Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: Hoi    01/04/2013    2 recensioni
I fatti narrati si svolgono dopo gli eventi del primo film
“Pronto! Aiuto ho investito una persona. Sono in via...” Dove cazzo ero? Mi guardai attorno nel panico. Non c’era neanche un fottutto cartello. Merda! Ma quella era New York. Una New York mezza distrutta e ancora in piena ricostruzione, ma pur sempre New York. Di certo avrebbero rintracciato la chiamata e sarebbero venuti ad aiutarmi.
“il numero da lei selezionato è inesistente”
“Cosa?!?!?!” Piena di sgomento guardai lo schermo. 118. Idiota! Idiota! Idiota!
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                Fu fear of the dark a svegliarmi. Nella semi oscurità mi allungai verso la borsa che avevo abbandonato a terra accanto al letto. Quello stupido cellulare mi odiava, altrimenti perché si nascondeva sempre da me? Lo artigliai e me lo portai all’orecchio.
“pronto?”
La suoneria non sembrava intenzionata a smettere. Guardai il display un po’ contraddetta. Non potevo aver rotto pure quel telefonino... Tutto spento. Ma allora da dove proveniva? l’altro cellulare! Mi lanciai giù dal letto e afferrai la borsa, svuotando tutto il contenuto per terra. Ritrovai all’istante quel maledetto aggeggio semitrasparente regalatomi dal capo.
“Pronto!”
Attraverso il telefono mi arrivò cristallina e allegra la voce dell’uomo più demoniaco che avessi mai incontrato:Anthony Edward Stark, magnate, multimiliardario, genio, play boy, eroe, filantropo e mio committente.
“Alla buon’ora Nervosetta! Ti ho regalato un cellulare che altro devo fare per poterti contattare?” Un brivido d’ira mi percorse la schiena. Odiavo quando mi chiamava così. Fu proprio quel brivido a riattivare il mio cervello. Chiamata capo = Ha fatto un casino
“La torre! Cos’hai fatto alla mia bambina!?”
La mia voce era piena d’ansia. Avevo ridisegnato la nuova Stark Tower quattro volte prima di riuscire ad aprire il cantiere ed era stato allora che aveva avuto inizio il dramma. Il signor Stark continuava a far visita ai lavori... Ogni fottuta volta con un giocattolo nuovo, che giustamente non sapeva usare. Oramai avevo perso il conto di quante cose avesse inavvertitamente distrutto.
“Tranquilla mammina, la Stark Tower sta benone... Quella dei vendicatori un po’ meno”
Un sospiro di sollievo mi sfuggì dalle labbra.
“Sia ringraziato il cielo... Che è successo?”
“Il nostro amico verde ha perso le staffe e ha demolito due piani. Li voglio utilizzabili per martedì.”
Per un lungo istante stetti in silenzio aspettando che qualcuno saltasse fuori dall’armadio gridando: “sorridi! Sei su scherzi a parte!” Inutile dire che non accadde. Da quando la prima Stark Tower era diventata la torre dei vendicatori, incidenti del genere le capitavano spesso. Non che fosse sempre colpa di Hulk è! Tra le occasionali visite di Thor, dello Shield e gli “allenamenti” di Clint, quel povero grattacielo aveva costantemente qualche parte in meno. Non mi era ancora del tutto chiaro però, perché dovessi essere IO ad occuparmene. Gliel’avrei detto quella volta, se un’altra preoccupazione non mi avesse assillata. Sapevo che sarebbe stato inutile, così non tentai nemmeno di nascondere la disperazione che impregnava la mia voce.
 “Signor Stark... è domenica! Gli operai non lavorano di domenica”
 “Sono certo che troverà un modo. Buona giornata” clik
Non so dire per quanto tempo restai immobile, col telefono all’orecchio e la bocca spalancata ad ascoltare il suono ritmico della linea occupata. Non riuscivo a decidere se mi facesse più incazzare che mi avesse chiamato alle sei e mezza del mattino, che mi avesse fatto una richiesta assurda o che se ne fosse uscito con quel: buona giornata. Non potevo crederci! Quell’uomo non solo era totalmente scollegato dalla realtà, mi aveva pure attaccato il telefono in faccia! Inspirai profondamente, lasciai cadere il cellulare, chiusi gli occhi ed espirai. Per prima cosa sarei dovuta andare sul posto e fare un sopralluogo... Se fossi stata fortunata non avrei avuto bisogno di chiamare molta gente. Ripresi il cellulare. Prima di fare qualunque cosa però, dovevo calmarmi. Forte del fatto che a pagare il conto di quel cellulare era Stark, composi il numero più bello del mondo e restai in attesa. Ci volle un po’ ma alla fine rispose.
“Pronto?”
La sua voce calda e melodiosa fu come un balsamo per il mio cuore stremato.
“Ciao amore! Mi manchi un sacco... come stai?”
Davide, il mio meraviglioso fidanzato, sospirò dall’alto lato della cornetta.
“Franci sono le undici e mezza... io sono a lavoro”
Cazzo, il fuso orario! Ero via da due mesi e non avevo ancora imparato a calcolarlo... Una consapevolezza mi colpì all’improvviso, mandandomi ancora più in depressione. Ero come mia madre.
“Non fa nulla dai... mi prendo una pausa. Ehy, come va?”
Iniziai a parlare a macchinetta, raccontandogli ogni più stupido dettaglio della mia vita lì. Mi mancava moltissimo Davide. Gli chiedevo spesso di raggiungermi, anche se sapevo che non poteva abbandonare il ristorante di famiglia per venire da me. In fondo era solo questione di qualche settimana, poi ci sarebbe stata una breve pausa, in onore del natale durante la quale ci saremmo sposati.
“Buongiorno”
Ho sempre odiato essere interrotta, eppure quella volta non ci feci molto caso.
“Buongiorno. Tra l’altro Central Park...
“Amore... chi era?”
Mi voltai lentamente verso l’uomo che stava in piedi davanti a me, senza maglietta né pantaloni... Le tende mezze aperte lasciavano che la stanza venisse avvolta da una dolce luce soffusa. Le ombre gentili gli scivolavano sul corpo, mettendo in risalto il profilo di ogni suo muscolo. Dovesse essere un karateka o climber, tanto era definito il suo corpo... Ehy! Che non si pensi male. I vestiti che indossava erano fradici, così glieli avevo messi ad asciugare. Assolutamente niente di più. Anche perché io ero felicemente fidanzata e lui aveva promesso di comportarsi con onore... e straordinariamente lo stava facendo. Dho! Come avevo fatto a dimenticarmi di lui?
“Uno che ho investito ieri sera...”
Risposi con sufficienza, come se la cosa non avesse importanza, sperando di riuscir a far decadere la cosa.
“UNO? Nel senso un uomo?”
Tentativo pateticamente fallito.
“Sì... vedi... l’ho investito con l’auto e non sapevo cosa fare e lui non sapeva dove andare e... Amore? Amore mi senti?”
Inutile, stavo parlando da sola. Guardai lo schermo, cercando di far funzionare quel maledetto aggeggio. “No, non chiamare Pepper! Stupido touch!”
Una risata soffocata mi fece alzare lo sguardo. La cosa migliore della mia vita stava andando in pezzi, che aveva Stiv da ridere? No, non Stiv... com’era? Scott! Si chiamava Scott! Lo fulminai con lo sguardo. Lo odiai persino più di Stark. Era tutta colpa sua. E poi che cavolo aspettava a rivestirsi? La sua immagine iniziò a sfumare. Avevo fatto un vero casino. Una lacrima mi scivolò sulla guancia. La sua voce mi arrivò lontana, era l’ultimo che desiderassi sentire, eppure il suo tono dolce mi calmò, anche se infinitesimamente.
“Scusa non era mia intenzione...”
Il fragore del piatto di una batteria lo interruppe. Una speranza. Mi avventai con entrambe le mani su quel meraviglioso miracolo.
“Davide!?”
“Scusa... è caduta la linea... Chi è che c’è lì con te???”

Era furioso. Cercava di non farmelo sentire, ma lo conoscevo, era furioso. Chiusi gli occhi e feci un profondo respiro. Mi aveva richiamata. Nonostante il costo esorbitante delle telefonate estere, lui mi aveva richiamata. Era, senza dubbio, un buon segno. Gli raccontai tutto. Di come l’avevo investito, della nostra conversazione e di come avesse dormito sul divano. Inutile dire che diedi molta rilevanza a questo dettaglio, almeno quanta ne diedi al fatto che non sarebbe rimasto oltre. Forse tralasciai che in quel momento era davanti a me in mutande... ma in fondo non era un’informazione fondamentale. Non l’aveva presa bene era chiaro, ma quantomeno ci credeva. Sì, neanche io sarei riuscita a inventare una balla tanto demenziale.
Dopo che finalmente ci fummo salutati crollai sul pavimento. Ero persino più stanca di quando ero andata a dormire.
“Dunque?”
Scott mi stava guardando con uno sorriso dolce. Aveva un’espressione da bravo ragazzo stampata in faccia. Cosa che rendeva esageratamente difficile buttarlo fuori. Nel dubbio mi alzai di scatto, e mi fiondai in bagno. Venti minuti dopo ero pronta per uscire e fare la padrona di casa imperiosa. Spalancai la porta con un’espressione severa stampata in faccia e lo guardai negli occhi. In quelle due pietre azzurre e brillanti come l’acquamarina. Non ero pronta a fare proprio nulla. Senza levarmi quel grugno severo dalla faccia, andai a raccattare la roba che avevo sparso un po’ ovunque a terra. Stavo palesemente prendendo tempo, ma che altro potevo fare? Dovevo trovare un modo per buttarlo fuori. Alzai lo sguardo furtivamente, sbirciando da sopra la spalla. Scott, se ne stava ancora lì, a fissarmi con fare innocente. Scandaloso! Non si era ancora vestito. Buttai senza troppe cerimonie tutto ciò che mi capitò tra le mani in borsa, finché non trovai più nulla. Allora mi alzai mettendo quella sottospecie di valigia in spalla. Era giunta l’ora.
“Te ne devi andare”
Lo dissi tutto d’un fiato, per non perdere il coraggio. L’avevo detto e finalmente quella brutta storia sarebbe finita. Per un lungo istante nella stanza regnò in silenzio. Poi lui alzò un sopracciglio e mi rivolse uno strano sorriso in tralice. Lo stava facendo di nuovo. Il sangue mi salì al cervello. Come si permetteva di guardarmi come se fossi un’idiota? Inspirai profondamente. Lo avevo già investito e malmenato, non era il caso di avere pure uno scoppio d’ira.
“Non è mai stata mia intenzione rimanere”
La sua voce tranquilla trasudava supponenza. Espirai profondamente. Dovevo riuscire a non spaccargli la testa.
“La porta è da quella parte”
La voce mi uscì molto più seccata di quanto volessi. Il bel sorriso di Scott si contrasse. In effetti avrei potuto scegliere parole più gentili, soprattutto se si teneva conto che ero stata io ad invitarlo. Comunque ormai era tardi per rettificare. L’uomo allargò le braccia e mi riservò nuovamente con quell’espressione, che lasciava intendere la mia stupidità.
“Vuoi che esca così?”
Lo guardai, mentre il mio viso scopriva una nuova sfumatura di rosso. Giuro che normalmente sono una persona moderatamente intelligente...
“Vado a prenderti i vestiti”
Me ne tornai in bagno, con la coda tra le gambe. Avevo appeso alla bene meglio la sua roba sulla doccia. Non era servito a molto. Solo la camicia si era un po’ asciugata, il resto era ancora umido... per non parlare del fatto che ero riuscita a stropicciare tutto. Se almeno avessi avuto un ferro da stiro... Volevo stirargli la camicia?! Ero totalmente impazzita! Con tutti i guai che mi aveva causato se li sarebbe dovuti andare a prendere da solo i vestiti, altro che ferro da stiro! Gli lanciai i vestiti sul divano in malo modo e incrociai le braccia aspettando che si vestisse. Ok... era un po’ ingiusto da parte mia fare così, lui però avrebbe potuto guardare prima di attraversare e poi, che cavolo ci faceva in giro a quell’ora di notte? Non glielo chiesi. Non erano fatti miei in fondo. Mi limitai a fissarlo in fare ostile con la speranza di mettergli fretta. Non servì a molto. Anzi, se se ne accorse decise che la cosa non gli importava minimamente. Quando (un quarto d’ora dopo!) ebbe finito di vestirsi, finalmente entrammo in ascensore e questa volta fu lui  a dare le spalle allo specchio. in effetti, coi capelli spettinati e i vestiti in disordine, non sembrava più il ragazzo della sera prima. Persino nel suo sguardo qualcosa sera cambiato. Eppure mi parve assurdo che non volesse vedersi. Anche così era bello, forse persino più di prima... se solo avesse sorriso. Cavolo, quello sguardo corrucciato mi faceva lo stesso effetto che mi avrebbe fatto vedere un gattino in una scatola.
“Senti Scott... adesso che farai?”
Lui si voltò verso di me. Non me n’ero resa conto, ma da quando eravamo usciti era la prima vota che mi guardava. Per un lungo istante non disse nulla, come se non si fosse aspettato quella domanda, poi mi sorrise.
“Tornerò a casa”
C’era qualcosa di magnetico in quel sorriso triste e rassicurante al tempo stesso, qualcosa che mi spinse a sorridergli a mia volta, anche se non mi aiutò a credergli. Quella era la classica faccia da menzogna gentile ed io ne avevo passate abbastanza da riuscire a riconoscerla.
L’ascensore si aprì e senza dire nulla ci dirigemmo all’uscita. Aveva smesso di piovere, ma faceva persino più freddo. Quell’inverno non aveva ancora nevicato, però non mancava molto perché avvenisse ed io non vedevo l’ora di passeggiare per una candida Central Park. Mentre mi infilavo i guanti mi strinsi nel cappotto, sperando che mi desse un po’ di calore. Compito fin troppo arduo, per un povero indumento primaverile anche piuttosto scollato, provai a chiuderla, sperando che aiutasse. Non aiutava. Anche così il freddo vi penetrava, facendomi rabbrividire.
“Vuoi un passaggio da qualche parte?”
Già la sera prima aveva rifiutato... almeno così mi pareva... Comunque, questo era un nuovo giorno e lui mi aveva mentito palesemente, dicendo di voler tornare a casa... Avrebbe rifiutato di nuovo. Dovevo trovare una scusa qualunque, convincerlo in qualche modo. Mi rendevo conto che non aveva senso, che non sapevo nulla di lui, ma provavo un disperato desiderio di aiutarlo. Scott fece un passo, avvicinandosi. La distanza tra noi era poco più si un respiro e per un istante il suo profumo dolce mi circondò. Istintivamente feci un passo indietro. Odiavo i profumi dolci.
“Siamo a New York, credo che troverò un mezzo per il ritorno. Grazie per l’offerta ma ti ho già causato abbastanza disturbi”
Gli sorrisi tristemente. Non mi veniva in mente assolutamente nulla da dirgli. Probabilmente era meglio così... se non voleva il mio aiuto tanto peggio per lui e poi quantomeno, aveva smesso di dire cose insensate.
“Allora... Ciao. AH! Mi chiamo Francesca... Io... non mi ero ancora presentata”
Il freddo doveva essermi entrato fin nelle corde vocali, perché la mia voce tremò quando parlai. Scott non parve notarlo, o quantomeno, finse galantemente di non farlo. Mi sorrise, sfilandosi la sciarpa. Il calore tornò a circolare nel mio corpo al solo tocco di quel sottile tessuto bianco intarsiato da eleganti ricami verdi.
“Addio Francesca”






Ciance inutili
Non mi trovo a mio agio a scrivere con "la mia voce" quindi la farò breve... Volevo puntualizzare per chiarezza che le  parti scritte in Comic sono dette dai personaggi in Italiano (ma va??? XD). Dal prossimo capitolo inizierà ad esserci un po' più di movimento... abbiata pazienza ^^' Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, grazie davvero a chi recensisce e a chi recensirà (soprattutto se sarà spietato!)
  
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: Hoi