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Autore: Valeriagp    02/04/2013    7 recensioni
Attenzione! Spoiler sulla 5a Stagione.
Merlin ha cercato Arthur ogni momento delle sue innumerevoli vite. Ormai rassegnato a non vederlo mai più, un viaggio in Metro gli cambierà la vita.
Primo capitolo ispirato ad una fic breve letta su Tumblr mesi fa, di cui purtroppo non ho mai più trovato l'autore.
Genere: Erotico, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Galvano, Merlino, Parsifal, Principe Artù, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nessuna stagione, Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'A Thousand Years and Back'
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Nota dell’autrice:

Ed eccoci finalmente al nuovo capitolo! Mi raccomando, leggete la nota a fondo pagina per una sorpresina... Enjoy! :*

Valeria


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Buio. No, non proprio. Un lieve chiarore. Una finestra. Richiudo gli occhi, troppa fatica tenerli aperti. Che letto comodo, i cuscini sono morbidi e la coperta è calda. E poi c’è un profumo delizioso. Provo a riaprire gli occhi. Una figura seduta su una sedia, davanti a una scrivania. E’ immobile, sembra dormire. Non riesco a metterla a fuoco. Richiudiamo gli occhi, và. Sono stanco.

Oh, è più chiaro fuori. Sembra quasi giorno. Ho sete. Non ho forze per aprire gli occhi e insieme girare la testa per vedere se c’è dell’acqua qui vicino. Ma dove sono? Mi guardo intorno ma non riesco a mettere a fuoco. La figura sulla sedia, l’uomo, è ancora lì fermo. Si, decisamente sta dormendo. Vorrei attirare la sua attenzione per chiedergli dell’acqua ma non ho forze. Mi sento scivolare via di nuovo....

Luce. Tanta, troppa luce. Chiudo di nuovo gli occhi, ma mi sembra di riuscire a mettere meglio a fuoco. Provo a riaprire gli occhi... sì, vedo meglio. Che strano però... perché mi sento così debole? E’ tutto confuso... ricordo una litania... una sfera azzurra... sì, ora ricordo... la sfera mi ha colpito. Le convulsioni. Che dolore... mai provato un dolore simile. Tranne quando... Arthur morì. Arthur... Oddio, Morgause, e Arthur! Li ho visti sparire!!! ARTHUR!!!!


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Gaius sentì Merlin urlare il nome di Arthur con tutto il fiato che aveva in corpo, e poi iniziare a singhiozzare, e capì che aveva ricordato tutto.


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Gwaine e Percival sentirono l’urlo di Merlin e dal letto, in un istante, scattarono in piedi. Si guardarono per un istante, entrambi completamente nudi: il ricordo di quello che era successo quella notte fra di loro era deliziosamente vivo, ma in quel momento era ben più importante andare dal loro amico. Si baciarono rapidamente dandosi il buongiorno, e si rivestirono di corsa, uscendo per raggiungere Merlin.


Arrivarono alla porta della camera di Arthur, e bussarono discretamente. Gaius disse: “Avanti”, e quando aprirono la porta si trovarono davanti ad una scena struggente: Merlin seduto sul letto, completamente rannicchiato e con le spalle curve come se il peso della perdita di Arthur fosse tutto sulle sue spalle. Gaius lo abbracciava, ma le lacrime scendevano sulle guance del giovane come se nulla riuscisse a fermarle.


Gwaine si avvicinò a Merlin, e si sedette sul letto accanto a lui. Merlin dapprima sembrò non notarlo nemmeno, poi quando Gwaine gli mise una mano sulla spalla, lui alzò la testa e lo guardò per un attimo, prima di lanciarglisi fra le braccia e, piangendo, gli disse: “Gwaine... l’ho perso. E’ stata tutta colpa mia! Anche questa volta ho fallito... avrei dovuto proteggerlo, avrei dovuto scappare con lui, via da lì, e invece ho lasciato che mi colpissero e ho regalato loro l’occasione perfetta per portarmelo via! Gwaine, non ce la faccio a vivere senza di lui, di nuovo... l’ho ritrovato solo pochi giorni fa e non resisto a pensarlo in mano a quei quattro... chissà cosa gli staranno facendo...”


Lo sguardo di Merlin era talmente disperato che a Gwaine si strinse il cuore, e pensò a come si sarebbe sentito se gli avessero portato via Percival. Cercò allora in sé la forza per incoraggiare il suo amico, sebbene la situazione fosse abbastanza difficile: “Merlin, non devi darti colpa. Erano in quattro contro uno, e per quanto potente tu sia, non potevi sperare di resistere a lungo contro i loro attacchi congiunti. E per quanto riguarda l’eventualità di scappare per portare in salvo Arthur, avrebbero fatto di tutto perché non succedesse. Non posso nemmeno immaginare come ti senti, e quanto dolore tu stia provando in questo momento, però posso assicurarti una cosa: lo ritroveremo. Riusciremo a ritrovare il tuo Arthur. Te lo prometto, te lo giuro. Faremo di tutto e nessuno di noi si darà pace finché non lo riavremo qui con noi.”


Merlin lo guardò con gli occhi pieni di lacrime, e annuì lentamente. In quel momento, Gwaine vide qualcosa cambiare in lui. La disperazione lasciò il posto alla determinazione. Ed allora seppe che Merlin avrebbe fatto di tutto, abbattuto montagne ed attraversato oceani per riavere il suo Arthur.


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Gwaine aveva ragione. Per quanto si sentisse in colpa, Merlin non poteva disperarsi. C’erano tantissime cose da fare... Prima di tutto avrebbe cercato di localizzare Arthur con la magia: la sua percezione del suo Re era sempre stata molto marcata, ed era sicuro che ora, dopo quello che era successo fra di loro, fosse anche più forte.


Chiese a Gaius, Percival e Gwaine un momento di silenzio, spiegando quello che voleva fare, e tutti si azzittirono all’istante. Merlin chiuse gli occhi e si concentrò, pensando all’essenza della persona che stava cercando, e provando a seguire il segnale che la sua magia gli rimandava. Si sentì trascinato in una direzione generale, poi sempre più specifica... fino a che il collegamento si ruppe. Il mago aprì gli occhi di scatto traendo un respiro profondo e poi tossendo, e si rese conto che aveva trattenuto il fiato fino ad allora.


Niente. La sua ricerca non aveva dato risultati. Il fatto che non riuscisse a percepire Arthur come sempre, poteva significare due cose: che Morgause stesse usando un qualche incantesimo per celarlo alla sua magia, oppure che Arthur fosse.... No. Non voleva nemmeno pensarci. Anche perché se avessero voluto ucciderlo, avrebbero potuto farlo lì, al party, senza bisogno di portarlo via. Arthur serviva a Morgause e agli altri per un motivo: stava a loro scoprire quale fosse.


Merlin guardò Gaius e gli disse: “Credo che Morgause sia The Hate. La descrizione che ci hai fatto del terrorista combacia con il carattere, che ben conosciamo, della maga. Il fatto che, secondo le tue fonti, The Hate avesse come obiettivo la famiglia Reale, giustificherebbe il rapimento di Arthur: se Morgause ha la Vista, e delle fonti attendibili a sua volta, è probabile che nel tempo sia venuta a conoscenza dell’esistenza ai nostri tempi di Arthur, e del suo ruolo non ufficiale di reggente della Corona. Non so cosa vuole da lui, ma lo scoprirò.”


Gaius sembrò considerare per qualche istante quello che gli aveva detto Merlin, e annuì: “Hai ragione Merlin, ora che sappiamo che anche lei si è reincarnata in questo tempo, penso proprio che abbiamo trovato il nostro terrorista ricercato numero uno. Come sono andate le cose ieri sera? Raccontami tutto, Merlin, e magari qualche dettaglio che ti sembra irrilevante può risultare interessante a me, e darci elementi per scoprire dove hanno portato Arthur, e cosa vogliano da lui.”

Merlin si lanciò in un racconto dettagliatissimo del loro incontro e susseguente combattimento con Morgause, Morgana, Mordred e Nimueh, e gli altri ascoltarono attenti.


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Arthur aprì gli occhi in una stanza buia. Il suo primo pensiero fu per Merlin. L’ultima immagine che aveva visto prima di svenire, era stato il suo Merlin a terra in preda alle convulsioni: non riusciva a ripensare a quella scena senza che i suoi occhi si inumidissero di lacrime.

Dopo un breve istante in cui Arthur stette lì pensando a quanto già gli mancasse Merlin, e che sperava stesse bene, il suo istinto e il suo addestramento militare gli imposero di schiarire la mente e cercare di ottenere informazioni su dove si trovasse, e cercare di organizzare una fuga.

La prima cosa che fece, fu mettere una mano in tasca e cercare il suo cellulare. Ed era lì!! Incredibile, possibile che avessero dimenticato di toglierglielo? Accese lo schermo, e vide che non c’era campo. Certo... Probabilmente si trattava di qualche incantesimo, Morgause e gli altri non avrebbero mai fatto un errore così grossolano. Scrisse comunque rapidamente un SMS a Merlin, in modo che, se in un modo o nell’altro fosse riuscito ad avere linea, lui l’avrebbe ricevuto.


Provò a farsi luce con lo schermo acceso del telefono, ma era come se l’oscurità che lo avvolgeva fosse artificiale: il bagliore non la penetrava minimamente. Ripose allora il telefono in tasca e cercò di orientarsi. Non era facile trovare riferimenti: tastando con le mani il pavimento, sentì che a terra c’erano delle chiazze di una sostanza viscosa. I suoi occhi si abituarono lentamente all’oscurità, fino a che poté vedere che era in una specie di seminterrato, con una piccolissima finestrella quadrata in alto vicino al soffitto, e nient’altro. Un forte odore di muffa pervadeva la stanza, oltre ad un odore acre, che Arthur non riusciva a capire da dove venisse. Gli venne allora in mente la sostanza che aveva sentito prima con le mani: si portò le dita al naso e si rese conto che l’odore veniva da lì. Non gli piaceva per niente questa cosa...


Si alzò in piedi, cercando appoggio sulla parete dietro a lui, e alzandosi sbatté la testa su qualcosa... il suo istinto fu di cercare di allontanarsi, anche se non riuscì a capire contro cosa avesse sbattuto.

Alzò un mano e toccò l’oggetto sospeso sopra di sé, e sentì... una pianta? Qualcosa di simile ad una radice... e di nuovo quel materiale viscido. Mentre cercava di capire che diamine fosse, una porta che non aveva ancora notato si aprì: la luce che entrò nella sua prigione lo accecò, quindi per qualche secondo non riuscì a identificare chi si stagliava sulla soglia, anche se poteva immaginarlo. Lentamente, ricominciò a vedere chiaramente, e si rese conto che, come sospettava, si trattava di Morgause.


Arthur raddrizzò le spalle, e cercò di proiettare esteriormente un’immagine di sicurezza e spavalderia, anche se il fatto di essere in mano a quella donna lo spaventava. Sapeva bene che non aveva chance di sconfiggerla, e anche se avesse avuto fortuna con lei, ci sarebbero stati sempre Mordred, Morgana e Nimueh da superare.

Ma avrebbe trovato un modo per scappare di lì: ora che aveva Merlin, che il loro amore era manifesto, non aveva intenzione di stare un giorno di più senza di lui.


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Morgana era nella sua stanza, nell’appartamento dove Morgause aveva il suo quartier generale, alla periferia di Londra. Era piuttosto sconvolta: il momento in cui aveva ricordato la sua altra vita, una valanga di emozioni le aveva attraversato la testa. Rabbia, odio, insofferenza, e soprattutto voglia di vendetta. Fino a quel momento, non aveva mai provato sensazioni così violente, nella sua vita attuale, ma la sua vecchia personalità aveva preso il sopravvento, travolgendo completamente tutto quello che Morgana aveva sempre ritenuto giusto fin a quel momento.


Vedere lì Merlin, e pensare a tutto quello che le aveva fatto, tutte le volte in cui l’aveva ingannata e tradita durante gli anni a Camelot, l’aveva profondamente sconvolta... quasi quanto sapere secoli fa che Emrys, la sua nemesi, fosse lui. Quando Mordred le aveva detto il suo nome, tutta una serie di emozioni le aveva attraversato la mente: non poteva credere che colui che in altri tempi considerava suo amico, fosse colui che l’avrebbe distrutta e sconfitta, almeno secondo le sue visioni. Fin da quando lo aveva conosciuto, si era sempre sentita molto vicina a lui, pur non sapendo che la loro natura fosse così simile.


Il giorno in cui lui l’aveva avvelenata, tutti quegli anni prima, lei si era sentita morire, oltre che per il veleno in sé, anche e soprattutto per il suo tradimento... da quel momento l’odio che aveva provato per Merlin e per tutta Camelot era diventato incontrollabile, e davvero aveva fatto di tutto per distruggere quanto costruito da Arthur e dal suo amico.

Se solo pensava a tutte le volte che Merlin l’aveva vista disperata e terrorizzata perché non riusciva a comprendere e accettare la sua natura, e non aveva fatto niente... In quei momenti, le sarebbe bastato ricevere una parola di conforto, capire che non era sola, che qualcun altro aveva attraversato le sue stesse crisi e le sue difficoltà e ne era uscito. Forse le cose per Morgana non sarebbero andate allo stesso modo, se solo Merlin le avesse dimostrato un po’ di affetto, quando lei lo cercava... sicuramente si sarebbe sentita meno sola.


Era persa nei suoi pensieri, e quasi non si accorse che qualcuno aveva bussato alla porta. Sovrappensiero, disse “Avanti”, aspettandosi Morgause o Mordred, e invece si trovò davanti un uomo che non conosceva. O forse si... aveva un volto familiare.

Lui disse: “Mia Signora, Morgause mi manda a vedere se ha bisogno di qualcosa. Non credo vi ricordiate di me, sono Valiant. Ci siamo conosciuti a Camelot, ho combattuto in un torneo contro Arthur... e ho barato, servendomi di uno scudo magico.”


Ecco dove l’aveva visto! Morgana si ricordava di lui, e ricordò che ne era rimasta molto affascinata al tempo. “Valiant, mi ricordo di te. E ti prego, dammi del tu. I nemici di Arthur sono miei amici.”

“Morgause mi ha raccontato di tutto quello che ti hanno fatto, Morgana. Mi dispiace che anche tu sia stata vittima delle discriminazioni dei Pendragon. Sei l’unica che porta questo nome a cui potrei giurare fedeltà, e che rispetto.” L’uomo fece un breve inchino, e le sorrise.

Morgana era colpita da quest’uomo: le piaceva la sua gentilezza, e sentiva che le sarebbe stato fedele, se mai glie l’avesse chiesto.


La donna rispose: “Sto bene, grazie Valiant. Il principino si è svegliato?”

“Credo di si, Morgause è scesa nel seminterrato per iniziare con lui.”

“Spero che soffra le pene dell’inferno...” disse Morgana con un’espressione dura.

“Non credo che Morgause gli sconterà alcuna sofferenza. Lo odia quasi quanto lo odi tu.”

“Bene... sarò felice quando finalmente avremo successo.”


Valiant si accomiatò da Morgana, e la lasciò di nuovo sola con i suoi pensieri. Si... il piano di Morgause era geniale. Un ottimo modo di vendicarsi di Arthur e finalmente appropriarsi del potere che le spettava. La vecchia Morgana era ormai solo un ricordo... non c’era rammarico né sofferenza in lei. Era stata una stupida a fidarsi di Arthur, o di Merlin, o di chiunque altro. Lei aveva solo sé stessa, e Morgause. E Mordred... che era suo fratello, ma in passato non lo era stato. Evidentemente il destino li aveva voluti ancora più uniti, in questa vita. Ed insieme avrebbero trionfato, questa volta.


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Arthur era sulla difensiva. Non capiva cosa Morgause e gli altri volessero da lui. Quindi temporeggiava.

Morgause si chiuse dietro la porta della cella, e lo guardò con un sorriso sul volto. Arthur la fissò con aria di sfida e le disse: “Non so cosa tu voglia da me, ma stai pur certa che io non te la darò. Non metterei mai in mano a te nulla che abbia anche un minimo valore. Tu sei The Hate, non è vero?”

Lei scoppiò a ridere, e i suoi occhi per un istante sembrarono tingersi di un colore innaturale. Arthur rabbrividì ma cercò di nascondere il suo disagio, per non mettersi in una posizione ancora più vulnerabile di quella in cui già si trovava.


“Caro Arthur, quel nomignolo è sicuramente pittoresco, ma è per le masse. Per creare la ‘leggenda’. Eppure non è così che amo farmi chiamare. Rimango fedele alla mia identità, Morgause è l’unico nome che sento mio, ed è così che voglio che tu mi chiami. Abbiamo molta strada da fare insieme, mio caro Re di Camelot...”

“Non ho intenzione di fare proprio nulla con te, Morgause.” L’odio che sentiva per questa donna non era quantificabile. La sua sola presenza gli scatenava pensieri violenti che avrebbe tanto voluto mettere in pratica.


“Questo è tutto da vedere, mio caro...” disse Morgause, e si avvicinò a lui con passo felino.

Non appena Arthur la ebbe a portata di mano, provò il tutto per tutto: si lanciò su di lei caricando tutto il suo peso in un pugno che sarebbe dovuto andare a segno nello stomaco della donna: in questo modo sperava di metterla fuori gioco anche solo per qualche secondo, in modo da poter tentare la fuga.

Purtroppo però, le cose non andarono così: Morgause si accorse del movimento di Arthur, e lui si trovò sospeso in aria con il corpo piegato all’indietro in un angolo innaturale. Un urlo strozzato gli uscì dalla bocca, sebbene volesse con tutto sé stesso evitare di darle soddisfazione, ma sentiva le ossa della sua schiena che scricchiolavano come se fossero sul punto di rompersi, e il dolore era lancinante.


Dopo qualche secondo, in cui Arthur pensava davvero che lo avrebbe letteralmente spezzato a metà, lei fece un movimento con la mano e lo mandò volando a sbattere sul muro in fondo alla cella.

Arthur sentì qualche osso incrinarsi all’impatto, e sentì del sangue che gli sgorgava da un taglio sul labbro che si era provocato sbattendo sul cemento. Forse anche il suo naso era rotto... oh, bene. Nel suo addestramento, aveva seguito anche un corso anti tortura, ma di certo affrontare un nemico che possedeva la magia non era fra le cose che gli avevano insegnato.


Morgause si avvicinò di nuovo a lui, ma questa volta non lo colpì. Rimase di fronte al giovane, che era ancora a terra a riprendersi dall’urto, e lo guardò. “Come ti dicevo, Arthur, abbiamo molta strada da percorrere insieme. Ora cerca di riposare... tornerò fra qualche ora.”

Il suo tono era amichevole, ma nascondeva ovviamente una minaccia, ed Arthur sperava che quelle ore gli ridessero forza, perché al momento non si sentiva minimamente pronto ad affrontarla.

La donna si diresse verso la porta, ma prima di uscire mormorò alcune parole, evidentemente un incantesimo, e dal momento in cui lei uscì, l’unica cosa che lui riuscì a sentire furono delle urla acutissime che sembravano venire da dentro la cella stessa: erano urla orribili, e Arthur si coprì le orecchie cercando di ripararsi da quel rumore che sembrava volerlo far impazzire.


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Erano passate 16 ore. Sedici fottutissime ore da quando Arthur era stato rapito, e Merlin non aveva assolutamente idea di cosa fare per trovarlo. Gaius aveva già allertato i servizi segreti, che stavano effettuando le loro ricerche.

Il team era a lavoro a Palazzo Camelot nel frattempo, specialmente Gwen che stava visionando, insieme a Gwaine e Lancelot, le registrazioni delle telecamere di sicurezza per cercare qualche indizio, anche piccolo, che potesse dare loro un’idea di dove fossero andati gli stregoni con Arthur.


Percival e Leon stavano controllando tutti i dati in possesso dell’MI6 e di tutte le altre agenzie governative su Morgana e Mordred: dalla loro ricerca era emerso che erano fratelli, e fino ad allora avevano condotto una vita piuttosto tranquilla, se si escludeva il fatto che i loro genitori fossero misteriosamente morti quando Morgana aveva solo 16 anni, e Mordred 6. I dettagli sulla morte dei Rogers erano pochi e incoerenti: avevano avuto un incidente in macchina, ma le tracce rimaste sul luogo dello scontro non combaciavano con lo stato in cui era stata trovata la loro automobile. Erano morti entrambi sul colpo, sebbene le loro ferite non sembrassero giustificare il decesso. Un mistero, insomma.


Gaius si avvicinò ai due giovani, e disse loro qualcosa, prima di dirigersi verso Merlin. Il suo volto tradiva la stanchezza e lo stress della situazione, ma nel suo sguardo c’era qualcos’altro.

Si sedette accanto a Merlin, che era in cucina, poggiato al bancone su cui solo poche ore prima aveva avuto conferma del fatto che anche Arthur lo amava. Guardava fuori dalla finestra, in cerca di qualcosa, un’idea, un’illuminazione che gli facesse capire che strada seguire. Gaius gli si sedette davanti, e lo guardava con aria contrita. Merlin accennò un piccolo sorriso - nonostante sapessero entrambi che non c’era nulla da sorridere, il giovane come sempre cercava di rassicurare il suo mentore.


Gaius lo guardò e abbassò lo sguardo. “Merlin, è stata colpa mia.”

“E in che modo sarebbe colpa tua?”

“Avrei dovuto individuare Morgana e Mordred. Con i miei poteri avrei dovuto trovarli, sapere che erano anche loro in questo tempo, sapere che era lei ad organizzare il party, scoprire tutto ciò in anticipo per darvi la possibilità di tirarvi fuori dalla missione in tempo, e non cadere nella trappola che vi avevano teso... Non so come abbia potuto sfuggirmi. Ti chiedo scusa Merlin..."


"Non hai pensato che forse Morgause ha fatto qualcosa, qualche incantesimo, per proteggere l'identità di Morgana? Sapeva bene che se avessimo anche solo sospettato che c'era qualche problema con il party, non ci saremmo mai andati. Non è colpa tua Gaius, come non è colpa mia, né di nessuno di noi. È solo Morgause ad avere colpa in questa situazione. E giuro che glie la farò pagare prima o poi."


Sul volto di Merlin c’era un’espressione di dolore, ma era ben evidente anche la rabbia che provava nei confronti di Morgause, che gli aveva portato via Arthur. E Gaius sapeva che sebbene Merlin non avesse contrattaccato durante il suo primo scontro con i quattro maghi, la prossima volta non avrebbe lesinato incantesimi, e non si sarebbe fatto sfuggire l’occasione di vendicarsi per quello che avevano fatto ad Arthur.


Gaius si alzò e, mettendo una mano sulla spalla di Merlin, gli disse: "Ragazzo mio, hai ragione. Probabilmente Morgause avrà coperto le sue tracce così bene che per me è stato impossibile percepire Morgana e Mordred. Ti sono grato per avermici fatto pensare. Sei davvero saggio, Merlin."

Il giovane sorrise mentre Gaius si allontanava, ma il suo cuore era pieno di dolore, e le lacrime che non lasciava più uscire lo stavano soffocando.


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Arthuuurrr... Vieni, prendi la mia mano...

Il volto di Gwen gli si parò davanti e lui sorrise, cercando di avvicinarsi a lei. In tutta risposta, Gwen scoppiò a ridere e disse "Sei sempre stato un pessimo marito! E un Re che non è stato capace in tanti anni di concludere nulla! Ho fatto più cose io nei pochi anni del mio regno, che tu nei tuoi! Hai solo cercato di fare quello che avrebbe reso orgoglioso il tuo caro papino! Sei un fallimento!"

Gwen sparì, lasciando Arthur solo e agitato. E le urla continuavano...


Arthur si rannicchiò a terra cercando di coprirsi le orecchie, ma le urla sembravano ormai nella sua testa, e non riusciva a pensare lucidamente. Il suo naso rotto gli dava molto dolore, e riusciva solo a pensare a quanto fossero vere le parole di Gwen. Non era stato capace di concludere nulla, aveva provato ma non era riuscito a portare a compimento il suo destino.


Quanto stava per mettersi ad urlare per lo sfinimento, vide la porta della cella aprirsi, e Morgause entrò con in mano qualcosa. Arthur istintivamente scattò in piedi, e si rese conto che le urla erano finite. Il suo sollievo fu tale, che quasi voleva ringraziare Morgause, ma poi si rese conto che era lei il motivo per cui lui era lì, e si rimise sulla difensiva.

La donna si avvicinò a lui, che guardingo si mise in piedi pronto a difendersi. Invece l'unica cosa che Morgause fece, fu mostrargli il contenuto del piccolo vassoio metallico che aveva in mano: bende, cerotti, cotone e disinfettante.


Disse: "So che sei ferito Arthur, non aver paura, voglio solo aiutarti."

Lui istintivamente si scansò da lei, ma la donna si sedette a terra, aprì la bottiglia di disinfettante, lo versò sul cotone e, con enorme calma ed accortezza, quasi come se stesse trattando con un animale ferito, allungò una mano e prese quella di Arthur, tirandolo a terra e facendolo sedere accanto a sé. Lui, fra lo stupore e la stanchezza, la lasciò fare, così lei delicatamente disinfettò la ferita sul labbro di Arthur, applicandogli un cerotto sul taglio.

Arthur era confuso: di certo, di tutto quello che poteva aspettarsi da Morgause, questa era l’ultima cosa che avrebbe pensato. Questa gentilezza non le si addiceva per niente...


La donna si alzò, ed Arthur rimase seduto a terra, guardandola mentre si avviava verso la porta. Lei non gli disse nulla, lo guardò solo per un istante quando stava per uscire... e quando lei chiuse la porta, le urla ricominciarono. Arthur sentì la disperazione che lo assaliva: era sfiancato da quel suono, e iniziava a sentire voci conosciute che urlavano qualcosa di intelligibile nel mezzo delle urla incorporee; qua e là riusciva a cogliere una parola - fallimento, destino, pessimo - ma non frasi compiute. Tornò a rannicchiarsi in posizione fetale sul pavimento, coprendosi le orecchie per non sentire, ma le urla erano nella sua testa, e non c’era nulla che riuscisse a farle allontanare. Nel mezzo del suo delirio, un pensiero gli sfiorò la mente: Merlin avrebbe saputo come combattere quelle urla. Si, ma Merlin dov’era? Perché non veniva a salvarlo? Da solo non ce l’avrebbe fatta, sarebbe impazzito...


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Morgause chiuse la porta della cella e salì le scale che la portavano nell’appartamento. Finora il suo piano sembrava funzionare, Arthur non aveva opposto resistenza al fatto che lei gli si avvicinasse, quindi era fiduciosa che le cose presto o tardi sarebbero andate come voleva lei.

Ora si sarebbe dedicata alla cosa più importante che aveva in quel momento: sua sorella.

Dopo che erano scappati con Arthur dal party, per Morgause non c’era praticamente stato modo di passare del tempo con lei, visto che aveva dovuto prima pensare a sistemare Arthur nella sua cella, e a organizzare tutto per l’incantesimo che si apprestava a fargli. Ma ora che le cose erano avviate, poteva finalmente andare da Morgana.


Salì la rampa di scale che la portarono all’appartamento, e passando davanti al salone vide Mordred seduto sul divano, lo sguardo fisso nel vuoto, probabilmente a riflettere sulla sua nuova consapevolezza di sé. Non aveva mai incontrato il ragazzo prima d’ora, ma ne aveva molto sentito parlare fra i druidi quando era ancora un bambino, e poi in questa nuova vita aveva scoperto che era stato lui a sferrare il colpo che aveva ucciso Arthur: per questo gli era grata.

Nei suoi confronti non provava nessun’emozione, se non l’enorme invidia per il fatto che lui era cresciuto con la sua Morgana, mentre lei, per poter compiere la sua missione, non le si era mai potuta avvicinare.


Mentre Morgause passava davanti alla porta, Mordred le disse: “Morgana vuole vederti. Mi sta chiedendo già da un po’ di dirtelo.”

“Sta parlando con te telepaticamente?”

Mordred annuì senza alzare lo sguardo dalle proprie mani.

Morgause allora disse, con un tono infastidito: “E perché non comunica direttamente con me?”

Mordred alzò lo sguardo senza però sollevare la testa, e la guardò di traverso per un istante, prima di dire: “Io e Morgana abbiamo vissuto insieme per gli ultimi 16 anni della nostra vita. Probabilmente le rimane più naturale pensare a me come fratello, che a te come sorella.”

La donna squadrò Mordred con negli occhi l’irritazione che provava ad un pensiero simile, chi era lui per dirle cosa Morgana pensasse? Questo ragazzo era troppo presuntuoso per i suoi gusti...


A quel punto la donna lo ignorò completamente e andò verso la stanza di Morgana. Fece per bussare, ma da dietro la porta quest’ultima disse: “Morgause, entra pure.”

La bionda aprì la porta, e trovò Morgana seduta sul davanzale della finestra, con indosso una tuta nera, i capelli raccolti dietro la testa in uno chignon affrettato, e degli enormi occhiali da vista dalla montatura nera poggiati sul naso. Era l’immagine più bella che Morgause avesse visto negli ultimi anni. La sua Morgana era di nuovo con lei.


Le andò incontro col sorriso sulle labbra, e Morgana le sorrise timidamente quando alzò gli occhi. Morgause disse: “Sorella... non sai che bello sia riaverti con me! Ho aspettato così tanti anni per rivederti...” A queste parole, Morgause si avvicinò alla sorella per abbracciarla, ma Morgana non si lasciò andare all’abbraccio, rimanendo leggermente distaccata.

La bionda si staccò da lei, ma le accarezzò una guancia, e disse: “Morgana, sorella mia, cosa c’è che non va? Non sei forse felice di rivedermi?”

“Certo che lo sono, solo che sono molto confusa... Ho scoperto solo poche ore fa di aver avuto un’altra vita, e di chi sono stata... negli anni passati, durante la vita presente, io e Mordred siamo spesso stati presi in giro per i nostri nomi, ma abbiamo sempre pensato che i nostri genitori fossero semplicemente appassionati del ciclo Arturiano, quindi, anche in loro ricordo, ci siamo spesso avvicinati alla letteratura per scoprire di più sui personaggi - che pensavamo leggendari - di cui siamo omonimi, e molto spesso quello che leggevo di questa fantomatica Morgana mi lasciava perplessa... mi chiedevo come potesse odiare così tanto la sua famiglia, e come avesse potuto tradire tutti coloro che le erano stati, in altri tempi, cari.


Ora so che quella Morgana sono io, e capisco l’odio, e lo provo tuttora, visto che la mia vendetta non ha avuto completamente luogo... ma è come se dentro di me ci fossero due entità con due personalità diverse, che fanno a lotta per avere la predominanza sui miei pensieri. In alcuni momenti vince una, in altri l’altra. E tutto ciò mi affatica molto. Mi sento divisa in due, e non ci capisco più niente...”

Morgana abbassò la testa, e sollevando gli occhiali, chiuse gli occhi e ci si passò la mano sopra, in un gesto così infantile che a Morgause si strinse il cuore.

La bionda allora si avvicinò di nuovo, e la abbracciò: questa volta Morgana si lasciò andare e strinse la sorella con forza, quasi a volersi aggrappare a lei.


“Morgana, sorella mia adorata, devi stare tranquilla. Sei solo leggermente disorientata, passerà presto e tornerai ad essere te stessa, la tua vera te stessa: quella che sa cosa vuole e combatte per averlo. Quella che ha fatto sì che Arthur Pendragon fosse ucciso per tutti gli errori che ha commesso, e per gli errori di suo padre, così da poter permettere a te, la vera regina di Camelot, di regnare come ti spetta di diritto. Ripareremo in questa vita quello che è andato storto in quella passata, useremo Arthur per arrivare al potere, e presto, sorella, sarai tu la persona più potente in tutta la nazione.”

Morgana sospirò e disse: “Come sta andando con Arthur?”

“Tutto secondo i piani. Inizia a cedere.”


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Merlin era sdraiato a letto, nel letto del suo Arthur. Era notte fonda, ma lui non riusciva a chiudere occhio. Come si assopiva, la sua mente tornava a quel giorno ad Avalon, quando aveva perso il suo Re per la prima volta. L’incubo che lo risvegliava ogni volta era lo stesso: Arthur morente fra le sue braccia, e lui che per l’ennesima volta doveva guardare mentre la vita lo abbandonava, e un pezzo della propria anima se ne andava con quella di Arthur.

Non avrebbe mai pensato di poterlo rivedere, ci aveva sperato mille volte ma non ci aveva davvero creduto nemmeno lui, eppure era successo. Ed ora lo aveva perso di nuovo. Si svegliava in lacrime, quelle lacrime che di giorno non lasciava uscire, e dava loro campo libero, di notte: non riusciva a tenerle dentro, sconvolto com’era aveva bisogno di lasciarsi andare.


Ritrovare il dolore, era come reincontrare un vecchio amico: era così abituato a vivere con quel senso di mancanza costante, che quei pochi giorni in cui ne era stato libero, erano stati quasi un sogno.

Sapeva che avrebbe dovuto essere forte per il suo uomo, essere un riferimento per gli altri, visti i suoi secoli e la sua esperienza, e il suo enorme potere, e di giorno faceva tutto ciò che era in suo potere per resistere: ma di notte non ce la faceva. Il buio portava gli incubi. E gli incubi, beh... quelli gli ridavano su un piatto d’argento la disperazione, sua fedele compagna per tutti quei secoli.


Erano già passati quattro giorni da quando Arthur era stato rapito, e loro non avevano fatto nessun passo avanti nelle ricerche. Erano bloccati. In un vicolo cieco... L’unica cosa che potevano provare a fare, anche se Merlin dubitava che avrebbe portato risultati, era che lui stesso si recasse alla mansione di Morgana e provasse a localizzare qualche traccia della magia usata dai quattro per trasportarsi altrove con Arthur, e cercasse di tracciarla.

Sarebbe stata la prima cosa che avrebbero fatto la mattina successiva, era già d’accordo con Gaius e Leon che lo avrebbero accompagnato... ma tornare in quel luogo gli metteva i brividi. Gli stessi brividi che provava ogni volta che passava davanti ad Avalon.


Come aveva fatto spesso nei giorni precedenti, riprovò a localizzare l’essenza di Arthur attraverso la magia, anche solo per sentire che lui esisteva ancora in questa vita: si concentrò e percepì una flebile traccia, e la seguì con la disperazione di un assetato che sente il rumore dell’acqua che scorre. La seguì per qualche secondo, fino a che il collegamento si spezzò, come sempre accadeva da quando Arthur era stato rapito, quasi come un elastico tirato troppo che si rompe e rimbalza indietro verso la mano che lo tiene. Merlin tornò in sé, e insieme tornarono le lacrime. Il cuscino sotto il suo viso era umido, e lui sapeva che lo sarebbe rimasto tutta la notte.


Doveva sfogarsi e ritrovare le forze per il giorno dopo. Per essere l’uomo coraggioso in cui Arthur aveva sempre riposto la sua fiducia. Ce l’avrebbe fatta... per lui.


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Silenzio. Era tutto ciò che desiderava, nient’altro gli importava. Solo silenzio e quiete. Le ore si susseguivano, e l’unico momento in cui Arthur otteneva dei momenti di quiete, era quando arrivava Morgause. Le era profondamente grato perché gli portava sollievo, e con lui era buona. Gli portava da mangiare. Era gentile. Gli sorrideva... al contrario di tutti gli altri che lo andavano a trovare.


Leon lo aveva deriso perché non era stato capace di salvare i suoi uomini, era stato solo grazie a Merlin che erano sopravvissuti alla battaglia di Camlann. E Arthur era stato solo capace di farsi infilzare da Mordred, quando avrebbe potuto colpirlo per primo e non cadere. Era stato codardo, e debole. DEBOLE! gli urlava in faccia Leon, scoppiando poi a ridere.

Poi era arrivato suo padre: gli aveva detto che tutto quello che aveva fatto nella sua vita era stato inutile, questa sua idea cavalleresca del regno in cui il Re viene amato, lo aveva reso debole agli occhi di tutti i sudditi. I veri Re devono essere temuti dal popolo, e lui non aveva mai ispirato paura, era sempre stato un rammollito e aveva deluso suo padre e la memoria di tutti i suoi antenati. Uther gli aveva urlato contro che era una DELUSIONE, e desiderava non averlo mai avuto come figlio.


Dopo un tempo imprecisato, Morgause entrò di nuovo nella cella: Arthur, sollevato dall’improvviso silenzio che finalmente era arrivato con lei, le si gettò fra le braccia. I due, abbracciati, scivolarono seduti a terra. Il giovane allora disse: “Morgause, perché sono tutti così cattivi con me... non c’era nessuno che mi amasse davvero nella mia vita? Stavano tutti fingendo? Li ho davvero delusi così tanto?”

Morgause gli accarezzò i capelli, e rispose: “Arthur, mio caro, non importa quello che hai fatto finora, non importa quello che ti diranno tutte le persone intorno a te... ora sei a casa, io, Morgana e Mordred non ti abbandoneremo mai: siamo la tua famiglia. Noi non ci aspettiamo da te nulla più di quello che puoi fare: tu sei un uomo valoroso e un grande guerriero. Sei riuscito a respingere orde di selvaggi, ed ogni tipo di creatura magica che abbia mai minacciato il tuo regno. Hai fatto sempre il meglio che era nelle tue possibilità, e per questo sei onorevole. Con il nostro aiuto, Arthur, sarai imbattibile. Devi solo fidarti di noi, fidarti di me. Non hai nulla da temere.”


A quelle parole Arthur fece uno scatto e si irrigidì, come se qualcosa in lui si opponesse alle parole di Morgause, anche se non ricordava perché mai dovesse opporsi. Ma si staccò da lei comunque, incerto sul da farsi, e abbassò lo sguardo.

Morgause allora si alzò, gli lasciò dell’acqua, e si diresse nuovamente verso la porta. Prima di uscire si girò verso di lui e gli disse: “Tornerò da te fra qualche ora. Voglio lasciarti tempo di pensare, non voglio che tu prenda una decisione affrettata. Sappi solo che noi ti amiamo, e non permetteremmo mai che nessuno ti facesse del male.”


Arthur si sdraiò a terra tappandosi le orecchie, già pronto a quello che sarebbe venuto dopo. Come la porta si chiuse, le urla tornarono, e ad esse questa volta si unirono quelle di Arthur.


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Merlin, Gaius e Leon arrivarono alla porta della mansione, e provarono a bussare, ma la porta stessa era aperta. Entrarono, e andarono verso il salone: si resero conto che c’erano ancora i resti della festa di quattro giorni prima. Bicchieri e piatti abbandonati su ogni superficie, fiori che iniziavano ad appassire nei vasi, rimasugli di cibo abbandonati sui tavoli a marcire. Era come se tutti gli invitati fossero spariti in un istante, e fosse rimasto tutto come lo avevano lasciato.

Gaius disse: “Quando le nostre squadre sono arrivate, il giorno dopo la festa, hanno trovato questo. Tutti spariti, come se si fossero smaterializzati anche loro. Tutti i presenti hanno lasciato la festa in fretta e furia, poco dopo che il vostro team si è ritirato. E anche il personale di servizio se n’è andato senza sistemare nulla, come se avessero tutti paura di qualcosa.”


Merlin si guardò di nuovo intorno percependo qualcosa, una traccia di magia, e si diresse verso di essa. Quello che trovò nella stanza accanto lo stupì, ma più di tutti stupì Gaius e Leon che fecero un passo indietro timorosi. Un quadro di famiglia di Morgana sembrava aver preso vita, e tutti gli occupanti del dipinto - ossia Morgana stessa, Mordred e due persone che probabilmente erano i loro genitori - si girarono all’unisono verso di loro, e iniziarono ad urlare a squarciagola, agitandosi e muovendosi come se cercassero di scappare dalla cornice che li racchiudeva, dai confini della tela su cui erano dipinti.

Ecco cos’era stato ad allontanare tutti i presenti: un semplice incantesimo per animare un oggetto inanimato. Merlin sorrise e mormorò: Swefn, mandando di fatto le figure nel quadro a dormire. Il silenzio tornò nella mansione, e Leon, sospirando di sollievo, guidò Gaius e Merlin verso la stanza dove il combattimento magico aveva avuto luogo.


Merlin rimase un passo indietro gli altri, e si contorceva le mani, giunte dietro alla schiena, che erano sudate e gelate: il panico lo stava assalendo. Rivedere quel posto era rivivere il rapimento di Arthur. Rivivere la perdita. In tutti i secoli in cui aveva vagato per le terre di Britannia, ogni volta che i suoi viaggi lo portavano a passare nelle vicinanze di Avalon o di Camlann, aveva provato lo stesso sentimento. Il suo autocontrollo vacillava, e la paura e il dolore minacciavano sempre di prendere il sopravvento.

Sapeva che doveva dominarsi: gli altri non potevano vederlo così, ed era inutile aver deciso di fare questo sopralluogo se non riusciva nemmeno a guardare il posto dove il rapimento era accaduto.


Gaius e Leon entrarono nella stanza, e Merlin si fermò per un secondo fuori dalla porta a prendere fiato. Poteva farcela. Per Arthur. Entrò a occhi chiusi e poi lentamente li aprì, guardandosi intorno.


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Arthur era stremato, sfinito, e aveva solo voglia di uccidere chiunque provocasse quelle urla. Aveva perso il conto di quanti giorni fossero passati da quando era arrivato lì, ed aveva iniziato a sentirle, e il suo corpo non poteva più sopportarle. Se avesse potuto trovare le persone che stavano urlando, li avrebbe finiti con un solo colpo... in fondo voleva solo del silenzio, finalmente.


Mentre si guardava intorno nella cella, cercando la fonte dell’infernale rumore, in un angolo comparvero i suoi cavalieri, che lui aveva sempre amato come fratelli. Arthur li guardò, con la speranza che finalmente qualcuno fosse venuto a salvarlo, e allungò una mano verso Gwaine. Questi lo guardò con un volto schifato, e gli disse che si era reso finalmente conto che quando aveva lasciato la sua vita per giurare fedeltà ad Arthur, aveva fatto il più grosso errore della sua vita. Che lui non era degno del rispetto e della fedeltà di nessuno, e che la sua nobiltà era solo nel suo titolo, mentre il suo carattere e le sue azioni dicevano il contrario.


Percival ed Elyan annuivano, e insieme iniziarono ad urlare in faccia a Arthur: CODARDO, INUTILE, DEBOLE, e poi tutti e tre si misero a ridere. Arthur allora urlò in risposta, e gli si avventò contro pronto a colpirli, ma loro scomparvero prima dell’impatto. Il giovane rimase di nuovo solo con le urla, e sentiva il sangue che gli ribolliva dalla rabbia e dall’odio per tutti i suoi amici, per suo padre, per tutti coloro che gli avevano sempre mentito e lo avevano abbandonato. Si girò, rosso in volto dall’ira, e Merlin gli comparve davanti, seduto per terra, con la sua solita espressione innocente. Lo guardò fisso negli occhi, e disse: “Ohhh, Arthur. Come ti sei ridotto male. Se potessi vederti... e pensare che in altri tempi ti avrei seguito ovunque. Ti ho sempre protetto, confidando che fossi destinato a grandi cose. E l’unica cosa che sei riuscito a fare è stato FALLIRE in tutto. Non hai portato la pace, non hai riunito il regno, non hai accettato la magia. Non sei nemmeno stato capace di dare un erede al Regno, lasciandolo in mano ad una donna, una serva per giunta. Pensare che ho anche creduto di amarti... quando te l’ho detto, pochi giorni fa, stavo solo fingendo per divertirmi con te, per ripagarti di quello che mi hai fatto patire in tutti gli anni in cui sono stato al tuo servizio. Non ti amo, non potrei mai amare un buono a nulla come te.”


Arthur guardò Merlin, e si rese conto che le sue parole lo trafiggevano dritto al cuore, molto più di quanto non avessero fatto quelle di tutti gli altri. Di Merlin si era sempre fidato, e aveva sempre pensato che per lui fosse lo stesso. E poi, giusto qualche giorno fa, le parole che gli aveva detto erano state sincere, o almeno Arthur lo aveva pensato in quel momento: “Arthur, ti ho sempre amato e ti amerò per sempre. Ti ho aspettato per tutti questi secoli, ma se tornassi indietro rifarei lo stesso, sapendo che alla fine ci ritroveremmo.”

Era strano pensare che Merlin fosse stato capace di mentirgli così spudoratamente, e in modo così convincente. Ma non erano le parole in sé a fargli pensare che fosse strano: i suoi occhi, il suo sguardo... da esso traspirava un amore enorme, una fedeltà totale ed incrollabile.


Gli occhi di Merlin... Arthur chiuse i propri, e per un istante rivide davanti a sé Merlin mentre stava seduto a terra, poggiato al bancone della sua cucina, che gli accarezzava il viso, e lo guardava. Quegli occhi non mentivano. Non era possibile, lo sentiva nel profondo.

Arthur alzò lo sguardo e fissò l’immagine di Merlin che si trovava davanti a lui, e si rese conto che quello non era Merlin. Era un’illusione... e in quel momento quell’immagine si trasformò lentamente in un’immagine di Morgause.

Arthur sbarrò gli occhi e capì finalmente cosa fosse successo in quei giorni da incubo: Morgause aveva usato chissà quale diamine di incantesimo per fargli quello che Morgana aveva fatto a Gwen, tutti quegli anni fa. E Merlin, sebbene non fosse lì con lui, lo aveva salvato di nuovo.

Ora Arthur sapeva cosa Morgause volesse da lui: voleva controllarlo per arrivare al potere. E l’unica maniera per scappare da lì, era fingere che fosse riuscita nel suo intento.


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Nimueh era seduta in cucina con i piedi poggiati sul tavolo, e guardava Morgause che versava un bicchiere d’acqua da portare ad Arthur, da cui sarebbe tornata a breve.

“Incantesimo divertente, quello che fa uso della mandragola... Non si fa nemmeno fatica ad usarlo, in fondo bisogna solo aver pazienza che la mente del povero malcapitato faccia uscire in superficie i suoi peggiori incubi. Le vittime fanno tutto da sole, le allucinazioni che si trovano davanti sono solo frutto delle loro paure. Chissà che cosa sta vedendo il nostro caro Pendragon...”

“Da quello che mi dice, tutti i suoi amici gli dicono che sono delusi da lui. Il grande Re, pieno di insicurezze... Penoso.”

Le due streghe scoppiarono a ridere mentre Morgause si dirigeva verso la cella di Arthur.


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La porta si aprì, ed Arthur, conscio che doveva convincere Morgause di essersi convertito grazie all’incantesimo, agì subito: andò verso di lei con il sorriso sulle labbra e finte lacrime negli occhi, e la abbracciò. Le disse: “Morgause, amica mia, è meraviglioso vederti. Finalmente sono convinto: avevi ragione tu, non c’è nessuno di cui possa fidarmi più che di te, Morgana e Mordred. Morgana è mia sorella, e tu e Mordred siete i suoi fratelli, quindi è un po’ come se fossimo una famiglia. Non vedo l’ora di riabbracciarli. Ti prego, portami da loro...”

Le diede un bacio sulla guancia, sebbene l’unica cosa che volesse in quel momento fosse strangolarla, ma sapeva bene che non aveva chance se li affrontava da solo. Aveva bisogno del suo Merlin accanto, il suo uomo, il suo compagno di vita, il suo stregone. E fingere di voler bene a Morgause e agli altri era un sacrificio che faceva volentieri per poterlo riabbracciare.


Morgause lo guardò a lungo negli occhi, e Arthur finse uno sguardo di profondo affetto e felicità. Allora la donna si sciolse dall’abbraccio e gli prese la mano, dicendo: “Sono felice, mio caro Arthur, che finalmente tu abbia capito come stanno le cose. Benvenuto nella nostra famiglia. Ti sosterremo sempre.”

Lo guidò quindi fuori dalla cella, e Arthur vide delle scale ed una forte luce esterna filtrare dal piano di sopra: era giorno, ottimo. Sarebbe stato più facile orientarsi per tornare a Palazzo Camelot.

I due arrivarono mano nella mano in salone, dove trovarono Morgana e Mordred seduti sul divano a chiacchierare: si alzarono in piedi di scatto quando videro Arthur, e lui lasciò la mano di Morgause e andò verso di loro. Si fermò per un istante davanti a Morgana e poi le gettò le braccia al collo, stringendola forte. La donna rimase immobile per qualche secondo, poi evidentemente capì cosa doveva fare, ed abbracciò Arthur con lo stesso trasporto, dicendogli: “Fratello mio, finalmente sei tornato da me. Sono felice di riaverti accanto.”


Mordred allungò una mano e gli diede una pacca sulla spalla, al che Arthur si girò e gli porse il braccio per il saluto dei cavalieri di Camelot, che Mordred ricambiò sorridendogli. Evidentemente sia il ragazzo che Morgana stavano tenendo il gioco per far sì che Arthur si fidasse di loro.

Morgause disse: “E’ bellissimo che ci siamo ritrovati e riuniti, fratelli miei. Ora possiamo vendicarci di Emrys, tutti assieme, per tutte le volte che ci ha ingannato e tradito. Arthur, voglio che tu torni a casa e finga che tutto sia normale. Fingi di essere riuscito a scappare, non farli insospettire. Ti contatterò io fra qualche giorno per darti ulteriori istruzioni. Nel frattempo, vivi come se niente fosse successo.”

Arthur annuì, e pensò che ce l’aveva quasi fatta a scappare.


Dopo qualche minuto, in cui Morgana, Morgause e Mordred cercavano di metterlo a suo agio, Morgause disse: “Beh, hai bisogno di altro, Arthur caro? O pensi di essere pronto a tornare fra i tuoi cosiddetti amici?”

Arthur si morse la lingua per non tradire la sua felicità, e con un’espressione angosciata e nervosa in volto, disse: “Sarà difficile non cedere alla tentazione di ucciderli nel sonno. Ma per la nostra causa comune, farò questo sacrificio. Solo l’idea che mi vorranno abbracciare e si feliciteranno con me per il mio ritorno, mi fa venire da vomitare. Bleah...”


Morgana si avvicinò al fratello e gli accarezzò una guancia: “Non preoccuparti, Arthur. Sii forte, come sei sempre stato, e avremo in pugno la vittoria.” Morgana lo abbracciò accarezzandogli la schiena, e Arthur ricambiò l’abbraccio forzatamente.

Dopo Morgana, il giovane salutò Mordred e Morgause, e infine Nimueh che era arrivata da poco nel salone con loro.

Lo accompagnarono alla porta, che lui aprì, e con una calma stoica si guardò intorno, poi di nuovo indietro verso i suoi nemici, dopo di che si avviò a piedi lungo il viale alberato di fronte alla casa.

Appena fu fuori dalla portata dello sguardo dei 4 maghi, prese il suo telefono dalla tasca, e provò a fare una chiamata a Merlin, ma il suo telefono risultava irraggiungibile. Non importava: se tutto andava bene, i Servizi Segreti avrebbero localizzato a breve il segnale del suo iPhone, e sarebbero venuti a recuperarlo. Arthur non si accorse che l’SMS che aveva inviato a Merlin all’inizio della sua prigionia era finalmente stato spedito al suo destinatario.


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Merlin era evidentemente in difficoltà, Gaius poteva vederlo chiaramente: stava cercando di tenere sotto controllo la sua ansia, mentre analizzava la stanza dove aveva combattuto con i quattro maghi. Ma purtroppo non c’erano tracce, nulla che potesse aiutarli nella loro ricerca. Era stato tutto inutile. Ed erano ancora in alto mare.

Sentì un suono provenire dal telefono di Merlin. Il ragazzo lo prese e guardò lo schermo per un istante. Dopodichè si volatilizzò nel nulla.

Gaius e Leon guardarono nel vuoto, dove il loro amico era fino a qualche istante prima, e notarono che il suo cellulare era per terra. Leon lo raccolse, e mostrò lo schermo a Gaius. C’era il testo di un SMS, che diceva solo:


Sono qui, Merlin. Sono vivo. Vieni a prendermi. - A


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Nota dell’autrice 2:

Beh che dire, Spero abbiate gradito! E se siete curiosi di sapere che hanno combinato Gwaine e Percival quella fatidica notte, andate qui ;) http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1734063

  
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