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Autore: CosmoMarshall    02/04/2013    0 recensioni
..."Perchè sei qui Charles ?" Chiese sconcertato. “Pietro, sinceramente non lo so neanche io perchè sono qui a parlare con te. Forse mi serve solamente qualcuno con cui parlare.” “Beh, allora perchè non ti chiudi in un bar e parli con il barista mentre sei ubriaco ? Dovrebbe essere la stessa cosa.” “No, Pietro, non è affatto la stessa cosa, la differenza tra te e un barista sobrio è che il barista lo pagano per farmi ubriacare, per farmi sputare tutto ciò che ho dentro allo scopo di farmi sfogare e basta, mentre tu vieni pagato per tirarmi su di morale, per darmi consigli, per non farmi pensare a tutto il male che ho dentro, per esserci nel bisogno... forse non mi serve proprio uno psicologo, forse ho solo bisogno di un amico.”...
-La Maschera di Charles Hack-
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La maschera di Charles Hack

"Mi chiamo Charles Hack, sono nato il 13 Settembre, sono di New York, mi sono trasferito a Firenze circa 25 anni fa, beh, in realt mi ci hanno portato qua i miei genitori qualche mese dopo la mia nascita, mi piace viaggiare, mi piace l' America, amo il cibo, lavoro come cameriere in un ristorante a Campi Bisenzio, qui vicino, sono ateo, il mio colore preferito il rosso, come il colore del sangue che uscito dalla testa di Kurt Cobain dopo che si sparato, dopo questa frase famosissima avr certo capito che sono un fan sfegatato di Eminem, un grande, un Dio per me !! Ah... e sono single... etero". Inizia cos la prima di una lunghissima serie di conversazioni che avr con Pietro Maresciallo, il mio nuovo e primo psicologo. Un ragazzo apparentemente simpatico, apparentemente annoiato gi da adesso, apparentemente in ottimo stato di salute, apparentemente 40enne, apparentemente sposato a giudicare dalla fede che aveva al dito e sopratutto, per me la cosa pi importante, apparentemente etero. Non amo i gay, sono persone troppo timide, riservate, troppo "perfettine", non di certo i miei tipi. Il mio verso di loro non odio, non mi permetterei mai di odiare un essere umano, almeno che non sia diverso da me, a quel punto preferirei vederlo bruciare all' inferno. Dico soltanto che i gay dovrebbero starmi lontani, non voglio di certo prendere malattie.

Quell' uomo mi aveva fissato per tutto il tempo in cui mi ero descritto, sembrava che non glie ne fregasse niente, Quanti anni hai detto di avere ? Ci sono rimasto malissimo per quella risposta.

25 gli ribadii. Come mai sei qui ? Come mai cos giovane ? Quell' uomo mi stava facendo troppe domande. Se non fosse per il fatto che lo pagano per fare domande ai pazienti, ascoltarli mentre parlano, dare consigli come farebbe un amico penserei che questo tizio mi voglia violentare, fortunatamente era solamente un tizio sconosciuto che era pagato per ascoltarmi parlare, darmi consigli come farebbe un amico anche se non glie ne fregava un cavolo della mia vita, fortunatamente sembrava etero, quella fede al dito, pi la guardavo e pi mi tranquillizzavo.

Era giunta l' ora di rispondere alle domande Beh, dottore... Chiamami Pietro, diamoci del tu mi interruppe. Ci potevamo dare del tu, dentro di me una vocina mi ripeteva che ero davanti a uno psicologo etero, dovevo tranquillizzarmi, era tutto normale. Beh... Pietro...sai, ho avuto una vita abbastanza travagliata prima di essere qui. I miei genitori mi hanno portato qui in Italia quando avevo circa 6 mesi, stetti con loro circa per... 2, 3, 4, forse 5 anni... no, aspetta, andarono via quando ne avevo 12.Mi sono sbagliato, a 2,3,4 forse 5 anni ho detto la mia prima parola, beh, in realt ne avevo dette altre ma a quell' et, che adesso non ricordo, dissi la mia prima parola ufficiale, fu MAMMA... che ricordi...Comunque, stavo dicendo ? Chiesi gentilmente. Perch diav... perch sei qui Charles ?. Lo facevo forse arrabbiare ? Al diavolo, il cliente ha sempre ragione. Ah, s, giusto. I miei mi hanno abbandonato in Italia a 12 anni, mi hanno lasciato dagli zii italiani, qui a Firenze, da allora ho avuto una vita travagliata, sai Pietro, crescere senza un padre e una madre durissima specialmente quando a scuola sei l' unico che vive con gli zii e i suoi 3 figli pi grandi di te che ti maltrattano dalla mattina alla sera. Andai via di casa a 18 anni, odiavo quella vita. Andai a stare con la mia ragazza, a Prato, bruttissima citt, sono razzista, perci immagina, Pietro, mamma mia che squallore, sembravamo noi gli stranieri... Ho, capito Charles, ho capito, ma raccontami di pi Disse innervosito. Iniziavo a innervosirmi anche io, ero emozionato, non sapevo neanche io il motivo per cui ero in quello studio, quel giorno, non volevo cambiare, volevo solo capire cosa avevo, volevo capire da dove derivasse la mia paura, paura di qualcosa che non avrei mai voluto che accadesse ma che purtroppo accduta, ero rimasto solo, la mia ragazza mi aveva lasciato qualche mese prima per scappare a Milano con un certo Sergio, uno Chef, uno di quelli raffinati, perfettini, insicuri, timidi... secondo me era Gay.

Pietro, sinceramente non lo so neanche io perch sono qui a parlare con te. Forse mi serve solamente qualcuno con cui parlare. Beh, allora perch non ti chiudi in un bar e parli con il barista mentre sei ubriaco ? Dovrebbe essere la stessa cosa. No, Pietro, non affatto la stessa cosa, la differenza tra te e un barista sobrio che il barista lo pagano per farmi ubriacare, per farmi sputare tutto ci che ho dentro allo scopo di farmi sfogare e basta, mentre tu vieni pagato per tirarmi su di morale, per darmi consigli, per esserci nel bisogno... forse non mi serve proprio uno psicologo, forse ho solo bisogno di un amico...”. Dissi io demoralizzato. “Ma al ristorante, dove lavori, non hai amici ?” Chiese, quasi incredulo, non riusciva a credere che io non avessi neanche un amico. “No, Pietro, non ho nessuno accanto, la mia famiglia mi ha abbandonato qui, i miei zii non li vedo dall' età di 18 anni, non si fanno mai sentire, neanche per Natale, gli amici che avevo in comune con Margherita, la mia ragazza sono tutti spariti a causa delle storie che Marga, così la chiamavo, gli aveva raccontato sul mio conto.” “Che storie aveva raccontato sul tuo conto, Charles ?” “Beh, andò a raccontare a tutti i suoi amici che io mi drogavo, sniffavo coca, bevevo, mi ubriacavo ed ero dentro e fuori di prigione ogni mese.” “Tutto questo è vero ?”. Come per magia Pietro cambiò espressione, non sembrava più annoiato, aveva la faccia di uno che aveva davanti a sé una persona interessante. “Niente di più falso” risposi io. “Non ho idea del perchè avesse raccontato quelle puttanate a giro, io non facevo niente di tutto quello, è vero, ogni tanto qualche birretta me la faccio, come tutti gli uomini del resto, ma non mi ubriacavo” Avevo gli occhi lucidi. A volte pensavo che Marga avesse ragione, e se fossero tutte vere quelle voci ? E se io non mi ricordassi nulla proprio perchè mi ubriacavo ? Ormai era tutto possibile nella mia vita, la mia famiglia, i miei amici, i miei parenti e la mia ragazza mi avevano lasciato solo, solo contro tutti, io contro l' odio verso l' umanità. Era tutto possibile, quindi non riuscivo a trovare una motivazione per non credere a quello che pensavo, poteva essere possibile. “Oh Charles, mi dispiace. Secondo me dovresti cominciare a toglierti tutte queste paranoie di dosso, non pensare di essere al centro dell' attenzione perchè non lo sei. A volte pensiamo di essere superiori ad alcuni elementi solo perchè ci sembrano più stupidi rispetto a noi, beh, caro mio, ti dico una cosa, tu per quelle persone sei stupido. Loro pensano che tu sia uno stupido perchè pensi di essere superiore a loro quando non sei nessuno, capisci ? È tutta una ruota che gira, gira, gira e gira ancora. Tu pensi che loro siano stupidi, loro pensano che tu sia stupido a pensarla così, è tutto un meccanismo, un dannato meccanismo che devi fermare tu, solo tu puoi fermare questa ruota che gira, metti da parte l' orgoglio perchè è quello che ci fotte.” Fottuto psicologo, aveva dannatamente ragione, avrei dovuto mettere da parte l' orgoglio, mi stava fregando.

Penso che tu abbia ragione Pietro, penso che sia giunto il momento di cambiare, cercherò di essere una persona migliore, comincerò con il salutare i miei colleghi la mattina”. Ero orgoglioso di me stesso, stavo prendendo una decisione importante, stavo cambiando strada. “Bravo, comincia così Charles, ma sappi che non basta, devi avere rispetto per tutto e tutti, se tu porti rispetto alle persone, loro lo porteranno a te, non è difficile, devi solamente crederci.”. Crederci, era questo il problema principale, avrei dovuto crederci in tutto questo. Non ci credevo affatto, non riuscivo minimamente a pensare che il fottuto Charles Hack, “l' uomo che odiava l' umanità” sarebbe riuscito in un gesto simile a quello di salutare i propri colleghi di lavoro. “Senti Pietro, io non ce la faccio, non riesco a salutare delle persone. Pensa cosa direbbero, penserebbero che... non lo so cosa penserebbero, però sono certo che penserebbero male di me, ho troppa paura.”

Sputai il rospo, dovevo dirglielo, in fondo era sempre il mio psicologo. “Charles, ti ci abituerai, tranquillo, è solo un saluto. Entri, saluti i tuoi colleghi, chiedi come stanno, come gli va la vita e poi vai avanti per la tua strada senza guardarti indietro.”. “E se a me non fregasse un cazzo di come stanno ?”. “Charles, io vengo pagato per far finta di voler sapere come stanno le persone, adesso come la mettiamo ?”. Di nuovo, aveva ragione di nuovo. Anche se a questo tizio non fregava niente di me aveva un effetto su di me. Aveva lo stesso effetto che avrebbe un sacco da Boxe per un ragazzo emarginato dal mondo, lasciato da una ragazza, abbandonato dalla famiglia e dagli amici, insomma, questo tizio etero difronte a me era capace di farmi sfogare come si deve.

Era quasi piacevole come la musica, anche se sapevo benissimo che l' effetto che la musica aveva su un uomo non poteva averla nessun essere umano, è impossibile sotto ogni punto di vista.

Grazie della chiaccherata Pietro, mi ha fatto piacere ascoltare i tuoi consigli, adesso devo andare, tieni i soldi.” Gli porsi una banconota da 50 € e lui mi fermò “Charles, abbiamo ancora 30 minuti a disposizione e poi ogni seduta costa 40 €, non 50.” “Pietro, va benissimo e scusami, ne avevo solo 50 €, meriteresti di più”. Andai via, non mi voltai neanche per vedere che faccia fece, speravo con il cuore che fosse stupito in senso positivo.

Mentre ero in macchina cercai di escogitare un piano per far finta di fregarmene di come stavano i miei colleghi. Cercai di capire come avrei dovuto affrontare la mattina dopo, come avrei dovuto salutarli, tipo, con un “ciao” o un “buongiorno”, mi spremetti le meningi fino ad arrivare alla conclusione che avrei dovuto dargli innanzi tutto il buongiorno e poi avrei dovuto chiedergli come stavano, se pur non me ne fregasse nulla.

Arrivato a casa, che era circa a 10 minuti di macchina dallo studio dello psicologo, andai a dormire, erano le 5 e 35 circa, impostai la sveglia per l' ora di cena.

Guardai l' ora scritta sul telfono, mancava mezz'ora alle 21. Cucinai una deliziosa pasta al sugo, assomigliava a quella che mi cucinava mia zia quando ancora abitavo da lei, quel sapore mi ricordava molto la primavera, quando uscivo con i miei amici, dopo pranzo e andavo a giocare a pallone, tornavo e ad aspettarmi c'erano i miei cugini, di 2 anni più grandi di me che sapevo che mi avrebbero maltrattato, mi picchiavano e mi strattonavano, a volte senza alcun motivo e a volte non la smettevano finchè da qualche parte del corpo non fosse uscito sangue, i miei zii erano ignari di tutto, mi vergognavo a parlarne.

Andai a letto un po innervosito per i ricordi evocati. Cercavo di calmarmi pensando al giorno dopo, pensando che avrei dovuto salutare persone di cui a malapena sapevo i nomi.

   
 
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