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Autore: NiNieL82    05/04/2013    0 recensioni
Sara ha trent'anni. E come tutti i trentenni e no vive la sua vita un po' incasinata: ha una storia d'amore difficile; è alla ricerca di un lavoro stabile; cerca di ricucire il rapporto con sua madre, logorato da anni di silenzi e di reciproche accuse.
Accadrà un giorno qualche cosa che scombinerà ancora di più i suoi piani. Qualcosa che cambierà la sua vita. E da quel momento nulla sarà più come prima.
[Il titolo della storia può cambiare]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Gli amori nuovi sono pieni di paure, Angela,

non hanno un posto nel mondo

e non hanno un capolinea.


Margaret Mazzantini -Non ti muovere-.



Scoperte.



Ho conosciuto Francesco, il mio migliore amico, quando avevo tre anni. Era il primo giorno d'asilo e i miei capelli lisci e neri erano stretti in due treccine perfette adornate da due fiocchi rosa e bianchi, in perfetto pendant con il mio grembiulino a quadrettini piccoli piccoli.

Nonostante questo non riuscivo ad essere felice. Piangevo disperata e in continuazione da quando mi ero svegliata mentre mia madre, sfinita e incinta di tre mesi del mio terzo fratello, teneva la mano a Matilde che mi guardava senza capire il motivo di tanta tristezza.

Tutti intorno a me cominciavano a giocare con altri bambini, le altre mamme facevano conoscenza tra loro e le maestre ci guardavano con il loro sorriso bonario. Io ero in pieno panico e nessuno sembrava accorgersene. Sembrava quasi che se fossi morta in quel momento nessuno avrebbe fatto caso a me, nemmeno mia madre che parlava con la maestra trovando molto più interessante parlare di allergie e simili piuttosto che prendersi cura di me.

A quei tempi gli asilo nido non esistevano e per lo meno non erano un'abitudine radicata come lo sono adesso, quindi per me quella era la prima vera volta in cui staccavo il cordone ombelicale dalla mia famiglia. Tempo dopo, quando i problemi tra me e mia madre divennero sempre più insormontabili, avrei pagato oro pur di avere la possibilità di staccarmi completamente da lei come avevo cominciato allora.

Ma in quel momento mi sentivo abbandonata, tradita.

Ricordo quelle emozioni come se fosse adesso.

Ricordo le risate degli altri bambini, le urla di chi come me non voleva lasciare la mamma. E poi ricordo un bambino, con il grembiulino a quadrettini proprio come il mio, solo che il suo era azzurro. Aveva i cappelli ricci e scuri, spettinatissimi e la bocca era sporca agli angoli di cioccolata. Ho davanti agli occhi quella Girella mangiata per metà. Lo guardai con il broncio mentre a goccioloni alcune lacrime continuavano a scendere sulle guance arrossate.

Vuoi?” mi chiese porgendomi la merendina.

Scossi la testa e lui, porgendo lo snack a metà alla madre, gridò:

Mamma! Mamma no voio più!”

La mamma gli si avvicinò e sorridendo prese un fazzoletto dalla tasca e ci avvolse il resto della merendina e poi pulì le mani e il visino del figlio. Lo fece con una dolcezza e con una delicatezza che ancora oggi ricordo e che mi ferisce ancora, perché sono certa che anche in quel momento ho pensato che mia madre, con me, non era mai stata altrettanto dolce e attenta. Quasi sentendo il mio sguardo addosso, ricordo che il bambino si è voltato verso di me e scansando le attenzioni della madre, accettando il bacio che lei gli schioccò sulla guancia prima di allontanarsi, si avvicinò a me. Mi sorrise e mi domandò stavolta:

Giochiamo?”

Annuì senza pensare e gli sorrisi. Lui rispose al mio sorriso e da quel momento divenimmo inseparabili.

Abbiamo fatto tutto assieme. Le elementari, le medie. Ci siamo volutamente divisi alle superiori. Io ho deciso di andare alle Magistrali, lui alle Industriali e nemmeno questa decisione ci divise; anzi, la scelta di fare le scuole superiori in istituti separati ci unì ancora di più.

Quando al quarto anno conobbi Giuseppe e cominciai ad uscirci assieme. Francesco divenne subito suo amico, tanto da diventare complici e creare a loro volta un'amicizia forte e sincera che dura -per quello che so- ancora oggi. In egual modo, qualche anno prima che io cominciassi la mia storia con Giuseppe, Francesco conobbe Giada con la quale egualmente strinsi un rapporto di amicizia vero e sincero che ci tenne unite a lungo, ma che oggi non esiste più.

Ho voluto molto bene a Giada e devo riconoscere che con lei e Serena ho passato momenti indimenticabili che ancora conservo nel cuore. E se guardo indietro devo riconoscere che sia lei che Francesco mi sono sempre stati vicini. Anche se...

Quando si inizia a crescere, alle volte, il gruppo in cui si cresce si divide lentamente per il lento logorarsi delle amicizie o perché semplicemente si prendono strade differenti da quelle che tutti avevano percorso assieme fino a quel momento.

Il mio gruppo non ne fu certamente immune: storie che sembravano inossidabili crollarono come un castello di carte e se ne crearono altre più intese; nacquero anche delle nuove amicizie che distrussero inevitabilmente i vecchi equilibri.

La prima a risentirne fu proprio Laura, la fidanzata di Pierpaolo. Ricordo benissimo che lo lasciò qualche anno dopo la nostra prova di coraggio tra lacrime infinite per lui, nella totale indifferenza per lei. Rimase nel nostro gruppo fino a che non scoprì che Serena e Pierpaolo cominciarono ad uscire assieme. Da quel momento è sparita senza dare troppe spiegazioni.

Stefano non seguì la carriera militare del padre, al contrario si iscrisse al Politecnico di Torino. Si è sposato con una torinese un po' apprensiva che a malapena gli permette di tornare a casa per salutare la madre.

Marco, invece, è quello che ha portato la tempesta all'interno del nostro gruppo di amici.

Lui è sempre stato il giocherellone del gruppo, quello che ti faceva ridere e ti faceva passare dalle risate di gusto alle risatine nervose quando eccedeva con gli scherzi.

Tutti lo sopportavamo perché sapeva anche essere un grande amico e cercavamo di sopportare anche le sue malefatte, nonostante tutto.

Ricordo che amava le donne. Non aveva una ragazza fissa, al contrario, passava di fiore in fiore senza interessarsi degli altrui sentimenti, senza pensare a quello che si lasciava dietro ogni volta che mandava a monte una storia appena nata.

Come ho già detto fu lui che portò la tempesta all'interno del nostro gruppo.

Successe all'incirca nel periodo in cui Serena e Pierpaolo avevano deciso di andare a vivere assieme.

Io e Giuseppe, come Francesco e Giada, stavamo ancora assieme anche se alle volte con tanti problemi.

Eravamo rimasti solo noi del vecchio gruppo e forse per questo motivo Marco aveva cominciato a vedere anche altre persone, unendosi di tanto in tanto a noi, magari quando aveva qualche nuova ragazza da presentarci.

Accadde però, proprio quando cominciarono i problemi tra Giada e Francesco, che Marco avesse cominciato a frequentarci molto di più. Usciva con noi ogni sera, non faceva che chiederci se avessimo o no degli impegni e chi ci fosse con noi. Prese persino l'irritante abitudine di raggiungere me, Serena e Giada quando uscivamo da sole, senza i nostri rispettivi ragazzi.

Io ero troppo impegnata a trascinare la mia storia con Giuseppe per rendermi conto di qualsiasi cosa. Difendermi dalle continue proposte di matrimonio del mio ex e non morire per colpa dei picchi inusitati di glicemia che mi prendevano quando Serena cominciava a parlare di quanto fosse perfetta la sua relazione con Pierpaolo, rendeva la mia vita alquanto difficile. Non diedi peso, quindi, all'onnipresenza di Marco e nemmeno al fatto che Giada cominciasse a diventare più assente.

Cominciai a capire che le cose non andavano bene quando Giada cominciò a non presentarsi ai nostri appuntamenti trovando scuse assurde e quando Francesco mi confessò che Giada lo stava riempendo di bugie.

Nel nostro gruppo cominciò a crearsi una strana tensione. Francesco si sentiva preso in giro e diventava ogni giorno più nervoso; Giuseppe ed io eravamo costantemente con il muso lungo; Marco riusciva a renderci nervosi con il suo carattere troppo esuberante; Giada era sfuggente ed evasiva. E tutti stavano cominciando ad odiare la perfetta felicità di Serena e Pierpaolo.

Poi, un giorno, dopo un grande litigio proprio davanti a me e Giuseppe, Giada ammise di avere una relazione con Marco. E cosa peggiore ammise anche di essere perfino incinta di lui.

Tutto si ruppe. O quasi.

Giada venne lasciata da Francesco; io lasciai Giuseppe non molto tempo dopo; Marco non si fece più vivo dato che sapeva di non essere più il benvenuto. In tutto questo solo Serena e Pierpaolo divennero una sola cosa.

Conobbi tuo padre ancor prima che tutto questo disastro saltasse fuori. Lo conobbi attraverso Monica, la stessa Monica che oggi è incinta di Francesco e che io ho conosciuto andando in palestra. Due storie nate dalle ceneri di altre. Di certo non è di buon auspicio.

Di Giada e di Marco non ho più saputo nulla; Serena e Pierpaolo si sono sposati e qualche volta scendono dal loro olimpo di perfezione e amore incondizionato litigando di brutto davanti a noi.

La mia amicizia con Francesco dura ancora oggi e quasi mi sento in colpa di non potergli dire che aspetto un bambino, so che lo direbbe a Daniele e non voglio grane inutili. Almeno fino a che non sarò pronta a dirlo al mio compagno.

Nonostante questo una cosa è rimasta uguale in tutti questi anni: anche se nella mia vita tutto è passato e cambiato in mille modi, anche se tante persone hanno fatto parte della mia vita e ora non ci sono più, ogni volta che mangio una Girella non posso non pensare che grazie a lei e alle mie lacrime disperate ho vicino il mio migliore amico.


La sera che avrei voluto dire a tuo padre della tua esistenza, come ben sai, mi sono ritrovata a casa Monica e Francesco. E quella sera hanno annunciato ufficialmente che sarebbero diventati genitori. Ci hanno raccontato quello che è successo quando Francesco ha scoperto di diventare padre.

A quanto pare Monica aveva tentennato sul dirgli o no della gravidanza per paura di accelerare i tempi e che Francesco potesse pensare che lei stesse facendo di tutto per incastrarlo, anche se non era così.

In realtà Francesco era davvero felice di diventare padre. Ci ha raccontato ridendo che solo all'inizio era davvero spaventato e arrabbiato, poi però ha cominciato a pensare al suo bambino ed entrambi non riuscivano a stare nella pelle.

Ci hanno detto che si sposeranno subito dopo la nascita del bambino.

Piccolo non sai quanto male mi ha fatto quello che hanno detto. Dovevo essere felice, e lo sono, giuro, ma non ci riuscivo. Dentro di me so che questo non sarà il mio destino. Ho visto la faccia di Daniele mentre Francesco e Monica parlavano del bambino e del matrimonio. Non era felice. Fingeva di esserlo. E ascoltava quelle storie con un malcelato disinteresse che non credo sia sfuggito a Monica.

Quando sono andati via e con tuo padre, sistemando tutto, ci siamo messi a parlare. O meglio, io ho cominciato a parlare e ho provato a chiedergli:

E tu? Come reagiresti se anche io rimanessi incinta?”

Tuo padre si è bloccato e dopo aver pensato per un attimo alla risposta ha detto:

Ci credi se ti dico che non ci voglio nemmeno pensare?”

Dopo aver sentito la storia del mio migliore amico e della sua ragazza non volevo mollare. Ero sicura che potevo convincerlo e dirgli finalmente tutto. E cercando di non mostrarmi né agitato, né arrabbiata, ho smesso di fare quello che stavo facendo e ho insistito:

Beh! Nella vita non si può dare nulla per scontato. Io non immaginavo certo che dopo dieci anni avrei lasciato Giuseppe e dopo nemmeno un anno assieme, sarei venuta a vivere con te!”

Sapevo di aver toccato un tasto delicato. Da quando ci siamo messi assieme tuo padre con me è sempre stato molto chiaro: niente figli. Non ha mai sopportato l'idea di avere un bambino, non ama poppanti e uomini che trascinano passeggini e non ha mai sentito il bisogno di essere padre. Ma c'è un'altra cosa che fa sputare veleno a tuo padre, molto più che proporgli una gravidanza: il fatto che nomini Giuseppe.

Infatti, come ho capito troppo tardi, l'ho visto piegare la schiena e voltarsi lentamente.

E quando lo guardai in faccia lo vidi alterato.

Se questo è un modo per parlare della possibilità di avere un figlio assieme, lascia che ti dia la risposta: non farei un figlio con te nemmeno se fossi l'ultima donna sulla faccia della terra. Secondo... Se tanto ci tieni, perché non torni con Giuseppe e non lo fai con lui un figlio!”

Lo disse con tanta rabbia che sentì quasi una morsa d'acciaio serrarsi intorno alle mie viscere. Sono certa che lo avrai sentito anche tu.

Ho guardato tuo padre andarsene via senza nemmeno finire di sparecchiare e in silenzio ho pianto.

Sia chiaro, piccolo. Tuo padre non è cattivo, anzi! È una persona altruista, un ottimo amico e un buon compagno a parte questa apatia nei confronti della paternità e dei bambini. È immaturo, ma so che mi ama, nonostante quello che ha detto.

Per quello che so ha avuto un infanzia difficile poiché i suoi genitori sono morti che lui aveva appena dodici anni. Lo hanno preso con sé dei suoi parenti che gli hanno voluto bene, ma non sono mai riusciti a colmare il vuoto che gli avevano lasciato i suoi. Lo so che è difficile capire un dolore del genere e so che quello che ha detto ieri era solo dettato dalla rabbia di aver rivangato per l'ennesima volta un discorso che è stato sviscerato più volte e dall'aver nominato Giuseppe.

Lui non è geloso di Giuseppe, sia chiaro, anche se può sembrarlo. Daniele non sopporta quello che rappresenta Giuseppe per la mia famiglia. Come ben sai, piccolo, tua nonna non è mai stata contenta della mia relazione con tuo padre e spesso mi fa presente di tutti i successi personali e finanziari di Giuseppe proprio davanti a lui. E se mi sento umiliata io quando lo fa, posso immaginare come si senta tuo padre.

E forse, ieri, nominando Giuseppe, inconsciamente, volevo ritardare il momento in cui gli avrei detto tutto.


Odio i bar la mattina.

Quando tempo fa ho lavorato per pagare la multa che aveva preso introducendomi nel cementificio, ho passato tutta l'estate dentro un bar sulla spiaggia di proprietà do un amico di mio padre.

Lavorando lì dentro ho scoperto quanto la gente non solo sia maleducata, ma anche arrogante e falsa. Ho conosciuto i clienti che sulla porta, con la fila che arrivava fino al bagnasciuga, gridavano e pretendevano quattro caffè; ho conosciuto il rompipalle che ti chiede un caffellatte tiepido, ma non troppo freddo, nemmeno troppo caldo, appena macchiato, in un bicchiere di vetro grande e possibilmente con latte di soia; o quelli che ti fanno i complimenti per il caffè e poi vanno dal tuo capo a dirgli quanto il tuo caffè facesse schifo, solo per il gusto di vedere come ti trattava una volta che lo aveva scoperto.

Dentro un bar ho scoperto che il mondo è fatto di bastardi, cafoni e altro, ma ho anche imparato che bisogna essere sempre gentili con chi lavora dall'altra parte del bancone. E spero di riuscire ad insegnare questo rispetto anche a te.

Questa mattina sono seduta vicino allo studio di tuo nonno.

Forse tu non lo sai ma mio padre è un notissimo avvocato, quello che molti definirebbero un principe del foro. È molto stimato da tutti e nel suo campo è il migliore. Quando ero piccola volevo davvero diventare come lui. Poi, crescendo, mi sono resa conto che la vita accademica non era per me e con gran disappunto di tua nonna ho lasciato l'università. Crescendo i miei sogni sono cambiati.

Con il mio diploma psico pedagogico, posso fare la maestra d'asilo e dopo aver lasciato l'università di Giurisprudenza, ho pensato spesso di aprire un asilo nido tutto mio.

L'idea era questa; studiare, prendere gli attestati necessari e aprire il mio asilo nido. Fare qualche soldo e poi, finalmente, mettere su famiglia. Mi è sempre piaciuta l'idea di poter lavorare con mio figlio e non doverlo lasciare a qualche babysitter o dover pagare qualche asilo nido trovandomi così a sentirmi e magari ad essere una madre assente.

Poi è arrivato tuo padre. Lui a differenza mia è molto pratico, conosce meglio di me il valore dei soldi e, purtroppo, sa essere molto diretto. Ha smontato il mio sogno non appena gliel'ho detto e io non ho fatto molto per difenderlo. Ho raccolto i cocci e ho chiuso il mio sogno dentro un cassetto, perdendo la chiave. Ed ora è lì che prende polvere e anche se so che basterebbe davvero poco per forzare la serratura della realtà, faccio di tutto per bloccarmi.

Comincerai a pensare che sono una vigliacca. E forse lo sono davvero, oppure sono semplicemente una che sa incassare una sconfitta e tornare a casa.

Ti chiederai quindi perché sia qui e cosa c'entra tutto questo con tuo nonno. In effetti ho cominciato a divagare, come mio solito e non ti ho detto il vero motivo per cui sono qui, in questo bar.

Ieri sera, dopo la sfuriata più o meno giustificata di tuo padre, ho mandato un messaggio a tuo nonno chiedendogli quando sarebbe stato possibile incontrarci. La risposta non si è fatta attendere e mi ha dato appuntamento qua alle nove.

Voglio parlare con lui riguardi i rischi che posso correre se non dovessi informare tuo padre della tua esistenza. So che è terribile, ma non riesco a trovare una soluzione migliore. So che tuo padre non sarà felice quando saprà della mia gravidanza e non voglio sentirgli dire cose che mi potrebbero ferire.

Certo questo significa che dovrò informare mio padre che a breve diventerà nonno e anche questa, credimi, non è una cosa che muoio dalla voglia di fare, dato che non so come reagirà alla notizia.

Sto giocherellando con il mio portachiavi a forma di orsacchiotto, sistemandogli la maglietta rossa con sopra scritto il mio nome, quando sento la porta del bar aprirsi, mi volto e vedo mio padre.

Sono di parte, lo so, ma per me rimane sempre un uomo non solo molto bello ma anche molto affascinante.

È alto e magro, con i capelli bianchi in perfetto ordine. Mi sorride e saluta i camerieri e tutti gli rispondono con un 'buongiorno dottore!' a più riprese.

Quando ero piccola rimanevo sempre ammirata da lui. Mi affascinava quella montagna invalicabile, sempre impeccabile nel suo abito firmato, che salutava sempre tutti, dal collega all'operatore ecologico, senza distinzioni. Mia madre, invece, era quella più altolocata. Lei è nata da una ricca famiglia, nobili in rovina per quello che so, ma con un educazione e un patrimonio ben lontani dal definirli in decadenza. A differenza di mio padre lei tracciava continuamente dei confini. Salutava solo chi le era superiore e aspettava invece che chi riteneva inferiore le porgesse i suoi omaggi. Litigava spesso con commessi e camerieri ogni qualvolta non sottostavano ai suoi capricci e molte volte ho pensato, quando questo accadeva, che sputassero dentro il suo piatto o dentro la sua tazzina per dispetto.

Caratterialmente somiglio molto a mio padre, nonostante anche i miei fratelli hanno evitato di ereditare tutte le cattive abitudini di mia madre, anche se -a malincuore- noto spesso che anche loro a volte hanno un atteggiamento un po' classista. E questo mi da fastidio dato che, sì, siamo una famiglia benestante, ma non siamo di certo milionari e ci vuole davvero poco perché ognuno di noi raschi il fondo.

Dopo aver salutato tutti, mio padre mi vede seduta vicino alla vetrina del bar e mi raggiunge sfoggiando il più bello dei suoi sorrisi. So che gli manco da quando ho lasciato casa dal momento che lui stesso me lo ha detto. E so anche che gli mancano davvero le infinite litigate tra me e mia madre.

Una volta che mi è abbastanza vicino mi alzo e accolgo il suo abbraccio e il suo bacio sulla guancia con un sorriso. Anche io sono felice di vedere mio padre dal momento che, specialmente in questo momento, sento tantissimo la sua mancanza e ho davvero bisogno dei suoi consigli.

Sei radiosa!” mi dice dopo essersi seduto, sistemando la giacca che indossa.

Rispondo con un altro sorriso, stavolta un po' più tirato. Quanta gente mi ha detto che sono radiosa? Ho perso anche il conto. Certo che non so come facciano a trovarmi così luminosa se la notte a malapena riesco a dormire. E poi, detto da mio padre, mi fa venire i brividi e mi fa pensare che ad un solo passo dallo scoprire tutto da solo.

Grazie!” mormoro appena chinando lo sguardo.

Lui non sembra accorgersene e chiama Nando, il proprietario del bar. Nessuno si ricorda il suo nome completo, infatti, da che ho memoria tutti lo chiamano sempre così e a differenza del locale, che è cambiato negli arredi, Nando è rimasto sempre lo stesso.

'Giorno, dottore!” dice avvicinandosi al nostro tavolo e lanciandomi un'occhiata finge di non ricordarsi di me e fa una battuta di dubbio gusto: “Non ditemi, dottore, che vi siete fatto l'amante!”

Sorrido tirata. Non è la prima volta che sento una battuta del genere su mio padre mi da fastidio ogni volta che viene fatta. Un tempo mio padre ha avuto una relazione con una donna e la cosa non è passata sotto silenzio come avrebbe voluto mia madre, invece. È stato un brutto momento per la nostra famiglia e ricordo benissimo che per un po' ho sperato che almeno lui potesse liberarsi dal tragicomico giogo che mia madre ci ha messo a tutti al collo. Ma non lo fece. Rimase con noi per amore della nostra famiglia e ha sacrificato forse un amore vero per amore dei suoi figli. Ecco spiegato il mio fastidio per una domanda completamente fuori luogo.

Mio padre invece non sembra infastidito e sorridendo, guardandomi con lo stesso sguardo d'amore che mi dedicava quando ero una bambina, risponde:

Anche se sono pazzamente innamorato di lei, purtroppo non è la mia fidanzata. Anche se per un periodo ha detto a tutti che mi avrebbe sposato!”

Nando fa un'espressione che è tutta un programma e mio padre scoppia a ridere dicendo:

Sono trent'anni che la amo. E lei pure... Ma stai tranquillo... Non c'è niente di strano. È mia figlia. La più grande! L'ultima volta che l'hai vista aveva un fiocco blu tra i capelli. Portava sempre la coda, non ricordi?”

Nando spalanca la bocca, ricordando probabilmente il dettaglio e il giorno del nostro incontro, che io invece ho rimosso.

Certo che ricordo! Era il giorno che lei aveva perso un dentino, vero dottò? E lei l'aveva portata qui perché non aveva pianto una sola volta dal dentista e le voleva offrire una cioccolata” e battendo una mano sulla fronte aggiunge: “Ecco perché mi sembrava un viso famigliare quando l'ho vista entrare!” e guardandomi chiede ancora: “Tu sei Sara, vero?”

Annuisco e Nando voltandosi verso mio padre, gli chiede:

E quanti sono?”

Cinque!” risponde mio padre orgoglioso: “Lei” e mi indica aggiungendo poi: “Matilde, la seconda, che si deve sposare tra sei mesi; Andrea che sta lavorando in America; Giovanni che si spera diventerà un avvocato come me; e Alessandra, la più piccola che ancora va al liceo!”

Nando sorride e da una pacca sulle spalle a mio padre e dice:

Complimenti dottò! Vi siete fatto onore!”

Anche tu ti sei dato da fare, per quello che mi ricordo!” scherza mio padre.

Ringrazio mentalmente il cielo che mia madre non sia presente. Conoscendola si sarebbe fatta venire un tracollo sentendo questi discorsi che definirebbe sicuramente di cattivo gusto.

Nando si scherma con una risata divertata, ignaro dei miei pensieri e risponde:

No! Io solo tre. Maria, Anselmo e Domenico. La prima ha trentacinque anni e gli altri due sono nati con uno scarto di undici mesi l'uno dall'altro!”

Hai visto che avevo ragione che anche tu ti sei dato da fare?” scherza mio padre mentre Nando, con il petto in fuori e gli occhi che li brillano aggiunge:

E pensi lei che ieri sono diventato nonno per la terza volta! Ed è il primo maschio, figlio di mio figlio. Dottò non sa quanto sono felice” e poggiando una mano sulla spalla di mio padre domanda: “E lei, dottò? Quanti nipoti ha?”

In quel preciso momento sento le budella contorcersi e mio padre risponde con amarezza:

Ancora niente. Ma spero che miei figli si diano una mossa e decidano di mettere la testa a posto e rendermi nonno al più presto!”

Mi guarda fisso negli occhi e cerco di sembrare il più tranquilla e disinvolta possibile. Sorrido e dentro di me spero che qualcuno metta fine a questo discorso senza capo né coda.

A quanto pare i miei desideri vengono subitamente esauditi e qualcuno chiama Nando dal bancone. Mentalmente benedico questo intervento divino mentre Nando, imbarazzato, dice che deve andare e ci chiede cosa vogliamo. Mio padre prende un caffè macchiato e io una cioccolata con panna.

Solo quando Nando se ne va via e ci lascia relativamente soli che tuo nonno mi chiede:

Mi vuoi spiegare che è successo? Ieri quando mi hai chiamato eri preoccupata. E non dirmi che non è vero, perché lo sentivo dalla voce. E per di più, quando questa mattina ho detto a Matilde che dovevamo vederci, anche lei mi è sembrata piuttosto nervosa!”

Non c'è rimprovero nella sua voce, semmai preoccupazione e un certo disorientamento dovuto al fatto che non capisce davvero che cosa stia succedendo e non sa se debba preoccuparsi oppure no.

Prende un attimo di tempo e il rubinetto del vapore della macchina del caffè viene aperto facendo bollire quello che presumo sarà il latte per la mia cioccolata. Tuo nonno si avvicina e con sguardo complice aggiunge:

Non ne starete combinando qualcuna delle vostre per far andare a monte il matrimonio perfetto che vostra madre a messo su per Matilde? Sapete che questo la farebbe impazzire!”

Sorrido maledicendomi di non aver mai preso in considerazione l'idea di mettere su qualche tiro mancino per nostra madre e mandare a monte parte dei suoi piani, poi scuoto la testa e rispondo:

Niente papà! Puoi stare tranquillo. Il matrimonio da favola della mamma è in una botte di ferro!”

Sorridiamo divertiti e proprio in quel momento una cameriera con la pelle bianca come il latte e il naso spruzzato di lentiggini ci porta il caffè macchiato e la cioccolata. Poggia tutto sul tavolo e fa per andarsene, quando mio padre la blocca e le chiede:

Quanto ti devo?”

Niente” arrossisce la ragazza, stringendo al petto il vassoio. “Il signor Nando ha detto che stasera offre la casa!”

Mio padre si volta e noto che Nando ci sorride e fa un cenno con la testa. Papà risponde con un gesto della mano e un sorriso imbarazzato e voltandosi verso di me, risponde:

Ricordami di pagare comunque, prima di andare!”

Ma se te l'ha offerta!” sorrido io.

Non sto venendo qui spesso come facevo una volta. Alle volte vado al bar vicino al tribunale, specialmente quando abbiamo udienza di prima mattina. Altrimenti vado in un baretto qua all'angolo. Il mio socio, Manlio, si è preso una cotta per una delle cameriere e vuole sempre fare colazione lì. Almeno fosse buono il caffè!” risponde mio padre sistemandosi nella sedia, ancora imbarazzato.

Ma Manlio non è sposato?” chiedo curiosa.

Mio padre solleva un sopracciglio e risponde:

Come se questo potesse fermarlo.” e sistemandosi di nuovo la giacca aggiunge: “Manlio è un sacco di cose. È un ottimo avvocato, uno squalo quando si tratta di far fuori qualche avversario ad un udienza. È uno spendaccione e uno spaccone, che alle volte ostenta una ricchezza molto superiore di quello che in realtà guadagna. E non ha rispetto per Simona, sua moglie, che ancora mi chiedo come faccia a sopportarlo dato che io personalmente lo mando al diavolo almeno una decina di volte all'ora”

E sa che tu sai?” chiedo io sbigottita.

Beh! Si è giustificato dicendomi che sta passando una crisi di mezza età.” risponde mio padre: “Una giustificazione fiacca per non ammettere nemmeno a se stesso di essere un porco!” e avvicinandosi di nuovo aggiunge: “So che non è molto delicato da dire ad una figlia, ma per quello che so si porta la sua amichetta in ufficio da noi, dopo la chiusura e si inventa straordinari inesistenti con la moglie per giustificare i suoi ritardi!”

Davvero?” esclamo con la bocca spalancata e con il cucchiaino pieno di panna proprio vicino alla mia bocca.

Papà annuisce e scrollando le spalle dice:

Ma non è di questo che stavo parlando. Ti stavo dicendo che non voglio che Nando pensi che vengo qui solo per farmi offrire il caffè. Ecco perché voglio pagarlo prima di andarmene”

Annuisco e non ho nemmeno il tempo per ribattere che tuo nonno mi dice:

Allora. Di che mi devi parlare di tanto importante?”

Per un attimo rimango combattuto dall'idea di dirgli o no che sono incinta. Poi opto per una bugia bianca. O meglio... Un'omissione con i fiocchi.

Sospiro, lo guardo negli occhi e dico:

Una mia amica è incinta”

Piccolo è ufficiale: tua madre è una vigliacca.

Papà corruga la fronte e sorridendo dice:

Oh! Sono contento. E chi è? Serena? Monica?”

Sospiro e mi preparo ad omettere di nuovo la realtà e rispondo:

No! È un'amica di Daniele che tu non conosci!”

Ah!” ribatte mio padre che subito domanda: “Ed io che c'entro?”

Prendo fiato e rispondo:

Come ti ho detto è incinta, però ha scoperto che il marito non vuole figli...”

Se vuole abortire è comunque meglio che renda partecipe anche il coniuge. Non ci sono delle norme che tutelino il padre in questi casi, ma con dei vincoli giudiziari potrebbe citarla e vincere la causa” interviene mio padre con il solito piglio professionale.

Io muovo le mani per bloccarlo e gli dico:

Non vuole abortire. Sono sicura di questo! Lei ha scoperto di essere incinta da poco e suo marito non sa che lei lo sia. Volevo sapere se tenendo nascosta la sua gravidanza commette o no un reato”

Beh!” dice tuo nonno grattandosi la testa: “Non c'è una legge che obblighi una donna a dire oppure no di essere incinta. L'unica cosa che c'è in riguardo è il disconoscimento.”

Disco che?” chiedo senza capire

Disconoscimento di paternità. Lo può richiedere il padre, la madre stessa e il figlio una volta maggiorenne. Giuridicamente un padre può richiedere il disconoscimento dopo un anno dalla nascita del figlio. Se dovesse scoprire ad esempio di essere padre dopo la nascita del bambino può richiedere, dopo i dovuti accertamenti il disconoscimento, come ti ho già detto. E lo può fare dopo un anno dalla scoperta”

E se volesse lei?” chiedo io interessata.

Lo può fare. Può chiedere il disconoscimento dopo sei mesi dalla nascita del bambino. E il ragazzo o la ragazza una volta diventato maggiorenne!”

Tremo per un attimo. Quasi mi sembra strano che tu ti stia appena formando e ci siano già così tante leggi etiche e morali che ti difendono a spada tratta.

In effetti penso che sia giusto. Una vita è una vita, qualsiasi sia la scelta che facciamo. Non sono un'antiabortista e penso che ci siano donne che se ricorrono all'aborto lo facciano perché ne hanno i giusti motivi. E non giudico nemmeno le mamme che mettono al mondo un bambino e lo abbandonano all'ospedale appena nato.

Ciò che mi disgusta sono le donne che non hanno rispetto per i bambini che partoriscono, quelle che li buttano dentro un sacchetto dopo averli messi al mondo e li abbandonano come si farebbe con l'immondizia. Penso che ognuno di noi ha diritto ad un'opportunità. E anche quei bambini ce l'hanno e nessuno è abbastanza potente da decidere come e quando mettere fine alla vita di suo figlio.

Piccolo mio, di una cosa sono certa. Nonostante tutti i casini che ho fatto e che mi piomberanno inevitabilmente addosso, puoi stare tranquillo. Io tutto questo non lo farò mai con te. Ti ho amato dal primo momento che ho avuto la certezza che c'eri e non sopporterei l'idea di staccarmi da te per sempre e in maniera tanto drammatica.

Sara?”

La voce di mio padre mi distoglie dai miei pensieri.

Gli sorrido e gli dico:

Sì!”

Tuo nonno mi guarda stranito e riprende:

Ti stavo dicendo che quello che ti ho spiegato ha validità giuridica solo si è sposati. Se si convive, tutto questo decade, in quanto non si parla di paternità legittima -ovvero che avviene all'interno di un matrimonio- ma di paternità naturale e quindi il padre può riconoscere o no il figlio al momento della nascita. Ma mi hai detto che la tua amica è sposata quindi non dovrebbero esserci problemi di questo tipo”

In un microsecondo mi rendo conto che sono completamente sola. Se prima ero quasi contenta di sapere che Daniele poteva non far parte della mia vita nel caso non avesse voluto questo bambino, ora mi rendo conto che mi può abbandonare anche ora senza prendersi nessuna responsabilità. E vuoi gli ormoni che sono in giostra da quando sono incinta, vuoi che sia la paura, che sia il dolore che provo lancinante al petto per lo sconforto, lascio cadere tutte le difese e le omissioni e scoppio a piangere davanti a tuo nonno, che scioccato, allunga la mano verso di me e mi chiede preoccupato:

Che succede piccola?”

Cerco di riprendermi e guardo mio padre dritto negli occhi. Non pensavo che i miei nervi avrebbero ceduto, come non pensavo che Daniele sarebbe uscito con la stessa facilità con cui era entrato nella mia vita anche con un bambino in ballo. Cerco di parlare a mio padre, ma non ci riesco e scoppio di nuovo a piangere.

Maledizione! Sembra che non sappia fare altro ultimamente.

Che succede?” incalza mio padre.

È spaventato e ne ha tutte le ragioni, dal momento che sono scoppiata in lacrime senza un motivo apparente, almeno per lui.

Un moto di tenerezza mi avvolge e sorrido tra le lacrime, ma dura pochi secondo quando vengo sconvolta da un secondo conato di lacrime. Lui fruga nella tasca e prende un fazzoletto che mi porge subito. Lo ringrazio con un cenno del naso e mi asciugo gli occhi e passo delicatamente il fazzoletto sotto il naso. Ed è in questo momento che crolla tutto il mio castello di carte e lo fa con un suono assordante che scuote me e tutti i miei nervi. Lo hai sentito anche tu, piccolo mio?

Non c'è nessuna amica, papà!” esordisco tra i singhiozzi.

Tuo nonno aggrotta le sopracciglia e ribatte confuso:

Non capisco...”

Non c'è nessuna amica incinta, papà!” incalzo io tra le lacrime. “Sono io che sono incinta e non so come dire a Daniele che sono incinta dal momento che è lui quello che non vuole figli”

Gli occhi di mio padre di spalancano per la sorpresa. Dentro di lui c'è una lotta che lo porta a cercare in me la minima espressione, il minimo accenno di risata che svelerà che tutto quello che ho appena detto è uno scherzo. Ma non lo trova e nei suoi occhi vedo la stessa sorpresa di quando è venuto a prendermi al cementificio tanti anni fa, anche se ora c'è un fondo di curiosità nei suoi occhi che allora, complice la grande delusione che gli avevo arrecato, non avevo visto.

Mio padre è come Daniele. È un uomo pratico che non ama le sorprese, che vive con la sua agenda in mano e seguendo tutti gli appuntamenti che ha giornalmente. Con questa rivelazione l'ho disorientato come mai avevo fatto in vita mia e come forse mai più farò.

Scuote la testa e il cellulare comincia a suonare. Lo prende dalla tasca e legge il nome di chi lo sta chiamando. Con movimenti impacciati rifiuta la chiamata desistendo dall'impulso di rispondere in automatico. Ripone il cellulare in tasca e prendendomi le mani vedo la sorpresa lasciare il posto ad una sincera commozione che le riempie gli occhi e il viso:

Devo andare. Manlio ed io abbiamo un'udienza tra un'ora e non posso ritardare” e schiarendo la la voce sento che le mani fredde stringono più forte le mie. E con voce rotta aggiunge: “Quello che voglio dirti prima di andare è che non sei sola, qualsiasi sia la tua decisione, qualunque cosa accadrà, qualunque sia la scelta di Daniele ti prometto... Ti giuro che ti starò vicino!”

Sorrido mentre nuove lacrime mi bagnano il viso. Lui le asciuga con una mano e mi chiede:

Vuoi che ti chiami un taxi?”

Scuoto la testa e poi rispondo:

No! Rimango ancora un po' qui. Il tempo di finire la mia cioccolata e poi vado. Ho voglia di camminare a piedi!”

Mi sorride, mi accarezza una guancia e allungandosi mi bacia la fronte. Non dice nulla, ma i suoi occhi lucidi parlano molto più di tutte le parole che si possono dire in momento come questo. E dopo l'ennesima carezza mi saluta ed esce.

È ancora scosso dalla notizia e sai perché lo so piccolo? Perché è uscito senza pagare la cioccolata a Nando.

Questo mi fa sorridere, poi il mio sguardo cade sul fazzoletto che mi ha lasciato, quello con le iniziali ricamate che tua nonna ha insistito tanto perché ne avesse uno. Lo avvicino al viso e ne aspiro forte il profumo e come quando ero piccola quella fragranza di menta del dopobarba e di muschio bianco che è il profumo che usa mio padre, mi rilassa. Le lacrime si fermano e allora prendo il cucchiaino e mi tuffo tra i riccioli di panna che hanno cominciato a sciogliersi dentro la mia cioccolata ormai tiepida.

Strano piccolo mio. Il primo uomo che ha saputo della tua esistenza è stato tuo nonno. E so che questo passo mi darà il coraggio di dirlo anche a tuo padre.


Poco dopo che tuo nonno se ne è andato, questa mattina, mi ha chiamato Serena e ho passato con lei tutta la giornata. È stato un po' strano mentire proprio a lei dal momento che da quando ci conosciamo le dico sempre tutto. Ma come ti ho confidato questa mattina so che il prossimo a cui dirò della tua esistenza è proprio tuo padre. Certo! Sono spaventata dall'idea che possa reagire male, ma non so se mi importa davvero. L'idea di perderlo ora che so che tuo nonno mi è vicino mi rende più forte. Forse mi bastava davvero sapere che qualcuno, un uomo intendo, mi fosse vicino per riuscire a parlare di te a tuo padre.

Mentre sto camminando verso casa mi trovo davanti ad un negozio Prenatal. È strano. Non mi sono mai resa conto che ci fosse un negozio del genere vicino casa, forse perché per questa via ci passo sempre in macchina con Daniele e raramente la percorro a piedi.

Entro con un sorriso ebete dipinto sul viso e una commessa sorridente mi saluta. Rispondo con un cenno della testa e comincio a guardarmi intorno. Mi rendo immediatamente conto di aver bisogno di un sacco di cose. Carrozzina che si trasforma in passeggino e in porte-enfant, culla, biberon, ciucci, tutine, pannolini, vestitini, marsupio, tiralatte, reggiseni per allattamento e scarpine.

E davanti a queste mi blocco. O forse sei tu che ti sei bloccato. Un piccolo paio di scarpe di lana che mi stanno appena sulla mano. Sono bianche e rosse e hanno i laccetti fatti con un filo di lana rosso e una bianco intrecciati.

Tenere in mano queste scarpine mi fa sentire un brivido lungo la schiena. Le prendo e vado a pagarle alla cassa. La commessa mi sorride e mi chiede:

Aspetta un bambino?”

Annuisco e sento le guance diventare rosse come un peperone. Che strano piccolo, è più facile dire una cosa così delicata ad una sconosciuta che ad una persona che ami. Forse il mondo è strano. O forse sono solo io quella strana.

Sa già cos'é?”

Scuoto la testa e rispondo:

No! Sono incinta di appena due mesi. Devo aspettare ancora un po' per sapere il sesso del bambino!”

La commessa mi sorride e ribatte:

Auguri e congratulazioni!” e mi porge la bustina con dentro le scarpe chiuse in una scotolina di plastica trasparente.

Ringrazio di nuovo con un gesto del capo, esco dal negozio e metto il pacco dentro la borsetta.

Mi incammino verso casa e guardo le strade che cominciano a svuotarsi, nonostante siano appena le sette e mezza. Qualcuno stanco dal lavoro maledice il fatto che non ha visto la luce del sole per un solo momento. Qualcun altro torna a casa perché a ha fame e deve preparare la cena.

Io sollevo gli occhi al cielo e guardo le stelle brillare timide contro le luci della mia città.

Non mi sento agitata, al contrario, so che qualunque cosa accada questa sera per me e per te, piccolo mio, tutto si sistemerà.

Arrivo al portone, prendo le chiavi dalla tasca del cappotto e poi salgo sull'ascensore. Arrivo al mio piano ed esco. Mi avvicino alla vecchia porta di casa e la apro.

Daniele è seduto sul divano e guarda la televisione. Si volta, quando mi sente entrare e mi saluta. Lo guardo e mi chiedo come ho potuto anche solo pensare che potesse non volerti. Come si può rimanere indifferenti davanti ad un simile miracolo.

Mi sento come una bambina che scopre che quello che le faceva paura era una cosa completamente stupida. Mi avvicino e mi lascio scivolare vicino a lui sul divano. Lui sorride malizioso e mi bacia con passione. Sento che mi sta già cominciando a sbottonare i bottoni del cappotto e che il suo respiro si fa sempre più forte quando decido di bloccarlo.

Mi guarda deluso e io, dopo avergli fatto cenno di aspettare, frugando nella borsetta gli porgo le scarpette che ho preso poco fa da Prenatal.

Lui apre la busta e vede la scatolina e per niente intenerito, guardandole con lo stesso interesse che riserverebbe ad un insetto:

Belle! Sono per il figlio di Monica e Francesco?”

Delusa dalla sua reazione scuoto la testa. Lui le guarda ancora un po' e poi rispondo:

No!” e con un gesto di stizza prendo la scatolina, la lancio sul tavolo e poi mi tolgo il cappotto.

Tuo padre si volta e mi guarda. Sistemo i capelli con una mano e incrocio le braccia. Sono passata dalla totale certezza che tuo padre ti avrebbe accolto come ti ha accolto il mio, al rendermi conto che non sarà mai così e che Daniele è solo un cretino che non ne vuole sapere di crescere.

Lo guardo con rabbia e lui, alzandosi dal divano, mi guarda senza capire e mi chiede:

Ma che tu prende?”

Mi prende che sono incinta di due mesi, quasi e tu non fai altro che comportarti da ragazzino. Che sono spaventata e che non voglio affrontare tutto da sola, ma dalla faccia che stai facendo capisco benissimo che dovrò farlo. Ecco che mi prende!”

Daniele non parla. Vedo solo che il suo colorito diventa cinereo e questo mi fa arrabbiare di più al punto che sbotto:

Stai per diventare padre, idiota! Possibile che tu non abbia nulla da dire?”

Mi guarda ancora negli occhi e istupidito riesce solo a balbettare:

Ma... ma... Il bambino è... è mio?”

Questa è la goccia che fa traboccare il vaso. L'unica cosa che riesco a fare prima di scoppiare in lacrime è quella di avvicinarmi e schiaffeggiarlo e poi rinchiudermi in camera sbattendo la porta.

Al buio mi lascio scivolare sull'uscio chiuso e sconvolta dai singhiozzi aspetto una reazione che non arriva.

Tendo l'orecchio e sento la porta d'ingresso aprirsi e poi richiudersi.

È uscito e mi ha lasciata da sola. Sola con le mie lacrime, suo figlio e le mie mille paure.


Stamattina mi sono svegliata di soprassalto. È stato il cellulare a svegliarmi trillando forte e ancora continua a squillare mentre intontita mi guardo intorno.

Non rispondo e mi giro a guardare nella posizione dove dorme tuo padre. Non c'è.

La cosa no mi stupisce, ma nonostante tutto mi spaventa un po'. Mi chiedo subito se gli sia successo o no qualche cosa e quando il cellulare smette di suonare e un SMS mandato dal servizio telefonico mi annuncia che qualcuno mi ha chiamato, allungo la mano e guardo l'elenco delle chiamate perse.

È tuo nonno. Con questo ho la certezza che tuo padre ieri ha lasciato questa casa e, quindi, me lavandosi le mani del tuo futuro. Cosa tipicamente italiana, dato che Ponzio Pilato era un Romano.

Cercando di scacciare la tristezza che sembra cogliermi di prima mattina, schiaccio il pulsante delle chiamate e subito sento la voce di tuo nonno:

Mi sono spaventato. È forse successo qualche cosa?”

Non rispondo e scoppio a piangere. Lui mi chiede ancora se tutto va bene e mentendo gli dico:

Ho litigato con Daniele e gli ormoni mi giocano brutti scherzi come al solito... Stai tranquillo papà!”

Rimane un attimo in silenzio. So che non mi crede, ma mi risponde che se ho bisogno lo trovo in ufficio.

Chiudo la chiamata e guardando il vuoto penso. In silenzio. Mi alzo e vado a farmi un bagno. Riempio la vasca e poi mi lascio andare dentro, facendomi pervadere dal piacevole calore. Rimango a mollo finché l'acqua non diventa fredda. Solo allora mi asciugo e mi vesto. Non pulisco il bagno e lascio tutto come l'ho trovato la sera prima. Apro il grande armadio di camera da letto e prendo la mia valigia cominciando a metterci dentro tutto il necessario. Per il resto passerò io o manderò qualcuno.

È con le lacrime agli occhi che mi avvicino alla porta. Ricordo benissimo il giorno in cui Daniele mi ha fatta entrare qua dentro portandomi in braccio. Ho tenuto per settimane il livido viola sul fondo schiena perché è caduto subito dopo. Ricordo quando abbiamo cominciato i lavori per ristrutturare casa da soli. E ricordo la prima notte in cui ci siamo seduti sul divano che avevamo scelto all'Ikea brindando con vino di dubbia qualità.

Ero felice in ognuno di quei momenti.

È finita così, allora? Mi guardo intorno cercando non so nemmeno io che cosa e vedo le scarpine sul tavolo. Ci poggio vicino le mie chiavi ed esco. E quando chiudo la porta non riesco a togliere gli occhi da quei due oggetti: quelli che rappresentano l'uscita di tuo padre dalle nostre vite.



Chiedo perdono a chiunque legge

la mia storia per la lunghissima attesa.

Sono imperdonabile, lo so.

Ringrazio LaNonnina che

ormai è la mia stalker

(Scherzo)

e che mi ha lasciato una bellissima recensione.

Spero di non deluderti.

Per gli altri che seguono questa storia in

silenzio...

So che alle volte è difficile lasciare un'opinione

ma siete di fronte ad una delle persone

più aperte del mondo:

volete scrivermi che la storia vi piace

o che vi fa schifo, o che

è scritta in un modo che non vi attira?

Fatelo. Ogni critica se

espressa in modo

costruttivo ed educato e bene accolta.

Quindi...

RECENSITE! RECENSITE! RECENSITE!

Io sarò qui a rispondervi.

Per chiunque è interessato e ancora non lo sa

ho anche una pagina Fb

(proprio io che non ne volevo nemmeno sapere)

mi chiamo Niniel82 e sono l'unica

quindi è facile trovarmi.

Qualsiasi cosa vogliate chiedermi,

potete farlo lì, oltre che sapere in tempo reale ogni volta che

posto un nuovo capitolo.

Bene.

Spero di metterci meno tempo per il prossimo capitolo.

Nel frattempo auguri di buona Pasqua

anche se in ritardo e

alla prossima.

Un bacio.















   
 
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