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Autore: heygiuls    30/03/2013    3 recensioni
[...] "No, Tom! Non mi dire che mi hai capito perchè non è vero! Tu non mi conosci!" gli urlai contro tutte la rabbia repressa, le lacrime non cadute, l'odio e il disprezzo verso quella che era la mia vita.
"Si, invece Rose! Perchè una che dice che non vuole sorridere non esiste. E per quanto ti dia fastidio, io ti ho capito cazzo!" mi rispose scuotendo la testa con quel suo fare da innocente, ma tutto era fuorchè innocente.
"Ah, beh! Allora dimmi una cosa, visto che sai tutto: cosa hai intenzione di fare?! Sentiamo." urlai ancora, rossa in viso e tremendamente irritata dal fatto che credesse di avere ragione.
Sorrise beffardo: "Te lo insegno io, a sorridere." mi disse con nonchalance, come se stessimo parlando di cosa mangiare a pranzo.
"Sul serio?" chiesi scettica alzando il viso verso di lui, che se ne stava beatamente seduto e tranquillo.
"Si, Rose, sul serio." mi rispose.
"Allora fallo, Tom. Insegnamelo. Insegnami a sorridere." [...]
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Chapter 6 – My mind is totally a mess.

Fra tutti i momenti in cui Mark poteva entrare in camera mia senza bussare aveva scelto proprio quello più imbarazzante. No, non ero né nuda né stavo facendo cose sporche, né ero incazzata col mondo e non stavo neppure studiando (figuriamoci).
Stavo cantando. E ballando. E fingendo di essere chissà quale rockstar su chissà quale famosissima arena di chissà quale enorme città. La verità era che c'erano dei momenti in cui ero stranamente felice e non trovavo altri modi di sfogare questa mia felicità se non con la musica, quindi prendevo una spazzola, mi mettevo davanti allo specchio, accendevo lo stereo (quel meraviglioso impianto più potente di quello al Madison Square Garden) e iniziavo a... fare la pazza.
Quindi, quando Mark entrò in camera mia, Are You Gonna Be My Girl dei Jet era così alta che a malapena mi accorsi che la figura di mio cugino era spuntata di fianco al mio letto.
Come era prevedibile, mi presi uno spavento tale da fare un salto di circa due metri per poi ricadere a terra e sentirmi come una pera che cade da un albero. Almeno ora sapevo come ci si dovesse sentire ad essere un frutto maturo.

Oh mio dio, Mark!” riuscii solo a dire, recuperando un po' di dignità andata perduta con la mia performance da giochi olimpici.
In risposta lui si mise a ridere scuotendo la testa. Temetti che me lo avrebbe rinfacciato chissà quante volte. Però il mio abbigliamento avrebbe potuto salvarmi il culo, dato che un paio di pantaloncini corti insieme ad una maglia col simbolo dei Rolling Stones sarebbero potuti tranquillamente passare per gli abiti per una prova di uno spettacolo scolastico sulle rockstar e... oh, ma chi volevo prendere in giro? Mi sentivo tanto Desperate Housewives.
Il
sorriso di Mark però si spense poco dopo per lasciare spazio ad un'espressione truce che non prometteva nulla di buono. Mi rialzai un po' titubante e lo guardai con aria interrogativa lasciando la spazzola sulla scrivania e sedendomi sul letto.

C'è qualcosa che non va?” chiesi, dato che mio cugino non si decideva a parlarmi.
Mi presi qualche secondo per guardarlo. Cavolo, stava
invecchiando alla velocità della luce. Non avevo mai creduto a quegli articoli che si trovavano online, dove stava scritto che superata la soglia dei trenta l'invecchiamento diventava molto più rapido. Ma ora, con mio cugino davanti, dovetti ricredermi un po'. Qualche ruga iniziava a spuntare sulla sua fronte e vicino alla bocca quando sorrideva. Ma restava comunque un gran bel pezzo di trentenne. Mi ero sempre detta che se fossi stata una decina di anni più grande mi sarei innamorata di Mark. Quei capelli biondo scuro ribelli, quell'aria da trasandato e quegli occhiali che di tanto in tanto metteva... sarò stata io, ma adoravo quel suo aspetto da architetto incasinato. E poi come si vestiva! Quei suoi jeans scoloriti che usava da una vita, le camicie di ogni colore esistente che metteva rigorosamente mezzo dentro e mezzo fuori dai pantaloni... era inconsapevolmente sexy. E poi era così maledettamente intelligente, aveva sempre una frase o un consiglio da tirar fuori nel momento giusto. Amava i libri, viaggiare e le torte.
Oh, mi facevo pena da sola. Mark era... semplicemente
Mark. Gli volevo un bene dell'anima e gli ero grata per tutto ciò che faceva per me. Non era da tutti accogliere un'adolescente in piena crisi ormonale e a cui erano appena morti i genitori in casa propria.
Mark si grattò la
nuca come faceva sempre quando era nervoso e iniziò a passeggiare per camera mia. Non era frequente che lui diventasse così agitato e non riuscisse a dirmi qualcosa senza mezzi termini.

Lucy, mi serve il tuo aiuto.” disse d'un tratto sbuffando e chiamando la ragazza.
La figura di Lucy si materializzò affianco a Mark e mi guardò con un
sorriso innocente e comprensivo.
Lucy era come al solito
bellissima ma non volgare. Indossava un vestito turchese che le segnava la vita e aveva i capelli castani sciolti che le ricadevano morbidi sulle spalle.
Ora che li guardavo, così vicini, mi accorsi che avevano entrambi un'aria
stanca di chi è rimasto sveglio tutta la notte a parlare di qualcosa di importante. E il fatto che fossero li davanti a me mi fece immaginare che quel qualcosa di importante fossi io.

Mark, che succede?” chiesi ancora, leggermente più preoccupata.Lui prese un profondo respiro e mi guardò come se volesse scusarsi in anticipo. Poi si decise a parlarmi, con l'appoggio di Lucy.
Vedi, Rose. È abbastanza complicato prendere una discussione del genere con te, ma io vorrei che tu tornassi dall'analista.” sputò fuori Mark, mancando di tatto.
Il mio primo impulso fu quello di ignorare ciò che mi era stato appena detto.
Poi pensai (stupidamente) di riaccendere lo stereo e continuare a ballare come se non fosse accaduto nulla.
Arrivai perfino a credere che fosse meglio fare
entrambe le cose, riaccendere lo stereo e ignorare tutto ciò.
Ma come poteva dirmi, o anche solo
pensare di dirmi, una cosa del genere!? Ok, forse non ero una ragazza definibile nella norma, ma di certo non avevo certo bisogno di una cazzo di analista! Anzi, per tutto quello che avevo passato la mia vita sarebbe potuta andare anche peggio.
Forse Lucy notò la mia espressione di rabbia, così si affrettò ad aggiungere: “Rose, noi non pensiamo che tu abbia dei problemi
seri. È solo che a volte sfogarti con qualcuno potrebbe aiutarti, potresti sentirti meglio, capisci?” mi disse con una voce titubante.
Avevo sempre avuto l'impressione che Lucy avesse dell'imbarazzo a parlare con me, che mi vedesse come un qualcuno che ne aveva passate
troppe per avere voglia di ascoltare. E in parte aveva ragione. Ma non potevo restare in lutto per tutta la vita, prima o poi avrei dovuto decidermi a parlare con qualcuno. E forse quella storia dell'analista non sarebbe stata poi una così cattiva idea...
Entrambi avevano una faccia così
tesa che mi aspettavo che da un momento all'altro sarebbero scoppiati facendo lo stesso suono di un palloncino bucato da un ago.

Forse.” dissi, sorprendendo loro e me stessa in primis.
Avevo sempre odiato quella parola.
Forse. Che cosa vuol dire forse poi? È un modo sofisticato per dire “Devo pensarci ancora e siccome non so che cazzo dirti ti dico questo”.
Ma in quel preciso istante fu l'unica cosa
sensata che mi venne da dire.

Davvero?” mi chiese Mark sbalordito, neanche avessi appena fatto coming out.
Ho detto forse.” ribadii ritornando alla versione dura di me stessa “Ma non pensi che mi odierà dopo quello che ho fatto?”
È il suo lavoro, Rose. Davvero ci tornerai? Ti sarà molto d'aiuto...” iniziò Mark, ma lo bloccai prima.
Mark, non affrettiamo le cose. Ho detto forse. Non sono dell'idea che questo potrà farmi sentire meglio, non quando non ho segreti da confessare.” appena ebbi finito di dire l'ultima vidi mio cugino fremere per dire qualcosa ma trattenersi per quell'insulsa idea della buona educazione “Quando sarebbe, comunque?” chiesi poi.
Venerdì sera.” disse lui.
Va bene, ma sappi che lo sto facendo solo per te...” partii in quarta io, gelandomi improvvisamente.
E che cazzo, non
venerdì.

Oh, stupendo Rose!” esclamò Mark in preda all'eccitazione.
Rose, se ti serve qualcuno con cui parlare che non annoti tutti su un taccuino, ci sono qui io...” mi disse poi
Lucy, al che mi si
scaldò il cuore.
Dovetti però smorzare il loro entusiasmo, dato che venerdì non si poteva proprio fare.

Venerdì non posso, però.” esordii abbassando lo sguardo.
Come? Cosa devi fare?” mi domandò Mark a mò di interrogatorio, il che mi fece un po' spazientire ma tenni per me la mia disapprovazione.
Devo uscire.” buttai lì senza ulteriori spiegazioni.
Oh, andiamo! Dave e gli altri non si arrabbieranno di certo se per un venerdì manchi alla festa della settimana.” mi rispose mio cugino gettando gli occhi al cielo.
Mi dette un profondo fastidio il fatto che pensasse che io potessi uscire solo con i miei migliori amici. Davvero credeva che non avessi altri giri? Cioè, non che ne avessi poi molti altri però... mi dava fastidio lo stesso.

Non devo uscire con Dave e gli altri.” risposi acida, cercando di mascherare il tono di sfida che senza accorgermene avevo avuto.
E con chi devi uscire?” questa volta fu Lucy a parlare, con sincera curiosità che solo una donna poteva dimostrare in casi del genere. Sospettai che avesse intuito qualcosa.
Mi prese il
panico. Avrei dovuto dirgli che uscivo con un ragazzo per andarci a letto per una scommessa? No, di certo non potevo. E non potevo neanche inventarmi di avere un secondo gruppo di amici. Feci lavorare i miei neuroni alla ricerca di una scusa plausibile.

Con il mio ragazzo.” merda. Neuroni di merda.
Ma con tutte le scuse che potevano venirmi in mente perché avrei dovuto dire una cosa del
genere? Che razza di problemi avevo? Adesso mi ero cacciata in un bel casino.

Col tuo... ragazzo?” ripetè Mark incredulo.
Si. Perché, non posso avere un ragazzo?” replicai, in preda ad un probabile ictus. Che cosa mi stava prendendo? Da quando il mio orgoglio superava la ragione? Non riuscivo a capire che dire bugie su bugie era l'arma peggiore?
No, no... certo. Cioè, si. Puoi.” balbettò mio cugino grattandosi ancora la nuca, segno che il suo nervosismo era alle stelle.
E noi lo... conosciamo, questo tuo ragazzo?” chiese poi Lucy, guadagnandosi l'approvazione di Mark che ora era persino in preda a risatine isteriche.
Chissà che cosa avrà mai potuto stare pensando! Sicuramente si immaginava che mi vedessi con un
drogato pieno di tatuaggi, frequentante i peggiori quartieri di Phoenix... povero Mark. E povera me.

No.” risposi cercando di apparire sicura di me, con l'unico risultato di essere troppo frettolosa.
E prima o poi lo...” iniziò lui.
Si, Mark. Prima o poi te lo faccio conoscere, promesso.” conclusi la frase per lui, continuando a scavarmi la fossa “Comunque si può fissare la... seduta” rabbrividii “per sabato?” dissi infine.
Si, si si.” rispose lui annuendo con troppa enfasi “Certo che si può!”
Bene.” dissi.
Bene.” ripetè Mark.
In quel momento avrebbero anche potuto riprenderci con delle telecamere e mandarci in televisione che avremmo fatto concorrenza ai Robinson. Ci mancavano solo le finte risate.

Io penso che sia ora di andare, no Mark?” disse Lucy, sollevandoci tutti dall'imbarazzo. Fece uscire Mark dalla camera e poi, senza farsene accorgere aggiunse a bassa voce un “Prima o poi me lo dovrai raccontare, Rose!” e chiuse la porta. Le volevo bene, dopotutto. E forse era il caso di darle una seconda possibilità di diventare... amiche? Amica della ragazza di mio cugino, si. Perché no.
Mi lasciai andare sul letto, emettendo un sonoro sbuffo.
Un'analista. Davvero? Cioè, dovevo davvero tornarci? La cosa strana era che la mia opinione a riguardo non era cambiata assolutamente, trovavo che fosse ancora una cazzata assurda andare a parlare con qualcuno che annotasse ogni mio movimento e perfino il tono in cui parlavo. Ad essere sincera trovavo assurdo anche il fatto che qualcuno studiasse quel tipo di cose, e ci costruisse su un lavoro. E quella da cui una settimana e mezzo fa ero stata era anche una delle più brave e stimate della nostra zona della città. Qui era tutto molto normale: andare da uno psicologo, da un analista eccetera. Supponevo che fosse per il fatto che era tutto compreso nell'assicurazione sanitaria standard, mentre in Italia una cosa del genere veniva a costarti anche un occhio della testa.
Ma io avevo sul serio bisogno di parlare con un'analista? Di raccontarle della mia vita?
E soprattutto, perché diavolo avevo acconsentito ad andarci senza neppure incazzarmi come mio solito? Ero stupita di quanto il mio scombussolamento ormonale influisse così tanto su ogni mia decisione. Ok, l'adolescenza e blablabla. Ma non pensavo che sarei più tornata a fare qualcosa per qualcuno, a fare un piccolo sacrificio per il bene comune.
Da quando la mia famiglia era morta, tutte le decisioni che prendevo erano per il mio bene. O almeno così credevo. Non c'era neanche la possibilità che potessi fare qualcosa per il prossimo, non mi passava neppure per l'anticamera del cervello.
Bhe, da quando era morta la mia famiglia ero cambiata parecchio, c'era da ammetterlo. Il rosso era diventato il mio arcinemico; raramente stavo in un sedile posteriore di una macchina; ero diventata stronza con tutti come se fosse di tutti la colpa di quello che era successo.
Ma di chi era la colpa? Di Dio? Nah. Non credevo in niente del genere. Avrei potuto essere chiamata atea o varianti, ma non ero neppure quello. Semplicemente ero diventata una persona con totale e incolmabile mancanza di fede, in tutti i sensi possibili. Non credevo che ci fosse un dopo. Non credevo che ci fosse un prima. Non credevo neppure tanto nel durante, sinceramente. Ma come biasimarmi? Non c'era un colpevole, non uno vero. Avevo provato ad incolpare il conducente della macchina rossa, ma non era neppure colpa sua. Avevo provato ad incolpare mio padre per aver scordato i biglietti, ma il mio cervello non aveva neanche preso in considerazione l'opzione che potesse essere tutta colpa sua. Mio padre non avrebbe mai permesso, né voluto, né cercato niente di tutto ciò.
E allora? Il caso? Il destino? Il fato? No, tutte stronzate. Non credevo nemmeno a quello. Credo che la giusta definizione di me stessa sarebbe potuta essere di una sedicenne troppo cresciuta che gioca a fare la persona potente, totalmente priva di fede e speranza, a cui la vita ha tolto troppo e dato quasi nulla. Ma che visione melodrammatica.
Come la mia intera esistenza, del resto. Un film anni cinquanta, magari in bianco e nero e pure senza suoni. Un film ani cinquanta melodrammatico e triste, di quelli che strappavano lacrime a tutti, di quelli che andavi a vedere al cinema e non riuscivi a respirare bene per il troppo fumo presente di tutti quelli che stavano usando sigarette.
Ecco, sigarette. Frugai nella borsa e tirai fuori il pacchetto, andai in balcone e iniziai a dare un paio di boccate come se avessi più bisogno di nicotina che di ossigeno.
Ma se l'adolescenza era così, era una merda. Forse era il mio caso particolare ad essere una merda, però di certo avere sedici anni non aiutava. Insomma, bastava guardarmi. Dieci minuti fa saltavo sulle note di una canzone rock fingendomi una cantante famosa e ora, poco dopo, mi fumavo una sigaretta rimuginando su quanto la mia vita fosse merdosa.
In una settimana avevo sperimentato tutta la scala di sentimenti umani, dalla rabbia cieca alla felicità spropositata, dall'eccitazione all'odio per me stessa, dalla comprensione all'egoismo puro. Figo.
Mamma me lo diceva sempre, che essere adolescenti era come essere fare shopping: “Hai tanti vestiti davanti. Che fai, non li provi tutti? Stessa cosa con le emozioni. A sedici anni le devi ancora provare tutte per scegliere quali saranno poi le tue preferite.”.
Ma quali erano le mie preferite? Preferivo la me incazzata ed egoista, o la me disponibile e sorridente? Ancora non lo sapevo.
Era di quel genere di cose di cui si parlava con un'analista, no? Allora non avrebbe poi dovuto essere così brutto come mi aspettavo.
Ma cazzo. Non potevo starmene di martedì sera, un bellissimo martedì sera poi, ad autocommiserarmi. Diedi l'ultima boccata alla sigaretta e rientrai in camera.
I programmi per la mia settimana erano quindi: mercoledì preparazione per il venerdì, giovedì preparazione per il venerdì, venerdì appuntamento (davvero avevo un appuntamento?), sabato visita dall'analista (non mi suonava neanche bene), domenica riposo totale. Bella settimana.
Solo dopo, guardando il foglietto scarabocchiato di fretta che avevo davanti, mi resi conto che nella mia settimana non c'era spazio per una serata in discoteca o ad una festa. Era la prima volta da tanto – quanto? mesi? – che il sabato mi sarei ricordata della sera precedente. A meno che Tom non mi avesse portato in un pub scadente e pieno di ultraventenni incasinate con gli esami universitari e piene di problemi repressi. Ma era da escludere, almeno speravo.
Non so come il telefono mi finì misteriosamente in mano, composi il numero senza neanche pensarci.

Lily? Venerdì esco con Tom, mi ha invitato lui.” dissi secca pregustando il momento.
Perché non glielo avevo detto? Non lo sapevo manco io. Forse volevo tenere per me questa notiziona da prima pagina, o forse ero solo una stupida, o ancora (più probabile) pensavo che fosse tutta una strana allucinazione e che mi sarei svegliata da un momento all'altro tutta sudata.
Lily, come mi aspettavo, mi riempì di domande neanche fossi ad un interrogatorio dell'FBI e, anche se a detta sua era il contrario, ero perfettamente consapevole del fatto che non sarebbe riuscita a rimanere arrabbiata neanche mezzo secondo con me.

ROSA STEFANINI, TI OBBLIGO A DIRMI OGNI MINIMA COSA.” mi tuonò all'orecchio tante che dovetti staccare il telefono se non volevo rischiare di diventare sorda. Rabbrividii un po' a sentire il mio vero nome per intero, ma non ebbi il tempo di badarci perché (come il commissario aveva appena ordinato) dovetti lanciarmi in un racconto dettagliato.

Venerdì arrivò fin troppo velocemente, così come passarono velocemente anche la mattinata e il pomeriggio. Così mi ritrovai alle sette di pomeriggio in totale panico e con Lily e Dave che mi ronzavano intorno come gli animaletti con Cenerentola. A dire il vero avevo invitato anche Cody ma lui aveva amabilmente declinato l'offerta giustificandosi col fatto che fosse una cosa da donne. E forse aveva ragione.
Dave, prevedibilmente, si era mostrato quasi più eccitato di appena lo aveva saputo e non si era fatto pregare di venire seduta stante da me, a partire dal dopo-scuola.

Girati un attimo, cara.” mi fece lui mettendomi una mano sul fondoschiena per testare non so cosa. Se non fosse stato l'avrei probabilmente ammazzato.
Se usi un'altra volta quei termini da checca isterica ti prendo a pugni Dave,
sul serio.” cinguettò Lily aggiustandomi la camicia all'interno dei jeans a vita alta.
Smettetela di battibeccare, cristo! Piuttosto, come sto?” protestai, col risultato di venire volutamente ignorata.
Non sono una checca, Lily! Lasciami essere gay liberamente...” replicò Dave, facendo il finto offeso e allontanandosi di qualche metro per vedere quello che lui e Lily chiamavano
opera d'arte.
I miei
cari amici, non tenendo conto delle mie proteste a riguardo, avevano oscurato tutti gli specchi della casa praticamente e quindi mi ritrovavo ad essere vestita e calzata come un manichino senza la possibilità si guardare come stesse uscendo il tutto.
Stai d'incanto Rose.” ovviamente l'
opera d'arte avrei dovuto essere io.
Si, bel lavoro socio!” si accodò Lily battendosi il cinque con Dave.
Mi avevano finalmente lasciata
libera di muovermi tranquillamente, senza avere paura che un centimetro di stoffa si spostasse fuori posto. Lily e Dave mi guardavano come i bambini di cinque anni guardano la Barbie appena vestita, con la differenza che io avevo i capelli un po' più scuri e non avevo gli occhi azzurri. Ah, e non ero di certo una Barbie, chiaro.
Ora, gentilmente, potreste farmi guardare allo specchio?” chiesi con una punta di
irritazione.
Loro annuirono bruscamente e tolsero le lenzuola dallo specchio vicino al letto.
Guardai il mio riflesso facendo trapelare un po' di
sorpresa e compiacimento. Avevano fatto davvero un buon lavoro, su questo non c'era dubbio: jeans corti, celeste chiaro, a vita alta che risaltavano la mia figura a clessidra (così era come aveva detto Dave), maglietta bianca sbracciata con una stampa della bandiera americana, vari bracciali che andavano dal rosso al blu fino ad arrivare ad un verde che secondo me non c'entrava niente ma che secondo Lily e Dave andava di moda quest'anno, le mie amate Converse rosse che non erano riusciti a strapparmi dai piedi e per finire lo stesso giubbottino in jeans che avevo giorni prima a scuola e che secondo Lily era il tocco finale. Tutto ciò condito con un filo di trucco per mantenere il mio look al naturale e una borsa in tela blu scuro (come aveva detto Dave: “La borsa è tutto, Rose.”).
Dio, se fossi in Tom ti porterei direttamente in camera da letto e ti
scoperei violentemente.” disse Dave.
Però prima le sfila i vestiti lentamente, perché se strappa qualcosa giuro che lo ammazzo.” si accodò Lily.
Mi girai verso di loro con una faccia che era un misto tra
scandalizzata, schifata e divertita. Non so quale delle tre cose fosse peggio, data la situazione.
Comunque, grazie ragazzi. Ottimo lavoro.” dissi io cercando di portare l'attenzione verso qualcosa che fosse un po' meno
pervertito.
Stavo per abbracciarli entrambi quando sentimmo il campanello suonare e
sbiancammo tutti e tre.
Oh
merda è già qui.” fece Lily raccattando la miriade di vestiti bocciati per il mio look e mettendoseli nella borsa.
Dio, muoviti Rose!” mi incitò Dave guardandomi
impaziente.
Io in preda al panico, feci un profondo respiro e feci per uscire dalla camera quando l'urlo
stridulo di Dave mi riportò alla realtà e mi fece girare di scatto.
ROSE, LA BORSA.” disse accompagnando tutto con un'occhiata glaciale.
Presi la borsa
maledicendomi mentalmente.
Da dove uscirete voi due?” chiesi prima di andarmene definitivamente.
Il campanello suonò di
nuovo.
Dal retro, Rose. Ora muoviti o ci esco io, ti avviso!” mi rispose Dave suscitando le risatine convulse mie e di Lily.
Vi amo, ragazzi.” biascicai prima di fiondarmi giù per le scale.
Nel correre verso la porta sentii Mark abbozzare un “è per te?” a cui neanche risposi.
Mi misi davanti alla porta d'ingresso e mi
costrinsi a mandare giù quella cazzo di maniglia.
Sorrisi automaticamente.

Stai benissimo, Rose.”
Grazie, Tom.”











Note: ciao a tutti, cari miei belli e bellissimi lettoriii.
Aggiorno con questo capitolo dove non succede pressochè nulla però mi piaceva il fatto di tenervi ancora sulle spine *risatafolle* cooooomunque, spero che non vi sia dispiaciuto anche il pezzo riflessivo che è tipico del carattere di Rose e, come ogni adolescente che si rispetti, ha molti sbalzi d'umore quasi fosse incinta (tranquilli, non è incinta lol).
Bene, vi prego preghissimo di lasciarmi una recensione, davvero.

Vi lascio una piccola anticipazione di un qualcosa di futuro. Sto scrivendo una specie di storiella (ancora tutto in forse) su una ragazza che dovrebbe avere una trama tipo poliziesca-thriller e roba simile che si incrocia proprio pochissimo col romantico. Chi la leggerebbe? Non fatemi sentire sola ahahahah ho bisogno di provare nuovi generiii.

Ok, un grazie immensissimo a chi mi segue (mamma e papà lol) e grazie ancora.
RECENSITE BABBANI.

 

  
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