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Autore: Ian Is A Fucker    29/03/2013    0 recensioni
"Lo amavo. Questo era il problema. Come potevo io, Ian Somerhalder dipendere così da un'altra persona? Per me era tutto, e lo sarebbe stato per molto... ma sapevo che non potevo andare avanti in quella maniera: dovevo dirgli addio. Ma dove trovare il coraggio?"
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ian Somerhalder
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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Più passano i giorni e più mi sento vulnerabile. Che cosa orrenda: non lo vorrei ammettere ma è così. Come se ci fossero due persone che litigano all'interno di me, e che non fanno altro che avere pareri opposti, trascinandomi in oceani di pensieri che mi lasciano senza fiato, tanto che non riesco nemmeno a nascondarlo alla persona che forse più amo: Eric. Non so bene se sia la situazione a farmi stare in equilibrio precario tra tormento e avvilimento, o il fatto io ami un altro uomo, ma la cosa mi frustra a tal punto da non fare altro che annegare in quei pensieri. Io lo amo, eppure sono così confuso. Qualcosa non funziona, e non riesco a spiegarmelo. O meglio, potrei spiegarmelo, ma non voglio pensarci, perché la risposta mi infastidirebbe fin troppo. Ho un orgoglio, io, e una reputazione da difendere! Che Ian sarei se mi dicessi di essere sbagliato? Di essere io il problema in una relazione che potrebbe solo che essere meravigliosa, vedendo quale splendido uomo ho al mio fianco? 
Come al solito chi mi fa tornare sulla terra dei comuni mortali è lui, con la sua adorabile voce preoccupata.
"Inizio a pensare che mi tradisci, sai?". Scoppio in una risata, ma lui continua ad osservarmi accigliato.
"Spero tu stia scherzando! Puoi controllare le chiamate se sei così sospettoso."
"Beh, magari l'ho già fatto e mi aspetto che ammetti tutto e supplichi perdono!". Alzo un sopracciglio e lo osservo scettico. Sapeva bene sia che non sono capace di tradire una persona che amo, sia che non supplico nessuno. Prendo ciò che voglio e non torno sui miei passi.
Sbuffa ormai rassegnato dal fatto io sia così, prendere o lasciare, e che non avrebbe mai ottenuto una cosa del genere dal sottoscritto.
"Almeno dimmi cosa ti sta succedendo! Da quando stiamo insieme non fai altro che essere ombroso... la cosa mi spaventa." Quelle parole non ci volevano. Mi trapassano il cuore come mille aghi appuntiti e continuano a muoversi incrementando il dolore. Non so spiegarmi bene il perché di una simile reazione: se per i sensi di colpa, o per i pensieri in sè per sè, ma fa parecchio male. Vederlo preoccupato in un tal modo a causa mia... mai successo. Uff, ma senti che discorsi che mi faccio. Sono diventato proprio un pappamolle! 
"Sei facile da intimidire allora!" rispondo cercando di evadere qualsivoglia discorso.
Lui non sembra cogliere positivamente quella battuta, al contrario di come sempre fa. La cosa preoccupava me ora. 
Rimane in silenzio con lo sguardo basso, e per quanto avrei voluto essere il solito e far finta che ciò non mi toccasse, cedo e mi avvicino, stringendolo tra le mie braccia dopo avergli accarezzato il viso.
"Non hai motivo di preoccuparti... nessuno o niente che io possa pensare potrà separarci" come avrei voluto credere in quelle parole. Non sono solito mentire, preferisco essere diretto, forse anche tagliente, ma mai bugiardo. Eppure questa volta dovevo: vederlo così preoccupato, per qualcosa che avrei dovuto saper controllare, beh, aveva fatto scattare in me un meccanismo strano, mai scattato prima. Dovevo rassicurarlo e proteggerlo, rincuorarlo.
La sua risposta è una stretta all'abbraccio che gli stavo dando. Stretta che mi fa sorridere, ma che allo stesso tempo mi fa sentire maggiormente in colpa per i miei stupidi pensieri.
"Non sono preoccupato solo di noi... ma di te" quella risposta mi confonde tanto da scogliere l'abbraccio, per cercare di trovare ulteriori dettagli leggendo nei suoi occhi verdi.
"Conosco quel tipo di sguardo vuoto che hai ultimamente. Poche cose vanno bene nella mia vita, forse l'unica sei proprio tu. Vederti soffrire non è facile per me... tanto meno per te". Colpito ed affondato. Era proprio così evidente? O era lui che riusciva a leggermi dentro così facilmente? Una parte di me cercava di convincere l'altra si trattasse di quest'ultima opzione.
"...vorrei solo poterti aiutare..." Quello sguardo colpevole e quell'espressione sconsolata mi fa pesare l'aria come fosse un macigno. Gli prendo il viso tra le mani e accenno un sorriso, troppo spaventato anch'esso da manifestarsi a pieno di fronte a quell'aspetto preoccupato di Eric.
"Tu mi aiuti anche solo respirando... come puoi pensare che ciò che fai non è abbastanza?" Mi fermo immediatamente prima di andare oltre. Il mio cervello continuava a spingermi nel dire "Non devi sentirti in colpa, sono io il colpevole qui". Cosa sono finito a pensare?
"Tu sei tutto per me, non hai motivo di preoccuparti." Incapace di trovare parole migliori mi arrangio con queste, per la prima parte vere. A lui sembrano scivolare addosso, e non capisco il motivo. Ci rimango un po' male sinceramente, ma d'altronde, ammettiamolo, era colpa mia se stava così, me lo merito tutto.
Toglie le mie mani dal suo viso e a sguardo basso mi dà ragione. Non posso vederlo in quello stato, e lo prendo per il braccio prima che esca.
"Scusa... so che è colpa mia..." Quanto impegno ho dovuto metterci nel dirlo! E Eric lo nota. Stupito e un po' intenerito mi lancia un'occhiata piena d'amore dicendomi:
"E' colpa dell'amore, che confonde le carte in tavola." 
  
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