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Autore: Fink    30/03/2013    3 recensioni
Un Judgement Day un po' diverso, con un finale alternativo... molto probabilmente ci sarà meno "Action" e molto piú romanticismo e non solo...
Fa parte della serie "Maybe a second life", nella quale questa long sarà la giusta premessa a "Conosci te stesso"...
Ok...spero via piaccia e buona lettura.
Genere: Azione, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer Shepard, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Maybe in another life'
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Disclaimer: i personaggi sono di proprietà di D. P. Bellisario e D. McGill che ne detengono tutti i diritti. Tutto ciò che invece esula dalla trama originale della serie è attribuibile a me.


Cerco un centro di gravità permanente
che non mi faccia mai cambiare idea sulle cose sulla gente
(Centro di gravità permanente - F. Battiato)




CAPITOLO TERZO Le persone cambiano

 

14  Maggio. Ore 6.15

 

Washington D.C. – Sede NCIS

 

“JENNY!” il suo nome gli uscì dalle labbra a bassa voce, ma abbastanza nitidamente da essere sentito da chiunque si fosse trovato lì vicino; la testa era ancora appoggiata al supporto metallico sul quale si era addormentato. Era stato un incubo, solo un incubo per fortuna. Si passò entrambe le mani sul volto e si stiracchiò sulla sedia.

“Da quando sogni il direttore?” chiese la voce di McGee che in quel momento se ne stava fermo davanti alla sua scrivania e lo fissava con un sopracciglio alzato.

Tony gli rispose con espressione indecifrabile, tra il seccato e il preoccupato.

“Non ho sognato il direttore”

“La chiamavi nel sonno.”

“McGee ha ragione.” Gli fece eco Ziva mentre appoggiava  la sua tazza di te sulla scrivania.

“Che cos’hai lì, Pivello.”

McGee spostò gli occhi sull’oggetto che aveva nella mano sinistra “il nastro con i video di sorveglianza dell’aeroporto. Le stavo portando da Abby.”

“Allora cosa ci fai ancora qui!?”

“Smettila di imitare Gibbs… Perché sognavi il direttore Shepard?” il tono malizioso non lasciava dubbi, chissà in che veste aveva immaginato Jen o, trattandosi di DiNozzo, sicuramente l’aveva immaginata senza alcun vestito.

Tony non rispose, si alzò bruscamente spostando la sedia che andò a sbattere contro lo scaffale alle sue spalle, producendo un acuto suono metallico “Vado a prendermi un caffè.”

“Tony… Tony dai, io non…” la voce del collega lo raggiunse ma lui si limitò ad alzare una mano come a voler scacciare un fastidioso insetto che gli ronzava accanto all’orecchio.

“Scendo a portare il nastro ad Abby, magari scopriamo qualcosa.” Concluse rivolto verso Ziva, ma la sua collega non lo stava ascoltando, fissava il punto in cui Tony era sparito, inghiottito dalle porte di acciaio dell’ascensore, sembrava preoccupata. Forse avrebbe dovuto esserlo anche lui. Ricordava cosa significava essere oppressi dai sensi di colpa, l’aveva provato quando aveva sparato a quel poliziotto, forse non era stato lui ad averlo ucciso, ma il suo ricordo continuava a presentarsi di tanto in tanto nella sua mente.  L’aveva provato quando quel giovane barista psicopatico aveva iniziato ad uccidere marinai seguendo la trama del suo libro. Il suo libro. Aveva convissuto con quel senso di colpa, abbandonando addirittura la stesura del romanzo per un tempo che gli era sembrato infinito.

Scacciò quel ricordo scrollando la testa, non era il momento per pensare a queste cose, qualcuno se ne andava in giro a reclutare dei killer, c’era in gioco la vita del direttore Shepard e forse non solo quella. Doveva andare da Abby, anche perché, ne era sicuro, Gibbs non avrebbe tardato a chiamare chiedendo di aggiornarlo su eventuali sviluppi.

 

∂∂∂

 

14 Maggio. Ore 8.30

 

Washington D.C. – Sede NCIS

 

Tony appoggiò le mani sulla lastra di marmo e chiuse gli occhi.

Sangue. Le sue mani erano coperte di sangue.

Aprì il rubinetto e lasciò che l’acqua fresca gli scorresse sui palmi bianchi, li strofinò uno contro l’altro cercando di lavare via quella vischiosità scarlatta che nella sua mente gli avvolgeva le dita e sembrava non voler sparire.

Il viso pallido con due smeraldi opachi sotto alla frangia ramata. Gli occhi di Gibbs che lo guardavano con profonda delusione, mentre sollevava il corpo esanime di Jen tra le braccia.

Si passò l’acqua fredda sul viso e sugli occhi nel vano tentativo di togliersi quell’immagine.

La porta si aprì e un inconfondibile profumo di muschio bianco lo investì, pizzicandogli  le narici “Se non l’hai notato questo è ancora il bagno degli uomini.”

Ziva si chiuse la porta alle spalle e avanzò di qualche passo fino ad arrivare a brave distanza da Tony, appoggiandosi al piano di marmo nel quale erano incassati i lavandini.

“Mi avevano offerto di dirigere una squadra tutta mia…a Rota, in Spagna.”

La donna annuì. Lo sapeva. Jen glielo aveva comunicato una sera, davanti ad una tazza di té, poco dopo il reintegro definitivo di Gibbs.

“Forse avrei dovuto accettare. Che ore saranno lì, sicuramente sera. Sai quante belle donne ci sono in Spagna che avrebbero potuto conoscere Tony DiNozzo.” Prese un asciugamano di carta e si asciugò le mani, mentre un falso sorriso comparve sul suo viso, era preoccupato, ma non sarebbe stato Tony se non avesse cercato di sdrammatizzare la cosa, pensò lei.

“Abby non te lo avrebbe mai perdonato.” Rispose Ziva ma lo vide subito incupirsi di nuovo “Non hai fatto nulla di sbagliato Tony.”

“Credi che Gibbs l’avrebbe lasciata girovagare per Los Angeles da sola?” gettò la carta appallottolata dell’asciugamano nel cestino.

No, Gibbs no l’avrebbe mai fatto, da chiunque fosse giunto l’ordine. E di sicuro avrebbe riconosciuto la voce di Franks in sottofondo. Aveva avuto il compito di proteggere il suo direttore, una donna che aveva imparato a stimare e con la quale aveva affrontato momenti difficili, sia dopo la partenza di Gibbs, sia dopo il suo ritorno. Lei si era fidata e lui aveva preferito andarsene in giro con Ziva a farle foto in costume, intenta a prendere il sole.

“Hai eseguito gli ordini, non hai nulla da rimproverarti.”

“Sei venuta perché avevi qualcosa da dirmi, David?”

Aveva i capelli spettinati e una goccia d’acqua gli scendeva dalla fronte lungo la guancia, un’espressione risoluta gli si dipinse in volto: aveva imparato molto da Gibbs. La conversazione per il momento era conclusa.

“Abby ha qualcosa.” Rispose e uscì dal bagno seguita dal collega.

 

∂∂∂

 

 

14 Maggio. Ore 11.00

 

 

 

 

Los Angeles- California Hospital Medica Center

 

Mike Franks si accostò al letto di Jen per rimboccarle le coperte, sembrava dormire serena; c’era una poltroncina accanto alla finestra, Franks vi prese posto ed iniziò a frugarsi nelle tasche alla ricerca del pacchetto di sigarette.

“Lo sa che non puoi fumare all’interno dell’ospedale.” La voce di Jen gli giunse debole alle orecchie.

“Motivo in più per tornarmene in Messico il prima possibile. Come sta, direttore?”

“Sono stata meglio.”

“Dovrebbe mangiare qualcosa.” Suggerì, guardando il vassoio della colazione ancora pieno.

“Non l’ho ancora ringraziata.”

“Non è ancora finita.” Prese il L.A. Times che qualcuno, di sicuro l’infermiere, aveva appoggiato sul comodino assieme al vassoio e iniziò a sfogliare le pagine.

Jen abbandonò la testa sul cuscino, rivolta verso la porta, quasi ad aspettare l’arrivo di qualcuno. Si era svegliata con l’infantile speranza di trovare Jethro accanto al suo letto e aveva cercato di mascherare la cocente delusione quando al suo posto vi aveva visto Franks con l’immancabile pacchetto di sigarette in mano; che sciocca. Si era accertato che fosse ancora viva e che stesse bene ed era sicuramente già tornato a Washington.

Dannazione! Avrebbe avviato un’indagine e non era questo che doveva accadere, lui doveva restarne fuori. Lei era responsabile di quel casino, come lo era per la morte di Deker. Non poteva permettere che lo stesso accadesse a Gibbs. Uno stupido errore di dieci anni prima. Avrebbe dovuto parlargli, spiegargli come stavano le cose. Come se fosse stato semplice. Non appena avesse saputo chi c’era dietro a tutto questo, si sarebbe infuriato perchè lei glielo aveva tenuto nascosto. Poco importava la gerarchia di comando, ricordava benissimo la sua reazione quando aveva scoperto de la Grenouille.

“Novità dal giornale?” chiese vedendolo sfogliare il quotidiano con scarso interesse.

“L’Iran si prepara al post elezioni, mentre il papa organizza il Giubileo Paolino e si prepara ad accogliere i giovani in Australia. Il prezzo dell’oro è salito e… le tavole calde nel deserto sembrano ancora dei posti sicuri.”

“Bene.” A quanto pare la notizia della sparatoria non era trapelata, evidentemente non volevano scandali prima di sapere come erano andati i fatti. Aveva tempo.

Mentre la mente ricominciava a vagare alle ricerca di possibili soluzioni, gli occhi continuavano a restare fissi sull’ingresso e Franks non poté non notare come trattenesse il respiro ogniqualvolta un’ombra passava davanti alla camera.

“Gibbs è sceso a prendersi un caffè.” Le disse pensando di intuire i suoi pensieri.

Jen si girò nella sua direzione visibilmente sorpresa. Quindi era ancora lì, due sentimenti opposti si scontrarono, la gioia di saperlo ancora nell’edificio e rabbia per aver di nuovo disubbidito ai suoi ordini, prevalse la seconda.

“Pensavo di essermi espressa chiaramente, quando gli ho detto che non erano affari suoi.” Lo disse più rivolta a sé stessa che non a Franks.

“Credo che lei lo conosca abbastanza da sapere che non mollerà così facilmente.”

“Che cosa diavolo pensa di fare?”

“Chi erano gli uomini della tavola calda?” evitò la risposta ponendole una nuova domanda.

“Non è tenuto a saperlo. La ringrazio del suo aiuto, ma credo che lei ora possa andare.” La ferita al fianco iniziava a bruciare, istintivamente portò una mano sopra la fasciatura e chiudendo gli occhi prese un profondo respiro.

Mike increspò le labbra in una smorfia, incredibile, era in un letto d’ospedale eppure si comportava come se fosse seduta alla scrivania del suo ufficio.

 “Ho ordine di farle da scorta” affermò rivolgendole un eloquente sorriso.

Per il momento la conversazione sembrava conclusa e a conferma di ciò le porte a vetri si aprirono con un leggero sbuffo.

“Scusi ma dobbiamo controllare la medicazione e fare un paio di esami.” Un’infermiere dall’aria gioviale entrò in quel momento seguito da una ragazza molto giovane con una lunga treccia di capelli castani e due occhi attenti e curiosi, con molta probabilità una studentessa.

Rivolse un sorriso alla ragazza e dopo aver salutato Jenny uscì dalla stanza, aspettando che arrivasse Jethro a dagli il cambio.

 

∂∂∂

 

14 Maggio. Ore 11.20

 

Gibbs sorseggiò il caffè, comodamente seduto su una panchina poco fuori l’ospedale. Osservava con attenta curiosità chiunque si aggirasse nei dintorni e solo due piccoli segni scuri attorno agli occhi indicavano la sua quasi totale mancanza di sonno. Aveva passato tutta la notte appollaiato sulla poltroncina accanto a Jen, vigile anche nel sonno, percependo ogni suo più piccolo movimento o cambiamento di respiro.

Si soffermò rivolto verso una figura che incedeva con passo calmo nella sua direzione. Era una donna. I lunghi capelli biondi erano lasciati sciolti ad incorniciare il profilo elegante del viso, nel quale spiccavano due occhi chiari.

Gibbs la guardò avvicinarsi sollevando un sopracciglio e aggrottando un po’ la fronte.

“Sembra sorpreso di vedermi agente Gibbs?”

“Diciamo che mi aspettavo qualcun altro.”

“Sta lavorando sotto copertura. Mi ha avvertita dopo la tua telefonata. Comunque sono anche io contenta di rivederti Jethro. Non sei cambiato affatto.”

 “Hai il fascicolo con te?” Chiese con un moto di disappunto.

“Come sta il direttore Shepard?”

“Se la caverà” rispose continuando a fissare la donna in attesa di una risposata alla domanda iniziale.

“Lo sai che di norma c’è una procedura da seguire.”

“Significa no?”

 “Significa che avresti dovuto inoltrare una richiesta scritta e attendere la risposta; tuttavia visto che me lo ha chiesto Callen e poiché si tratta di Jen…ecco qui.”  La donna estrasse una busta color senape dalla borsa e la diede all’agente “Posso chiederti a che cosa ti serve il fascicolo di William Deker?”

“Ancora non lo so. ”

“Continui a non avere fiducia in me, vero.”

Gibbs prese il fascicolo e sorrise sarcastico prima di avviarsi verso l’ospedale concludendo la conversazione, ma a quanto pareva la donna non era dello stesso avviso perché con un paio di falcate si portò a lato dell’agente.

“La gente cambia. Lei non ha mai commesso errori, agente Gibbs?” aveva usato di proposito un tono formale.

Jethro la osservò con più attenzione, c’era qualcosa di diverso dall’ultima volta in cui si erano visti e poco centrava con il fatto che fossero passati più di quindici anni.

“C’è altro che vuole dirmi?”

“Posso incaricare due miei agenti per un turno di sorveglianza. Così potrete darvi il cambio per il tempo che il direttore resterà qui.”

Raggiunsero il piano in cui si trovava la stanza del direttore: Mike era seduto su una delle sedie a muro del corridoio.

“Credevo che l’agente Franks fosse in pensione.”

“È venuto a trovare un’amica.”

La bionda annuì poco convinta, ma per ora poteva lasciar correre, perciò rivolse nuovamente la sua attenzione verso l’uomo al suo fianco attendendo una qualche risposta alla sua proposta.

“Devo mettermi in contatto con la mia squadra.”

“Abbiamo una sala videoconferenze niente male al OSP.”

Gibbs le rivolse un mezzo sorriso, poi gli occhi caddero su un piccolo mazzo di fiori che teneva nella mano destra e che fino a quel momento gli era sfuggito; alzò un sopracciglio interrogativo.

“Pensavo di darli al direttore.” Rispose e si avviò verso la stanza di Jen. Quando passò davanti a Franks gli rivolse un cenno con la testa e lui non nascose la propria sorpresa nel vederla.

“Quella non è Lara Macy, Pivello?”

“Aha. Sì.”

“Cosa diavolo ci fa qui?”

“La gente cambia, Mike.”

 

∂∂∂

14 Maggio. Ore 16.00

 

Washington D.C. – Los Angeles

 

 “Gibbs ci vuole tutti in sala videoconferenze. Anche tu Abby.” Disse McGee rivolto alla scienziata.

“Perché il capo ha chiamato te, Pivello. Sono io l’agente più anziano.” Tony un po’infastidito premette il pulsante del piano desiderato.

“Lo ha fatto.”

“No. Io non ho sentito nul…eheh devo aver inserito per errore il silenzioso.” Disse con noncuranza guardando il display su cui era comparso l’avviso di due chiamate perse.

Entrarono nella sala in penombra, Gibbs era già apparso sullo schermo e li stava guardando impaziente.

“Ciao Gibbs. Quando torni? Tony si è dimenticato di portarmi il caffè stamattina, tu non te lo dimentichi mai.”

“Ti trovo bene capo. Credo che l’aria della California ti giovi…” Disse l’agente più anziano

“DiNozzo!”

“Ehm sì giusto capo. Uno dei killer si chiamava Viggo Drantyev, russo, era arrivato quattro giorni fa con un volo da Mosca, e si era registrato all’Hotel Excelsior. Gli altri tre sono James Baxter, Horatio Parker e Ronald Nielsen, tutti e tre killer professionisti ricercati dalla polizia di San Diego. Sono stati reclutati sul posto.”

“Da Drantyev?”

“Forse. Ma non ne siamo sicuri.”

Gibbs guardò i suoi agenti con aria truce “cosa vuol dire non ne siete sicuri?”

“Non avevano alcun effetto personale con sé, niente cellulare, nulla. Siamo risaliti a loro grazie all’identificazione facciale.”

“L’unico ad avere con sé il cellulare era Drantyev.” Specificò Ziva “Ma…”

“Ma cosa!?”

“Ma è stato colpito in pieno da un proiettile del direttore e non ci si può fare più niente.” Disse Abby intervenendo nella conversazione. “Ma tu dove sei? Non credevo che in ospedale avessero degli schermi per…”

“Abby!”

“Hai ragione, non ti ho neanche chiesto del direttore, allora, come sta?”

“Quindi non avete niente?”

“Niente non direi capo. McGee si è fatto dare i nastri delle telecamere dell’aeroporto, si vede Drantyev che sale in auto con una donna.”

Gibbs lo guardò in attesa che continuasse.

“Pivello, fai partire il nastro.” Disse rivolto al collega che si trovava accanto alla console di comando.

Sullo schermo apparvero le immagini di un uomo e una donna che salivano su un taxi posteggiato all’uscita dell’aeroporto.

“Crediamo sia la stessa donna che ha fotografato il direttore al funerale di Deker, si chiama Natasha Lenkov.”

“McGee, le foto.”

“Subito capo”

“Purtroppo finora non sappiamo nulla sulla Lenkov. Nulla prima del 1999.”

Sullo schermo comparve il profilo di una donna dai capelli biondi, gli occhi coperti dalle lenti degli occhiali da sole, ma Gibbs non ebbe dubbi, era di sicuro lei.

“Provate con Svetlana Chernitskaya.” Disse e pose fine alla conversazione lasciando i suoi uomini ammutoliti a fissare uno schermo nero.

La porta alle loro spalle si aprì rivelando la figura di Vance “Ci sono novità sul caso?” chiese il vicedirettore.
“No. No signore.” Rispose Tony anticipando i colleghi.
“Allora cosa ci fate qui? E perchè Gibbs era in videoconferenza?”
“Ci informavamo sulle condizioni del direttore.” Rispose Abby con un sorriso e si apprestò a seguire i suoi colleghi all’uscita.

 

 

∂∂∂

 

 

17 Maggio. Ore 15.10

 

Messico – Stazione di polizia di un piccolo paesino.

 

Mike Franks entrò nella stazione di polizia, attraversò l’unica stanza presente, salutando i due uomini affaccendati con alcune scartoffie ed entrò in una porta laterale che conduceva all’ufficio dello sceriffo.

“L’avete trovata?” chiese rivolto all’uomo che alzò la testa, sbucando dal cassetto in cui stava frugando alla ricerca di qualcosa.

“Sì, questa mattina. Era a casa sua.”

“Avete trovato niente?”

Lo sceriffo scosse la testa in senso di diniego “nulla di rilevante, non sembra abbiano preso nulla e non ci sono stati segni di effrazione.”

  “Il medico legale che si è occupa dell’autopsia è sempre Rogers?” chiese Franks.

“Sì.”

“Bene, gli devo parlare.”

“Non sarà un bello spettacolo, era passata più di una settimana prima che la trovassero.”

“Lo so. Grazie sceriffo.” Rispose Mike prima di salutarlo ed uscire per riprendere l’auto







ANGOLINO AUTRICE:

Ce l'ho fatta, sono riuscita a postare un altro capitolo.
- Come avrete notato il personaggio misterioso è Lara Macy, ho voluto inserire lei perchè non essendo presente nella serie NCIS L-A. non veniva a crearsi il rischio di una cross-over che in questo caso non era mia intenzione scrivere. In più perchè per vari motivi non riesco quasi mai a seguire la serie perciò rischierei di non rappresentare bene i personaggi non conoscendoli. Infine seppur un piccolo ruolo, la Macy comparirà di tanto in tanto...vedrete perchè.
Spero che un pochino vi sia piaciuto, vi ringrazio per la pazienza nell'attesa e ringrazio tutti coloro che sono arrivati alla fine di questo terzo capitoletto e che vorranno lasciarmi un commentino.
A tutti auguro una BUONA PASQUA
Besos
Fink
   
 
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