Teatro e Musical > Les Misérables
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Autore: Halina    01/04/2013    7 recensioni
[Les Miserables; AU – Parigi 2013 - College World]
[Enjolras/Grantaire; Marius/Cosette; Courfeyrac/Eponine; altri]
Parigi 2013, un nuovo anno accademico ha inizio e la society de "Les Amis" è pronta ad affrontare nuove crociate e sfidare la nuova riforma dell’istruzione che il governo vuole attuare. Il piccolo café Musain, a pochi isolati dall’università, diventa il quartier generale del club, il rifugio di cuori infranti e il tempio di nuove speranze. E’ tempo di tornare ad avere fiducia, tornare a credere, che se un cambiamento può avere luogo in noi anche il mondo può cambiare. E cambierà.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 – POV Marius
 

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NdA: Capitolo dedicato a Marius che, non ci metterete molto a capirlo, non è un personaggio che amo troppo. Il mio Marius ha alcuni elementi del libro e altri del musical, spero che chi di voi conosce solo una delle due versioni non lo trovi OOC.

Unica nota davvero importante. Courgette è il francese per "zucchina" ... sono morta quando Cosette viene chiamata Courgette nel film e non ho potuto non usarlo ^_^

Ancora una volta ringrazio infinitamente chi recensisce e chi cerca di guarire la mia idiosincrasia nei confronti della punteggiatura. Se notate refusi, frasi mal strutturate o punti che non vi convincono non fatevi problemi a segnalarmeli che apprezzo i commenti costruttivi!

 

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Erano passate tre settimane. Ottobre era ormai inoltrato e le giornate parigine iniziavano a farsi più corte e più fredde. Enjolras aveva iniziato a rinchiudersi in biblioteca, studiando finché un impietosito Combeferre non lo andava a recuperare o la security non lo sbatteva fuori; Courfeyrac trascorreva il tempo tra party e università senza fermarsi un attimo; Joly era rintanato a letto da quattro giorni convinto di essere stato colpito da un’allergia, il raffreddore e un’influenza di stagione tutti in una volta; Jean si aggirava per i boulevard scrivendo sonetti alle foglie che ingiallivano; Leigle cercava di districarsi alla meno peggio tra la sua naturale indolenza e la sfiga che sembrava perseguitarlo; Bahorel bighellonava tra bar e club alla ricerca di una buona scusa per scatenare una rissa, senza combinare un tubo come suo solito; Grantaire ed Eponine erano ormai ottimi soci in affari e buoni amici e tutto procedeva nella norma.

Per tutti tranne che per Marius. Quell’anno aveva portato con sé parecchie novità, tutte ottime: non era così felice e sereno da molto, molto tempo. Marius era un orfano, aveva perso la madre quando era ancora troppo piccolo per ricordarsela, ed era cresciuto con la zia e il nonno in una casa austera, dove nessuno rideva mai. Suo padre era stata una figura vaga, ai margini della sua vita, che compariva una domenica al mese per portarlo a vedere una partita di calcio o a mangiare un gelato. Un malore fulminante se l’era portato via quando Marius aveva iniziato il liceo. Arrivato al secondo anno di università aveva deciso che i tempi erano maturi per andare a vivere per i fatti suoi; con la magra cifra che sua zia aveva convinto il nonno a sborsare, era riuscito a prendere in affitto un monolocale fatiscente sopra l’appartamento altrettanto fatiscente in cui Eponine viveva con la sua famiglia. L’anno successivo aveva trovato una stanza in una casa che divideva con altri 7 coinquilini, sopravvivendoci per due anni ai limiti della sanità mentale.

Ora, per la prima volta, viveva in un appartamento normale, con gente normale. Per la prima volta si era iscritto ad una society, si sentiva motivato e attivo. Per la prima volta si era innamorato. Follemente.

Quel giorno stava facendo la fila alla mensa da solo. Stava affrontando la vitale scelta tra il fish and chips o la quiche ai funghi, quando una risata cristallina aveva attirato la sua attenzione. Aveva alzato gli occhi dal vassoio e l’aveva vista. Non era più stato in grado di distogliere lo sguardo fino a quando la gente in coda dietro di lui non aveva iniziato a riempirlo di insulti.

Era minuta, eterea quasi, con lunghi capelli biondissimi e grandi occhi da libellula, appena evidenziati da un trucco acqua e sapone. Era bellissima. Il cervello di Marius aveva iniziato a funzionare solo con frasi a struttura elementare. “Lei è bellissima.” “Io sono innamorato di lei.” “Il mio mondo è appena cominciato.” “Non posso vivere senza di lei.”

Aveva vagato come un’anima in pena tutto il pomeriggio, seguendola, pedinandola nei corridoi, nelle aule, nei bagni delle ragazze (ovviamente venendo cacciato fuori a urli e colpi di borsetta), fino a quando una sua amica lo aveva fermato sulle scale, allungandogli un pezzetto di carta.

“E’ il suo numero, smettila di fare lo stalker e scrivile. Si chiama Cosette.”

Marius aveva seriamente rischiato di cadere dalle scale. Cosette. La amava, lo sentiva, non poteva stare senza di lei.

Era un giovedì e la riunione di Les Amis sarebbe iniziata alle nove. Marius tuttavia aveva bisogno di condividere con qualcuno il suo colpo di fulmine e, soprattutto, aveva bisogno di un parere femminile, per cui si presentò al Musain alle sei e mezza. Fece irruzione nel café con uno sguardo da fanatico, precipitandosi al bancone notando a malapena il sorriso sfavillante di Eponine.

“’Ponine! Devo parlarti!” esclamò sporgendosi a prenderle entrambe le mani nelle proprie.

La ragazza annuì dolcemente, indicandogli il tavolo in disparte che i ragazzi avrebbero occupato più tardi: “Arrivo subito, devo servire un cliente e sono da te, tanto Grantaire sarà qui a momenti …”

C’era più gente del solito, notò distrattamente Marius, sprofondando su un divanetto e giocherellando con il bigliettino che teneva in tasca. Era contento per Eponine se le cose stavano funzionando, ma anche quel pensiero occupava solo una minima parte della sua testa. Pur sentendosi un maledetto egoista non riusciva a pensare ad altro che a lei: Cosette.

“Eccomi. Che ti è successo?” chiese Eponine qualche minuto dopo, sedendosi accanto a lui. Grantaire era arrivato, carico di borse della spesa, e l’aveva sostituita dietro al banco.

“’Ponine” Marius si umettò le labbra, sporgendosi verso di lei e afferrandole nuovamente le mani, articolando le parole in un sussurro accelerato “devo confidarti una cosa. Non posso attendere un momento di più, te lo devo dire. Sono innamorato, pazzamente …”

Le mani di Eponine, tra le sue, presero a tremare impercettibilmente. La osservò sgranare gli occhi scuri, incredula. Un’espressione radiosa subito dopo le fece capolino sul viso.

Marius sospirò, sereno. Aveva fatto la cosa giusta a parlarne con lei, la sua migliore amica, era sicuro che avrebbe capito e sarebbe stata felice per lui.

“Si chiama Cosette” continuò rapido “è matricola a Pedagogia. Una sua amica mi ha dato il suo numero ma non so cosa fare. Dovrei scriverle?”

Marius stava fissando Eponine in trepidante attesa di un consiglio e vide la sua espressione cambiare drasticamente nell’arco di un secondo, facendosi d’un tratto allibita, subito dopo sconcertata.

Non capiva, davvero non capiva. Aveva detto qualcosa di sbagliato? Non doveva scriverle affatto?

Prima che potesse chiedere spiegazioni la voce di Grantaire si fece sentire dal bancone: “Eponine! C’è un dandy goticheggiante parcheggiato davanti alla porta che mi fissa con una certa insistenza. Devo scappare a gambe levate o prepararmi a difendere il castello?”

Marius allungò il collo notando una Harley Davidson parcheggiata sul marciapiede davanti al café. A cavallo sedeva un ragazzo con lunghi capelli neri e occhi azzurrissimi bistrati di kajal, sulle spalle portava la custodia di una chitarra, in mano teneva due caschi.

“E’ solo Montparnasse, stai tranquillo, ‘Taire!” rispose Eponine alzandosi, sfilando le mani dalla presa di Marius un po’ più bruscamente di quanto il ragazzo si sarebbe aspettato.

“Devo andare..” gli disse quindi, indicando la porta con un cenno del capo ed evitando il suo sguardo “ho le prove. Ne parliamo un’altra volta.”

Afferrò borsa e giubbotto e un secondo dopo era uscita, saltata sulla moto e sparita. Marius rimase lì, perplesso e vagamente intontito. Grantaire era per qualche ignoto motivo sprofondato nella lettura di un manuale di cucina vegana e non gli stava prestando alcuna attenzione, degli altri ancora non c’era traccia.

Il dubbio lo rodeva sempre di più ad ogni minuto che avanzava. Scriverle o non scriverle?

Era talmente preso dalla sua amletica contemplazione da dimenticarsi di cenare e da non notare nemmeno il progressivo arrivo dei suoi amici.

Si riscosse solo quando qualcuno gli diede una pacca su una spalla. Sbatté gli occhi un paio di volte, mettendo a fuoco Joly imbacuccato in cappotto, sciarpa e cuffia.

“Marius! Sei dei nostri?” gli chiese vagamente preoccupato, sedendosi e aggiustandosi la boule dell’acqua calda in grembo “E’ un quarto d’ora che stai seduto lì, sembri uno che ha visto un fantasma!”

“Altro che un quarto d’ora!” si intromise Grantaire, prendendo posto su una sedia al suo fianco e allungandogli un bicchiere “E’ impalato su quel divanetto da quando sono arrivato io alle sette. Avanti bello, fatti un goccetto e sputa il rospo. Che ti è successo?”

Marius prese il vino offerto, rigirandoselo tra e mani con aria sognante: “Un fantasma… No, non un fantasma, Joly, ho visto un angelo. E’ bastato un attimo, una visione…”

Si interruppe, in cerca di parole che rendessero giustizia alla sua Cosette. Grantaire appoggiò i gomiti alla spalliera della sedia, come suo solito, guardandolo con un sogghigno.

“Oh oh ! Senti senti! Il buon Marius è innamorato? Non l’ho mai sentito delirare in questo modo…”

Marius sorrise indulgente, vagamente imbarazzato, mentre l’altro scoppiava a ridere, reclinando la testa all’indietro e scuotendo i ricci scuri.

“Hey, Apollo!” apostrofò Enjolras che, dalla parte opposta del tavolo, stava chino con Courfeyrac e Combeferre su una pila di fogli. “Tra tu che parli di rivoluzioni e battaglie da vincere e il nostro Don Giovanni qui dovremmo cambiare attività e darci ad una society di teatro, l’Opera potrebbe venirci bene!”

Un coro di risate si levò dai ragazzi che facevano capannello lì attorno e Marius, suo malgrado, si unì a loro. Grantaire alzò la bottiglia di vino alle labbra, abbassandola rapidamente non appena
Enjolras sollevò il capo. Non sorrideva affatto. Appoggiò entrambe le mani al tavolo, sporgendosi verso di loro con aria seria.

“Se quello che cercate è una society di attori potete trovare l’uscita senza che ve la debba indicare.” Disse duramente. Alle sue spalle Combeferre sospirò, lasciandosi cadere su una sedia.
“Le acque si stanno smuovendo e siamo qui per strutturare una campagna di raccolta firme, organizzare i turni allo stand e scrivere una petizione al rettore.” continuò Enjolras passandoli in rassegna uno a uno. “Di cose da fare ce ne sono a bizzeffe. Non metto in dubbio le tue buone intenzioni, Marius, ma non è questo né il tempo né il luogo per i tuoi problemi di cuore.”

“Lo so, Enjolras” rispose Marius, passandosi una mano sul volto “ma se fossi stato tu al mio posto oggi, se l’avessi vista, capiresti come mi sento!”

“Dubito …” bofonchiò Bahorel.

“E come ti senti, Marius?” chiese Grantaire, beffardo.

“Mi sento ... Mi sento come se la mia anima stesse prendendo fuoco! Sento il mio mondo sprofondare se lei non c’è!”

“Oddio, credo di star per avere un attacco di diabete!” commentò Courfeyrac divertito, guadagnandosi un’occhiata allarmata da parte di Joly.

Enjolras alzò gli occhi al cielo e attraversò la stanza ad ampie falcate: “Per carità, Grantaire, non ti ci mettere anche tu ad incoraggiarlo!”

“Marius!” esclamò poi, afferrandogli un braccio con energia: “Non sei più un adolescente con gli ormoni a palla! Siamo qui per una causa ora, chissene frega della tua anima solitaria, stiamo combattendo per qualcosa di ben più grande delle nostre vite private!”

Qualcuno annuì qui e là e Marius sospirò, posando la mano su quella di Enjolras: “Lo so, scusa.”

Combeferre si alzò, schiarendosi la voce e riprendendo il controllo della situazione: “D’accordo gente, torniamo a noi. Io e Courf finiamo di scrivere la petizione con Enjolras, voi altri organizzate quello ci serve per la raccolta firme. Se avete domande chiedete.”

Marius si lasciò andare contro lo schienale del divanetto mentre Legle, calendario alla mano, iniziava a decidere i turni aiutato da Joly e Bahorel.

“Hei, mi fai spazio?” Era Jean, che con un sorriso prese posto accanto a Marius.

“Allora, com’è la tua ragazza, Pontmercy?” gli chiese serio.

“Oh Prouvaire! Non hai idea, è un angelo!”

“Dove la porti per il primo appuntamento?”

Alla domanda Marius inorridì, sbattendo gli occhi un paio di volte: “Oh cielo, non ci avevo pensato! Non le ho ancora neanche chiesto di uscire! Ho il suo numero ma non so se scriverle o no …”

“Sei un codardo, Pontmercy! E pure un codardo poco furbo” ridacchiò Jean “che cavolo aspetti? Quella poverina si starà rodendo il fegato da tutto il pomeriggio chiedendosi perché ancora non ti sei fatto vivo!”

“Dici?” chiese dubbioso Marius, estraendo dalla tasca il numero di telefono.

Prima che uno dei due potesse aggiungere altro, un corpo sconosciuto piovve dal cielo, crollando loro addosso. Non era altro che Courfeyrac, che si era buttato a pesce sui due amici strappando il post-it dalle mani di Marius.

“Courf! Che diavolo fai? Ridammelo!”

“Non piagnucolare, Pontmercy!” ribatté Courf ancheggiando per farsi posto sul divanetto e aprendo il foglietto. “Courgette? COURGETTE? Santo cielo Pontmercy! Con tutte le ragazze sul pianeta dove l’hai pescata una con un nome così? Al mercato ortofrutticolo?”

Jean strappò il foglio dalle mani di Courf, rifilandogli una gomitata: “Sei un cretino, Courf! Non è Courgette, è Colette!”

Marius si allungò oltre Courf per raggiungere Jean e riprendersi il numero: “Siete DUE cretini! E’ Cosette e il numero è mio, ridatemelo, devo scriverle!”

“Non le hai ancora scritto?” chiese allibito Courfeyrac, placcando Marius. “Allora l’unico imbecille qui sei tu, Pontmercy!”

Ben presto il tutto era degenerato in una lotta all’ultimo sangue per il post-it, che al momento svettava tra i denti di un Jean in piedi sul divano che respingeva valorosamente i due amici alla carica.

“Piantatela immediatamente!” la voce di Enjolras non ammetteva ritardi o obbiezioni. I tre si immobilizzarono, voltandosi vero il capo con la loro migliore aria da cuccioli abbandonati.

“Fuori. Di. Qui.” Fu tutto quello che il biondo sillabò per poi tornare a concentrarsi sul suo lavoro.

Jean sospirò, scendendo dal divanetto: “Ops. Avanti, ragazzi, leviamo le tende. ‘Taire” aggiuse poi, dando un colpetto sulla spalla a Grantaire, che ciondolava con aria poco presente davanti alla bottiglia di vino quasi vuota “R, ripigliati, dobbiamo pagare le consumazioni.”

Courf lo sollevò di peso dalla sedia, trascinandolo alla cassa, Marius li seguì con un vago senso di colpa.

“Mmmm… Avete fatto arrabbiare Apollo…” biascicò Grantaire, dando voce ai suoi pensieri, appoggiandosi pesantemente al bancone e strizzando gli occhi per riuscire a digitare i tasti giusti sul registratore.

“Ha un sacco di roba da fare, ha capito che noi non siamo dell’umore giusto e ci sta mandando a casa.” scrollò le spalle Jean, frugando nelle tasche alla ricerca del portafoglio “Ci sta facendo un piacere in realtà, R, non te la prendere.”

“E non lasciarti impressionare” rincarò Courf “non è davvero arrabbiato. E’ solo che sotto sotto, giovane rivoluzionario o meno, è una sorta di maniaco del controllo. Se qualcosa esce dai suoi perfetti schemi per cambiare il mondo sclera.”

“Quello non è sclerare. Chi l’ha mai visto perdere il controllo?” chiese Grantaire allungando lo scontrino a Marius, l’equilibrio e la lucidità sempre più precari. “A volte mi chiedo se sia umano. Voglio dire: non sbaglia, non tentenna, non si sbrodola con il caffè, non suda … qualcuno di voi l’ha mai visto andare in bagno?”

Marius sorrise: “Dovresti chiedere a Combeferre visto che vivono insieme. Però me lo sono chiesto anche io… ” continuò alternando lo sguardo tra Courf e Jean “Ha per caso problemi di relazioni interpersonali? Ce l’ha mai avuta una ragazza? Prima mi ha guardato come fossi un marziano!”

I due risero: “Credo che Enjolras non si sia mai nemmeno accorto che il genere femminile esista, Pontmercy, non stupirti!” commentò Jean dandogli una pacca su una spalla “Ha noi, e sarebbe disposto a tagliarsi un braccio pur di darci una mano se dovessimo avere bisogno. E poi c’è Ferre, che ha l’indole di mamma chioccia oltre che quella di grillo parlante. Si prende cura di lui ed Enjolras non potrebbe avere un coinquilino migliore, credimi!”

“Già” sbiascicò Grantaire, sbadigliando “Ma anche il nostro marmoreo amante della libertà oltre alla mamma avrebbe bisogno di qualcuno che gli scaldi il letto ogni tanto. Gli farebbe bene.”

Un attimo dopo si era accasciato su uno sgabello, la testa crollata sul bancone, sembrava essersi addormentato.

I tre amici lo guardarono con affetto in silenzio qualche istante, poi Courfeyrac si schiarì la voce: “Non so se è un’impressione solo mia, ma qualcosa nel modo in cui l’ha detto l’ha fatto sembrare come se si stesse offrendo volontario …”

“E’ ubriaco, Courf. Decisamente ubriaco.” Liquidò la questione Marius, stringendosi la sciarpa attorno al collo e avviandosi fuori. A passo blando i tre coinquilini presero la via di casa.

Dopo qualche minuto fu Jean a rompere il ghiaccio: “Se vuoi ti posso consigliare qualche rima da scriverle, Pontmercy …”

“No! Non farlo!” esclamò subito Courf.

“Perché no?” chiese stupito Marius “Potrebbe essere carino!”

“Carino un cavolo! L’ultima volta che ho rimorchiato una ragazza con un sonetto di Prouvaire è finita in tragedia!”

“Che è successo? Sono così brutti i suoi sonetti?” chiese Marius, ridendo all’aria offesa di Jean.

“Affatto!” rispose Courf “Al contrario, la tizia ha accettato di uscire con me, e la prima cosa che mi ha chiesto è stato di recitarle un’altra delle mie poesie! Ovviamente ho dovuto dirle la verità…”

“E?” lo incalzò Marius, incuriosito, mentre Jean rideva di cuore.

“E sto parlando di Sophie, Pontmercy!”

“Sophie?” chiese allibito Marius, guardando Jean ad occhi sgranati: “La tua ragazza, Prouvaire? L’hai conosciuta così? Perché Courf l’ha rimorchiata con una delle tue poesie?”

“Ci puoi giurare!” confermò Jean strizzandogli un occhio “E stiamo insieme da due anni!”

“D’accordo. Messaggio ricevuto: niente rime e sonetti. Altre brillanti idee?”

“Ciao, Courgette. Caffè con me domani mattina? O pomeriggio? O sera? O dopodomani ? Sì, sono lo stalker di ieri. XOXO Marius.” sciorinò Courf con nonchalance.

Marius drizzò il capo di scatto, estasiato: “E’ Cosette, Courf, C-O-S-E-T-T-E! Ma tu sei un maledetto genio!”

Courf rise, togliendo le chiavi di casa dalla tasca: “Lo so. Dovrei piantare l’università e aprire un’agenzia di consulenza per giovani innamorati imbranati. In bocca al lupo, Pontmercy.”

Marius sfilò il telefono dalla tasca e prese un gran respiro.

“Ciao Courg …”

“Ciao Cosette …”


  
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