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Autore: ElegantTania103    29/03/2013    2 recensioni
Per Tasha si prospetta una calda, caldissima estate. Sua sorella Joelle aspetta un figlio, e tutti i riflettori sono puntati su di lei. Doppiamente visto che Joelle è una ragazza madre. Come se non bastasse Mary, la sua migliore amica, continua a soffiarli i ragazzi, per poi correre da lei a chiedergli mille volte scusa. urge mettere a punto una strategia, vale a dire trovare il ragazzo giusto dell'amica mangia-uomini. Nessun dubbio, Jack è proprio quello k ci vuole. Già, ma per chi delle due?
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Scolastico, Universitario
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Jack ed io ci rivolgemmo appena la parola quel giovedì, trovando tutti i modi possibili e immaginabili per evitarci.
Ora mi rimaneva solo il venerdì da superare, il nostro ultimo giorno al Campo Raggio del Sole. Per festeggiarlo Harry e io preparammo una giornata di giochi e attività varie che coinvolsero tutti i bambini.
Per l’ora di pranzo Jack aveva allestito la mostra dei loro disegni nell’area adiacente alla mensa. I bambini scoppiavano di orgoglio, soprattutto quando qualcuno che non conoscevano si avvicinava ad ammirare i loro capolavori. Io ricevevo gli ospiti, ovvero il gentile pubblico, rispondendo alle mille domande che mi venivano inevitabilmente poste.
Al contrario di Jack, che aveva preferito tenersi alla larga dalla mostra.
“Splendidi, no?” dissi, girandomi. “Luke!” esclamai.
“Ciao Tasha”. Mi guardò con quei suoi dolci occhi verde mare.
“Ti piacciono i nostri capolavori?”.
“Sono molto colorato” rispose, sorridendomi.
Se mai vincerà le Olimpiadi, pensai, diventerà il sogno di ogni pubblicitario.
“Alcuni colori però sono sbagliati” aggiunse. “Come quell’albero blu”.
“Io lo adoro!”.
“Ci sono ragazze con i capelli rossi ovunque” continuò.
“L’hai notato, eh?”.
“Mi ricordano te”.
“Davvero? Grazie”.
“E ce n’è una con una camicetta piena zeppa di cuori”.
Sorrisi. “L’ha disegnata Miguel, il mio campione. Ti ricordi, te ne ho parlato”.
“Ascolta Tasha, domani ho una gara, comincia alle due; vale la pena assistervi”.
“Buona fortuna. Sono sicura che andrai fortissimo”.
“Comincia alle due. Perché non fai un salto? Ti piacerà”.
“Mi dispiace, sarò impegnatissima” risposi. “Ma è stato carino da parte tua invitarmi”. E lo pensavo davvero. Sapevo benissimo che la ragazza ideale per Luke era il modello Fan Adorante, ma il suo invito mi lusingava ugualmente.
“Uh … immagino che avrei dovuto comunicartelo con un certo anticipo” disse, e si allontanò mesto. Solo a metà strada tornò ad esibire la sua andatura da campione.
Solo quando Luke scomparve dal mio campo visivo, mi resi conto che Anna e Jack avevano seguito tutta la scena. Ero tesa come una corda di violino. Se Jack fa qualche osservazione su Sbattiuova, pensai,è la volta che scoppio. Ma Anna gli disse qualcosa, e lui distolse lo sguardo.
Alle tre e un quarto i bambini cominciarono a salire sull’autobus, tenendo in mano orgogliosamente i loro disegni; ci furono abbracci e saluti, bagnati da lacrime. Era decisamente la settimana degli addii.
L’autobus si era appena mosso, mentre io e gli altri animatori ci sbracciavamo per gli ultimi saluti, quando si fermò e tornò indietro. Mentre ci chiedevamo cosa potesse essere successo, la porta si aprì, Miguel saltò giù e mi corse incontro, con il suo disegno in mano.
“È per me? Vuoi che lo tenga?” gli chiesi, guardando quella figurina dalla camicetta piena di cuori.
Annuii, stringendo forte le labbra.
“Tante, tantissime grazie. Senti Miguel, quando sarai un giocatore famoso, potrò venire allo stadio a chiederti l’autografo?”
Fece segno di si, mi abbracciò forte, e poi corse di nuovo verso l’autobus.
Noi sei tornammo in ufficio. Era venuto il momento di mettere in ordine e di dare una ripulita, e immagino fossimo tutti contenti di tenerci impegnati, per vincere la malinconia. I bambini ci avevano lasciato da pochi minuti e già ci mancavano.
Io raccolti l’equipaggiamento che avevamo preso in prestito, e lo portai in palestra. Impiegai poco tempo a sistemare reti e palle. Ma non avevo voglia di unirmi agli altri, e avrei preferito che se ne andassero senza neppure doverli salutare, per evitare altri addii e altre lacrime. Afferrai una palla da basket, e cominciai a farla rimbalzare e mi preparai al lancio.
“Rimbalzo!”.
Mi girai e vidi Jack. “Quando lancio non sbaglio mai”.
Alzò gli occhi al cielo. Lancia. Sbagliai.
Prese la palla di rimessa e cominciò a dribblarmi intorno.
“Devo mettere via la palla” dissi, allungando la mano.
“E io devo parlare”.
“Benissimo, resta qui e parla quanto ti pare. Io vado a mettere via la palla”.
Gliela strappai di mano, ma lui fu altrettanto sveglio ad afferrarmi il braccio.
“Siamo noi che dobbiamo parlare”.
“E perché, poi?
“Tasha, hai l’aria così infelice. E io non so cosa fare per aiutarti”. Era davvero preoccupato per me?mi aveva solo spezzato il cuore.
“E allora non fare niente, per favore” gli dissi. “Non sono affari tuoi, Jack” e cercai di allontanarmi. “Me la sono voluta io” aggiunsi.
“No, sono io che ho sbagliato tutto, mettendomi con Mary”.
“È colpa mia. Ti ho praticamente spinto fra le sue bracci. E comunque, se non fosse stata lei, sarebbe stata un’altra a …”
“Sei proprio sicura di questo?”. I suoi occhi lampeggiarono di rabbia. “Dì un po’, dove la trovi tutta questa sicurezza? Non sbagli mai tu?”.
“Ti sfido, Jack. Due punti” annunciai, lanciai e feci canestro.
Jack riprese la palla. “Tre punti” annunciò, e fece canestro. Poi si girò.
“La verità è che tu non hai capito un accidente”.
“Ho capito, invece” lo interruppi. “Mi hai sfidata al mio stesso gioco, ed hai vinto”.
“Quale gioco, Tasha?”. Gli ripresi la palla. “Che gioco?” insistè.
Lo aggirai e mi misi a correre verso l’altro canestro. Ero furente. Avevo perso in amore. Ma non avrei perso quella partita.
Riuscì a rubarmi la palla, ma non a controllarla. Ci slanciammo entrambi per prenderla, con il risultato che finimmo per terra. L’uno sull’altra, come da copione.
“Sai Tasha, la prima volta che ti ho incontrato” disse, “quel giorno che per poco non mi sei venuta addosso, ho pensato che tu fossi matta da legare”.
“Da-davvero? Sono lusingata!” dissi, cercando di divincolarmi. La sua voce, il suo odore, la sua pelle mi annebbiava la vista.
“Ma, probabilmente, io sono stato ancora più matto …”
“Non voglio parlare di questo” scattai, allungandomi verso la palla che stava rotolando via.
“… a desiderarti” continuò.
“Cosa hai detto?”.
“Io volevo te, e tu volevo Sbattiuova” si mise a ridere. “Quando ci penso, adesso, mi sembra assolutamente ridicolo”.
Ero sconvolta. Cosa c’era da ridere?
“Sono stato male” continuò, “quando volevi usarmi per avere via libera con Sbattiuova. Ma ho accettato di uscire con te e Mary sperando che tu imparassi a conoscermi, sperando che tu cambiassi idea”. Mi stava guardando con quei suoi incredibili occhi blu. “Ci sono stati momenti, come nella Casa delle Streghe, in cui ho pensato che forse avevo qualche speranza”.
Scosse le spalle e sorrise, come se quei momenti non rappresentassero più nulla. “Ma tu mi stavi dando solo lezioni, no?” continuò. “Ed era chiaro che ti importava solo di lui. Pensai di continuare il gioco finchè Mary non si fosse stancata di me, ed è per questo che ho cercato di vederla il più possibile. Poi … mi p venuta un’idea brillante”. Adesso il sorriso era scomparso. Scosse la testa, come se fosse disgustato di sé.
“Quale?” chiesi aspramente. “Quale idea brillante?”.
“Di giocare al tuo stesso gioco. Odiavo il modo in cui tu cercavi di combinare storie. Ma se facevo finta di aver bisogno d’aiuto per agganciare Mary, avevo una scusa per stare con te, e tu non avresti potuto dirmi di no”.
“Oh”.
“Adesso mi faccio schifo. Non ha importanza che Mary abbia usato gli altri in passato, la verità è che io ho usato lei. E l’ho fatto così bene che sono riuscito a rovinare la nostra amicizia. Mercoledì sera, a casa tua, volevo solo stare con te”.
Fece un passo in avanti. Raccolsi la palla e me la strinsi come se fosse un salvagente. Riusciva a vedere che stavo tremando come una foglia?
“Puoi lasciarla andare, adesso” disse con calma. “Il gioco è finito”.
“Chi ha vinto?” sussurrai.
“Nessuno”.
“Nessuno?”.
“È chiaro, no?” scattò. “Né io, né te, né Mary”. Si voltò e fece per andarsene.
Lo guardai incredula. Lo pensava davvero. Era stato innamorato di me e ora gli era passata, senza che io neanche me ne rendessi conto. Adesso gli era rimasta solo la rabbia.
Lo guardai per un lungo, interminabile minuto, poi mi misi a correre e lanciai la palla verso l’altra estremità della palestra, desiderando di spaccare il vetro del tabellone in mille pezzi. Invece feci canestro.
Jack si fermò, e aspettò che la palla gli rotolasse vicino. “Sai, se tu ti allenassi un po’” disse, sfoderando mezzo sorriso, “non saresti mica male come lanciatrice”.
“Io sono già una buona lanciatrice”.
Annuì, e poi mi passò la palla, come se fossimo compagni di squadra. Ma come la ebbi presa, mi corse incontro per bloccarmi la strada. Cercai di passare a destra, poi a sinistra. Ma mi marcava stretto. Provai ad indietreggiare, a fare una finta, e a buttarmi ancora avanti. Gli sferrai una gomitata nelle costole e feci un salto, proprio sotto il canestro. Ci scontrammo in aria.
“Fallo!” gridai.
“Stai scherzando?” era una carica!”.
Rimanemmo in piedi, a guardarci.
“Tasha” disse, con un filo di voce. “Sono innamorato di te. Non è finita, per me. Io non posso smettere di desiderarti. Mai”.
Deglutii. Provavo emozioni così intense che ne ero terrorizzata. Cercai di sdrammatizzare. Che altro potevo fare?
“Evidentemente, non hai ascoltato nessuno dei miei consigli”.
Mi guardò stupito, poi i suoi occhi brillarono di speranza. “Qualcosa … qualcosa ho recepito”. Fece scivolare le sue braccia attorno a me, e poi si abbassò e mi baciò sul collo, una volta, due, tre baci delicati e leggeri come le ali di una farfalla.
Si tirò indietro e mi guardò.
“Stai tremando”.
“Davvero?”.
Mi strinse a sé come se non volesse più farmi andare via, e poi le sue labbra si posarono sulle mie.
“Tasha, chiudi gli occhi”.
Li chiusi tutti e due, poi ne aprii uno. Jack scoppiò e ridere. Mi baciò dolcemente, ancora e ancora. “Tasha” ripetè. “Oh, Tasha”.
Quando ricambiai il suo bacio, ci misi dentro tutta me stessa. Jack smise di ridere, e lo sentii tremare.
Le palestre vuote sono ottimi posti per baciarsi: garantito. Non so quanto tempo rimanemmo stretti l’uno all’altra. Alla fine dissi: “Beh, penso che sia ora di tornare in ufficio”.
Jack annuii, e mi lasciò andare. Ma appena riposi la palla, mi circondò la vita con un braccio, e rimanemmo così per tutto il tragitto, fino al centro studenti.
“Ho le guance rosse?” chiesi.
Jack fece una smorfia. “Come due pomodori maturi”.
“Rimarranno tutti sorpresi, non credi?”.
“Non Anna” mi rispose. “Gli altri sicuramente si. Siamo stati bravissimi, a fingere.
Invece trovammo un biglietto attaccato alla porta dell’ufficio.
 
Cari Jack e Tasha,
non possiamo più aspettarvi oltre.
Saremo alle 6.30 al Pizza Palace. Grandi festeggiamenti in vista. Ci vediamo là.
                                                                                                    Harry
P.S. Leo ha detto a Mary che siete sull’autobus con i bambini, e che ci vorranno ore prima che torniate.
P.P.S. Non mancate, mi raccomando. Adoro le storie che finiscono bene.
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Ed eccoci alla fine della storia:) Ringrazio tutti quelli che sono arrivati fin qui...Che hanno letto, recensito, messo tra i preferiti e seguiti...Senza di voi non sarebbe nulla:) Come prima storia ha pochi capitoli, ma spero che continuerete a seguirmi:) Abbiamo ancora molto tempo da passare insieme, e molte emozioni da condividere attraverso le storie:) Vi auguro una buona Pasqua:) E grazie ancora...^-^

                                                                                                                                                                               ElegantTania10

  
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