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Autore: Blue Eich    03/04/2013    10 recensioni
Hello, friends! Mi chiamo Siena Kiku, ho tredici anni e due sogni nel cassetto.
La mia vita cambiò radicalmente quando papà decise d'iscrivermi all'accademia migliore di Ferrugipoli: la Formation Ability Academy. Non perché pensava al mio futuro, ma come punizione. Mi aspettavo un collegio – senza suore – dallo stile di vita meccanico e gli studenti seriosi, invece sbagliavo…
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Distance: doesn't matter'
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Distance: doesn't matter.

3. La vita è bella!


Sul mio letto, a braccia conserte dietro alla testa, lasciavo che il tempo scorresse. E speravo che in futuro non mi sarei più annoiata in quel modo, che presto avrei trovato degli amici con cui esplorare gli angoli più misteriosi dell'Accademia.

Da sdraiata arrivavo solo con il dito medio al soffitto, stando in ginocchio potevo poggiarci i palmi. Il lampadario a campanula da spento manteneva un riflesso arcobaleno in base al punto dal quale lo si guardava. Di pomeriggio filtrava luce unicamente dal vetro smerigliato della porta, capace di distorcere l'interno. Solo quelli della scia di camere di sinistra nel primo corridoio avevano una finestra, che dava sull'ala ovest del cortile. Forse era un dettaglio sfuggito all'architetto, chissà quanti decenni fa.

Sbuffai in silenzio. L'MP3 era scarico, perciò addio musica… Di solito ero irrequieta senza un ritmo nelle orecchie e sarei stata capace di ascoltare la stessa canzone per ore. Durante i compiti, infatti, spesso succedeva senza neppure che me ne accorgessi.

Leila pettinava ininterrottamente la sua Vulpix con una spazzola, pompandole i boccoli rosso rubino. Non per niente il suo pelo era di una lucentezza straordinaria, da sembrar finto – e per un attimo mi vergognai di non aver mai fatto lo stesso con il mio starter.

La parola noia risuonava come una nenia nella mia testa, a ripetizione, al punto che le mie orecchie sembravano sul punto di impazzire. Infatti, in uno scatto di zelo, saltai giù dal letto. «Uffa… Basta!»

Rizzato l'udito, la secondina distolse lo sguardo dalla volpe concentrandolo su di me.

«Non ce la faccio più! Parliamo di qualcosa, qualunque cosa! Che materie hai avuto? Cos'hai fatto oggi? Cosa farai domani?»

«Uhm… Nulla di così interessante da dover essere raccontato.»

Pacata e composta, come sempre. Ciò alimentò il mio nervosismo: speravo di riuscire a strapparle una risposta più articolata, di avere uno straccio di informazione da ricollegare alla sua persona.

«Allora ti racconto cosa ho fatto io!» annunciai, cominciando un frenetico andirivieni. «All'inizio qua non ci volevo venire, credevo che fosse un brutto ambiente, invece ora mi sembra un posto mol–»

«Ti va di lottare?»

Silenzio.

Le braccia mi ricaddero lungo i fianchi e inclinai la testa, lasciando ciondolare la coda da un lato. Era l'ultima delle richieste che mi aspettavo. «Qui? Adesso? Ma–»

«Domani sera. Sul tetto della scuola.» Dopo quell'annuncio conciso, chiuse gli occhi immergendosi nei suoi pensieri e per tutta la sera non disse altro.

Che forse in quella biondina enigmatica si nascondesse una spavalda Allenatrice…?

 

Più tardi, Miky mi accompagnò a vedere la bacheca, a cui avevano esposto l'orario dei pasti. Lo scribacchiai sul diario per non dimenticarlo.

Colazione: 7.40
Pranzo: 12.25
Cena: 19.30

«Il coprifuoco è alle undici» mi spiegò. «Basta stare buoni qualche minuto, ogni tanto passano i bidelli, poi si può fare casino!»

Annuii distrattamente alle sue parole. I corridoi erano silenziosi: dava una sensazione strana essere le uniche nella hall, la si vedeva sotto un altro punto di vista, senza paura.

 

♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪-♪

 

Cacciai un mugugno quando Moni mi affondò le zampe appena sopra al seno. Sbarrai gli occhi, il cuore mi martellava nel petto. «Ma che ore sono?»

Presi il Pokégear celeste sulla mensola nella quale tenevo i beni primari – cuffie, MP3, elastici… – e guardai l'ora.

«Oh my God» squittii: sette e cinquantatré. Se avessi rinunciato del tutto alla colazione, avrei avuto modo di prepararmi e arrivare in tempo.

Ma sì. Tanto non ho fame.

Il felino mi guardò compassionevole, quasi con rabbia, ma sapeva che un qualunque tentativo di fermarmi non sarebbe servito.

Appoggiai una calza sulla superficie piana del comodino, per scendere indenne con un balzo.

Le lenzuola blu notte di Leila non avevano nemmeno un'increspatura, rimboccate alla perfezione agli angoli.

Avrebbe potuto svegliarmi!” pensai, scocciata, ma non avevo tempo per adirarmi, perché ero in un ritardo pazzesco.

Tirai fuori la divisa femminile dalla borsa: gonna beige, morbida morbida come il velluto, insieme a un cardigan porpora. Di lato spiccava l'emblema d'istituto, lo stesso raffigurato anche sulla bandiera appesa nella rampa di scale del corridoio principale.

Infine degli stivali neri, lunghi fino al ginocchio. Ma il capo principale era uno: la bandana, un ulteriore modo di differenziare gli studenti. In pratica uno vedendo la divisa o la bandana capiva subito a che anno eri, senza bisogno di chiederlo. Però era davvero carina, morbida come la gonna, bollata con lo stemma. Feci un nodo poco stretto sul davanti, legandomela al collo. Ah, quasi dimenticavo: anche i Pokémon dovevano indossarne una, così se uno si perdeva identificavano almeno l'anno del proprietario restringendo le ricerche per ritrovarlo, inoltre era questione di buona immagine. Perciò allacciai fieramente l'altra al collo del mio Moni.

 

Stavo correndo nell'atrio, senza fiato, pregando se non altro di non essere l'unica ritardataria, ma dai corridoi deserti sembrava proprio di sì. Mi girai verso il mio starter, per assicurarmi che stesse al passo.

«Sbrighiam–»

Proprio in quell'attimo di distrazione, sbattei contro qualcosa. Barcollai indietro di un passo, mugolando per il dolore al naso, per poi inciampare sui miei stessi piedi, e dico solo che uno Spinda sotto effetto di droga sarebbe stato più coordinato di me.

«Ohi…» Adesso sentivo pulsare anche il fondoschiena. Era decisamente più piacevole cadere sui tappeti di gomma delle palestre dove mi allenavo da bambina per ginnastica artistica.

La ragazza contro cui avevo sbattuto si chinò nella mia direzione. «Niente di rotto, vero?» domandò con premura.

«N-No…» risposi, mettendo a fuoco la sua immagine.

Era bionda, ma un biondo diverso dal mio, più vicino all'oro. Portava un'acconciatura ordinata, con due fiocchetti a sostenere dei codini. A vederla così dava l'idea di essere di corporatura esile e le sue iridi marroncine, dai riflessi aurei attorno alla pupilla, mi fissavano cortesi.

Mi tese la mano per aiutarmi. «Fa' attenzione, la prossima volta…»

Intrecciai le dita alle sue in una calda stretta, rimettendomi in piedi. «Sì, grazie! Sorry, non volevo venirti addosso» dissi, con un veloce inchino in segno di scuse.

«Oh, non preoccuparti!» mi rispose, sorridendo.

Le sorrisi anch'io, come incantata da quel piccolo incidente fuori programma, forse un segno del destino.

Moni mi riscosse, strattonando coi dentini la mia gonna: ops, il ritardo!

 

Naomy allargò le braccia, roteando le pupille all'alto, in segno che stava ringraziando per finta il cielo. «Alla buon ora!»

Mi sedetti in fretta accanto a lei, buttando sulla panca il mio astuccio a macchie bianconere e un quaderno. «Ho saltato la colazione, sennò sarei ancora in camera…»

«La Carter, invece, è arrivata in classe dieci minuti prima di tutti.» La mia vicina indirizzò un cenno alla signorina alla cattedra. I capelli le arrivavano a fatica alle spalle, mossi come una nuvola di zucchero filato. Indossava degli orecchini di fimo a forma di rosa e aveva sulle unghie una precisa nail art in stile french. Stava compilando minuziosamente il registro, ignara del mio ritardo.

«Chi è?»

«Eleanor Carter, insegna storia e geografia.»

Mi persi a fissarla per un po': se non altro sembrava più umana della Michaelis, già questo era rassicurante. «Come mai non abbiamo ancora iniziato la lezione?»

La mia amica fece spallucce. «Ha detto che ci sarà una sorpresa, tra poco.»

«Speriamo non intenda un compito… Ehi, Nao, posso farti una domanda?» chiesi, di punto in bianco.

«Dimmi» rispose la blu, girandosi per guardarmi con leggero interesse.

«In che stanza ti hanno messa? Ieri sembravi un po' arrabbiata.»

La sua espressione s'incupì. Strinse i pugni, lentamente, per poi rispondermi a denti digrignati come un Mightyena: «Nella 201.»

«Evviva! Siamo davvero nello stesso corridoio!» esultai io, al contrario il suo entusiasmo non si manifestò affatto. «Cosa c'è? Hai una coinquilina antipatica? Se ti consola, la mia a stento mi parla.»

Sbuffò. «Coinquilino, uno insopportabile di 2^C.»

«Che?! Ma io sapevo–»

Mi zittì con un gesto. «Lo so, lo so. Ma quest'anno siamo troppe femmine, il suo compagno si è trasferito et voilà…» spiegò, con evidente scocciatura.

«Com'è d'aspetto? Carino?» Mi tirò una gomitata, trattenendo un'imprecazione malevola tra i denti. «Era per sapere… Non te lo rubo mic–» Altra gomitata. «Ahi!»

«Ssh, non vedete che è entrata una?» ci bisbigliò il biondo dietro di me.

«È lei che parla!» si discolpò la mia vicina.

«Ehi!» contestai, mentre lui tornava a ignorarci.

Portando il mio sguardo alla porta, vidi la ragazza di prima, impossibile sbagliare. I codini laterali le svolazzarono leggiadri, nel percorrere il tragitto che la separava dalla professoressa. Tra le braccia avvolgeva dolcemente una Eevee dal manto metallico, vispa e scodinzolante.

«Ragazzi, lei è Azuma Eri. Viene da Fiordoropoli, importante città nella regione di Johto che studieremo l'anno prossimo» annunciò la Carter. «Puoi andarti a sedere dietro a Kiku e Connor, vicino a Law c'è un posto libero.» Fece un cenno sbrigativo all'ultima pancata della porta. Non poteva sbagliarsi, effettivamente il posto mancante era uno, come se i banchi fossero stati contati prima del nostro arrivo in Accademia.

Azuma accennò un sorriso. «La ringrazio.»

Il ragazzo a fianco a mia cugina agitò le braccia in una buffa danza gioiosa. Ripeteva per la terza volta la prima, lui e Miky erano fidanzati migliori amici. Coi suoi capelli castani plasmati all'indietro dal gel e il profumo di menta e more sembrava un vero playboy.

La Carter piegò le labbra in un sorriso. «Non credo che lei sia disposta ad entrare troppo in confidenza con te, Federico.»

«Scommettiamo, prof? Mai dire mai!» affermò lui, ironico e sicuro di sé. «Ehi, piccola! Sei libera stasera?» propose, per poi spaparanzare il gomito sul suo banco e ammiccare.

La giapponese lo fissò, sbigottita. «… No.»

Intervenne Micaela, che chinò indietro la testa per guardarla sottosopra. «Dai, divertiti e fa' un po' di casino: la vita è bella!»

«Certo che lo è, se sei circondato da ragazze sexy!» Il suo “braccio destro” scrollò le spalle, con ovvietà, ricevendo una gomitata nello stomaco. Andavano di moda le gomitate, per caso?

Tutte le femmine, tranne Azuma, risero. Lei, solo per quella spudorata arroganza, gli avrebbe mollato uno schiaffo.

 


 

Angolo Autrice
Hola!
Rieccomi con il terzo capitolo!
Nuovi OC: Eleanor l'OC di Euridyke, Federico è stato creato da superpoltix mentre Azuma è l'OC di A q u i l e g i a! :)
Federico sarà un po' il pagliaccio playboy della serie e vi assicuro che saprete presto con chi shipparlo. Riguardo a Naomy e il coinquilino maschio, non fatevi troppe domande, mi serviva in questo modo per l'andamento della storia e basta.
Ne approfitto per ringraziare tutti quelli che hanno recensito i due precedenti capitoli: grazie!
Alla prossima!
-H.H.-
 
   
 
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