Storie originali > Fantascienza
Segui la storia  |       
Autore: Killapikkoletta    03/04/2013    1 recensioni
Anno 1639, Nuovo Mondo. Cronache di Lur
Più di un millennio di anni fa un enorme meteorite si schiantò sul nostro mondo, distruggendolo. I pochi sopravvissuti all'impatto cercarono di ricostruire il pianeta, ma ormai la Terra non esisteva più, nulla rimaneva della sua rigogliosa natura o dei profondi abissi, solo un vuoto ed infinito deserto. Gli insediamenti di Kenn, Tearmann e Shelter, la Capitale, furono eretti come rifugio da un mondo esterno divenuto troppo pericoloso. Così passarono gli anni e sempre meno gente ricordava le ricchezze del Mondo Antico, quasi nessuno l'esistenza di bellezze ormai perdute. Ma non tutti hanno dimenticato, avventurarsi nel Mondo di Fuori non è così rischioso come tutti pensano.
Lilah vive a Shelter, da 18 anni protetta da alte mura e una società perfetta. Solo quando incontrerà il selvaggio Dunstan le sue certezze inizieranno a vacillare e lei aprirà finalmente gli occhi. Minacce forse più grandi della morte aspettano i due ragazzi, il tempo stringe e la libertà sembra sempre più lontana.
Questa è una storia scritta a quattro mani con la mia bravissima amica SadieJT
Genere: Avventura, Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 3
Lilah

 
Arrivo a casa alle quattro, giusto in tempo per la lezione di Politica ed Economia. Nyata mi viene incontro sorridente. Mi è sempre stata simpatica la mamma di Ethan, ha preso il posto del genitore che non ho avuto il tempo di conoscere. Mia madre è stata giustiziata quando io ero ancora molto piccola e a dichiararla colpevole fu proprio mio padre, suo marito. All’inizio non riuscivo a capacitarmi di come un uomo potesse mandare a morire la donna amata senza battere ciglio, lo avevo veramente odiato appena scoperto ciò che era successo, ma con il passare del tempo capii il motivo del suo gesto estremo:  Dhorane era a capo di un gruppo di rivoltosi, che tramavano nell’ombra a discapito del Consiglio e della sicurezza di Shelter. Poco prima di mettere in atto il loro colpo di stato, furono scoperti ed eliminati. Una punizione all’apparenza esagerata, ma come ripete sempre mio padre: “Nulla è troppo se in gioco c’è la tranquilla perfezione della nostra amata Shelter.” E in fondo ha ragione. Mia madre era solo una piccola pedina, in un gioco molto più grande di lei.
“Lily, piccola mia, sei tornata presto! Ethan mi aveva detto saresti andata al Centro con Keir.” Nyata mi stringe fra le sue esili braccia e mi bacia sulla fronte con affetto.
“Papà mi ha chiesto di tornare. Ci sono dei problemi alla Torre sud-est e non voleva avermi tra i piedi”, le dico sciogliendo l’abbraccio. Lei mi guarda stupita e passa le mani sulla gonna iniziando a stirarvi pieghe inesistenti.
“Cosa è successo?” Sembra nervosa e continua ad alternare occhiate nella mia direzione e in quella della porta.
“Le mura sono danneggiate e si è aperto un varco verso il Mondo di Fuori.”
“Un varco?!” Sconvolta dalla notizia comincia a fare avanti e indietro per la stanza, borbottando parole incomprensibili.
“Clamati Nyata è tutto sotto controllo, i Riparatori sono già là e non è successo nulla di strano, nessuno si è fatto male.” Mi affretto a spiegarle che quello di oggi era stato solo un falso allarme e che gli uomini di papà avevano già risolto il problema.
“Ah, bene. Per fortuna niente di irreparabile”, dice ridendo istericamente. A volte non la capisco, sembra così severa e austera, ma basta un non niente per farla andare nel panico.
Mi fa cenno di seguirla in cucina e io obbedisco senza ribattere, la conosco abbastanza bene da sapere che non bisogna contraddirla quando dà di matto. La osservo mettere l’acqua sul fuoco ed iniziare a spezzettare una tavoletta di cioccolato fondente. Sorrido. A Shelter i pasti vengono regolati dal Centro Nutrizione e Benessere, nessuno deve preparare da mangiare perché il cibo è recapitato a casa ogni mattina, così che ognuno assuma il giusto apporto calorico giornalmente. Possedere una cucina è una formalità. Nyata è una delle poche che riesce a sfuggire al controllo. Ma la sua cioccolata calda è certamente mille volte migliore di quella liofilizzata che ci propinano durante la Festa d’Inverno. Ricordo quando da piccola me la preparava ogni volta che piangevo, Ethan era sempre stato geloso delle attenzioni che sua madre mi dedicava.
Nyata mi porge una tazza fumante e io la afferro, annusandone avidamente il contenuto. L’odore di cacao amaro mi inebria, facendomi venire l’acquolina in bocca. Bevo un sorso di bevanda bollente e sento la sostanza cremosa scendermi lungo la gola, riscaldandomi. Per un momento mi sembra di poter toccare il cielo con un dito.
“Mamma, hai di nuovo fatto la cioccolata senza aspettarmi?!” Un Ethan piuttosto arrabbiato fa il suo ingresso nella stanza e mi ruba la tazza da sotto il naso.
“Ehi! Quella è mia!”, dico alzandomi per reclamare il mio tesoro. Vedo Ethan scolarsi il contenuto del bicchiere in un secondo e sorridermi con baffi marroni.
“Mi dispiace ormai l’ho bevuta!”, dice canzonandomi. Odio quando fa così. Nyata non mi prepara la cioccolata da una vita e quella spettava a me, non di certo a lui!
“Sei uno sciocco Ethan! Se ti prendo, ti distruggo!”, lo minaccio saltandogli addosso, ma lui mi evita agilmente ed inizia a correre su per le scale.
“Prima devi raggiungermi!” È una sfida? Sa che sono io la più veloce, non mi sarei fatta battere. Infatti in poco tempo gli sono dietro e lo supero bloccandogli la strada, mentre lui riesce a frenare la sua corsa appena un secondo prima di investirmi.
“Ti ho preso! Ora restituiscimi la mia cioccolata ladro!”, dico ansimando per lo sforzo e puntandogli un dito accusatore contro.
“Lily adesso stai esagerando, mamma te ne farà dell’altra se sarai tu a chiederglielo. Così ne berrò ancora anch’io!”
“Non la farò proprio a nessuno! Lilah è ora della lezione”, mi dice Nyata con sguardo severo “e Ethan, dove pensi di andare? Tu sei in punizione.”
“Ma mamma!”
“Niente ma, così alla prossima occasione ci penserai due volte prima di rubare le cose altrui! Vai a mettere la tua tavola in garage, non la potrai usare per una settimana.” Ethan mi passa accanto sbuffando, mentre ridacchio soddisfatta avviandomi verso la mia camera, dove mi aspettano almeno due ore di noia assoluta sotto lo sguardo vigile di Nyata.
 
Finalmente il mio aguzzino si decide a lasciarmi per andare a controllare che anche Ethan stia studiando e non perdendo tempo con quegli “stupidi simulatori di realtà fuorvianti”, come li chiama lei. Quando la mia istitutrice esce dalla stanza, tiro un sospiro di sollievo e spengo gli olo-libri. Mi stiracchio, allungando la schiena indolenzita per le lunghe ore trascorse immobile sulla sedia più scomoda del mondo. Il letto, in fondo alla camera, mi sta chiamando a gran voce e uno sbadiglio non fa altro che rammentarmi quanto sia stanca. Guardo l’ora: le otto e dieci. Se mi mettessi a dormire, la giornata finirebbe troppo in fretta e l’ultima cosa che voglio è ricominciare da capo un giorno sicuramente monotono come tutti gli altri.
Mi do una spinta sulla scrivania e la sedia girevole si allontana dal tavolo, fermandosi al centro della stanza. Con un po’ di riluttanza mi alzo, ma subito cerco un appiglio per non cadere. Il piede stando troppo tempo fermo in una posizione mi si è addormentato e alzarmi all’improvviso mi ha fatto perdere l’equilibrio, per poco non finisco con le gambe all’aria! Mi do dei colpetti sulla coscia e sbatto freneticamente il piede a terra per svegliarlo. Una volta riacquistata la sensibilità dell’arto esco dalla camera, dirigendomi verso la cucina.
Camminando in corridoio passo accanto allo studio di mio padre. La luce soffusa, passa attraverso la feritoia. Deve essere tornato dal Centro.
“Questa notizia non deve trapelare.” Sentendo quelle parole mi blocco e avvicino l’occhio alla serratura. Mio padre è al telefono e a giudicare dall’espressione non deve aver ricevuto buone notizie.
“Non è possibile che ve ne siate accorti solo ora! Disponiamo dei più tecnologici mezzi di sicurezza!” Lo vedo digrignare i denti e sbattere un pugno sulla scrivania con violenza, facendo volare il plico di fogli che era là sopra. “Siete degli incapaci! Trovatelo! Nessuno deve sapere che è entrato!” Trattengo a stento un grido, tappandomi la bocca, lui avvisato dal rumore si volta in direzione della porta. Mi ha scoperto. Velocemente mi alzo e corro verso le scale fino a raggiungere la cucina, dove Nyata ed Ethan stanno già mangiando.
“Cos’hai Lily? Sembra tu abbia visto un fantasma!”, scherza il mio amico allungando un braccio per scostarmi la sedia. Ma io lo ignoro andando verso l’erogatore minerale e riempiendomi un bicchiere d’acqua. Lo bevo tutto d’un fiato e riempiendone un altro mi siedo a capo tavola, lo sguardo perso nel vuoto.
Non posso crederci. Non mi ero sbagliata, ci avevo visto giusto, quell’ombra non me l’ero immaginata! Ma come è possibile che qualcuno sia entrato a Shelter? Non si può sopravvivere nel Mondo di Fuori, questa è la prima cosa che ti insegnano da bambino. L’Esterno è pericoloso, è per questo che sono state erette le mura, è per questo che viviamo segregati all’interno degli insediamenti, o no?
“Va tutto bene? Hai mal di testa?”, mi chiede Ethan con sguardo preoccupato. Allora mi accorgo di avere le mani tra i capelli e i denti stretti a formare un ghigno di dolore.
“Non è niente, devo aver studiato troppo”, dico guardando Nyata e sperando di farla sentire in colpa, magari il giorno dopo mi avrebbe lasciata in pace.
“Tesoro avrai bisogno di mangiare, vado a prendere la tua porzione”, mi spiega alzandosi e dirigendosi verso la dispensa.
“Sei fortunata, stasera c’è pasticcio di carne e carote, il tuo preferito!” Naturalmente Ethan mi sta prendendo in giro, io odio la carne.
 
Mangio a forza quello che ho nel piatto. Fino a dieci minuti fa non vedevo l’ora di mettere qualcosa sotto i denti, ma ora ho lo stomaco sottosopra e solo l’odore del cibo con il quale sto giocando, mi fa venire la nausea. Vorrei tanto allontanare il piatto da sotto il mio naso e fare in modo di non dover guardare Ethan che si ingozza. Ma Nyata odia che il cibo venga sprecato, quindi mi costringo a mandare giù tutte le carote il più velocemente possibile, voglio lasciare quella stanza prima che arrivi mio padre.
Dopo l’ennesimo boccone di carne, lascio cadere la forchetta e mi alzo strusciando la sedia. Ragiono sulle parole da usare, devo giocare bene le mie carte, o Nyata si insospettirà.
“Non credo di sentirmi molto bene, forse ho bisogno di una boccata d’aria.” Perfetto, questo è il meglio che la mia mente è riuscita ad elaborare? Cerco di ottenere un’espressione dolorante per avvalorare la mia affermazione, il che non è molto difficile visto che sto veramente male.
“Vuoi che ti accompagni? Ti senti bene Lily? Sei molto pallida”, dice Ethan alzandosi e avvicinandosi per sentirmi la fronte. Sorrido osservando le sue azioni. Ha imparato da sua madre come sapere se una persona ha la febbre, con l’unico difetto che io non posso contrarre l’influenza. A Shelter non esistono microorganismi come batteri o virus, quindi è impossibile ammalarsi.
“Smettila Ethan”, dico scostando la sua mano. Non voglio essere fredda, ma ho fretta di uscire da quella cucina.
“È solo un po’ di nausea, il fresco della sera e una bella passeggiata mi aiuteranno.” Detto questo mi allontano sotto lo sguardo vigile di Nyata, ma invece di uscire dal cancello, una volta raggiunto il vialetto, mi dirigo verso il garage. Voglio vedere di persona il danno alla Torre sud-est e per farlo mi serve la tavola di Ethan. Nessuno sa che sono in grado di usarla, in teoria non mi è permesso. Solo gli Agenti di Sicurezza e i loro futuri successori, come Ethan, hanno il diritto di utilizzarle.
Ricordo quando mi ero lagnata con il mio amico, affinché mi istruisse. Quando lui aveva ricevuto la sua prima tavola e aveva iniziato a montarla, io mi sentii inferiore, come se un giorno potesse lasciarmi indietro, dimenticarsi di me. Così l’avevo praticamente costretto ad insegnarmi e lui non aveva potuto rifiutare.
Da quel momento ci esercitiamo di nascosto nella periferia di Shelter. La mia tavola è nascosta lì, sotto un mucchio di rifiuti e ciarpame, che aspetta solo di essere nuovamente utilizzata. Quello che in principio era solo un capriccio, ora è diventata la mia droga, l’unica possibilità che ho di sfuggire alla routine e ad una vita scandita da regole rigide e precise. Per questo rischio, per questo ogni volta che la monto non penso alle conseguenze in cui potrei incorrere, ma solo al vento che incessante mi sferza i capelli. Quel piccolo pezzo di metallo è diventato il mio migliore amico.
Mi viene da ridere, se Ethan lo sapesse probabilmente mi terrebbe il broncio per una settimana. Come si fa a essere gelosi di un oggetto?
Arrivo di fronte la porta del garage, mi guardo intorno e cercando di non far rumore la apro e lentamente me la richiudo alle spalle. Il buio che mi accoglie, mi spiazza. Non sono abituata a stanze senza accensione automatica della luce. Con mani tremanti cerco a tastoni l’interruttore, ma appena lo trovo mi blocco, trattenendo il fiato. Un rumore. Il primo pensiero va ad un libro che ho letto pochi giorni fa, parlava di animali piccoli e tremendamente sporchi che infestavano le cantine del Mondo Antico, mi pare si chiamassero topi, ma immediatamente mi do della stupida. Non può essere un topo, ormai non esistono più da migliaia di anni. Con il cuore in gola, premo sul pulsante e dopo un momento la lampadina si accende. Strizzo gli occhi accecata dalla luce improvvisa e mentre aspetto che si riabituino al cambio di luminosità, mi guardo intorno. Niente.
Gli scaffali, stipati di documenti, ricoprono interamente la parete in fondo al garage. Al loro posto, come sempre. Passo la mano sul ferro freddo, a quel contatto mi tranquillizzo. La stanza sembra vuota. Le tavole di Ethan, sistemate in un angolo, danno bella mostra di loro, appena lucidate e riposte accuratamente. Sopra di queste una mensola dove vi sono riposti i solenoidi e le batterie a miscela di idrogeno e azoto, che alimentano il mezzo di trasporto. Mi alzo sulle punte per raggiungere quella più sporgente e la afferro, rigirandomela tra le mani. Non è così leggere come sembra. Posiziono la batteria al suo posto, dietro il reattore della tavola e chiudo il pannello di alimentazione. Forse il rumore che ho sentito prima me lo sono solo immaginato.
A smontare rapidamente la mia teoria è uno scatolone, che precipita al suolo con un gran tonfo. Mi appiattisco alla parete, spaventata. Respiro affannosamente, fissando il punto in cui è caduto il contenitore di cartone, tutti i fogli al suo interno ora sono sparsi a terra. Mi faccio coraggio, avvicinandomi guardinga. Quando sto per raggiungere la pila di scatole, qualcosa esce da dietro di esse e mi spinge contro la parete immobilizzandomi. La botta alla testa mi stordisce, di fronte a me vedo una sagoma sfocata. Le gambe mi cedono e se qualcuno non mi sorreggesse, sarei già crollata. Sbatto più volte le palpebre, cercando di mettere a fuoco l’immagine. Trattengo il fiato vedendo quello che ho di fronte. Un ragazzo.
Un ragazzo più o meno della mia età, con una folta chioma bionda e occhi verdi, mi sta fissando curioso. Strano, non ho mai visto nessuno con dei capelli così lunghi e poco curati, qui tutti gli uomini li tengono corti, è la regola. Mi allontano dallo sconosciuto, squadrandolo da capo a piedi. È molto alto, tanto che devo reclinare all’indietro la testa per guardarlo in viso ed ha uno strano incarnato, sembra quasi color caramello. Ha dei lineamenti forti, niente a che fare con i tratti femminei a cui sono abituata. I muscoli ben segnati si notano attraverso il gilet, che tiene aperto e i pantaloni di pelle aderente. Non ho mai visto un ragazzo così. Nemmeno Ethan, che vanta un cospicuo numero di ammiratrici, è alla sua altezza. È affascinante e misterioso, quasi selvaggio. I capelli lunghi, gli addominali scolpiti in bella vista e la scintilla di fierezza che gli illumina lo sguardo. Il mio cuore batte all’impazzata. Vorrei avvicinarmi, toccarlo per accertarmi che sia vero e non solo frutto della mia fantasia.
Lo sconosciuto fa un passo verso di me e io indietreggio, trovandomi spalle al muro. Sono in trappola. Dovrei aver paura, ma non so perché quel misterioso ragazzo non mi spaventa, per un qualche strano motivo sento di potermi fidare di lui.
“Tu chi…” Non faccio in tempo a terminare la frase, che la porta del garage si spalanca, lasciando entrare un plotone di Agenti di Sicurezza che ci circondano, i fucili puntati verso di noi. Mio padre entra con calma serafica e un ghigno gli si dipinge sul volto, come se avesse ricevuto una splendida notizia. Mi volto verso il ragazzo, che si sta guardando intorno in cerca di una via di fuga. Allora capisco. È lui. L’ombra che ho visto questo pomeriggio, l’intruso che era penetrato attraverso il varco nella Torre sud-est.
“Sapevo che dovevi essere stato aiutato da qualcuno all’interno, nessuno può forzare le difese di Shelter”, dice mio padre sogghignando “sono giorni che controllo le tue mosse Lilah. All’inizio era solo un sospetto, che speravo fosse infondato, ma tu mi hai deluso. La figlia dell’Elnok che trama contro la Capitale, alleandosi con gli abitanti del Mondo di Fuori.” Abitante del Mondo di Fuori? Tramare? Ma cosa sta dicendo? È forse impazzito, o fa tutto parte di un piano?
“Ma cosa dici papà?”
“Non ti permetto di chiamarmi in quel modo! Tu non sei più mia figlia, traditrice! Pensavo di averti protetta, ma evidentemente non ho agito abbastanza in fretta, tua madre aveva già corrotto anche te. Prendeteli! Sono dei criminali!” A quelle parole il mondo mi crolla addosso. Ora è tutto più chiaro, mia madre non era mai stata una ribelle e tutte le persone che lui aveva fatto giustiziare, non erano colpevoli di nessun reato.
Afferro la tavola dietro di me e ci salto sopra, azionando il meccanismo antigravitazionale, poi prendo per mano il biondino rimasto immobile dopo l’agguato e lo trascino di forza con me sul mezzo di salvataggio improvvisato. Spicco il volo sotto lo sguardo sorpreso di mio padre e aprendomi un varco tra gli Agenti di Sicurezza, esco dal garage a gran velocità.
Vedo Ethan, sotto di me, osservare la scena attonito. Gli lancio uno sguardo disperato, per poi schizzare via, lasciandomi alle spalle la mia casa e con lei il mio passato. So che Ethan creerà un diversivo per permettermi di fuggire, lo farà anche a costo di rimetterci, perché è mio amico.
Sento il ragazzo irrigidirsi e afferrarmi la maglietta con violenza, i piedi malfermi sulla tavola a lui probabilmente sconosciuta.
“Tranquillo, non cadrai”, gli dico con voce ferma e sicura. Si rilassa, ma non abbastanza da lasciare la presa sulla mia maglia, che continua a stringere convulsamente rischiando di strozzarmi.
Stiamo per arrivare alla Torre sud-est, posso intravedere il varco tra le mura. Mi volto  indietro guardando Shelter un’ultima volta. Sto dicendo addio alla mia vita, alla sicurezza, ai miei amici, a Nyata, ad Ethan, alla vecchia me. Senza più esitazioni e per paura di essere raggiunta, mi dirigo a folle velocità verso la faglia e la attraverso.
Una sensazione di libertà mi invade prepotente, inebriandomi. Grido euforica e inspiro aria pura , che mi riempie i polmoni donandomi impressioni mai provate prima. Apro gli occhi. Sono libera, non più rinchiusa e protetta da barriere artificiali. Felicità e paura si impadroniscono di me, lottando tra loro in modo da prevalere l’una sull’altra. Continuo a volare con il motore della mia tavola al massimo, senza sapere realmente dove andare, ma non mi interessa. Ormai non ho più regole da rispettare.
Sono fuori.






Angolo Autrice:
Ciao!! Rieccomi con un nuovo capitolo visto dal punto di vista di Lily!! Finalmente lei e il bel tenebroso Dunstan si sono incontrati (e io mi sono innamorata :Q___) 
Volevo dedicare questo capitolo a Afrociucci che segue la storia e l'ha inserita nei preferiti, grazie per il tuo supporto!!
A presto con il prossimo capitolo scritto da Sadie JT
Baci
Killapikkoletta
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Killapikkoletta