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Autore: Lady Moonlight    04/04/2013    1 recensioni
New York, anno 2012.
In una città contesta tra Nephilim e Vampiri, una minaccia sconosciuta incombe su tutti loro.
Chimera, così è stata soprannominata la creatura che ha scosso l'intera popolazione newyorkese, spargendo ovunque la stilla del terrore.
Astaroth, il Master di New York è morto.
Sebastian è l'unico vampiro in grado di fare ordine nel caos che si è generato, ma è anche l'ultima cosa che il famoso attore internazionale desidererebbe fare.
Alle prese con una bizzarra orologiaia che afferma di conoscerlo, senza però averlo mai visto; un Angelo Decaduto privo di senno; un gruppo di Nephilim adolescenti, oltremodo invadenti; un'umana convinta di amarlo e un altezzoso principe tedesco, dovrà fare i conti con un passato che credeva essersi lasciato alle spalle.
[...] "Ombre mescolate a luci." Raziel girò i palmi delle mani e tra le sue dita, dal nulla, comparve un grosso tomo che sfogliò riluttante. C'erano parole scritte in ogni tipo di lingua e dialetti esistenti. "È questa la natura delle anime."
Prequel di Contratto di Sangue-L'Ombra del Principio
Genere: Avventura, Dark, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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10

≈*≈*≈*≈*≈
Naamah, dei serpenti

 

 

Tutto il mondo è una perpetua tempesta
in cui perdi via via le persone che ami.
{W.Shakespeare}

 

 

"Il Presidente si è mostrato turbato dalla parole pronunciate dal Santo Padre ed ha espresso tutta la sua solidarietà nei confronti della comunità vampirica." Il telegiornale stava mandando in onda le dichiarazioni dei politici .
Sebastian fece schioccare la lingua sul palato. Trovava quella situazione esasperante e non poteva contare sull'aiuto di Vlad per occuparsene.
Il giornalista della CNN riprese a parlare. "La loro leader, Naamah, continua a rassicurare gli abitanti di New York sostenendo che il vampiro giustiziato fosse un pericoloso criminale che aveva più volte tentato di fare stragi di uomini."
Ascoltando quella ridicola storia, Sebastian non poté che mostrare un sorriso ironico.
Per quanto lo riguardava gli umani erano stupidi e la loro stupidità era sotto gli occhi del mondo ogni giorno che passava. Non avrebbero dovuto esserci dubbi in merito al fatto che la maggior parte dei vampiri uccideva gli esseri umani. Si chiese quanto tempo avrebbe impiegato la gente per giungere a quella verità.
Il Papa era stato uno delle poche autorità a livello mondiale che non aveva sbagliato con il giudizio dato ai vampiri. Tuttavia, doveva ammettere che la Chiesa era da secoli a conoscenza della presenza di demoni nel mondo. Le Crociate in passato si erano rivelate un'ottima scusa per tentare di liberare Gerusalemme dalla presenza di un antico vampiro che aveva preso possesso della città. In seguito quella lotta era sfociata in una guerra di conquista, perdendo la sua iniziale connotazione sacra. Gli uomini si erano dati ad una lotta di potere e i mussulmani avevano preso il posto dei redivivi.
"Sebastian..." I suoi pensieri furono interrotti da una supplica sussurrata alle sue spalle; Jennifer lo stava chiamando.
Non fece nulla per nascondere l'irritazione che in quel momento lei gli procurava. Era ben consapevole del suo comportamento egoistico, ma sapeva che l'attrice era preoccupata. Trovava la cosa semplicemente ridicola visto che era lui quello che aveva sempre pensato all'incolumità di Jennifer. In ogni caso, non aveva voglia di incrociare con lei lo sguardo che le avrebbe rivelato la furia che a stento riusciva a controllare.
"Jennifer." pronunciò Sebastian, seccamente.
Lo innervosiva l'idea che qualcuno avesse tentato di ucciderlo. Certo, anche la scoperta di un insolito legame che lo univa ad un'orologiaia e l'annuncio di Naamah che aveva rivelato l'esistenza dei vampiri agli umani e che aveva avuto il coraggio di sfidare apertamente la volontà di Vlad Tepes non lo acquietavano. L'unica nota positiva, in quello spartito stracciato, era che Chimera non aveva fatto la sua comparsa.
La mano di Jennifer si posò tremante sul telecomando della tv e lui gliela afferrò più bruscamente di quanto avrebbe voluto. La sentì sussultare per lo spavento e l'oggetto le scivolò sul pavimento.
"Ti stai torturando inutilmente." gli bisbigliò Jennifer affranta.
Era vero. Continuava a guardare le immagini di Wilfred, mentre veniva impalato di fronte agli occhi di una telecamera e veniva fatto passare dai giornalisti per un pericoloso assassino.
Era stata colpa sua.
Aveva ordinato lui a Pierre e al redivivo di seguire il sicario, ma aveva commesso un errore. Non tenendo conto della poca esperienza di Wilfred e della sua debolezza l'aveva mandato al macello.
L'esecuzione pubblica aveva mostrato i lineamenti del vampiro sconvolti dalla paura. Mentre Sebastian scopriva la verità su Clelia, un vampiro moriva nel nome di una causa a cui non credeva. Nonostante quello, non poteva dire che Wilfred gli sarebbe mancato. Ciò che lo preoccupava al momento erano le sorti di Pierre. Era vivo? Lo avevano catturato?
E naturalmente rimaneva la questione più spinosa: Naamah. Non aveva più dubbi sul fatto che fosse stata la vampira a mandarle quel sicario. Come Lucifero, anche Naamah era un angelo caduto. Era rimasta al fianco della Stella del Mattino per migliaia di anni, ma evidentemente si era stufata di ricoprire un ruolo minore in quella ribellione guidata da suo padre. Non solo si era autonominata come guida dei vampiri, ma
aveva avuto la pessima idea di spodestare il ruolo che toccava di diritto a Lilith.

Quella era la cosa che lui più mal sopportava dell'intera vicenda.
A quel punto aveva da chiedersi e da scoprire se fosse stata proprio lei ad aver creato la misteriosa Chimera. Con Astaroth morto e lui fuori gioco, Naamah avrebbe potuto facilmente conquistare il titolo di Master.
Sebastian l'aveva incontrata, Naamah. Avida di potere, amava assumere le sembianze di un rettile. Il veleno prodotto dal suo sangue era micidiale, una sostanza in grado di provocare seri danni anche ai vampiri più antichi. 
 

 

"Ama i giochi, le sfide, le competizioni. Quando la incontreremo non indugiare eccessivamente sul suo sguardo, Semiael. Come i serpenti che tanto ama, i suoi occhi sanno ipnotizzare chi gli sta attorno."
Aveva annuito poco convinto a quel consiglio di suo padre, mentre varcavano l'entrata di un tempio greco.
"Naamah venera solo se stessa. Non simpatizza per nessuno, tranne che per i suoi adorati serpenti." aveva commentato acido.
"Serpenti?" si era ritrovato a mormorare, osservando il lento oscillare di Exaniha.
"Adamo ed Eva, ricordi?"
Lui aveva rischiato di inciampare, mentre la leggenda vorticava nella sua mente. Per lui che era nato sulla Terra, successivamente al momento della Caduta, era strano dover immaginare un altro mondo, l'Eden.
"Si era trasformata in uno splendido serpente dalle squame celesti per tentare Eva dall'Albero della Conoscenza."
Oh, naturalmente, era anche riuscita a farla peccare.
Il Creatore, il Trono, aveva condannato il serpente a strisciare sulla terra come il più infimo degli animali, ma aveva perdonato Naamah, o perlomeno lo aveva fatto in quella occasione. Gli umani, invece, credevano stupidamente che fosse stato Lucifero l'autore di quel gesto sconsiderato.
Semiael annuì, animato dalla voglia di poter conoscere Naamah.
"Non essere così ansioso di incontrarla, Semiael. Potresti pentirti di questo tuo desiderio."

 

E Sebastian si era pentito, ovviamente, esattamente come aveva detto Vlad. Tuttavia, centinaia d'anni erano trascorsi e a lui piaceva pensare di non essere così sprovveduto come lo era stato una volta.
Sciocco... Uno stupido.
Pensare di ingannare Naamah era come illudersi di avere tra le mani la vita di Lucifero. Impossibile e inverosimile. Bisognava giocare d'astuzia, rimanere sempre un gradino davanti a Naamah per scoprire i suoi obiettivi.
Il problema era che lui era dieci gradini indietro rispetto alla vampira. Quale sarebbe stata la sua mossa successiva?
E all'improvviso lo seppe, seppe ciò che doveva fare. Ma aveva bisogno di tempo e della collaborazione di Jennifer per riuscire nei suoi intenti. 
 

 

Mentre il mondo era in fermento per l'evento che aveva modificato il modo di vedere ogni cosa, Sebastian espose ad una Jennifer attonita il suo piano. Le raccontò tutto quello che le aveva taciuto fino a quel momento, sorpreso che lei accettasse in modo così passivo ogni parola.
"Presumo che non torneremo a Londra tanto presto." commentò l'attrice.
La malinconia insita nella sua voce era palpabile. Sebastian non le disse che, forse, a Londra non ci sarebbero mai tornati. Jennifer, però, sembrò capire ugualmente e una parte di lei -un frammento del suo cuore- andò in frantumi.
Sebastian era certo che non fosse né il primo né l'ultimo, di una lunga serie di pezzi di cui lui l'aveva privata.
"Se ci fosse un altro modo..." tentò di dirle, prima che lei lo fermasse.
"Non c'è." C'era rassegnazione in quella semplice constatazione. "Mi sta bene, poteva andare peggio di così."
Lui le prese le mani, baciandole con gesti delicati i palmi.
A Jennifer sarebbe andato bene anche morire, se fosse stato lui a chiederle di compiere quel gesto estremo. Fu a causa di quel pensiero che Sebastian decise fosse giunto il momento di intraprendere un discorso che aveva lasciato in sospeso tra loro da anni.
Con la mente rivide la serie di fotografie che ritraevano Jennifer al suo fianco. C'era un unica cosa in quelle immagini che rimaneva immutata e non era il sorriso dell'attrice. Sebastian non era cambiato per nulla in quella ventina d'anni. Per lui, semplicemente, non era possibile mutare nell'aspetto fisico. Invecchiare non era nelle prerogative dell'immortalità.
Non era sempre stato così, però.
Un tempo era nato dall'utero di sua madre, come un comune essere umano. Era cresciuto, lentamente ma inesorabilmente, finché il suo corpo aveva raggiunto lo stadio di sviluppo adeguato alla sua razza. Per quello ed altri motivi non v'erano dubbi sul fatto che lui fosse figlio di carne di Lilith e Lucifero.

 

Le ali di suo padre erano splendide nel loro riflesso di morte.
Aveva allungato le mani per sfiorarle e Lucifero ne aveva protesa una nella sua direzione per ripararlo dagli occhi indiscreti di un gruppo di vampiri.
Le sue dita avevano percorso a lungo quel profilo oscuro, avvertendone la morbidezza ed il calore. Dopo un tempo infinito, aveva invocato con voce indecisa suo padre che si era voltato per guardarlo.
"Piccolo, adorabile Semiael." l'aveva chiamato nello stesso modo di Lilith.
Lucifero si era accovacciato al suo fianco, posando le mani sulle sue spalle minute. Le ali, fremevano impazienti di essere distese e Semiael dovette ricacciare
indietro la fitta di gelosia che lo attraversò prepotente.

Anche lui voleva volare, desiderava avere delle ali. Sbuffando aveva lanciato un'occhiata alla sua schiena. Niente.
Ridendo, Lucifero lo aveva stretto al petto e ogni dubbio era scivolato via dai suoi pensieri.
"Devi avere pazienza, le ali hanno bisogno di tempo per svilupparsi." aveva spiegato.
"Cresceranno?"
"Saranno magnifiche." aveva assicurato suo padre prima di gettarsi nelle tenebre notturne.

 

Sebastian aveva lasciato che Jennifer si accomodasse su una poltrona, prima di rendersi conto di non sapere affatto come introdurre l'argomento che dovevano affrontare.
Irrequieto, camminava avanti e indietro per la stanza, lanciando sguardi nervosi all'orologio che aveva al polso. Erano quasi le quattro del pomeriggio e in meno di due ore il piano che aveva elaborato doveva avere inizio.
"Jen." Lui la chiamava raramente a quel modo e quando lo faceva c'erano sempre questioni spinose da sostenere.
"Sebastian." gli rispose lei, che doveva trovare divertente la novità.
Lui si fermò all'improvviso, avvertendo un flebile dolore al braccio sinistro. Colse l'odore del sangue, prima ancora dei suoi occhi. Il liquido scivolò ai suoi piedi gocciolando sulla moquette e rovinandola irrimediabilmente.
Jennifer balzò in piedi gridando, lui si limitò a pulire la pelle con un pezzo di stoffa. Non era nulla di grave, nulla che potesse preoccuparlo sul piano fisico.
"Cosa è successo?"
Sebastian non le rispose. Rimase in silenzio per esaminare meglio la ferita. Recava i segni di un morso, un attacco che non era stato destinato a lui. Non solo perché oltre a lui e Jennifer non c'era nulla in quella stanza, ma perché di fatto se ne sarebbe accorto se qualcuno avesse tentato di attaccarlo.
Jennifer gli si avvicinò cauta, sfiorando i contorni dei solchi provocati dai denti di una qualche misteriosa creatura. A giudicare dai segni lasciati nella carne, lui ipotizzò che il responsabile doveva trattarsi di qualcuno appartenente al popolo fatato.
"Com'è possibile?" si domandò, mentre studiava il braccio con estremo interesse.
Semiael.
Sussultò impercettibilmente, riprendendosi però all'istante.
Semiael.
Un nome. Il suo nome sussurrato da lei, da Clelia, nella sua testa.
La sera prima l'orologiaia aveva tentato di spiegargli... di fargli capire. All'improvviso si domandò perché non fosse rimasto all'Antiquarian, per sapere cosa la ragazza voleva rivelargli e si pentì della sua fuga precipitosa.
"È a causa del legame." si ritrovò a dire. "Clelia non aveva detto che anche io avrei potuto avvertire il suo dolore." osservò Sebastian, in un'accusa silenziosa.
E la sorpresa per quella nuova notizia lasciò il posto alla perplessità, al dubbio.
Se lo chiese: le era accaduto qualcosa? Cosa significava la presenza di quel morso? Fino a che limiti poteva spingersi quel legame?
"Non mi piace." intervenne Jennifer mettendo il broncio.
"Cosa?" intervenne Sebastian.
Lei sbuffò. "Non cosa, ma chi. L'orologiaia di cui mi hai parlato è... Non lo so, non mi piace."
Sebastian sfiorò la superficie della televisione. In diretta dallo studio ovale stava parlando il Presidente degli Stati Uniti. Un discorso che per quanto lo riguardava non aveva alcun senso. Pari opportunità per vampiri e umani, era quello il tema centrale. Qualche pazzoide doveva aver scambiato i membri della sua razza con qualche sottospecie fuoriuscita dal film "Twilight".
Tornò a prestare attenzione a Jennifer. Non era rilassata nei suoi comodi vestiti di cotone. Negli ultimi giorni era sfuggente, nervosa e le ultime notizie avevano destabilizzato il suo equilibrio interiore.
Non era il mondo di Jennifer, quello. Però era il suo e lui aveva il dovere di difenderlo.
"Non è a te che deve piacere, Jennifer." replicò amaramente. "Non essere gelosa."
Era sempre quello il problema con Jennifer. La gelosia. Non poteva vedere una donna che Jennifer se ne usciva con una delle sue scenate da Oscar. Peccato che non si trovassero sulla scenografia di un film quando accadeva, perché era certo che per lei sarebbe stata la migliore occasione per vincere una delle famose statuette dorate.
Da adolescente, Jennifer era sempre riuscita a controllare le sue emozioni, ma da quando lui avevano annunciato alla stampa il loro finto
fidanzamento la situazione era degenerata.

Di fatto, era proprio quello l'argomento di cui voleva parlarle.
A quel punto, però, Jennifer si era già alzata in piedi e si stava dirigendo con passo pesante in prossimità dell'uscita.
"Non essere ridicola, Jen!" chiamò Sebastian, spostandosi rapidamente per impedirle d'uscire. Si era appoggiato agli stipiti della porta, sbarrandole in quel modo la via di fuga.
"Ti voglio bene, lo sai. Desidero che tu sia felice e al sicuro."
In tutta risposta lei abbassò lo sguardo, nascondendogli gli occhi con la frangia.
"Non capisci." rispose lei in un sussurro che solo il suo udito avrebbe potuto cogliere.
Invece Sebastian capiva. Fin troppo bene, per lasciare che le cose continuassero a quel modo.
"Il sentimento che tu provi o che credi di provare..." si fermò. Jennifer aveva alzato la testa di scatto, gli occhi due braci di collera ardenti. "Jen." Il suo era un ammonimento a mantenere la calma.
"Credi che non lo sappia?" esplose l'attrice, tempestando il suo petto di pugni.
Sebastian non si mosse, non voleva, e in ogni caso era meglio se l'attrice si sfogasse lì, e con lui. "Vedo come mi guardi e lo so. Per te rimarrò sempre la tua piccola, preziosa, bambina salvata da una tormenta di neve."
Sebastian trovò che le parole di Jennifer fossero dure, ingiuste sotto molti punti di vista.
Non era possibile definire il sentimento che lui provava per lei in modo tanto semplicistico. Per molti versi, Jennifer si era dimostrata la sua ancora di salvataggio, colei che gli aveva impedito di ricadere nel vortice oscuro generato da Semiael. L'intento di Jennifer era solo quello di ferirlo, ma l'unica che avrebbe sofferto era lei.
"Sei molto più di questo, Jennifer, lo sai."
Sebastian la guardò mentre lei si attorcigliava nervosamente una ciocca di capelli attorno al dito, avvertendo distintamente il battito cardiaco accelerato dell'attrice.
"Dimostramelo!" lo sfidò Jennifer.
"Vuoi che finga? Devo recitare una parte speciale solo per te?" Ora, anche lui era arrabbiato. La afferrò brutalmente per le spalle, baciandola senza preavviso sulle labbra e ferendola con i suoi canini. Il sangue scivolò sulle loro lingue e quando anche Jennifer si rese finalmente conto di quanto stava accadendo dei singhiozzi incontrollati le salirono dalla gola.
Lui la lasciò, pulendosi con il bordo della camicia il mento. Gli occhi di Jennifer avevano un'espressione che lui aveva avuto modo di conoscere molto bene. In quell'istante, l'attrice era una lepre che fissava inorridita il suo cacciatore. Le pupille erano dilatate ed il nero aveva ingoiato quasi ogni traccia del verde.
Crack.
Un altro frammento del cuore di Jennifer era andato in frantumi e, come sempre, era lui la causa di quel dolore.
"Sei crudele... Così crudele." gemette lei tremando.
Sebastian si fece da parte mentre lei lo superava senza degnarlo di uno sguardo. "Nessuno ha mai affermato il contrario." commentò lui lapidario, guardandola mentre affannosamente si affrettava a salire la scalinata.

 

 

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Note: Ovviamente fatti storici e reali sono usati qui in modo diverso da ciò che è accaduto/accade realmente u_ù
Sì, Wilfred è morto... Vi mancherà? LOL
Spero vi sia piaciuto e prometto di non assassinare nessuno se qualche lettore silenzioso vorrà dire la sua ;P
By Cleo^^

 


 
 

   
 
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