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Autore: Son Kla    18/10/2007    1 recensioni
Sottile è il confine tra amore e egoismo. Spesso qualunque scelta è sbagliata, ma il loro cammino sembra non doversi dividere. GokuxOC
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cho Hakkai, Genjo Sanzo Hoshi, Kogaiji, Sha Gojio, Son Goku
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi… uff purtroppo la correggo mentre la pubblico sicché ci metto un po' prima di aggiungere un capitolo perché devo starci del tempo a correggerla

Eccomi… uff purtroppo la correggo mentre la pubblico sicché ci metto un po' prima di aggiungere un capitolo perché devo starci del tempo a correggerla! Comunque… eccomi qui.

Temmuz, ma ti ho risposto alla recensione o sto impazzendo? Probabilmente la seconda… comunque… si non hanno proprio agito al massimo… del resto i nostri cari Sanzo, Gojyo e Hakkai sono fragili e succubi dei loro passati, perciò ho voluto evidenziare questo loro lato facendogli commettere un errore di un certo calibro. Poi meno male che Gojyo un po' alla fine si riprende… per quel che riguarda la reazione di Goku quando (se) la rivedrà (YORU non Yuri xD) … beh… si starà a vedere! Grazie per essere sempre presente! Ti lascio al nuovo capitolo! Un bacione!

Eravamo in viaggio da giorni… venni messa su un carro insieme ad altre ragazze, prese un po' da quel villaggio dove ero rimasta e un po' da altri villaggi, dove erano passati prima, evidentemente. Viaggiavano piuttosto di fretta, perché le informazioni che avevano sul gruppo del monaco biondo gli erano arrivate in ritardo, e volevano assolutamente raggiungerli… li volevano uccidere. E dopo quei giorni di terrore, se lo avessi avuto tra le mani, credo che anche io avrei voluto uccidere Sanzo. Ma non avevo molto tempo per pensare, e i pochi attimi che la mia mente veniva fuori da quella situazione orrenda riuscivo solo a piangere, e a chiamare col cuore lui, il mio piccolo demone che mi mancava da morire. Morire. In quei giorni, ci pensai spesso. Avrei sofferto meno, sarebbe finita quell’agonia, l’agonia di essere prigioniera di quei mostri, e l’agonia di non avere più accanto Goku. Poi, non ce la facevo proprio. Perché appena la parola “Goku” affiorava nella mia mente, l’idea della morte scompariva lontana. Non potevo morire, non ora che ci stavamo avvicinando a loro. E continuavo a farmi torturare da quei demoni maledetti… perché dietro a quelle sevizie, laggiù all’orizzonte, vedevo sempre quel viso dolce e quegli occhioni grandi e lucenti. Ci trattavano come oggetti, me e quelle povere ragazze alle quali era capitata la mia stessa sorte. Per fortuna la maggior parte del giorno era impiegata nel viaggio, proprio perché come ho già detto, dovevano raggiungere i quattro ragazzi che avevano al loro attivo ormai tre settimane di vantaggio. Ma quando la sera si fermavano, o quando decidevano di fare una sosta a metà giornata, era un calvario. Ricordo benissimo la prima sera… Si sentirono distintamente i loro passi avvicinarsi al carro dove eravamo stipate, poi le risate sadiche, che facevano rabbrividire tanto da battere anche i denti. Il telone che chiudeva posteriormente il carro venne spalancato, e le silouette in controluce di due o tre di loro apparvero davanti a noi. Salirono e presero qualche ragazza… strattonavano senza alcun riguardo, senza che ce ne fosse motivo, anche senza che la povera malcapitata opponesse la minima resistenza. Dicevano che quel giorno toccava a loro. E a noi altre che rimanemmo sul carro, venne dato qualche avanzo di cibo, del pane ormai secco e un po' d’acqua. Ma nessuna di noi mangiò. E fummo picchiate per questo, quando se ne accorsero. Si arrabbiarono molto, e ci tennero senza cibo per due giorni. Non che avessimo molta fame…ma sebbene senza appetito, il corpo privato del nutrimento ci indeboliva inesorabilmente. Quando il secondo giorno ripartimmo, verso la fine della giornata una di quelle ragazze che la sera prima era stata presa per il divertimento del gruppo di folli che ci aveva rapite, si gettò dal carro in corsa… non so se morì sul colpo… non lo so, perché il nostro carro e gli altri che ci precedevano con su tutta la banda dei demoni, si fermarono… e sentimmo solo dei rumori forti, rumori agghiaccianti, di qualcosa che colpiva, e qualcosa che si rompeva. Mai avevo sentito un suono del genere, ma lo riconobbi senza indugio. Forse fu quel che mi rimaneva dell’istinto animale delle mie umane origini. Sentii distintamente il suo cranio fracassarsi, e anche altre ossa del corpo. Dovetti tapparmi le orecchie, non riuscivo a sopportare quel suono. Poi uno dei nostri carcerieri si affacciò al carro, con in mano una mazza ferrata che appoggiava sulla spalla, tutta rossa, rossa di sangue, e sporco lui stesso sul volto e sulle mani. Alcune ragazze, si misero a strillare, e vennero colpite con degli schiaffi.

“Se non gradite la compagnia, prendete esempio dalla vostra amica!!!!” ruggì imbestialito dalle grida e dai pianti di panico.

Ricordo che mi sentii male… era completamente ricoperto di sangue, si riusciva a sentirne perfino l’odore, quell’odore forte di ferro che punge terribilmente i sensi appena viene avvertito…e quei rumori che avevamo sentito poco prima erano poco meno agghiaccianti del vedere la scena con i nostri occhi. Non c’era scampo. Quando le prime ragazze a cui toccò la triste sorte serale furono risbattute nel carro, erano traumatizzate. Anche se le altre cercavano di sapere cos’era successo, cosa avessero dovuto subire, cosa facevano e quanti erano, nessuna di loro fiatò. Ma i loro vestiti lacerati, i lividi e le ferite, la dicevano già lunga. Puzzavano di fumo e di alcool… puzzavano di una violenza disumana. Ebbi dei tremiti incontrollabili lungo tutto il corpo quando vidi in che condizioni erano tornate, e mi toccava affondare la testa tra le braccia per cercare di bloccare anche le mie labbra che tremavano incessantemente. Ma un paio di giorni dopo, rimpiansi quei brividi… perché una sera, la faccia che spuntò nel nostro carro era proprio quella del demone che mi aveva portata in quel gruppo dopo aver fatto irruzione nella casa dove ero stata ospitata. Lo vidi scrutare un po' tra le facce delle ragazze, e mi pervase la paura che stesse cercando proprio me…provai a rendermi il meno appariscente possibile… iniziò a tirarne giù una o due, e i nervi si stavano lentamente distendendo, nella vana illusione che allora stesse scegliendo a caso…che forse non si ricordava di me… ma mi sbagliavo. Alla fine, mi sentii addosso il peso del suo sguardo.

“Eccoti finalmente!” salì con un salto e si fece spazio con brutalità tra le altre ragazze. Mi prese per un braccio e mi tirò su, con una mano mi mosse il volto puntandolo sul suo, a pochi centimetri di distanza. Il suo odore mi ripugnò. “Ci siamo carina… sei emozionata?” il mio respiro era affannato, e il cuore scoppiava di paura “Ah, hai già adesso il fiatone? Figurati dopo allora!!!” e rise sadicamente, rivolgendosi a un paio di altri demoni che lo avevano accompagnato e che lo aspettavano fuori dal carro. Mi veniva da piangere, ma mi forzai di non farlo, perché sapevo che potevano anche linciarmi se lo avessi fatto. Così, non potevo nemmeno sfogare tutto il mio terrore, e il solo modo che aveva il mio corpo per esprimerlo era far battere all’impazzata il cuore nel mio petto, e mi sembrava scoppiasse. Mi trascinò verso l’uscita, e con una spinta mi buttò fuori da quella prigione a quattro ruote in cui stavo ormai da qualche giorno senza muovermi. Tra l’altro, lo stare per giorni lì dentro seduta mi aveva indebolito non poco le gambe, e stare in piedi sulle prime mi sembrò difficoltoso, non riuscivo ad alzarmi da quella terra arida e polverosa. Ebbi il tempo di guardarmi intorno: il panorama era arido, la terra secca e pochi alberi stecchiti adornavano l’orizzonte… più avanti, delle montagne color argilla, prive anch’esse di qualsiasi cenno di vita rigogliosa. Non ebbi molto tempo di perdermi nelle osservazioni, mi sentii tirare in piedi con arroganza, era il solito maledetto schifoso demone.

“Bimba, che fai non stai in piedi?? Vedi di stare bella sveglia…stasera ci divertiamo!” mi ghignò sempre vicino al volto. Aveva quell’orrenda abitudine di mettersi a un palmo del mio viso. E se non fossi stata digiuna da giorni ormai, quel suo modo di fare mi avrebbe provocato sicuramente degli urti di vomito, da quanto era rivoltante lui e il suo fetido odore. Ma furono quelle parole ciò che più di tutto mi terrorizzò. E lui, rideva soddisfatto.

Io e le altre tre ragazze scelte quella sera fummo portate nei carri dei demoni: due per carro. Stavano cenando, sbranavano della carne cruda di non so che animale, sempre sperando che fosse di animale… ma non ci pensavo, altrimenti sarei morta alla sola idea. Ridevano, si avvicinavano a noi… alcuni ci versarono sul corpo delle bevande alcoliche e poi ce le leccarono di dosso tutti insieme o a turni. Una volta sola incrociai lo sguardo della ragazza che era lì con me… aveva negli occhi la morte. Mi chiesi se il mio sguardo era lo stesso. Credevo di sì, in quel momento, ma mi sbagliavo… perché nel mio sguardo brillavano delle lacrime a tenerlo acceso, delle lacrime che invocavano la forza necessaria per resistere a tutto ciò… perché sapevo, che se avessi resistito loro mi avrebbero riportato da lui, dal mio angelo dagli occhi dorati. E quando quei cani si avventavano su di me, mi premuravo soltanto che quegli esseri non si avvicinassero alle mie labbra, perché volevo che quelle rimanessero incontaminate, come avevo sempre voluto mantenerle per Goku quando un giorno in un momento speciale lui avesse mai deciso di concedermi le sue… quando… quando??? Il tempo sembrava non passare mai, e Goku era lontanissimo, sempre più lontano da me. Allontanato da quegli esseri immondi che nel frattempo mi stavano strappando i vestiti e si prendevano con perfidia la mia pelle coperta di brividi. Chiudevo gli occhi per non vedere. Poi li riaprii di scatto, al rumore secco di vetro che si infrangeva, mi voltai alla mia sinistra da dove proveniva: la ragazza poco distante da me, evidentemente satura di quella situazione, aveva impugnato una bottiglia e l’aveva spaccata in testa a uno di quei demoni avventati su di lei, e poi il collo della bottiglia appuntito che le era rimasto in mano lo aveva infilato nella gola di un altro che l’aveva schiaffeggiata per quel gesto. Fu il caos in pochi secondi, e non riuscii più a vederla, circondata completamente dai demoni, tutti, anche quelli che fino a poco prima si stavano divertendo col mio corpo. La sbranarono. Non so descrivere in altro modo quel che vidi, perché ogni parola non parlerebbe mai abbastanza di quell’orrore, degli odori, dei rumori, delle sensazioni di quel momento. Sebbene in un primo istante sia rimasta freddamente ipnotizzata da quella scena immonda, mi costrinsi quasi subito a impedirmi di vedere quel macello umano un attimo di più, coprendomi la visuale con le mani sul volto. Ero rannicchiata in un angolo dell’abitacolo, mi appoggiai con la schiena alla parete, e mi sentivo lentamente scivolare di lato. Quando me ne accorsi concretamente, provai a riprendermi, ma non ce la facevo. Spostai appena qualche dito dal volto, ma anche senza le mani davanti, non vedevo. Non reggevo più. Il digiuno, il viaggio, il terrore… il cuore non ce la faceva proprio più a battere a quel ritmo…

“Ma che cazzo state facendo!!!!!” tuonò una voce arrivata in quel momento davanti al carro. Tutti si fermarono. Il mio udito, l’unico che ancora riusciva a mantenersi attivo, non aveva dubbi: era il demone che anche il giorno dell’irruzione al villaggio aveva dato ordini e disposizioni. Quello direttamente sotto al “capo”. Gli spiegarono quel che era successo… li maltrattò ancora a parole, ma quasi più per la confusione che per ciò che avevano fatto. Quello, sembrava tranquillamente normale. Io ero ormai completamente distesa, e iniziavo anche a sentire poco…

“Avete ammazzato anche lei??” balzò sul carro e mi si avvicinò. Un brusio attraversò l’ambiente, ognuno che diceva che non mi aveva uccisa, guardandosi intorno come a cercare una testimonianza alle proprie parole e allo stesso tempo a cercare con lo sguardo qualcuno che poteva essere il colpevole. Aprii appena le palpebre, per paura che se fossi svenuta avrebbero ucciso anche me.

“Ah, ma sei sveglia…” sorrise con la solita espressione sadica che mai abbandonava i loro volti, e mi prese il viso con una mano. Ma non riuscivo a muovermi. “Ma che fai, pensi sia l’ora di dormire???” mi prese per una spalla e mi tirò su con uno strattone…e fu in quel momento che, prosciugata fino all’ultima goccia delle mie forze, fisiche e psichiche, persi definitivamente conoscenza e il mio corpo esanime e inerme ricadde tra le sue braccia assassine.

  
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