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Autore: Mels_36    02/04/2013    7 recensioni
Ci si può innamorare in una settimana? Sebastian e Thad proveranno a scoprirlo, attraverso paternità, alcool, Scandals, incubi, balli, tatuaggi e divise scolastiche!
Dal capitolo 2: "Posò il suo sguardo sul volto di Thad che, dopo avergli sistemato il braccio, si era sporto verso di lui per disinfettargli il taglio sul sopracciglio; Sebastian si accorse che nel farlo aveva inavvertitamente posato la mano sul suo fianco.
Calore.
Quella mano con un semplice tocco stava trasmettendo al suo corpo una sensazione di calore e di serenità; se avesse potuto, Sebastian avrebbe fatto in modo di non privarsene mai.
"
[Thadastian Week 2013]
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Sebastian Smythe, Thad Harwood, Warblers/Usignoli | Coppie: Sebastian/Thad
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Titolo della minilong: One Week Notice (Una Settimana Per Innamorarsi)
Rating: Verde
Genere: Commedia, Fluff, Romantico
Pairing: Sebastian/Thad
Avvertimenti: Questa raccolta è ambientata in un settimana imprecisata tra la 3x14 e la 3x22.



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Daddies
(Just like a dream)

 

Il sole primaverile splendeva nel cielo e irradiava un gradevole calore, mentre una brezza fresca e leggera scompigliava con grazia la chioma degli alberi, facendo ondeggiare le foglie.
Seduto su una panchina, all’ombra di un platano, Sebastian Smythe si dedicava alla lettura, di gran lunga la sua attività preferita.Tra le mani aveva uno dei romanzi che avevano segnato la sua adolescenza, forse per il fatto che riconosceva se stesso – o perlomeno colui che era stato fino a qualche tempo prima – nel protagonista. Non era un caso che Bel-Ami fosse proprio il soprannome che i suoi amici parigini gli avevano affibbiato, prima della sua partenza per l’Ohio.

Bel Ami usa la sua bellezza e la sua innata sensualità per ottenere ciò che vuole. Proprio come te, Smythe.

Per quanto sapesse che dietro quelle parole c’era una malcelata ironia, lui le aveva accolte con uno dei suoi sorrisetti strafottenti e si era scusato a nome di Madre Natura, che aveva dato così tanto a lui e ciò che rimaneva – a conti fatti, un bel niente – a loro.
Erano passati diversi anni da allora e, per quanto avesse conservato buona parte delle sue vecchie abitudini, molte cose erano successe nella sua vita e lo avevano portato a maturare, a distaccarsi dall’immagine di quel ragazzo per il quale tutto è apparenza.

Molti cambiamenti. Molte scelte. Molti incontri.

E Sebastian era grato al Destino, al Fato o a qualsiasi altra entità per quello che gli era stato dato e per le esperienze che si erano susseguite; a conti fatti non rimpiageva nulla, né i suoi errori passati né tantomeno la parvenza di felicità che aveva raggiunto.
Con un sospiro sistemò meglio gli occhiali sul naso e riprese la lettura dal punto nel quale aveva interrotto.

  “[...] Egli aveva un linguaggio facile e comune, un certo fascino nella voce, molta grazia nello sguardo, e una seduzione irresistibile nei...”

Uno strattone al bordo della sua maglietta gli fece perdere involontariamente il segno.

  “Papà?”

Sebastian arricciò il labbro, infastidito, e semplicemente ignorò quella vocina supplichevole.

  “...baffi. Gli si arruffavano sul labbro, crespi, arricciati, graziosi, di un biondo tendente al fulvo con una sfumatura più pallida nei peli ritti delle...”

Un secondo strattone, più forte e più secco del precedente.

  “Papà.”

Stavolta il tono con cui era stata pronunciata quella parola era più autoritario, quasi servisse a ricordare a Sebastian che, tra i due, a comandare era il suo adorabile figlio di cinque anni.

  “Mathias, cosa c’è?”

Il piccolo, grato dell’attenzione che gli era stata data, cominciò a spiegarsi concitatamente: “Io stavo aspettando il mio turno per l’altalena, poi visto che quella bambina non se ne andava mi sono messo in fila per fare lo scivolo, ma non ho fatto in tempo a scendere che lei se n’è andata e un’altra bambina ha preso il suo posto!”

Sebastian inarcò un sopracciglio, guardandolo con scetticismo.

  “E tu mi vieni a disturbare per questo?”

Un qualsiasi bambino sarebbe rimasto mortificato per quella risposta, o forse si sarebbe semplicemente offeso. Ma Mathias aveva imparato a conoscere il suo papà: sotto quella maschera di indifferenza e ostilità, si nascondeva un cuore grande e gentile. Bastava solo essere abbastanza bravi da sfilargliela.

  “Dimmi cosa posso dire a quella bimba per farle capire che era il mio turno!”

Sebastian chiuse il libro e si portò una mano sotto il mento, fingendo di pensare intensamente. All’improvviso sgranò gli occhi, quasi fosse stato colto da una grande illuminazione.

  “Falla cadere dall’altalena!”

Mathias sbatté le palpebre un paio di volte, mentre le sue labbra andavano a formare una piccola “o”. Si coprì la bocca, inorridito da quella risposta.

  “Ma... Papà! Non si fa!”

Sebastian dovette trattenersi per non scoppiare a ridere, osservando il faccino sconvolto di suo figlio. Mathias aveva uno spiccato senso della correttezza e della giustizia che, quasi inutile a dirsi, non aveva di certo ereditato da lui.
Prese in braccio il bambino e lo sistemò sulle proprie ginocchia, ignaro del fatto che il piccolo ora sorrideva, conscio dell’essere riuscito a portare allo scoperto il lato tenero del suo papà.

  “Certo che non si fa, piccolo. Papà stava scherzando, lo sai.”

Mathias lo scrutò per qualche istante, quasi volesse sondare fino a che punto quella frase fosse sincera.

  “Non sono convinto. Forse dovrei parlarne con...”

Sebastian, colto alla sprovvista e consapevole delle conseguenze di quell’atto, si apprestò a tappargli la bocca.

  “Se non dici niente a lui ti compro un gelato. Affare fatto?”

Il bambino annuì con vigore, sorridendo felice alla prospettiva di essere riuscito ad ottenere così facilmente un premio che, in fondo, non gli spettava. Diede un bacino sulla guancia di Sebastian e lo abbracciò, almeno finché non vide qualcuno arrivare alle sue spalle; il suo volto si illuminò e si affrettò a scendere, mentre correva incontro all’uomo che aveva appena fatto il suo ingresso nel parco giochi e si lanciava tra le sue braccia.

  “Papà!!!”

Sebastian appoggiò il braccio sullo schienale della panchina, mentre osservava quella scena e il suo cuore si apriva giusto un po’ di più, facendo spazio a sentimenti che per lungo tempo gli erano rimasti estranei.
Si ritrovò a ringraziare nuovamente il giorno in cui aveva messo da parte il suo orgoglio e aveva ceduto all’idea che anche lui, nonostante tutto, era destinato ad innamorarsi; ora vedeva i frutti di quella decisione nella splendida immagine che aveva dinanzi a sé.

Il rumore di un ramo che sbatteva contro il vetro di una finestra lo fece sobbalzare di colpo. Com’era possibile che avvenisse un fatto del genere? Erano in uno spazio aperto, non c’erano vetri né tantomeno finestre...





Quando aprì gli occhi la prima volta, non riuscì ad assimilare appieno ciò che era appena successo. Ci vollero un nuovo movimento apri-chiudi, un mettere a fuoco la stanza e una mano premuta contro la bocca – riflesso che fortunatamente gli impedì di urlare – prima che si rendesse conto che tutto quello non era stato nient’altro che un sogno.

Scostò con un movimento brusco le coperte, avvertendo la necessità di sciacquarsi la faccia con dell’acqua possibilmente ghiacciata. Aveva sempre saputo di avere una fervida immaginazione, ma quello superava di gran lunga qualsiasi altro sogno, fantasia – generalmente erotica – o visione che la sua mente aveva concepito fino a quel momento. Si guardò allo specchio per diversi minuti, cercando qualche traccia che spiegasse la sua improvvisa follia; eppure non c’era niente che non andava, niente fuori posto. L’immagine riflessa era la stessa di sempre, quella di un bellissimo, sensuale, perfetto Sebastian Smythe.
Quando i primi brividi di freddo attraversarono il suo corpo, si affrettò a tornare nel proprio letto per avvolgersi nelle coperte calde. Si guardò intorno: era nella sua stanza, alla Dalton, verosimilmente aveva ancora diciasette anni e nessuna paternità era in agguato.

Paternità.

Lui, Sebastian Smythe, padre. Forse era l’elemento di quel sogno che più di ogni altro l’aveva turbato.

Non aveva mai riflettuto seriamente sulla possibilità di avere figli, ma era sicuro che, se qualcuno glielo avesse chiesto, lui avrebbe risposto con una risata e l’invito ad andare da uno specialista. Tuttavia, ora che la sua mente aveva formulato quella possibilità, si sentiva spaesato, com’era naturale che fosse, ma anche stranamente... felice.
Quel bambino – Mathias, nome che sicuramente aveva scelto lui – aveva i suoi lineamenti, i suoi occhi e lo stesso identico ghigno. Era un perfetto piccolo Smythe in miniatura. Certo, se non fosse stato per alcuni dettagli...

Il cigolare del letto accanto al suo lo portò a girarsi verso il suo compagno di stanza, che dormiva beatemente, ignaro dei pensieri che si aggiravano per la sua testa. Sorrise nel vedere un ciuffo di capelli neri fuoriuscire dalle lenzuola; un sorriso che si congelò sul suo volto pochi istanti dopo, quando realizzò che la persona distesa accanto a lui era la stessa che aveva trasmesso buona parte della sua personalità al piccolo Mathias e che compariva alla fine del sogno.

Il nome completo di quel bambino era Mathias Smythe-Harwood.













Note dell'autrice:


Prima shot della Thadastian Week! :)
  
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