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Autore: a rainy day    31/03/2013    3 recensioni
"Ritorno al mondo" è una storia che parla di solitudine, di amicizia, d'amore, di incertezze.
"Ho sempre pensato e sostenuto che per entrare a far parte della vita di qualcuno si dovesse chiedere il permesso al diretto interessato. Ogni persona che fa parte della nostra vita viene scelta da noi."... o forse no?
È incentrata soprattutto sul rapporto tra due ragazzi, Rebecca e Gianluca, molto simili tra loro.
Perché, a volte, ci facciamo tanti problemi per nulla, ci complichiamo la vita. Per quale motivo tutto questo? Non potremmo vivere spensieratamente, senza badare agli altri? No, proprio non si può.
"Dico io sospirando e dando un ultimo sguardo all’immensa estensione azzurra e limpida che c’è sopra di me."
Beh, vi lascio alla lettura della mia storia.
Spero sia di vostro gradimento. Lasciatemi pure il vostro parere, sarò felice di leggerlo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Mi siedo ad un tavolo e ordino una Coca-Cola. La bevo lentamente, sorseggiandola piano e di tanto in tanto fermandomi con lo sguardo fisso nel vuoto a pensare ai pochi attimi passati con Gianluca.
Percorro l’intero locale per dirigermi verso la cassa per pagare la bibita, con gli occhi puntati addosso e la gente che mi ride dietro per via del mio vestito totalmente fuori luogo in quel locale. Non do nemmeno conto a ciò che mi succede intorno. Ora ho solo un obiettivo: tornare a casa.
Ha smesso di piovere, finalmente, ma il suolo è completamente ricoperto di gocce d’acqua, pozzanghere ovunque.
Arrivo a casa, distrutta, con i capelli scombinati. Saluto velocemente i miei genitori che sono appena rientrati da lavoro e con passo felpato mi dirigo verso la mia camera.
Appena posso mi tolgo quell’ingombrante vestito e lo butto a terra, sul parquet.
Faccio una doccia veloce, indosso il pigiama e mi metto nel letto a riposare un po’: è l’unica cosa di cui ho bisogno in questo momento, voglio che la mia mente si liberi da ogni pensiero negativo.
Mi addormento singhiozzando e poi vengo svegliata dalla suoneria del mio cellulare. Spero soltanto che sia Gianluca, che mi dica dove rivederci.
Perdo ogni speranza quando vedo che il mittente del messaggio è la Vodafone, la mia compagnia telefonica. E dopo quella scoperta inizia un nuovo pianto, l’ennesimo nelle ultime ore. Affondo la testa nel cuscino con una voglia matta ti rivedere Gianluca.
Mi stavo forse innamorando? Bando alla ciance, devo pensare ad altro. Devo togliermi completamente dalla testa che ci potrebbe essere una speranza e un’occasione per rincontrarlo, perché così non sarà.
Mi addormento di nuovo, con questi pensieri che mi colmano la mente e che mi svuotano il cuore.
L’indomani mi sveglio con le occhiaie per il troppo piangere e gli occhi arrossati dalle lacrime salate che hanno rigato il mio volto la sera prima.
Con le idee alquanto confuse, un mal di testa atroce e poche forze, decido di andare al grande prato di erba incolta dove ho incontrato Gianluca per la prima volta.
Mi siedo sul prato e aspetto, attendo invano che Gianluca arrivi, ma nessuno compare dal ciglio della strada.
Torno a casa sconsolata. Non so nemmeno se scrivergli un messaggio. Se non mi scrive lui perché dovrei farlo io?
Ho un mare di cose da chiedergli, ma voglio che sia lui a contattarmi per primo.
Sicuramente ora non starà nemmeno pensando minimamente a me, a quello che è successo tra di noi, degli innocenti baci che per lui non contano e mai conteranno nulla.
Esausta mi addormento nuovamente, pensare mi porta un terribile sonno.
Sogno Gianluca, sogno di essere fra le sue braccia, in quel prato abbandonato che entrambi amiamo molto, sogno una dolce canzone a fare da sottofondo alle nostre carezze, ai nostri dolci abbracci, poi lui scappa, sparisce e realizzo di averlo perso, forse per sempre e inizio a piangere interrottamente.
Mi sveglio di soprassalto per via della voce di mia mamma, sento una leggera pressione sul materasso e capisco che è lei che si è seduta accanto a me, mi accarezza il volto e attende che io apra gli occhi. Lentamente e a fatica le mie palpebre, appesantite dal pianto, si aprono alla visione di mia mamma che con fretta si appresta a dirmi:
-           Rebecca, so che magari non ti va di parlarne, ma io ci provo. Perché stai così male? –
Scuoto più volte la testa e la affondo nel cuscino, che presto viene coperto dalle mie lacrime. Tiro un lungo sospiro, mi alzo, gli occhi gonfi e le dico:
-           I-i-io sto bene – sto ancora singhiozzando.
-           È per un ragazzo che stai così, vero? – annuisco, tuffandomi quasi tra le sue braccia per abbracciarla e, soprattutto, farmi abbracciare.
Come faceva lei a capire sempre tutto, ad indovinare ogni minima cosa? Le bastava guardarmi per qualche secondo e subito intuiva se c’era qualcosa che non andava, non potevo nasconderle niente.
-           Ora calmati, respira profondamente e non ci pensare - mi dice.
I giorni passano, sono due mesi che non ho sue notizie, ormai ho quasi perso le speranze, ma mai arrendersi, perché quando meno te lo aspetti le cose si realizzano.
Decido di uscire a fare quattro passi e, perché no, magari passare anche in libreria, a dare un’occhiata agli ultimi arrivi.
Velocemente mi vesto, dei leggins e la prima maglietta che mi capitano sotto mano. Esco di casa e vado dritta verso il mio obiettivo: la libreria.
Varco la porta d’entrata, saluto cordialmente i commessi e mi metto a guardare gli scaffali uno per uno. Sento una voce a me nota, alzo lo sguardo dal libro che stavo osservando e vedo Gianluca, più bello che mai e, involontariamente, arrossisco, diventando del colore di un pomodoro.
-           Gianluca… - lo chiamo sottovoce. Lui se ne accorge, mi guarda fisso nei miei occhi verdi e poi chiude i suoi, portandosi l’indice alla bocca e increspando le labbra perplesso.
-           Scusami, chi sei? –
Con tre semplici parole il mondo mi crolla addosso, quella voce che prima mi faceva tanto star bene adesso, magicamente, è diventata più prepotente di un martello pneumatico sulla testa. Ho voglia di scappare da questa situazione, ma non è fuggendo che si evita il destino. In ogni caso, il mio istinto prevale su tutto e inizio a correre, esco dalla libreria in lacrime, con una meta ben precisa nella mente: il prato, il nostro (purtroppo) prato.
Come mi era potuto saltare in mente che lui potesse essere interessato a me? Come potevo sperare in un suo ritorno dopo due mesi senza avere sue notizie?
Mi volto istintivamente alle mie spalle, forse sperando che lui mi stia seguendo. E infatti è così. Perché diamine mi sta rincorrendo se non si ricorda neppure chi sono?
L’unica cosa che riesce a distogliermi dai miei pensieri e dalle mie domande senza una risposta è la sua mano che prende violentemente il mio braccio e mi obbliga a girarmi verso di lui.
-           Dove vai? – mi chiede. Tento di dimenarmi, ma non c’è nulla che mi possa sottrarre a quella morsa prepotente.
-           Questo non ti riguarda – provo ad asciugare quanto meglio posso le lacrime, che salate continuano interrottamente a scendere e a rigare il mio volto. Giro il viso per non fargli notare il pianto, però lui mi sfiora dolcemente il mento con l’indice e lo ruota verso di lui, guardandomi dritto negli occhi.
-           Rebecca… -
Resto in silenzio, un silenzio imbarazzante, fin troppo. Si era finalmente ricordato di me. Urlo mentalmente di gioia anche se sono distrutta da tutto quel piangere.
-           Scusami, davvero. Non ti avevo riconosciuta – interrompe il silenzio con una voce tremolante, insicura, triste. Abbasso lo sguardo, i miei occhi non possono resistere ai suoi, non riesco a reggere quel contatto con lui, quelle sue due porte color della pece sul viso mi fanno venire i brividi. Lui mi alza di nuovo il volto con le dita, sento un brivido percorrermi per tutta la schiena e si sporge in avanti, con il viso verso di me, i nostri respiri suonano all’unisono.
-           Scusami – mi sussurra nuovamente.
“L’unica cosa che aspetto è un bacio da te, perché non me lo dai?”, penso tra me e me, più sicura che mai. Quel ragazzo mi dava davvero alla testa, era diventato inevitabile pensare a lui e a quel suo bacio che mi aveva dato due mesi prima. Lentamente vedo i suoi occhi chiudersi, le palpebre rilassate, noi due sempre più vicini, sempre più a contatto. Le sue labbra sfiorano la mia guancia, istintivamente chiudo gli occhi e dopo poco sento una leggera pressione sulla bocca. Mi sento invadere da un mare di emozioni, le guance prendono rapidamente colore e pian piano quel bacio a stampo si trasforma in un bacio sentito, un bacio passionale, le nostre lingue pian piano si rincorrono tra di loro, giocano, timide, proprio come noi.
“Promettimi che non te ne andrai più, che non sparirai per mesi, che non mi abbandonerai, che non farai di me soltanto un brutto ricordo”, pensavo e sapevo che col cuore lui mi rispondeva, sentivo il suo battito accelerato, che batteva allo stesso ritmo del mio, una melodia dolce e perfetta che solo io riesco ad udire.
Il bacio finisce, noi siamo ancora a stretto contatto, i nostri corpi si toccano, i nostri respiri si sfiorano l’un l’altro e nei suoi occhi vedo una voglia immensa di avere un altro bacio, quasi come se si volesse nutrire di miei baci.
Accontento quelle labbra vogliose e gli stampo ripetutamente dei baci sulla bocca, uno dopo l’altro, senza mai stancarmi.
Mi sento un uragano dentro, una tempesta di emozioni mi assale, il mio cuore batte all’impazzata, non riesco a controllarlo, non riesco controllarmi, non capisco più niente, vorrei che questo attimo non finisse mai, ma purtroppo vengo interrotta troppo presto dallo squillare di un cellulare, quello di Gianluca.
-           Scusa, è mia mamma, devo rispondere – annuisco con la testa. Nei suoi occhi vedo un lampo di insicurezza ed incertezza quando pronuncia la parola “mamma”. E se non fosse davvero lei? Un sacco di dubbi mi assalgono, mi lascio accompagnare dalle mie solite e noiosissime paranoie. E se fosse la sua ragazza, invece? E se mi avesse mentito? Oh, Rebecca, viviti il momento, diamine!  
-           Sì, sì, mamma. A dopo, arrivo -  chiude la chiamata e lo vedo contento.
-           Io – fa un a piccola pausa, quasi come se volesse riflettere su qualcosa – devo andare – conclude. Gira su se stesso, fa per andarsene ma lo fermo io questa volta, prendendolo a mia volta per il braccio.
-           Che ne sarà di noi? – gli chiedo a bruciapelo, stupendomi di me stessa e di quanto appena detto.
Mi fissa dritto negli occhi e io, seppur imbarazzata, questa volta non tento di sfuggire al suo sguardo.
-           Ci sarà tempo – mi risponde, sorridendo. Con tre semplici parole mi crolla il mondo addosso, ho una voglia matta di spaccare tutto, spaccargli anche la faccia, se necessario. Tempo? TEMPO? Io non posso aspettare più, ho già aspettato abbastanza, l’ho già aspettato abbastanza e lui mi chiede del tempo? Ancora? Quanto devo aspettare per averlo? Quanta pazienza devo avere? Non sono pronta ad aspettare ancora. Che poi, per quanto? Quanto ancora mi toccherà vivere in un mare di lacrime e tristezza, giorno dopo giorno andare avanti, sorvolando su ogni cosa? Pensando solo e soltanto a lui.
Mi sentivo bene e male allo stesso tempo. È possibile?
Come posso essere felice e triste nello stesso momento? Perché lui non capisce che ci tengo a lui?
Mollo la presa e lui mi volta le spalle. Mi sento invadere da un senso di vuoto, la voglia di urlare è molta, ma l’unica sillaba che mi esce dalla bocca è:
-           No! – l’ho immaginato o l’ho detto davvero? Devo averlo urlato talmente tanto che gli uccelli poggiati sui fili dell’alta tensione si sono spaventati, volando via.
Lui si gira verso di me, torna quattro passi indietro e tenta di parlarmi, ma prima che lui possa dire una qualsiasi cosa lo precedo, deglutendo prima, aprendo la bocca poi per parlare:
- Indossare una maschera mi faceva sentire a mio agio, era come se ci fosse un muro tra me e gli altri, che era capace di proteggermi e tu sei stato l’unico capace di distruggerlo quel muro -
Mi guarda stranito, incapace di dire qualsiasi cosa.
-           L’unico – ripeto io, sottovoce.

 

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Ciao a tutti!
Come va? Piaciuto questo nuovo capitolo? Cosa ne pensate? Dopo un bel po' di tempo che non aggiornavo, eccomi qui. Mi scuso veramente per il ritardo, spero con questo capitolo di potermi far perdonare in una qualche maniera. 
Spero vivamente che vi piaccia. Vorrei vedere delle recensioni qui sotto, ma purtroppo non è mai così :'( e questa cosa mi rattrista. Vorrei davvero sapere cosa ne pensate, se ne vale la pena che io continui o meno a pubblicare questa storia. 
Va beh... 
Sperando che vi piaccia, vi auguro una buona Pasqua e un buon proseguimento. 

Alla prossima!


 

  
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