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Autore: M4RT1    02/04/2013    5 recensioni
Neal è finito all'ospedale e dovrà restarci per ventuno giorni. Che succederà? Chi gli terrà compagnia? Ma soprattutto: riuscirà Neal a sopravvivere a ventun giorni con amici che tentano di tirarlo... su di morale?
**
La storia si comporrà di ventidue capitoli: il primo parla di come Neal è finito in ospedale, poi ce ne sarà uno per giorno. :))
Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Burke, Mozzie-Dante Haversham, Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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-Signor Burke? Sono Melissa Golden, primario del reparto di terapia intensiva del… sì, chiamo per Neal Caffrey. C’è stato un problema…
 
-Neal? Neal, mi senti?
Peter era lì, di fronte a lui. Aveva una faccia strana.
Lunga, pallida. Sfocata.
Faceva caldo, molto caldo.
Tutto era bianco.
C’era qualcuno, accanto a Peter. Era una donna… una donna bionda.
Non ricordava niente di lei.
Anzi: una donna c’era, una volta… com’è che si chiamava? Kate… doveva essere per forza lei.
 
Quando Sara Ellis giunse in ospedale, Peter era già sul posto. Camminava avanti e indietro, nervoso, e le spiegò in breve della crisi che Neal aveva avuto quella notte: febbre alta, dolore… credevano fosse una semplice infezione, ma per sicurezza gli avevano fatto vari accertamenti.
-Ora è sotto sedativo, ma si sta risvegliando- concluse, in ansia. Per la centesima volta, si sporse fino a sbirciare dal vetro: Neal si muoveva, ma sembrava ancora addormentato.

Mezz’ora dopo i due ottennero il permesso di entrare in corsia.
Peter lasciò che fosse Sara ad avvicinarsi per prima al ragazzo. Con una stretta allo stomaco lo fissò sobbalzare, spaventato, osservando Sara come se non la riconoscesse. Lei gli accarezzava la guancia, seduta accanto a lui.
-Come ti senti, Neal?- sussurrò. Neal, però, fissava la donna spaurito.
-Sara, l’infermiera ha detto che potrebbe essere ancora confuso- le ricordò Peter, in imbarazzo.
Stettero in silenzio per un po’. Neal guardava prima lei e poi lui, gli occhi lucidi e arrossati, la mano fasciata poggiata distrattamente su quella di Sara. Poi parlò:
-Kate…?- mormorò.
Peter incrociò lo sguardo di Sara. Lo sguardo di Sara a metà tra il confuso e l’arrabbiato.
-No, Neal…- ribattè velocemente: -E’ Sara, Neal… ricordi?
-Chi è Sara?- continuò il ragazzo, imperterrito: -Kate, chi è…- ma non fece in tempo a finire la frase, che Sara lo interruppe:
-Chi è Kate, Peter?
Peter arrossì e balbettò, imbarazzato:
-Oh… è una lunga storia, Sara- tentò di eludere la domanda.
-Strano, a me pareva che fosse una persona!- ribattè la donna, decisa.
Neal continuava a balbettare qualcosa.
-Senti, Kate è stata una ragazza di Neal, ma è morta…
-So chi è Kate!
-Allora perché me l’hai chiesto?
-Volevo assicurarmi che non ce ne fosse un’altra, no?
-Kate… ho sete…
-Zitto, Neal!
Fu dopo quelle due ultime parole, pronunciate in sincronia da entrambi i visitatori, che Neal cominciò a riprendersi. Come se si fosse appena svegliato, si sedette e girò il capo in direzione della donna. Lei ricambiò lo sguardo, furiosa. Ci furono attimi di tensione, poi le labbra di Neal pronunciarono altre due parole.
-Ciao, Sara.
Peter pregò che fossero quelle giuste.
-Ciao, Neal.
Lo erano.
-Io… devo aver detto parecchie cavolate, vero?- mormorò il ragazzo, ignorando la risatina isterica di Peter. Sara annuì, sorridendo:
-Qualcuna- rispose.
Si guardarono per un secondo, poi la donna lo abbracciò. Neal lasciò che lei lo stringesse, ancora un po’ stordito, poi ricambiò debolmente.
-Come ti senti?- chiese allora la donna, prendendo posto sul bordo del letto. Indossava uno dei suoi vestiti rossi, e Neal capì che doveva essere in servizio.
-Meglio di quel giorno in cui mi hai rincorso per il Central Park con un manganello…- mormorò, sorridendo al ricordo.
-Oh, ma quel giorno ero convinta che avessi il Raffaello con te, ricordi?
Peter roteò gli occhi, sorpreso che i due riuscissero a tirare sempre fuori quel quadro.
-Un momento- riprese la donna, fissando gli occhi blu del ragazzo: -Tu stai sviando le mie domande!- esclamò, quasi offesa. Il ragazzo sfoderò uno dei suoi sorrisi a trentadue denti, ma lei continuò, imperterrita: -Non puoi sviare le mie domande! Ti ho chiesto come ti senti!
-Non ho sviato niente!- si difese lui, stando al gioco.
-Oh, sì che l’hai fatto!

Peter lasciò la stanza pochi minuti dopo, sorridendo. A quanto pareva, per far riprendere Neal serviva uno scossone e qualche urlo…
Fu proprio mentre sorseggiava un caffè troppo acquoso accanto alla stanza del ragazzo che, velocemente, gli si avvicinò un medico. Era alto, magro, sembrava in ansia.
-Lei è Peter Burke?- chiese, spiccio.
L’uomo annuì, alzandosi. All’improvviso l’ansia del medico lo contagiò.
-Sono Carl McGalley, devo parlarle…

 

 
-Solo uno, dai!
-Non se ne parla, questa carne sa di pesce!
-Un boccone, ti prego!
Sara sbuffò, spazientita: non era tagliata per fare la madre, né tantomeno la baby-sitter; però sapeva essere molto convincente, quando voleva, e ne era consapevole.
-Neal, ti prego!- riprovò, sperando di non dover tirar fuori lo sfollagente dalla borsetta.
Il ragazzo dovette pensare la stessa cosa, perché annuì e prese la forchetta. Ci mise un po’, con la mano sinistra, a trovare la bocca, ma poi ebbe successo. Masticò lentamente, facendo smorfie esageratamente teatrali.
-Un altro?
Sara prese la forchetta e la avvicinò alla bocca del ragazzo, che mangiò obbediente.
Fu proprio in quel momento, mentre Neal masticava e Sara lo aiutava a bere, che un Peter pallido e in ansia aprì la porta.
La prima cosa che vide furono gli occhi di Neal: erano rossi, lucidi, probabilmente aveva la febbre, ma sembrava allegro come non l’aveva mai visto dal giorno del rapimento.
-Neal, devo parlarti- mormorò, teso.
Il ragazzo si girò, sbrodolandosi un po’ d’acqua sul vecchio pigiama grigio. Sara gli dette un fazzoletto per asciugarsi.

Non poteva farlo, non ora. Non poteva rovinare quel momento. Lui… lui era felice, con Sara. Era felice di essere imboccato come un bambino, felice di essere, come sempre, al centro dell’attenzione.

-Dimmi, Peter!

Non doveva farlo. Non era lui la persona adatta a dargli quella notizia.

-Io… l’orario di visita è finito. Andiamo, Sara.
Lo sguardo del ragazzo li seguì fino all’uscita. Peter indugiò, per un momento, sulla mano bendata e abbandonata sul lenzuolo. Gli si strinse il cuore.


N.d.A.: ok, non so bene come definire il genere di questo capitolo, fate vobis U.U
  
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