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Autore: Norgor    04/04/2013    8 recensioni
"Il silenzio regna sovrano nella mia mente, ma il respiro mozzo e irregolare mi costringe a soffrire lentamente il dolore che attraversa il mio corpo. Avverto qualcosa premere fortemente sulla mia testa, i colori attorno a me risultano sempre più offuscati e indistinti. Vorrei parlare, ma dalla mia bocca fuoriesce solamente un lamento strozzato. Non percepisco più le braccia, le gambe non rispondono più ai comandi. Sono esausto, sono solo, e sto morendo. Lo capisco dalla stanchezza opprimente, dalla sofferenza lancinante che mi attraversa. Sto morendo, o forse sono già morto. Oramai il dolore è talmente forte che non lo avverto più, riesco a sentire solamente un leggero fastidio poco insistente. Ho paura di chiudere gli occhi, perché temo che non li riaprirò più".
[Raccolta di One-Shots dedicata a personaggi morti nella saga, degni di essere ricordati]
*Finnick: Hybrids and roses smell.
*Clove: It was only a stone.
*Foxface: Nightlock in the dark.
*Rue: My life in a four-notes song.
*Primrose: They aren't parachutes.
*Cato: Born to kill, dead breaking lives.
*Marvel: Death caught me unprepared.
*Glimmer: Shine like a broken diamond.
*Cinna: The chains of my soul.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Marvel: Death caught me unprepared.  

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  Corrugo la fronte e aguzzo la vista verso il cielo, mentre una leggera brezza mattutina mi scompiglia dolcemente i capelli. Avverto che la testa di Clove appoggiata sulla mia spalla si fa più leggera, segno che anche lei è sveglia. Mi stiracchio e inarco la schiena, mentre scorgo Cato poco più in là, che per l’ennesima volta ammira compiaciuto le mine disposte attorno alle nostre provviste. Mi sfrego gli occhi e decido di alzarmi in piedi, ma non prima di aver recuperato la mia lancia. Èstata una bella trovata, quella del ragazzo del Tre. La sua conoscenza in materia tecnica ci ha garantito la protezione delle nostre riserve alimentari; ma se crede che così facendo sia entrato nelle nostre grazie, beh, si sbaglia di grosso. Fremo di adrenalina all’idea di conficcargli la lancia in un occhio e levarmelo dai piedi una volta per tutte. Cato e Clove saranno anche convinti che potrebbe tornarci utile in varie occasioni, ma per me rimane comunque un bambino incapace e piagnucoloso, nient’altro che un intralcio.
  Arrivo al punto in cui si trova il mio alleato e gli sorrido estasiato. Entrambi ci mettiamo a ridere all’unisono, perché ci rendiamo conto che è successo. Siamo diventati invincibili. Abbiamo praticamente la vittoria in tasca. Ora che le nostre provviste sono al sicuro, eliminare gli altri Tributi sarà una passeggiata. Clove non ci fa compagnia nel nostro festeggiare momentaneo, non è da lei mostrare ciò che prova. Dall’inizio dei Giochi l’ho sempre vista come una statua rigida, fredda e scolpita nella pietra, incapace di provare qualsiasi emozione che andasse all’infuori del suo essere sadico e della sua tendenza agli assassini più truculenti. Invece col passare dei giorni, lottando fianco a fianco, ho compreso le scelte che ha fatto e che l’hanno resa quella che è oggi. Ho imparato a conoscerla davvero, e tra noi si è creato un legame indescrivibile, che va al di là dell’amicizia e del sostegno reciproco.
  La guardo negli occhi e la vedo sorridere. Ma quello che mostra non è uno dei suoi rari sorrisi compiaciuti, è uno dei suoi ghigni sadici, uno di quelli che solitamente segna la morte delle sue vittime. Confuso, mi giro e volgo lo sguardo verso l’orizzonte. Esulto dentro di me quando vedo una densa scia di fumo che si alza al cielo non molto lontano da dove ci troviamo ora. Guardo Cato, le fiamme che gli brillano negli occhi e le braccia che gli tremano per l’adrenalina. Stringo la lancia al petto e sono già in posizione di combattimento, a causa dell’euforia che coinvolge il mio corpo e non mi fa respirare. L’eccitazione è palpabile, è da troppo tempo che siamo alla Cornucopia, e la voglia di sgozzare e ammazzare non fa che aumentare di minuto in minuto. Uccidere crea dipendenza, è una sorta di droga per ognuno di noi. E come ci sono l’eroina, la cocaina o l’ecstasy, vi sono anche le decapitazioni, gli squartamenti e le mutilazioni.
  Sto fremendo di agitazione, e non aspetto gli altri per scattare in avanti e correre verso la foresta quanto velocemente mi è concesso. Avverto di sfuggita Cato che ordina al marmocchio del Tre di fare la guardia, poiché sono troppo assetato di sangue per concedere l’attenzione verso qualcosa che non sia la mia futura preda. Sento perfettamente i passi di Clove echeggiare insieme ai miei, feroci come non mai. Non ci mettiamo molto per arrivare a destinazione, capisco che ci stiamo avvicinando perché avverto lo scoppiettare del fuoco che illumina la zona e che non fa che aumentare il mio desiderio di uccidere. Ora sono un predatore, e il resto non conta. Aguzzo la vista quanto è possibile, ma i miei sensi di cacciatore mi riferiscono che non vi è nessuno a cui piantare una lancia nel petto. Vi è solo un falò, acceso da chissà chi, per chissà quale stupido motivo. Sento l’ira che risale dentro di me, e capisco solo adesso che siamo stati ingannati. Abbiamo fatto la figura degli scemi davanti a tutta Panem, è bastato un semplice diversivo per confonderci. Urlo dalla rabbia e mi volto verso i miei alleati, che sembrano averla presa anche peggio di me.
Improvvisamente, come fosse la ciliegina sulla torta, un rimbombo acuto mi fa sobbalzare sul posto, e rimango a bocca aperta quando sento un’esplosione enorme echeggiare per tutta l’Arena e muovere gli alberi attorno a noi. Capiamo subito tutti insieme che le nostre riserve sono in estremo pericolo, e senza esitazione ci lanciamo verso la Cornucopia. Stavolta accelero, il vento mi scompiglia i capelli e gli occhi mi lacrimano per la velocità che ho deciso di attuare. Sono ancora incredulo per la figura che abbiamo fatto, di sicuro l’artefice di tutto questo ha le ore contate.
  Un odore acre di fumo intenso cattura la mia attenzione, e solo in questo momento mi rendo conto di chi abbiamo di fronte. La ragazza in fiamme. Mi irrigidisco sul posto, fin troppo in collera anche per parlare. La vendetta diventa il mio ossigeno, mentre il mio sguardo diviene sadico e senza scrupoli. La detesto, e penso sia inutile dire che in questo momento il mio desiderio più profondo è vedere le sue budella strapazzate a terra. Quella ragazzina non ha idea di chi si è messa contro, chi si è fatta come nemico.
  Sono indeciso. Vedo i miei alleati che si fermano e mi squadrano confusi, con sguardo urgente e furente. Ma io la voglio fare finita una volta per tutte. Osservo Clove, che mi lancia un’occhiata preoccupata e carica di sentimenti. Una di quelle che, sono convinto, mostrerà una volta sola nella vita. Così, cambio direzione e non mi volto più indietro, perché occupo tutte le mie energie per rintracciare la mia prossima vittima. Corro a perdifiato, senza avvertire né dolore né fatica. Sono sensazioni a me sconosciute, mai provate. Il mio corpo si muove solo grazie all’ira e all’adrenalina che mi pompa nelle vene. Ho lo sguardo vigile e attento, i muscoli rilassati ma al contempo pronti all’attacco. Scatto alla minima fonte di rumore, oramai la voglia di uccidere si è impossessata di me a tal punto da vietarmi un ragionamento lucido.
  Un suono fin troppo acuto cattura la mia attenzione. Mi fermo, rizzo le orecchie e trattengo il respiro. Al primo impatto sembrerebbe l’ennesima Ghiandaia Imitatrice, ma non mi ci vuole molto per capire che la voce che sento è umana. Esulto e mi precipito subito verso l’origine del suono, chiedendomi quale mente malata si metterebbe ad urlare nel mezzo degli Hunger Games, a un tiro di schioppo da un qualsiasi nemico. Riascolto la melodia più e più volte, finché il ritmo non cambia. E lo sento, il nome. Quel nome. Katniss. Il fuoco mi divampa nel petto al solo pensiero di Katniss. Quella che ben presto sarà la mia preda, sta chiamando aiuto a Katniss. È sempre più vicina, e riesco a distinguere una voce femminile, infantile. Improvvisamente mi balza al cervello l’immagine della bambina dell’Undici che, nascosta dietro una colonna, spia la ragazza di fuoco durante l’Addestramento. Credo si chiami Rue, ma in realtà non mi interessa minimamente il suo nome.
  Il fatto che la mia preda sia una bambina di dodici anni non mi crea alcun problema, anzi mi incita ad accelerare. Sento i graffi del vento sulla mia pelle, i miei passi silenziosi che calpestano il suolo. Mi fermo all’istante, confuso. Uno scalpiccio rapido mi arriva all’orecchio da lontano, e scommetto tutto quello che ho che si tratta della ragazza in fiamme. Un ghigno perfido si forma sul mio viso, la lancia trema incessantemente nel mio braccio. Arrivo finalmente a destinazione, e la prima cosa che noto è una grande rete sollevata in aria, una trappola per conigli che però ha catturato ben altro. Rido dentro di me, mentre scorgo la figura di Katniss comparire dall’altro lato dello spiazzo di terra in cui mi trovo. Il mio volto si irrigidisce, la mia lancia parte prima che abbia il tempo di fermarla. Katniss riesce a schivarla, ma il tiro va a segno lo stesso, conficcandosi nel fianco di Rue.
  Improvvisamente, avverto un sibilo che taglia l’aria. Prima ancora che me ne accorga, sento una forte pressione al petto e, abbassando lo sguardo, mi balza all’occhio una freccia incastrata nel mio sterno. Non me ne sono neanche reso conto, non è da me. Sono a bocca aperta, incredulo, e fiotti di sangue ne approfittano per uscire indisturbati dalla ferita. Mi manca il respiro, ho gli occhi spalancati, costretti a vedere come mi sia lasciato fregare un’altra volta. Non è una morte da Favorito. Non mi merito questo appellativo, non ho neanche cercato di reagire. Avverto le ginocchia che cedono, la mia pelle si fa più fredda e leggera, mentre al contrario la testa diviene pesante e dolorante. Inspiro, espiro. Non serve a niente. Perdo il controllo del mio corpo, la mia bocca si riempie di sangue caldo e smetto definitivamente di respirare. Ho lo sguardo spento, gli occhi vitrei e privi di espressione, mentre cedo lentamente alla morte. Le mie forze vengono meno, e mi ritrovo a faccia in giù, schiacciato contro il terreno.
  Sento un cannone in lontananza, che piano piano aumenta di volume fino a trapanarmi le orecchie ed annebbiarmi la mente. È tutto di un bianco accecante attorno a me, mi sento perso.
  Prima di morire, ripenso a ciò che è successo finora, e me ne vado con la speranza che lo sparo sia stato per Rue, e non per me.
  La speranza è l’ultima a morire. È l’unica cosa più forte della paura. E chi dice che un Favorito non ne possa avere? Chi dice che anche le più spietate macchine da guerra non nascondano un animo debole e vulnerabile? Non ci resta che sperare. 

Angolo autore:
OS su Marvel! ** Dedicata a Coral 97, e alla sua benedetta pazienza nello sopportarmi sempre xD Non sono pienamente soddisfatto, ma sinceramente pensavo uscisse qualcosa di peggiore :3 Grazie mille a tutti i recensori e i lettori, e anche a chi mette la storia fra le preferite/ricordate/seguite <3 
Alla prossima!!

   
 
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