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Autore: EdSheeran_ObsessED    03/04/2013    1 recensioni
Insicura. Timida. Fredda. Questa è Cate, una quindicenne che ha un pessimo rapporto con il suo corpo e con sua madre. L'unico a conoscerla a fondo è Peter,il suo migliore amico. Ma ciò che Peter non sa è che Cate gli nasconde un terribile segreto. Che scoprirà solo dopo cinque anni...
Volevo informare il lettore che il personaggio di Peter è ispirato al cantante britannico Ed Sheeran. Per cui la mia storia è dedicata a lui.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 9:
Cate fermò un taxi. Peter si alzò dal letto di corsa per cercare di raggiungerla prima che se ne andasse per sempre. Riuscì solo a infilarsi dei pantaloni, spalancò la porta di casa e corse contro il taxi.
“Che significa Cate?!” urlò Peter disperato. 
Cate ormai era già salita sul taxi. Subito il tassista partì. Cate guardò Peter, piangevano entrambi, lei poggiò la mano sul finestrino in segno di addio.
Peter era lì, per strada, piangeva come non aveva mai pianto nella sua vita. Non capiva, era confuso. La sera prima lui e Cate erano più affiatati che mai, il giorno dopo lei partiva senza dare spiegazioni. 
Pensò tutto il giorno alle ultime parole che Cate gli aveva detto. 
“Ti amo” ripeté tra sé. Peter stava iniziando a capire che Cate non se ne era andata di sua spontanea volontà, ma che qualcuno l’aveva obbligata, ma non aveva idea di chi potesse essere stato. 
Dall’altra parte della città Cate era nel taxi, diretta verso casa di sua madre. 
Prese il telefono, digitò il numero di casa.
“Pronto mamma” disse 
“Cate dimmi” rispose la madre. 
“Posso venire da te per un po’?”
“Ma che è successo? Tu e Peter avete litigato?” 
“No” disse Cate sospirando, “No, è che lui tra poco dovrà partire per un tour e quindi io preferirei tornare a New York.”
“Puoi stare da me per un po’. Non ti preoccupare” disse Rosie. 
Cate riattaccò. Guardò fuori dal finestrino, Brighton era cupa come non mai. Quella città non faceva altro che ricordarle la sua infanzia, la sua adolescenza e Peter. Sentiva già la mancanza di Peter, percepiva la sua assenza. Si era innamorata davvero, come non aveva mai fatto prima. Ma doveva lasciarlo andare, perché lui aveva faticato tanto per diventare un cantante affermato. Lei non poteva distruggere tutto.
Il taxi si fermò davanti al solito cancello verde lasciato aperto. 
Rosie uscì dalla porta e corse contro la macchina. Aiutò Cate a portare dentro le valigie, erano più leggere. Aveva dimenticato qualche vestito a casa di Peter. 
“Ciao mamma” disse Cate che per la prima volta era contenta di vederla.
“Come stai?” chiese Rosie posando la valigia sulle scale di casa. 
“Tu come stai?” chiese Cate guardandosi intorno. “Non vedo birra, né sigarette, la casa profuma..” si lasciò scappare un sorriso. 
“Ho riflettuto su quanto mi hai detto e non credo di voler rovinare la mia vita, ne ho ancora molta da vivere.”. 
Cate prese la valigia e salì le scale “Scusa mamma, ma ora vorrei distendermi un po’.”
“Se ti cercano al telefono o alla porta che devo dire?” 
“Dì semplicemente che non ci sono, neanche se a chiamare fosse Peter.” 
Rosie scrutò gli occhi di Cate “Non è partito, vero? Avete litigato?” 
Cate non rispose, prese la valigia e si chiuse in camera. 
Aprì la valigia, la guardò, aveva dimenticato da Peter gran parte dei suoi abiti preferiti. Sospirò e si distese. Si addormentò pensando a lui. 
 
Peter si svegliò di soprassalto. Erano passati già due giorni dalla partenza di Cate. Si guardò attorno. Il letto disfatto, lattine di birra vuote dovunque. Decise di farsi una doccia. 
Stava da schifo, aveva le palpebre violacee per i lunghi pianti che aveva fatto. I polpastrelli delle dita a tratti gli sanguinavano. Aveva scritto tre canzoni tutte dedicate a Cate, lui faceva così, si sfogava nella musica. 
Aprì l’acqua bollente. Decise di farsi uno shampoo. Usò lo shampoo di Cate, che aveva dimenticato lì. Profumava di cocco, profumava di lei. Adorava il suo odore. 
Si fece la barba e poi andò in camera. Avrebbe dovuto incontrare il suo manager quel giorno. Rimase a fissare l’armadio. A fissare i vestiti di Cate che erano rimasti lì appesi. Ma i vestiti non erano l’unica cosa che Cate aveva lasciato in quella casa, lì ci aveva lasciato il suo cuore. Lei riusciva ancora a vedere Peter col pensiero. Percepiva la sua tristezza e il dolore che stava provando in quel momento. La devastazione che la sua partenza aveva lasciato nella sua vita. Sapeva che lui stava lì, da solo, cercando di sopravvivere in quella casa dove tutto gli ricordava lei. Cate sapeva che un giorno lui avrebbe imparato a vivere senza di lei, come aveva fatto per cinque anni. Ma fino a quel momento, non poteva fare altro che percepire, con il pensiero, con i sentimenti che ancora li legavano, come Peter si stesse disintegrando giorno dopo giorno. 
Cate sapeva che lui stava lì, davanti all’armadio a fissare le sue t-shirt, i suoi jeans, i suoi vestiti, che erano rimasti lì immobili dal giorno in cui era partita. Peter afferrò un vestito nero che Cate aveva conservato. Si ricordava di quanto Peter la criticava per quel vestito. “è troppo corto” le diceva sempre. Ma se davvero ci teneva a lei, l’avrebbe amata anche con quel vestito indosso. 
Peter scorreva le dita lungo la lampo del vestito, come se stesse cercando di ricordare le curve di Cate, ogni movimento che il suo corpo faceva quando lui l’abbracciava. Lo strinse forte, come se avesse paura che sparisse anche lui, che sfuggisse dalle sue mani. Avvicinò il naso. Respirò. Profumava ancora di Cate. Avrebbe ripetuto quell’operazione anche la mattina seguente, fin quando lei non sarebbe tornata da lui. Fin quando quel brutto periodo non sarebbe passato e tutto sarebbe tornato normale… 
Indossò una felpa grigia e infilò le sue solite Converse nere. Prese le chiavi di casa ed uscì. 
Fuori pioveva e tirava vento. Non sembrava fosse quasi Marzo. 
Attraversò due isolati a piedi senza alzare neanche una volta lo sguardo dall’asfalto. Era troppo timido per guardare le persone in faccia o era troppo distrutto per poter sopportare gli sguardi della gente riguardo al suo aspetto depresso. 
“Peter Miller eccoti qui finalmente!”.
Dave, il manager di Peter, lo aspettava seduto al tavolino di un bar. 
“Ciao Dave” disse Peter sottovoce sforzando un sorriso.
“Come stai? Sei venuto da solo?” 
“Con chi altri sennò?” chiese scrutando il volto di Dave. 
“Non so se te l’ha detto lei..”.
Quando Dave pronunciò la parola “lei” Peter iniziò a capire. 
“Ma ti avevo chiamato per fissare quest’appuntamento importante per l’uscita del tuo nuovo disco, e, potrei aver complicato la situazione tra te e quella ragazza.. Come si chiamava… Cate,se non sbaglio..” continuò Dave. 
Peter si sentì assalito da una rabbia immensa. Non aveva mai provato un tale odio verso una persona, lui che era sempre buono con tutti. 
Strattonò Dave. Lui era molto più robusto e muscoloso di Peter e se si fossero picchiati di certo Peter ne sarebbe uscito male. Ma la rabbia era troppa e non ci pensò due volte. 
“Bastardo!” urlò.
Si scagliò ancora una volta contro Dave. 
Dave per difendersi gli mollò un pugno. Il labbro di Peter iniziò a sanguinare. Peter provò a colpirlo, ma Dave era forte, così gli bloccò il polso e lo spinse verso la strada. Era quasi ora di pranzo e la strada era molto trafficata, ma questo non fermò i due che continuarono a picchiarsi. 
I passanti si fermarono a guardare, i paparazzi a fotografare. Due pezzi grossi del mondo della musica che si picchiavano, era una notizia da prima pagina. 
Peter riuscì a dare un pugno a Dave. Dave lo spinse, lo spinse molto forte verso la strada. E Pete fu investito da una macchina. 
  
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