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Autore: a rainy day    02/09/2012    3 recensioni
"Ritorno al mondo" è una storia che parla di solitudine, di amicizia, d'amore, di incertezze.
"Ho sempre pensato e sostenuto che per entrare a far parte della vita di qualcuno si dovesse chiedere il permesso al diretto interessato. Ogni persona che fa parte della nostra vita viene scelta da noi."... o forse no?
È incentrata soprattutto sul rapporto tra due ragazzi, Rebecca e Gianluca, molto simili tra loro.
Perché, a volte, ci facciamo tanti problemi per nulla, ci complichiamo la vita. Per quale motivo tutto questo? Non potremmo vivere spensieratamente, senza badare agli altri? No, proprio non si può.
"Dico io sospirando e dando un ultimo sguardo all’immensa estensione azzurra e limpida che c’è sopra di me."
Beh, vi lascio alla lettura della mia storia.
Spero sia di vostro gradimento. Lasciatemi pure il vostro parere, sarò felice di leggerlo.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Amo passeggiare in luoghi solitari, isolata da tutto e da tutti e sentire soltanto la voce dei miei pensieri sussurrarmi e rimbombarmi nella testa.
Mi faccio spazio tra l’erba incolta sperando di non trovar anima viva. La gente, con me, ha chiuso, e questa volta in modo definitivo. Continuo a passeggiare e distrattamente guardo l’orizzonte che pare allontanarsi ad ogni mio passo. Ad un tratto un alito di vento si alza, il cappello vola via e i capelli mi si scompigliano. Dannazione, sono appena andata dalla parrucchiera. Oh, questa cosa mi fa venire in mente che dovrò presto andare ad una noiosa e affollata festa in maschera organizzata da mia cugina. Dice che così posso fare nuove conoscenze, ma il fatto è che io non voglio conoscere nessuno di nuovo! Credo che le persone siano tutte uguali, tutte false, ipocrite, doppiogiochiste, la gente è in grado di farti star male con una semplice parola.
Tento di riordinare la mia mente, i miei pensieri, provo a liberare la testa dai mille pensieri ma non ci riesco. Il mio cervello continua la sua attenta e dettagliata analisi di persone, quasi tutte inutili, e le classifica tutte sotto la stessa categoria: star lontano da questi elementi.
Proseguo lentamente nel mio cammino sfiorando con i polpastrelli delle dita i fili d’erba troppo trascurata, d’altra parte è un campo abbandonato, non c’è mai anima viva e lì passo i miei interi pomeriggi. Gli unici esseri viventi che si vedono ogni tanto sono gli uccellini, che cercano cibo in un posto come quello.
Continuo a passeggiare e accidentalmente inciampo in qualcosa, forse qualcuno.
 
-           Ehi, sta’ attenta a dove metti i piedi! – Mi dice la voce acida di un ragazzo.
-          Sì, perdonami! Stavo osservando il cielo… - Dico io sospirando e dando un ultimo sguardo all’immensa estensione azzurra e limpida che c’è sopra di me.
-           È bello qui, è un posto perfetto per rilassarsi – Diciamo io e lui in coro. Dopo aver notato di aver detto la stessa cosa nel medesimo momento, ci mettiamo a ridere e io mi siedo accanto a lui.
-           Anche tu una tipa solitaria, eh? - Mi chiede lui guardandomi meglio. Io annuisco e non attacco discorso.
-           Forse troppo solitaria - Aggiunge lui alzandosi dal terreno e voltandosi per andar via, come se non volesse crearmi disturbo.
-           Resta - Gli dico io, stupendomi di me stessa. Non è da me fare una cosa così, cioè, io non avevo mai gradito la compagnia, perché dovevo iniziare a farlo ora? Non fa parte di me chiacchierare allegramente con qualcuno e raccontare i miei peggiori timori ad un’altra persona.
Il ragazzo rapidamente si siede dove era seduto pochi minuti prima e inizia a parlarmi.
-           Mi hai detto di restare, giusto? Ed è ciò che farò - Io mi limito a sorridere, poi lui mi porge la mano e si presenta.
-          Gianluca, piacere! - Gli stringo la mano, ma qualcosa mi blocca e non mi fa uscire neppure una sillaba dalla bocca.
-           E tu? – continua.
- Rebecca, ma puoi chiamarmi Reb – non mi ero mai sentita così disinvolta come in quel momento.
- Devo ammettere che mi mancava parlare con qualcuno – Dice lui, sorridendo. Io dondolo un po’ la testa e poi mi metto a leggere il mio bellissimo e avvincente libro.
Ho sempre pensato e sostenuto che per entrare a far parte della vita di qualcuno si dovesse chiedere il permesso al diretto interessato. Ogni persona che fa parte della nostra vita viene scelta da noi.
-           Beh, io vado. Ci si vede, ciao, Reb! - Mi dice lui entusiasta. Faccio un cenno con la mano per salutarlo e spero che non si sia offeso quando non ho continuato il discorso che precedentemente stavamo affrontando. Lo vedo scomparire tra i fili d’erba col suo zaino in spalla e la sua camicia a scacchi azzurra e blu, della tonalità del mare. È un ragazzo carino. Sembra un bravo ragazzo, non pare affatto “montato”, è umile, semplice, un po’ come me, sembra “Rebecca la solitaria” al maschile. Ritorno nei miei pensieri e sento vibrare la tasca del mio zaino: è il mio cellulare con un nuovo messaggio. Chi può cercarmi? Nessuno! Non mi aveva mai cercato alcuna persona, chi può essere? Mi faccio mille domande alle quali non ho neanche una risposta. Il testo del messaggio dice così: “Questo è il mio numero, salvalo!”. Nessuno ha il mio numero, che io sappia, quindi istintivamente rispondo con: “Hai sbagliato numero”. Dopo neanche un minuto mi arriva un altro messaggio sempre dalla stessa persona: “Ma come? Reb, sono io, Gianluca!”. Sul mio viso spunta un sorriso e poi ritorno seria. Decido di non rispondere, non mi va. Ma dopo pochi minuti ci ripenso; non a caso mi chiamano “Eternamente indecisa”.
Mi alzo da terra, mi guardo un po’ intorno, pulisco la gonna sporca di terra ed erba e inizio a digitare qualcosa sullo schermo del cellulare. C’era un non so che dentro di me che mi spingeva a scrivere a quello sconosciuto, a scrivergli.
“Ah, sì!”. Mi blocco, guardo un punto fisso avanti a me, pensando a cosa poter scrivere di altro prima di inviare. Non mi salta in mente nulla, niente, il vuoto totale mi assale i pensieri.
Decido di incamminarmi verso casa mentre sorseggio la bottiglietta d’acqua frizzante ormai riscaldata dal sole e penso a come poter rispondere al suo messaggio.
Dopo un po’ mi viene in mente la riposta più banale di tutte, forse troppo ovvia e scontata: “Come hai avuto il mio numero?”. Faccio qualche ultimo passo e poi finalmente invio il messaggio. Non ricevo alcuna risposta.
Tornata a casa porto la borsa in camera mia e aiuto un po’ mia mamma a preparare la cena. Una volta terminato di cenare corro dritta in camera mia, a pensare a chissà cosa, a chissà chi.
Mi sdraio sul letto a riflettere e qualcosa mi distoglie, attirando la mia attenzione: il mio cellulare. Sbloccata la tastiera noto – un nuovo messaggio – stampato sul display illuminato.
È Gianluca che mi ha scritto: “Per magia, ahah! No, dai, sto scherzando… Dovresti stare bene attenta a dove metti il cellulare. La prossima volta tienilo in tasca, non si sa mai”.
Cosa voleva significare la sua risposta? Pensierosa e stanca mi addormento.
La mattina qualcuno mi sveglia. Dallo spavento salto e mi ritrovo seduta sul letto a gambe incrociate e con gli occhi ancora chiusi: è mia cugina Sara, quella della festa in maschera che è venuta appositamente per svegliarmi. Continua a salterellare di qua e di là, sprizza felicità da tutti i pori, ripentendo: “Oggi c’è la mia festa”, canticchiando per la stanza e scandendo bene le sillabe tra di loro.
La interrompo con un forte sbadiglio, lei mi saluta con un “Buongiorno” gridato nelle orecchie e la sua solita frase, che ormai mi rimbombava rumorosamente nella testa: “Oggi c’è la mia festa”.
-        Sara, basta! – urlo io, completamente stanca di quella situazione.
Ho la sensazione di non aver chiuso occhio stanotte, mi sono svegliata con un gran mal di testa e il cuore a mille battiti al secondo: devo aver fatto un brutto sogno.
Butto nuovamente la testa sul cuscino, esausta. Mi faccio forza e scendo a fare colazione, mi aspetta una giornata intensa, tra shopping e festa.
Mi vesto e io e mia cugina usciamo, dirigendoci verso un negozio di vestiti da carnevale, o comunque che venda travestimenti: dovevamo scegliere l’abito giusto per la festa, che si avvicinava sempre di più.
Io scelgo un abito da principessa azzurro e bianco, ornato di fiori e brillantini e una maschera dal bordo oro bianca e azzurra anch’essa. Mi sento un po’ una bambina ad indossarlo, però fa niente, alla fine mi serve per andare ad una festa in maschera, che sarà mai?
Uscite dal negozio, quasi volando, andiamo a casa di mia cugina Sara, dove si terrà la festa.
Iniziamo a preparare le varie cose per la festa, addobbiamo la casa: manca solo un’ora all’inizio.
Appoggio le ultime cose sulla tavola, accendo la musica e suonano alla porta, iniziano ad arrivare gli invitati e la sala si riempie di gente. Nel giro di qualche minuto si creano le varie coppiette, che iniziano a ballare un lento, abbracciati.
Io mi siedo pensierosa su una della tante sedie di cui la sala è piena quando, d’un tratto, arriva un ragazzo vestito da cavaliere che mi porge la mano invitandomi a ballare. Imbarazzata (seppur non si notasse) mi alzo dalla sedia e inizio a ballare.
Il ragazzo mi avvicina a sé, i nostri corpi combaciano perfettamente e ci lasciamo trasportare dalla musica. Mi sento completamente a mio agio tra le braccia di quello sconosciuto.
Improvvisamente mi stampa un bacio sulle labbra, e istintivamente io chiudo gli occhi.
In quel momento non mi viene nemmeno in mente di mollargli uno schiaffo, è come se tutte le mie forze vengano risucchiate da un vortice, rendendomi incapace di reagire.
Balliamo varie canzoni, poi mi invita a scoprirmi la faccia, togliendomi la maschera e a seguirlo in giardino, dove anche lui avrebbe scoperto il viso.
Decido di accettare, non so nemmeno il motivo.
Usciamo fuori, all’aria aperta, c’è un gran ventaccio.
Contemporaneamente, nemmeno ci fossimo messi d’accordo, ci togliamo la maschera, io abbasso il viso, prima che lui possa incrociare il mio sguardo.
Con voce dolce mi dice:
-           Rebecca, sei tu! – con l’indice mi alza il mento e mi costringe così a guardarlo negli occhi.
È Gianluca, il ragazzo che ho incontrato ieri. Mi avrà forse baciata per sbaglio?
-         Ti ho riconosciuta dai capelli, sai? –
Mi scappa un sorrisetto, poi ritorno seria e lui mi sorprende ancora: mi bacia nuovamente a stampo sulla bocca.
No, non era stato uno sbaglio quel bacio in maschera, a quanto pare.
Perché anche ora che sapeva chi fossi, mi ha baciata comunque? Inizio a farmi mille domande, ho una voglia matta di chiedergli un sacco di cose ma la timidezza mi blocca completamente, non una sillaba fuoriesce dalla mia bocca.
Venendo la mia faccia completamente stranita tenta di giustificarsi, di dare una spiegazione logica a quel bacio, a patto che ce ne sia una, ma io lo zittisco, mettendogli l’indice sulla bocca e sussurrando: “Shhh”.
Gli prendo la mano, le nostre dita si uniscono perfettamente e continuiamo a ballare, questa volta all’aperto, lontani da tutti, proprio come piace a me, a lui. Ci copriamo di nuovo il viso con le maschere, anche se ormai non servono più a nulla.
Lui con una scusa si allontana da me, forse per prendere da bere, non lo so. Lo vedo scomparire tra la folla di persone che riempie ogni angolo della stanza da ballo. Aspetto per interminabili minuti il suo arrivo, senza nessun risultato.
Mi ha forse abbandonata, anche lui?
Le lacrime iniziano a rigare il mio viso, ma decido di farmi forza, mi alzo dalla sedia, mi asciugo la faccia e cerco mia cugina tra le tante persone.
Quando finalmente la trovo le dico che devo andare a casa e, correndo, seppure avessi l’ingombro insopportabile di quel vestito enorme, vado verso casa, continuando però a piangere. Mi sento tirare da un braccio e poco dopo mi ritrovo faccia a faccia con un ragazzo. Intontita e con la testa che gira e mi fa male e la vista annebbiata tento di capire chi sia. Faccio chiarezza e riconosco Gianluca in quella sagoma opaca. Mi parla. Sì, è proprio lui, ho riconosciuto la voce.
Mi lascio completamente andare tra le sue braccia, lui mi stringe in un caldo e sentito abbraccio.
La paura di non poterlo più incontrare mi assillava, mi lasciava un vuoto dentro che solo lui poteva colmare.
-         Ho temuto di non poterti più vedere. Ho avuto paura che non tornassi - quelle parole mi escono spontanee dalla bocca, tutte d’un fiato.
Sono sempre stretta tra le sue braccia, mentre sento il suo cuore battere allo stesso ritmo del mio: insieme formano una melodia assai dolce e gradevole.
-           Gianluca! - lo chiama una voce maschile in lontananza.
-           Scusami, devo andare. Ti prometto che ci rivedremo, te lo giuro, parola di principe – sorrise e si guardò l’abito che indossava. Corse via, lasciando la mia mano e con una promessa che chissà se manterrà. Lo spero.
Non mi restava che piangere, ma non ne avevo neppure più la forza.
Mi ha promesso che ci rincontreremo, sì, ma quanto ci potrebbe volere prima di rivederci? Ore, giorni, mesi che passeranno interminabili, seguendo rigorosamente il ticchettio dell’orologio.
Aspetterò, anche se odio aspettare.

Come se non bastasse, inizia a piovere a dirotto, il vestito si bagna e mi riparo dentro il primo bar che trovo, completamente bagnata da capo a piedi. 






Ecco finito il primo capitolo della mia storia. Spero sia di vostro gradimento. Lasciate sotto un vostro parere! 

Come continuerà? Rebecca riuscirà a rincontrare Gianluca? Non vi resta che aspettare il secondo capitolo! 

  
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