e MIKYME3 per avermi inserito nelle seguite.
GRAZIE, GRAZIE DAVVERO A TUTTI!
 
Vi mando un bacio e un abbraccio.
Latis.
   
 
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