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Autore: CosmoMarshall    02/04/2013    0 recensioni
..."Perchè sei qui Charles ?" Chiese sconcertato. “Pietro, sinceramente non lo so neanche io perchè sono qui a parlare con te. Forse mi serve solamente qualcuno con cui parlare.” “Beh, allora perchè non ti chiudi in un bar e parli con il barista mentre sei ubriaco ? Dovrebbe essere la stessa cosa.” “No, Pietro, non è affatto la stessa cosa, la differenza tra te e un barista sobrio è che il barista lo pagano per farmi ubriacare, per farmi sputare tutto ciò che ho dentro allo scopo di farmi sfogare e basta, mentre tu vieni pagato per tirarmi su di morale, per darmi consigli, per non farmi pensare a tutto il male che ho dentro, per esserci nel bisogno... forse non mi serve proprio uno psicologo, forse ho solo bisogno di un amico.”...
-La Maschera di Charles Hack-
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 2 – FINTI CONVENEVOLI \\ La sveglia suonò alle 6.30, come sempre, uscii di casa lavato e vestito quasi per bene, andai a fare colazione al bar. Arrivai a lavoro in anticipo di 5 minuti. Alle 7.45 andò via Sabrina, la salutai, lei mi guardò, mi sorrise e ricambiò il saluto con un cenno di mano. Il mio primo saluto. Mi fermai, avevo dimenticato qualcosa. “Ehi, Sabri, come stai ?”. Mi guardò stupita, io feci finta di niente, come se lo avessi sempre fatto. Come se avessi sempre chiesto a qualcuno come stava. “Tutto Bene, Hack, tu invece ? Tutto apposto ?”. “Tutto apposto” Gli sorrisi e lei mi risalutò. Era una giornata abbastanza fredda, come se non bastasse avevo i brividi per quella cosa che avevo appena fatto, faceva ancora più freddo. Il mio corpo era davanti a quel bar-ristorante, il mio cervello ghiacciato era nell' Antartide. Entrai ed accogliermi c'era il mio capo, Sergio era con le braccia incrociate, come sempre, come se avessi fatto qualcosa di sbagliato, salutai anche lui e gli chiesi come stava, mi rispose anche lui stupito. Sergio era il direttore del “Da Sergio” il bar-ristorante in cui lavoravo io. Era un posto molto grande, da una parte c'era la sala bar, aperta dalle 6.30 del mattino fino alle 19.30 di sera e dalla parte opposta c'era la sala ristorante aperta dalle 18.30 fino a 00.00, insomma, non potevamo dire che ci mancavano i clienti. Il locale era molto bello, mi piaceva, molto moderno, sedie e tavoli in design, Sergio oltre a questo bar-ristorante possedeva altri 2 ristoranti vicino a Siena. La sua famiglia era una vecchia famiglia nobile fiorentina, i soldi non gli mancavano. Sergio era una persona simpatica, scherzosa ma quando c'era da lavorare e fare i soldi allora lui era in prima fila, con lui dovevi lavorare se no avresti rischiato grosso. Non ho mai frequentato Sergio fuori da questo locale ma penso che sia simpatico anche fuori, un simpatico figlio di puttana, come dimostrava di essere dentro, quando lavoravamo insieme. Era un uomo basso, paffutello, la fede da etero al dito e il crocifisso appeso sempre al collo, non ho mai capito a cosa potesse servirgli quel crocifisso ogni volta che succedeva qualcosa ripassava il vangelo bestemmiando, un classico toscano. Sembrava un mafioso. A volte era veramente insopportabile, più di quanto non lo fosse già di suo. A volte pensavo che se avesse voluto essere coerente con la faccia che portava avrebbe dovuto mangiare supposte. Andai nei camerini a mettermi la divisa rossa e gialla del locale. Incrociai un' altro dei miei colleghi, Sandro, un pezzo di merda. Alto, magro, capello scuro, occhio color merda, vestito come gli occhi. Lo salutai, gli chiesi come stava, mi rispose, anche lui stupito. Mentre mi cambiavo sentivo arrivare Alessandra, un altra collega di cui non mi interessava niente. Stesso procedimento, la salutai, gli chiesi come stava, mi rispose stupita e continuai a farmi i cavoli miei. Dopo essermi cambiato tornai da Sergio che mi disse che avrei dovuto pulire la sala del ristorante come ogni mattina. Stetti circa un' ora e mezza tra pulire in terra, pulire i tavoli e sistemare tutto. Si erano fatte già 9.30 circa. Alle 12 avevo finito il primo turno. Dopo aver fatto il mio dovere Sergio mi disse che avrei dovuto stare fino alle 12 al bancone a servire ai clienti. Così feci. Insieme a me c'era Alessandra, bella ragazza, alta, mora, occhi azzurri, il fondotinta marrone si univa al suo colorito di pelle scuro tipico degli italiani meridionali, una bella napoletana, non amavo il suo accento, a dire il vero non amavo neanche lei però quel giorno mi toccò parlargli, dovevo socializzare, lo aveva detto Pietro. “Che si dice di bello ? Tuo marito ? I tuoi figli ? Tutto apposto ?” “Sì, è tutto apposto Charles, tu invece ? Tutto bene ? Come mai socializzi ? È un comportamento strano da parte tua” Mi disse. Era ancora stupita o la avevo stupita di nuovo ? Dubbio. “Sì Sì, anche io tutto apposto. Cosa farai questo pomeriggio ?” Chiesi. Avevo paura di sembrare invadente. “Mah, nulla, sai com'è, vado a prendere i miei figli a scuola, li porto al parco, torniamo a casa e sto tutta la sera con mio marito, Tu cosa farai ?” “Beh, io farò quello che faccio di solito il pomeriggio, cerco di trovare un motivo per non suicidarmi” Mentivo. Quel pomeriggio avrei fatto incursione nello studio di Pietro senza preavviso, la volta prima mi ero dimenticato di prendere appuntamento. “Beh, molto divertente. Ma senti Charles... posso farti una domanda ?” “Certo che puoi, dimmi.” Sapevo che la domanda era inerente al fatto che stessi socializzando. “Ma tu hai una famiglia ? Voglio dire, una moglie, una fidanzata, dei figli... ? Li hai ?”. Mi sbagliavo. “No, non li ho, purtroppo la mia ragazza mi ha lasciato tempo fa” Risposi mentre servivo ai clienti. Strano, di solito sono i baristi che ascoltano le conversazioni dei clienti, non i clienti che si fanno i cazzi dei baristi. “Mi dispiace”. Disse, sembrava veramente dispiaciuta. “E allora cosa fai tutto il giorno ? Vai dai tuoi ?”. “Ale, è un po complicata la cosa, io non ho ne una madre, ne un padre, ne nulla, non ho niente...” Cominciai a raccontargli la mia storia. Quella ragazza aveva le lacrime agli occhi. Non avevo visto una donna piangere per me, ne ero onorato. “Mi dispiace, non lo sapevo, scusami.” “Non ti preoccupare, non potevi saperlo.”. Continuammo ancora per un po a parlare del più e del meno mentre servivamo ai clienti che intanto affluivano nel bar sempre più numerosi. Il tempo passò in fretta, si erano fatte già le 12.00, e il mio turno era finito. Uscì dal bar-ristorante dopo che avevo salutato tutti. Mi stavo recando a casa , con la mia panda rossa, mentre mi fermai a un semaforo e vidi una vecchietta attraversare la strada proprio davanti alla mia macchina, era ricurva, andava veramente lenta, aveva un bastone per l' accompagnamento, non fece in tempo ad attraversare che scattò il verde, mi venne un senso di odio, avrei voluto metterla sotto, andava veramente lento, caspita. Però poi quando riuscì ad attraversare pensai a cosa sarebbe successo se io avessi messo sotto quella dannata vecchietta, non pensavo alla prigione, di quella non mi interessava, probabilmente mi avrebbe solo fatto bene, pensavo alla famiglia di quella vecchia, pensavo a un ipotetico marito, pensavo ad un ipotetica figlia, a dei ipotetici nipoti, pensavo che ci sarebbero veramente rimasti male. Un uomo non può morire ucciso, un uomo deve morire, da solo, non a causa di altri. Per questo odio la guerra, perchè alla fine non ci sono ne vinti e ne vincitori, sia che siano guerrieri, sia che siano religiosi, sia che siano militari, siamo tutti uguali, come le lacrime che avrebbero versato i familiari di queste povere vittime. Quello che cerco di dirvi è che io non ci sarei rimasto più di tanto male per la vecchia, ma per chi la amava. Forse stavo iniziando ad avere un cuore, non era così male come sensazione, pensavo peggio. Arrivato a casa mi feci una buona pasta al pesto mentre guardavo la televisione, stupida televisione, la odiavo ma non sapevo cosa fare, almeno la voce dei deficienti che si insultavano tra di loro per cazzate mi faceva compagnia. Pietro mi aveva detto chiaramente che non avrei dovuto sentirmi superiore a nessuno perchè mi avrebbero preso per stupido ma come diavolo facevo a non sentirmi superiore a persone che si insultavano solo perchè il vestito di una ragazza in un programma era un po scollato ? Mi sentivo il re, il Dio, mi sembrava di poter prendere decisioni importanti, sentivo dentro di me una sensazione di superiorità che mi avrebbe permesso di farli smettere quando volevo, in effetti era così, spensi quell' aggeggio, Fanculo. Andai a letto. Mi svegliai dopo 2 ore circa, ero veramente stanco, erano le 3.30 quando mi svegliai. Decisi da andare da Pietro come avevo progettato prima, non vedevo l' ora di raccontargli la mia giornata, non vedevo l' ora di vedere la sua facci quando gli avrei detto che avevo chiesto a delle persone come stavano, non stavo nella pelle. Andai allo studio. Si chiamava “STUDIO M&M”, non so per cosa stessero quelle due emme, per me volevano dire Marshall Mathers, come il vero nome di Eminem, purtroppo sapevo che non era affatto così, pazienza, l' importante era sforgarmi con una persona che se ne sbatteva i coglioni di me. Entrai e chiedi alla segreteria se il Dottor Pietro Maresciallo era presente. Andai davanti al suo studio, bussai, era libero, entrai e mi sedetti sulle sedie scomodissime di cui era dotato quell' ufficio. Mi salutò, mi chiese come stavo e che ci facevo là. Ricambiai il saluto, gli dissi che stavo bene e dissi che lo stavo facendo lavorare. Iniziai a raccontargli di Alessandra e delle conversazioni che avevamo avuto quella mattina al bar, gli raccontai di aver salutato e chiesto a delle persone come stavano. Era molto felice, o almeno così sembrava da quel suo sorrisino ebete che aveva stampato in faccia. “Bravo Charles, hai fatto quello che dovevi fare, hai visto ?? Non è poi così difficile.” Disse subito Pietro. “Hai ragione, non è stato poi così tanto male”. Confermai io. “Sai cosa dovresti fare Charles ? Dovresti provare a diventare amico di questa....come hai detto che si chiama ?” “Alessandra.” “Sì, giusto, Alessandra. Dovresti provare a diventare amico di questa tizia, sembra simpatica e molto disponibile da quanto mi hai descritto, prova ad affezionarti ad un essere umano.” Mi consigliò. “Affezionarmi ? E come faccio ? Ho ricevuto troppe botte nel culo per affezionarmi a qualcun' altro. Voglio dire... I miei genitori mi hanno abbandonato, i miei zii non li sento più, neanche tutti i miei familiari, la mia ex fidanzata, i miei amici. Insomma Pietro, la mia vita sociale con altri individui è come un compito a crocette di scuola. Sai valuto sempre l' opzione giusta, ho sempre davanti un 50 e 50, 2 possibilità, vero o falso ? Questa persona è veramente una persona affidabile, mi proteggerà, mi amerà, ci starò bene insieme, lei starà bene con me. Vero o falso ?. Questa persona, in generale, è vera o falsa ?. Ecco come è la mia vita sociale, un fottuto compito a crocette.” Cercai di fargli capire al meglio il mio stato d' animo, sembrava aver capito. “Beh, forse dovresti cercare di non farti tutte queste paranoie, tel' ho già detto, ti fanno solo male. Secondo me dovresti provare a rischiare, dovresti provare a rischiare un po, fai finta di giocare una partita a scacchi con la vita, fagli scacco matto, mangiagli la pedina”. “Tu non hai mai giocato a scacchi vero ?” Chiesi, sicuro della sua risposta. “No, infatti”. Ecco, appunto. “Però quello che voglio dire...” continuò lui. “...è che secondo me dovresti fare un bel sorriso alla vita e sfidarla. Capisci cosa intendo ?” Non stavo capendo, e infatti trasformai il mio pensiero in parola, per fortuna non stavo pensando ad altro. “Allora Charles, tu socializza con questa ragazza, parlaci, uscite ogni tanto, portala fuori a cena, come amico, ovvio, vai a conoscere i suoi figli e poi vedi che persona è. Se ti sembra come la tua ex o come qualche altra persona che non ti va a genio, continuerai a fare buon viso a cattivo gioco a lavoro, sorridi, saluti e chiedi come va, proprio come stai facendo adesso, soltanto che questo lo dovrai fare solo se tutto il progetto andrà a puttane, ok ? Ci stai ?” “Posso provarci”. “Senti Charles, hai qualcos' altro da dirmi ?” Chiese. “No, nient' altro Pietro.” “Facciamo così, vediamoci tra 2 settimane, per oggi dammi solo 10 €”. Disse lui. “D' accordo, alla prossima volta, grazie mille.”. “è il mio lavoro Charles”. Disse lui.
   
 
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