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Autore: CowgirlSara    26/08/2004    1 recensioni
Un rigido e tagliente critico cinematografico, una recensione a dir poco cattiva, un attore incavolato, una donna algida ed elegante, dubbi, parole, scherzi del destino.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Orlando Bloom
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~ Capitolo 6 ~

Eccomi qua, le vacanze son finite, non così le ff, per cui vi beccate un nuovo capitolo. Qui ne succederanno di cosette, ma ancora ce ne sono in ponte, perciò mi dovrete sopportare! A presto, un bacione grande a tuttissimi! Sara

 

~ Capitolo 6 ~

 

Josie usciva dall'ufficio alla fine di una mattinata di lavoro; portava la sua cartella a tracolla e, sull'altra spalla, la borsetta, mentre in mano aveva un paio di cartelline. Avrebbe dovuto chiamare un taxi, siccome la sua auto era ancora dal meccanico, ma quando stava per estrarre il cellulare davanti a lei, lungo il marciapiede, si fermò una fiammante Mercedes cabrio. La ragazza riconobbe subito il tizio seduto alla guida.

"Ciao, Josie." La salutò lui.

"Ciao Cary." Rispose con poco entusiasmo. "Bella macchina... ti sei forse fatto un regalo per la fine della nostra storia?" Gli chiese serafica; lui fece un sorrisino compiaciuto: come al solito non capiva il suo umorismo.

"Eh, era un pezzo che mi volevo togliere lo sfizio..." Dichiarò soddisfatto l'architetto, carezzando il sedile del passeggero. "Ma ho sentito che anche tu hai folleggiato."

"Che vuol dire?!" Reagì subito la ragazza allarmata; che qualcuno del locale l'avesse vista uscire con Orlando e avesse tratto delle conclusioni?

"Niente." Fece lui scuotendo il capo. "Solo ho sentito dire che sei stata a festeggiare." Josie alzò le sopracciglia, rassicurata, se Cary avesse saputo di più non sarebbe certo stato zitto.

"Nulla di rilevante." Gli disse allora, sistemando le cartelline che teneva in braccio. "Solo un paio di drink, me li meritavo in fondo." Spiegò poi.

"Senti..." Riprese Cary qualche istante dopo. "...so che sei a piedi..." La ragazza fece una smorfia risentita. "...se mi permetti di darti un passaggio, dovrei parlarti di una cosa." E detto questo si sporse e le aprì lo sportello; Josie rifletté per un attimo, poi salì.

"E così avresti bisogno di casa mia." Affermò la donna, quando Cary ebbe finito di illustrarle a grandi linee le sue necessità; ormai erano a pochi minuti dall'arrivo. "Per farti fotografare da People." L'uomo annuì.

"Vogliono fare un servizio su di me, e non posso usare il mio appartamento di Downtown, non sarebbe appropriato." Spiegò poi supplicante. "Capisci?"

"Io capisco tutto." Rispose Josie, stringendosi nelle spalle. "E non ci sono problemi, dimmi quando..."

"No, aspetta." La bloccò lui, alzando una mano. "Ora sono veramente di fretta, devo prendere un aereo per Sacramento tra un'ora."Aggiunse. "Però, sempre se ti va, possiamo discutere i dettagli domani sera a cena." La ragazza si fece pensierosa, non si sentiva molto in vena di accettare un invito da parte del suo ex, non sembrava nemmeno tanto appropriato; in fondo era solo una cena, ad ogni modo, e se lui avesse cercato altro, lei sapeva come sistemarlo. Lo guardò, seria, e chiaramente non entusiasta.

"Va bene, non ho impegni." Gli disse infine; lui sorrise, il suo classico California Smile.

"Che ne dici andare al Palladium?" Le chiese ancora sorridendo; non lo sopportava quel suo sorriso da campagna elettorale, avrebbe desiderato fargli un buco nei denti come nei cartoni.

"Lo sai quanto mi piace la cucina greca." Era proprio durante una cena in quel ristorante che lui le aveva chiesto di convivere, era un bel ricordo, ma ora quasi l'infastidiva.

"Vengo a prenderti alle otto." Le annunciò, mentre si fermava davanti al cancello; Josie annuì, poi scese e lo salutò. Quella successiva sarebbe stata una lunga serata...

 

Orlando era fermo da qualche minuto davanti allo specchio del bagno; odiava i momenti in cui non si doveva piacere per forza, perché si rendeva conto che c'erano volte in cui non si piaceva per niente. I vestiti, i capelli, la faccia... Ultimamente aveva troppe imperfezioni sulla pelle del viso, sua madre gli aveva detto che era perché mangiava male, che doveva farsi una cura di vitamine. Lei, nel frattempo, faceva la cura del viaggio: appena tornata dalla Polinesia era ripartita per la Patagonia; si vede che andava di moda la P.

Sbuffò, abbassando il capo, con le mani posate sul bordo del lavandino; non aveva proprio voglia di andare fuori a fare lo splendido quella sera, era il motivo per cui aveva accettato una semplice cena intima con Kate. E ora gli scassava pure quello.

"Amore, sei pronto?" Gli domandò la voce della ragazza, arrivandogli alle spalle.

"Sì." Rispose lui mesto.

"Ti sei cambiato la camicia?" Chiese ancora Kate, con voce dolce e comprensiva; Orlando si girò di scatto, allibito.

"Certo che sì!" Esclamò; lei fece una smorfia.

"E' che mi sembrava la stessa di ieri..." Replicò lei con noncuranza, mentre lo scansava dallo specchio e finiva di truccarsi.

"Ma ora, ti pare che vado a cena fuori con la stessa camicia del giorno prima?!" Ribatté incazzato lui; lei si strinse nelle spalle. "Vuoi controllare anche le mutande e i calzini?! Eh?! E poi, se non ci credi, puoi sempre guardare nel cesto!" Kate si spostò di un passo. "Cosa fai?! Guardi nel cesto?!"

"Oh, ma come sei agitato stasera!" Fece la ragazza, rialzandosi. "Non ti vedo mica bene..." E dicendo questo si girò verso il mobiletto, poi gli porse un tubetto. "...prenditi qualcosa..."

"Non voglio nulla!" Gridò Orlando uscendo dalla stanza.

"Mamma mia, quanto è paranoico..." Mormorò Kate rimasta sola. "Quando ha queste serate non lo reggo..." Si voltò verso la porta, voleva sempre l'ultima parola, era più forte di lei. "Sei proprio pesante Orlando, ma davvero molto."

"Vaffanculo." Si sentì rispondere. "Ti aspetto giù." Aggiunse il ragazzo, e se n’andò sbattendo la porta; lei fece una smorfia, tornando a truccarsi.

 

La statua, a grandezza umana, di Pallade Athena era la prima cosa che ti trovavi di fronte, entrando al Palladium, noto ristorante greco che andava per la maggiore tra le celebrità più acculturate; Orlando si domandava cosa caspita ci stesse a fare lui, in un posto dove la gente faceva discussioni che lui faticava a seguire. La prima volta c'erano stati con Viggo, e a Kate era molto piaciuto, nonostante la discussione conviviale tra il loro accompagnatore ed il colto proprietario fosse caduta sulle metamorfosi di Apuleio...

I due ragazzi furono accompagnati in sala; per volere del creatore, quel locale, non aveva salette private, si doveva creare l'atmosfera dei simposi greci, quelli in cui filosofi, matematici, poeti, si riunivano per ampliare i loro confini. Il clima accogliente dei mobili in legno, la luce soffusa e calda, il profumo delle vivande facevano il resto.

Orlando e Kate ottennero un tavolo in posizione ottima e la ragazza si sedette soddisfatta, cominciando subito a leggere la lista dei vini; lui, invece, annoiato e distratto, cominciò a guardarsi intorno, giocherellando con la cordicella del menu.

Fu così che la vide. Josie era seduta ad un paio di tavoli di distanza, portava un sexy abito turchese allacciato al collo, aderente al busto e svasato sulla gonna; i capelli erano pettinati in un ordinato chignon e aveva alle orecchie gli orecchini di opale.

"Orlando?" Lo chiamò Kate, lui si girò sorpreso, con sguardo interrogativo; la ragazza gl'indicò il maitre che stava aspettando a lato del tavolo. "Vogliamo ordinare?"

"Oh, sì scusa!" Esclamò lui con un sorriso imbarazzato.

Il ragazzo, però, da quel momento cominciò a girarsi continuamente nella direzione di Josie, cercando però di non farsi notare da Kate, cosa che gli costò quasi l'uso a vita di un collare ortopedico; ad ogni modo non voleva farsi sfuggire un gesto dell'altra ragazza, o dell'uomo insipido che stava con lei. Grazie a questo, si accorse che lei era abbastanza a disagio: si toccava continuamente i capelli e gli orecchini, ogni volta che lui allungava una mano sul tavolo lei ritirava la sua e non lo guardava mai in faccia; quando alzava gli occhi, lo faceva con un'espressione come se lo stesse prendendo per il culo in silenzio. Orlando era soddisfatto della piega di quella faccenda, ma in ogni caso gli rodeva che Josie stesse lì con quel tizio rileccato ed espressivo come... come un guard-rail!

Ad un certo punto, con aria annoiata, la ragazza posò il mento su una mano alzata, girandosi proprio nella direzione di Orlando; come attratti da una misteriosa forza magnetica, i loro sguardi si trovarono subito. Rimasero a fissarsi per un lungo momento, entrambi seri, pensosi; ma Orlando fu richiamato all'attenzione da Kate, e furono costretti a smettere.

Cary, che aveva notato lo sguardo di Josie, si girò nella stessa direzione; si accorse subito di Orlando e Kate seduti dall'altra parte della sala.

"Hai visto? C'è Orlando Bloom con la sua ragazza." Disse a Josie; lei annuì, guardando dall'altra parte. "Sta guardando verso di noi!" Continuò l'uomo, poi alzò una mano e salutò l'attore; la ragazza sarebbe sprofondata sotto metri di terra.

Orlando, che effettivamente si era di nuovo voltato verso il loro tavolo, osservò con espressione perplessa il tizio sorridente che lo salutava; sorrise a sua volta, poi alzò con nonchalance il dito medio. Cary fece una faccia contrariata e ridicola, Josie dovette trattenersi per non scoppiargli a ridere in faccia, mentre Kate rimproverava l'attore per il gestaccio.

 

Cary, dopo la faccenda del saluto, era partito in uno sproloquio sulla maleducazione delle star del cinema, che perché erano famosi si potevano permettere di tutto, di essere incivili, eccetera, senza considerare, nemmeno per un minuto, il fatto che la sua fama derivava proprio dall'aver lavorato alle case di molti di loro. Josie si stava rompendo alla grande.

"Scusa." Fece all'improvviso la ragazza, scostando la sedia. "Vado un attimo in bagno." Gli disse e, senza dargli il tempo di reagire, si allontanò.

Orlando si accorse subito di tutta la manovra e, quando la vide dirigersi verso la toilette, si alzò di scatto; Kate lo guardò allarmata.

"Che c'è?!" Gli domandò con gli occhi di fuori.

"Hem... devo andare in bagno." Spiegò vago. "Torno subito." E lasciò il tavolo.

Josie, sbuffando, guardava la sua faccia scocciata nello specchio; come preventivato, quella serata con Cary si era rivelata in tutta la sua noia, l'uomo aveva mostrato una volta di più i suoi difetti, senza contare che si era pure messo a farle il filo come all'inizio della loro storia, cosa che l'infastidiva in modo mostruoso. In più, chi si era trovata nello stesso ristorante? Orlando. Più cercava di stargli lontano, più lui le appariva davanti nei posti e nei momenti meno probabili; per esempio, non era la sua, la faccia contrariata che vedeva ora riflessa nello specchio accanto alla propria?

La ragazza si girò di scatto, con gli occhi sbarrati, fissando l'attore, che le stava davanti con una mano appoggiata sullo specchio e aria inquisitoria.

"Tu sei uscito di cervello!" Esclamò allibita.

"Che ci fai qui con quel tipo?!" Le domandò lui, indicando la sala; Josie lo guardava, incredula, sembrava decisamente geloso.

"Io non devo..." Ma il rumore della porta la interruppe; afferrò Orlando per un braccio e lo fece entrare in una delle toilette, chiudendosi la porta alle spalle. "Ma si può sapere che cosa vuoi?" Chiese al ragazzo a bassa voce.

"Voglio sapere cosa ci fai qui con quello." Replicò Orlando, continuando col broncio.

"Con QUELLO ci ho convissuto per quattro anni, e siamo a cena per i cazzi nostri, che, per inciso, non ti riguardano assolutamente!" Ribatté lei, che si stava seriamente incazzando.

"Ahh, allora forse lo vuoi riconquistare, visto come ti sei vestita..." Affermò provocatorio l'attore, indicando il suo abito.

"Senti!" Reagì subito Josie, alzando l'indice, ma poi ci ripensò; alzò gli occhi con espressione incredula, sospirando e portandosi le mani ai capelli. "Io non ci credo... è una delle cose più assurde che mi siano capitate..." Lui l'ascoltava aggrottando la fronte. "Sono nel cesso di un ristorante, a farmi fare una scenata di gelosia, da un tizio che sta a cena con la sua fidanzata, che non sono io!"

Orlando sospirò, appoggiandosi contro la parete; capiva di essersi comportato come un deficiente, ma non poteva negare che gli aveva fatto male vederla con un uomo, e sapere che era pure stato il suo compagno lo faceva sentire anche peggio. La ragione non stava certo dalla sua, era lui quello impegnato; Josie era stata chiara fin dall'inizio, ma lui non poteva fare a meno di provare una certa possessività nei suoi confronti.

"Siamo qui a cena..." Riprese la ragazza, dopo un lungo attimo di silenzio. "...perché People farà un articolo su di lui, e vuole usare la mia casa per il servizio fotografico, doveva spiegarmi i termini della faccenda." Spiegò; Orlando alzò gli occhi su di lei, sorpreso.

"Per questo?" Fece; lei annuì.

"Soltanto per questo." Confermò poi. "Non voglio aver più nulla a che fare con Cary, a livello sentimentale, ma non gli potevo dire di no."

"Scusa." Mormorò il ragazzo, mentre chinava il capo. "Sono un idiota."

"Sì, abbastanza." Replicò Josie, con un sorrisetto; lui alzò gli occhi e la guardò.

"Sei stronza!" Esclamò, mentre il sorriso gli si apriva sulle labbra.

"Lo sai!" Ribatté divertita la ragazza. "Non capisco perché ti meravigli tanto..." Lui, nel frattempo, si era avvicinato e le aveva posato le mani sui fianchi. "Che fai?" Domandò dolcemente Josie. "E' un'eternità che stiamo qui dentro, dobbiamo tornare in sala..." Ma Orlando aveva cominciato a baciarle il collo.

Il contatto con il corpo del ragazzo, come sempre, la mandava di fuori; lui le carezzava con delicatezza la vita e le gambe, i glutei, mentre la baciava con passione, e lei rispondeva voluttuosa... in quel momento bussarono.

"Occupato..." Rispose la voce mezza soffocata di Josie.

"Molto occupato..." Sussurrò divertito Orlando sulla sua pelle.

"Fermati." Gli ordinò subito dopo la ragazza, a bassa voce, scostandolo. "Dobbiamo tornare." Aggiunse imperiosa.

"Vabbene." Acconsentì Orlando, sistemandosi la giacca; anche se era un po' deluso, capiva che non era proprio il momento.

"Vai prima tu, io mi devo dare una sistemata." L'attore fece un sorriso malizioso, Josie una smorfia. "Controlla che non ci sia nessuno." Lui ubbidì, aprendo uno spiraglio di porta, il bagno era vuoto.

"Vado." Le disse poi; la ragazza gli sorrise, quindi gli diede un ultimo veloce bacio e gli carezzò la guancia col dorso della mano. Orlando rispose al sorriso ed uscì.

Quando Josie tornò al tavolo, a Cary non sfuggì la sua espressione piuttosto soddisfatta; la scrutò per qualche secondo, poi si decise a parlare.

"E' stata una cosa lunga." Le disse; lei gli sorrise, con aria vagamente furba.

"Era occupato." Rispose infine, poi si voltò verso il tavolo di Orlando e lo trovò che guardava nella sua direzione; si scambiarono un'occhiata complice.

 

Cary accompagnò Josie fino alla porta di casa; con la sua solita sensibilità non aveva minimamente notato il fastidio che provava la ragazza. Sotto il portico, mentre lei infilava le chiavi nella serratura, sperando che se ne andasse, lui le prese la mano; Josie si girò preoccupata, guardandolo interrogativa.

"Non m'inviti ad entrare?" Le chiese l'uomo; lei alzò le sopracciglia stupita.

"No." Rispose poi, secca, con un sorrisino falso, scuotendo il capo; Cary, però, non lasciava la presa.

"Joss..." Riprese, sfoderando uno sguardo che avrebbe dovuto essere seducente. "...io sono ancora molto attratto da te..." A quelle parole la ragazza rabbrividì, erano mesi che non provava più nulla per lui, ed ora, la sola idea di essere toccata da uno che non fosse Orlando, le dava estremamente fastidio; questo le chiarì molte cose del suo animo, si rasserenò.

"Io no." Disse a Cary, e aprì la porta.

"Josie." La chiamò ancora lui; scocciata, roteò gli occhi e si girò verso l'uomo.

"Cary, è finita." Affermò ineluttabile. "Grazie per la cena, ci vediamo, eh!" E detto questo, entrò in casa e si chiuse la porta alle spalle; pochi istanti dopo lo sentì ripartire con l'auto.

Rassicurata, Josie posò lo scialle e le chiavi sul mobiletto vicino alla porta, poi si avviò per il piano di sopra; mentre saliva le scale squillò il cellulare. Lo prese, preoccupata: chi mai le poteva telefonare a quell'ora di notte? Il numero era sconosciuto, così pensò ad uno sbaglio.

"Pronto?" Rispose timorosa.

"Ciao." Fece una voce maschile, vagamente familiare.

"Orlando, ma sei tu?" Chiese la ragazza aggrottando la fronte.

"Sì."

"Ma che ti salta in testa! Si telefona alla gente a quest'ora di notte, mi stava venendo un colpo!" Protestò Josie che, nel frattempo, era arrivata in camera.

"Stavi già dormendo?" Le domandò; se l'immaginò con una faccina rammaricata e le sopracciglia aggrottate, le scappò un sorriso.

"No, sono appena rientrata, ma..." Poi le venne in mente una cosa. "Come hai avuto questo numero?" Gli chiese insospettita; lui ridacchiò.

"Basta sapere a chi chiedere, e il mio assistente è un mago di queste cose!" Rispose poi, allegramente. "Senti... sei sola?" Stavolta fu lei a ridere.

"Cary ci ha provato..." Confessò divertita. "...e io l'ho mandato in bianco!"

"Grande!" Esclamò Orlando entusiasta; risero per qualche istante.

"E Kate, dove l'hai messa?" L'interrogò lei, poco dopo.

"E' a letto." Rispose l'attore. "Io sono in spiaggia." Aggiunse.

"Hm, ti dedichi ad un nuovo sport?" Fece la ragazza, provocatoria. "Seghe mentali al chiaro di luna?" Orlando scoppiò a ridere di nuovo.

"Ma tu non ti smentisci mai, sei proprio bastarda dentro!"

"Che ci vuoi fare, ad ognuno la sua croce." Ribatté lei, stringendosi nelle spalle. "Perché mi hai chiamato, Orlando?" Alla domanda seguì una pausa di riflessione del ragazzo.

"Chiamami stupido e infantile..." Mormorò infine. "...ma volevo sentire la tua voce prima di dormire..." Josie ebbe un tuffo al cuore, dopo quella dichiarazione tenera e un po' ingenua; non sapeva cosa dire. "La spiaggia è così bella e, a parte gli scherzi, anche la luna è stupenda..."

"Hm, c'è umidità a quest'ora, e una costante puzza di pesce." Lo interruppe serafica la ragazza; come sempre si era rifugiata nel sarcasmo.

Lui, che era chiaramente rimasto interdetto, tentò ancora. "Beh, ma la notte è azzurra e la sabbia calda, e ci sono tante stelle..." Ci stava provando gusto a fare il romantico.

"Seh, così non si vede un cavolo, e poi la sabbia si appiccica dappertutto." Replicò Josie.

"Ma allora vuoi proprio che ti mandi affanculo!" Il tono di Orlando, però, non era infastidito, anzi, sembrava più quello di uno che si trattiene dal ridere.

"Scusa." Disse allora lei. "Sono davvero pessima, a volte." Dichiarò quindi.

"Spesso." Precisò il ragazzo.

"Ok, spesso!" Accettò Josie ridendo.

Orlando avrebbe voluto averla lì in quel momento, vederla ridere, e baciarla, poi passeggiare insieme lungo il bagnasciuga, guardando la luna; si sentiva un ragazzino cretino.

"Quando ci vediamo?" Le domandò improvviso e urgente; lei si rabbuiò subito.

"Orlando, credo che sia meglio evitare..." Rispose sconsolata la ragazza.

"Domani?!" Fece lui, ignorando la sua risposta; Josie era incredula, ma che razza di testa dura aveva, quel ragazzo?

"Ti ho detto che..."

"Dimmi di sì." La supplicò l'attore.

"Anche volendo..." Ribatté arresa la ragazza. "...domani è impossibile, al mattino sono impegnata in ufficio, poi ho un pranzo di lavoro e, nel pomeriggio, devo partecipare alla proiezione per la stampa del nuovo film di Spielberg."

"Ma..." Tentò di replicare lui.

"Orlando, vai a dormire." Gli consigliò Josie. "Preferisco confidare nella fortuna, per incontrarti di nuovo." Affermò poi.

"Io, invece, non ne ho alcuna intenzione." Protestò il ragazzo.

"Stiamo perdendo il controllo, ti prego, non insistere." Mormorò lei mesta. "Buonanotte."

"Aspetta..." Fece in tempo a rispondere Orlando, prima che Josie chiudesse la chiamata, provò a richiamare, ma il telefono era stato spento.

Josie, ancora col telefono in mano, si gettò sul letto sospirando; si grattò preoccupata la fronte. Era in un precario equilibrio, adesso, stava in bilico su quella linea sottilissima che separa infatuazione e amore, e lei non era mai stata una grande trapezista; la ragazza navigava a vista tra i suoi sentimenti, perché, se da un lato si stava certamente innamorando di Orlando, dall'altro era quasi sicura che standogli lontano poteva farcela a dimenticarlo. Il modo in cui si comportava lui, purtroppo, le dava una speranza che non riusciva ad ignorare. Sconsolata, si alzò, mise la camicia da notte e decise di dormire.

 

La mattina dopo, alle sett'albe, l'assistente di Orlando si sentì suonare alla porta; ancora assonnato e un po' sbattuto, il ragazzo andò ad aprire, solo dopo qualche minuto di insistente suono. Spalancò gli occhi, quando si trovò di fronte il suo capo.

"Orlando, ma che fai?!" Esclamò incredulo. "Ma che mi hai dormito sul pianerottolo?" L'attore lo spinse in casa, chiudendo poi la porta.

"Ascoltami e non fare domande." Affermò imperioso Orlando; lui lo guardava ancora con gli occhi di fuori, però annuì. "Tu devi trovarmi un invito per la proiezione stampa del nuovo film di Spielberg." Disse l'attore; l'altro divenne ancora più allibito.

"Ma... ma Orlando..." Balbettò. "...ci vuole un accredito da giornalista, per avere quegli inviti..." Tentò di spiegargli.

"Beh, che problema c'è, trovalo." Replicò l'inglese allargando le mani; l'assistente lo fissò per un attimo, poi sospirò arreso.

"Va bene." Acconsentì alla fine, chinando il capo e dirigendosi verso la cucina. "Ma perché lo vuoi, sempre se vuoi dirmelo."

"Te non ti preoccupare, ci devo andare in tutti i modi!" Dichiarò Orlando seguendolo. "Ti do fino alle tre di oggi."

"Ok." Annuì il ragazzo, versandosi una tazza di caffè.

"Oh, ma mettiti al lavoro subito, eh!" Gli ordinò l'attore; lui lo guardò basito.

"Cazzo, Orlando, abbi pietà!" Sbottò poi. "Sono le sei del mattino, fammi fare almeno colazione!" L'attore, improvvisamente, si rese conto di aver esagerato.

"Sì, scusa!" Proclamò subito, alzando le mani. "Sono un rompipalle, lo so."

"Beh, almeno lo ammetti..." Constatò divertito l'assistente.

"Scusa ancora." Fece Orlando, dandogli una pacchetta sulla spalla. "Tu vali tanto oro quanto pesi!" Aggiunse; l'altro storse la bocca. "Io ora vado al lavoro, ma aspetto tue notizie..." Riprese poi Orlando, dirigendosi alla porta. "...so che non mi deluderai!" E dicendo questo, uscì dall'appartamento.

"E così mi ripaga, 'sto rotto in culo." Commentò l'assistente sorridendo, una volta rimasto solo.

 

Orlando, per l'occasione, si era così bardato: polo rosa, che non sapeva nemmeno di possedere, giacca grigia, jeans chiari, scarpa di cuoio, che fa più professionista, cappello tipo pescatore di jeans, ben calcato sulla testa, occhiali da sole. Si sentiva come un inviato della BBC, decise di calarsi nella parte, per facilitarsi il compito.

Arrivato agli studi dove si sarebbe tenuta la proiezione, si tenne sapientemente in disparte, con tutti quei giornalisti cinematografici era meglio non farsi notare troppo; seguì, però, Josie con lo sguardo. Quando li fecero accomodare in sala, per Orlando non fu difficile guadagnare il posto vicino a lei; Josie non si era accorta di nulla, visto che era girata dall'altra parte. Il ragazzo attirò la sua attenzione toccandole appena un braccio; si girò subito e sgranò gli occhi. Lo vedeva bene, non avevano ancora spento le luci.

"Ma tu stai veramente male!" Esclamò inviperita; Orlando sorrideva, per nulla scoraggiato.

"Non sei contenta di vedermi?" Le chiese raggiante.

"Come cavolo hai fatto ad entrare?! Bisogna possedere un accredito stampa per avere l'invito!" Replicò la ragazza, ancora esterrefatta.

"Tranquilla." Rispose lui, posandole una mano sul braccio. "Sono del tutto in regola."

"Quello che non è in regola è il tuo cervello!" Sbottò Josie; in quel momento si abbassarono le luci  e scese il silenzio in sala. "E poi, come ti sei conciato, sembri un personaggio di Paura e Delirio a Las Vegas!"

"Io credevo che mi donasse, questo colore..." Disse Orlando, afferrando un lembo della sua maglietta; Josie sbuffò contrariata.

"Volete stare zitti, siamo qui per lavorare." Li rimproverò una voce acida alle loro spalle; la ragazza lo guardò molto male.

"Vedi di non disturbarmi mentre lavoro." Lo minacciò a voce bassa, brandendo l'indice.

"Non ti preoccupare..." Rispose Orlando alzando le mani. "...me ne starò qui, buono buono, a vedere il film, non mi sentirai." E si lasciò scivolare, mettendosi mezzo sdraiato sulla poltroncina; Josie si accomodò a scatti, sistemando il suo taccuino sul bracciolo.  

 

Quando il film finì, lentamente, il pubblico di critici e giornalisti si allontanò dalla sala. Josie era arrabbiata: per tutto il tempo Orlando aveva cercato di prenderle la mano, carezzarle il ginocchio, passarle un braccio intorno al collo; nemmeno una gomitata nello stomaco lo aveva fatto desistere, pareva si divertisse parecchio, ma lei era incazzata sul serio.

L'attore la precedeva, mentre uscivano dalla proiezione; con sguardo truce, Josie lo prese poco delicatamente per un braccio e lo portò tra le tende del ridotto.

"Si può sapere che cazzo ti è saltato in mente?!" Gli chiese brusca, ma tenendo la voce bassa; lui sorrideva gongolando.

"Ti è piaciuto il film?" Le domandò tranquillo.

"Ma vaffanculo!" Replicò la ragazza.

"A me è abbastanza piaciuto." Affermò lui, continuando col suo atteggiamento rilassato.

"Lo saprai leggendo l'Herald, il mio giudizio." Sibilò Josie. "Certo non ero nello stato d'animo per farmi piacere qualcosa!"

"Joss, rilassati!" Esclamò Orlando alzando le mani.

"Mi vuoi spiegare come faccio a rilassarmi, quando ci sei tu che continui a toccarmi, mentre sto cercando di lavorare?!" Ribatté lei con le mani sui fianchi. "Il mio lavoro è una cosa seria, per me, perdio!"

"Capisco benissimo, anche il mio per me lo è." Rispose lui annuendo.

"E allora?!" Sbottò la ragazza; lui la guardò in silenzio per un lungo momento.

"Io non posso starti lontano." Dichiarò serio, ma sempre con un lieve sorriso. "E, nonostante lo neghi, so che è lo stesso per te." Aggiunse, posandole le mani sulle spalle; la ragazza lo scrutò insospettita.

"Credevo avessimo concordato di non vederci..." Orlando fece un'espressione meravigliata, lasciandola, mentre allargava le braccia.

"Hai fatto tutto da sola!" Protestò ridendo. "E poi, prendila così, ho solo dato una mano alla fortuna." Josie scosse il capo, ridendo allibita.

"Tu..." E lo indicò. "...come minimo hai smosso mare e terra, per avere l'invito, perciò fammi il favore!"

"Vabbene." Ammise Orlando. "Forse l'ho fatto, ma io dovevo vederti." La ragazza sospirò, quindi chinò il capo scoraggiata.

"Orlando..." Mormorò, continuando a tenere gli occhi bassi. "...per quanto tu m'interessi..." E rialzò lo sguardo in quello di lui. "...io non posso essere la seconda, non voglio esserlo." Il ragazzo si avvicinò, arrivando a sfiorarla col proprio corpo, le portò le mani alle spalle quasi con una carezza, poi la guardò negl'occhi.

"E se io ti assicurassi che non lo sei?" Le disse dolcemente; lei lo fissò a lungo, il suo sguardo era chiaramente sincero, serio, preoccupato, le sfiorava il collo con le dita.

"Posso non esserlo nel tuo cuore." Affermò lei, carezzandogli il viso, perché nonostante tutto le faceva un'enorme tenerezza. "Ma la realtà è un'altra cosa." Aggiunse rammaricata.

"E che cosa posso fare io, adesso?" Domandò allora Orlando, con un'espressione da bambino triste; lei gli carezzò le guance e i capelli con entrambe le mani.

"Perdonami." Mormorò poi. "Io non voglio essere un ulteriore problema per te, Orlando, voglio essere una soluzione." Dichiarò con dolcezza; lui fece un breve sorriso.

"Posso baciarti?" Chiese, quasi timidamente, aspettando timoroso la risposta; Josie però annuì.

La spinse contro il muro e si ritrovarono immersi nelle pesanti tende di velluto verde; la ragazza avvertiva chiaramente il calore e la consistenza delle sue mani sulla pelle, attraverso la stoffa sottile della camicetta. Il bacio, come sempre tra loro, fu molto appassionato, e capirono subito di aver voglia di fare l'amore; infatti, le loro mani, si muovevano già in un certo, ed inequivocabile, modo. Si scostarono un po', per riprendere fiato.

"Dimmi che hai il cellulare, in tasca..." Sussurrò Josie sul suo collo; lui rise piano, poi la guardò negl'occhi.

"No..." Rispose malizioso. "...ho solo un portachiavi molto grosso..."

"Mi piace il tuo portachiavi..." Dichiarò la ragazza, sfiorando i jeans all'altezza dell'inguine.

"Andiamo." Affermò sbrigativo Orlando, prendendola per mano e trascinandola fuori.

 

Erano finiti nel primo motel disponibile; Josie aveva effettuato le pratiche per la camera, mentre Orlando verificava di non essere seguito da paparazzi. Non che lo credesse, poiché si vedevano di rado quando era solo, pareva fossero estremamente attratti dalla sua coppia con Kate, tanto che, in una fase particolarmente depressiva, era arrivato a pensare che li chiamasse lei...

Si erano fiondati nella stanza e, appena chiusa la porta, spogliati di corsa; avevano consumato un rapporto piuttosto veloce, ma anche soddisfacente. Ora, lui la teneva schiacciata contro il materasso con il peso del proprio corpo, posando il capo sul suo seno, mentre lei gli carezzava i capelli.

"Devo andare Orlando, ho un impegno per cena." Gli disse la ragazza; l'attore alzò appena il capo, per guardarla.

"Ti ho beccato proprio in una giornataccia." Ribatté con un sorriso.

"Hm, te lo avevo detto." Fece lei scostandosi.

"Ma nemmeno cinque minutini di coccole?" Tentò il ragazzo con una faccina supplicante.

"Sono già in ritardo, non avrò neanche il tempo di lavarmi i denti." Si lamentò Josie, uscendo dal letto; Orlando si mise su un fianco, per guardarla mentre si rivestiva.

"Dovrei avere delle gomme, da qualche parte, in tasca." Le disse, mentre osservava compiaciuto la bella curva che faceva il suo sedere sul bordo del letto.

"Eheheh." Rise lei, alzandosi e sistemando le mutandine. "Tanto è inutile che ti porti sempre dietro gomme e caramelle di menta!" Aggiunse sarcastica.

"Oh, aspetta." Fece lui raddrizzandosi. "Non capisco cosa vuoi dire..."

"Dai!" Sbottò lei, girandosi mentre si allacciava il reggiseno. "Riconosco il sapore e l'odore di un fumatore lontano un chilometro!" Proclamò sorridendo. "Ho smesso di fumare all'ultimo anno di università, e per i dodici mesi successivi avrei baciato in bocca ogni fumatore che incontravo per strada, solo per aspirargli il fumo dai polmoni, perciò non raccontare storie a me!" Concluse con le mani sui fianchi; lui si gettò supino, con una mano sul viso.

"Sei tremenda..." Mormorò arreso.

"Arrenditi comunque, non si può mascherare, potresti pure farti la doccia nel profumo, non servirebbe a nulla." Riprese la ragazza. "Fossi in te, sceglierei il male minore: smetti subito." Gli consigliò. "Prima di arrivare a farti schifo, come è successo a me, smetti." Orlando la fissò per un attimo, aggrottando la fronte.

"Ma tu cosa sei? Una con cui vado a letto, o il mio grillo parlante?" Le chiese serio; Josie replicò con uno sguardo serafico e malizioso.

"Io sono un grillo parlante travestito da miglior sesso della tua vita." Affermò sicura; lui si trattenne per un secondo, poi scoppiò a ridere.

Orlando smise di ridere solo dopo qualche attimo, ma continuava a sorridere ed aveva gli occhi lucidi; il verso di canzone che le venne in mente fu spontaneo: "Did I see a tear fall from your eyes / Or did you laugh so hard that you cried". Si sedette di nuovo sul letto e lo baciò, era così bello che non aveva potuto resistere; lui rise di nuovo, piano, dolcemente. Josie, però si fece più seria, si guardò intorno, poi tornò a fissare lui con una smorfia.

"Ti rendi conto delle vette di squallore che abbiamo raggiunto oggi?" Gli chiese. "Abbiamo fatto sesso in un motel." Aggiunse, quasi incredula; e l'attore rise di nuovo.

"Fa molto telefilm di serie B, eh?!" Fece poi, divertito.

"Mamma mia!" Sbottò lei alzandosi, dopo aver recuperato la camicetta. "Non è proprio da me..." Aggiunse scuotendo il capo, mentre si abbottonava.

"Beh, che problema c'è?" Intervenne Orlando, ancora tranquillamente spaparanzato a letto e poco coperto dalle lenzuola. "Non ti piace il motel? Andiamo da te!" Propose pratico.

Josie, che si stava infilando la gonna, si girò stupita, rimettendosi dritta; lo guardò allibita. "Lo sai cosa sei tu?" Gli domandò poi, lui scosse il capo. "Tu sei un grandissimo paraculo!"

"Non sei la prima che me lo dice, sai?" Rispose Orlando ridendo.

"Hm..." Fece lei, fingendosi seria, mentre si aggiustava i capelli. "...io ci rifletterei su questa cosa..." Ma l'irresistibile risata del ragazzo la coinvolse dopo pochi momenti.

 

- La canzone citata è "Every word was a piece of my heart" di Jon Bon Jovi, dall'album "Destination anywhere"

 

   
 
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