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Autore: MimiRyuugu    05/04/2013    5 recensioni
“Insieme…qualunque cosa accada…” disse sorridendo Giulia. Hermione annuì. “…sempre…” continuò, stringendo la mano. “…contro ogni difficoltà!” concluse Anna, stringendola a sua volta. Poi, si guardarono ancora.
Sesto anno. Anna Alvis Haliwell, Giulia Wyspet ed Hermione Granger si apprestano ad iniziare il penultimo anno ad Hogwarts. Ma tanti cambiamenti si prospettano per loro. A quali avventure andranno incontro i nostri Tre Uragani?
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Draco Malfoy, Hermione Granger, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Ron/Hermione
Note: OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Tre Uragani Saga'
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Buonsalve *-*
ecco qui che rirotolo nella trappola dell'aggiornamento veloce xD un enorme grazie a Giorgy89, mistery_sev, LucyCherie, CenereSnape e lambretta per le recensioni <3 *manda abbracci*
In questo capitolo troviamo Albachiara di Vasco Rossi, Lose Control degli Evanescence, Gabriel di Lamb e Pretty Boy delle M2M.

Avvertenze: occtudine, intreprendenza malfoyniana, bradipanza varia, diabete (per tutto ciò, trovate la cura al banco 3 <3)

Spero che l'aggiornamento vi piaccia,
Buona lettura <3


Nono Capitolo

Il trillo della sveglia irruppe nel silenzio che aveva regnato nella stanza. Hermione alzò una mano, tastando il vuoto verso il soffitto. Anna sgusciò sotto la coperta. Mentre Giulia strinse in cuscino infastidita. Quando finalmente la mano del prefetto raggiunse l’oggetto di tanto rumore, il silenzio si ripristinò. “Avanti…è ora di alzarsi…” disse Hermione alzandosi a sedere. Non era mai stata così stanca in vita sua. Di solito si alzava con un’energia pari a quella di dieci elefanti. Si stiracchiò e di malavoglia si trascinò in bagno. Giulia sbadigliò. Ci volle qualche minuto per uscire dalla fase di coma perenne e alzarsi. Raggiunse l’amica. Immergendo poi il viso nell’acqua fredda per riprendere almeno la consapevolezza del suo nome. Hermione si guardò allo specchio e sbuffò. Quella mattina i capelli le stavano peggio del solito. E stranamente le dava fastidio. Giulia la guardò. “Acqua fredda! Un buon metodo per riprendere conoscenza!” esordì poi. Intanto il prefetto cercava invano di aggiustarsi la frangia. Che però rimase ribelle divisa in ciuffi scomposti. Giulia rise. Scosse la testa e prese la spazzola. Accese la piccola piastra a pile di Anna e aspettò qualche minuto. “Girati…” ordinò ad Hermione. Questa obbedì. L’amica iniziò a spazzolarle piano i capelli castani e crespi. Piano, con tocco delicato. “Allora signorina Granger, come vuole che le faccia i capelli oggi?” le chiese Giulia, a mo di parrucchiera. Il prefetto aggrottò la fronte. Istintivamente le vennero in mente i lisci e lucenti capelli corvini di Lavanda. Si diede uno schiaffo mentalmente. “Mossi…vorrei avere i boccoli…però…è un’impresa!” le rispose poi affranta. Giulia scosse la testa. “Nulla è difficile se la si fa con allegria e determinazione!” rimbeccò poi. Hermione la guardò scettica. “E questa chi tel’ha detta? Piton?” rise poi. La ragazza sorrise. “Me lo diceva sempre mia madre…” spiegò. Mentre continuava a spazzolare con dolcezza i capelli dell’amica. Era arrivata a trenta colpi di spazzola. “Sai…quando ero piccola giocavo sempre nel parco giochi poco lontano da casa mia…hai presente quello in cui siamo andate a mangiare il gelato quest’estate?” iniziò a raccontare Giulia. “Quello con quell’enorme quercia?” chiese Hermione. La ragazza annuì. “In quel parco venivano anche altri bambini…io avevo fatto amicizia con quelli più grandi…e loro sapevano fare molte cose più di me…erano più veloci nella corsa, si arrampicavano sugli alberi…ed un giorno vollero salire proprio su quella quercia…” continuò Giulia. Era arrivata a cinquanta colpi di spazzola. “Io provavo ad arrampicarmi…arrivavo solo a metà tronco, e poi scivolavo giù…loro intanto salivano sui rami, giocavano…ed io rimanevo a terra a guardarli…” proseguì Giulia. “Potevano aiutarti a salire…” osservò Hermione contrariata. La ragazza scosse la testa. “Ero la più piccola…non volevano aiutarmi…” spiegò, pur sorridendo. Spazzolò ancora e ancora i folti capelli del prefetto. “Una sera, tornai a casa…ero triste, perché non riuscivo a raggiungere i miei amici…così, mia madre mi disse di non rimanere concentrata sul fatto che dovevo a tutti i costi salire…di pensare invece a quanto mi sarei divertita…” spiegò ancora Giulia. Hermione la guardò curiosa. “Alla fine cel’hai fatta a salire sull’albero?” le chiese. L’amica scosse la testa. “Però mi sono divertita…perché gli altri bambini avevano iniziato a fare il tifo per me…” aggiunse. Hermione sorrise. “Quindi, la morale è: anche se non sai salire su un albero non è una tragedia!” precisò Giulia. Il prefetto la guardò dubbiosa. “Ah si giusto…cioè…la morale è: nulla è impossibile se si fa con allegria e determinazione!” si corresse la ragazza. Hermione rise. L’amica era finalmente arrivata a cento colpi di spazzola. Poggiò il pettine vicino al lavandino e prese la piastra. Iniziò ad arrotolarci delle ciocche di capelli del prefetto. Che si guardava poco convinta allo specchio. Analizzando ogni suo minimo difetto. Giulia notò il suo sguardo affranto. Sorrise. “Respiri piano per non far rumore, ti addormenti di sera ti risvegli con il sole…” iniziò a cantare. Hermione sobbalzò. “Sei chiara come un'alba…sei fresca come l'aria…” continuò Giulia. Il prefetto spostò lo sguardo lontano dallo specchio ed arrossì. “Diventi rossa se qualcuno ti guarda e sei fantastica quando sei assorta, nei tuoi problemi, nei tuoi pensieri…” sussurrò la ragazza. I capelli si stavano pian piano arrendendo. Mentre Hermione ascoltava la canzone. “Ti vesti svogliatamente, non metti mai niente che possa attirare attenzione, un particolare…solo per farti guardare…” sorrise ancora Giulia. Aveva quasi finito. Quella piastra era portentosa. Il prefetto non credeva ai suoi occhi. Sapeva che l’amica faceva davvero delle magie. Ma anche dei miracoli. Quelli erano nuovi. “E con la faccia pulita cammini per strada mangiando una mela coi libri di scuola…ti piace studiare, non te ne devi vergognare…” disse infine Giulia. Hermione le sorrise. L’amica poggiò ancora la piastra e le diede una spruzzatina di lacca sui boccoli. Che le ricadevano sulla schiena. Il prefetto aveva davvero i capelli davvero lunghi. “Ora stai ferma…non vorrei ustionarti la fronte…” scherzò Giulia. Prese il pettine e le pettinò la frangia. Poi prese la piastra e la chiuse tra le due lastre di formalina. Le fece scorrere piano. Infine diede un’altra pettinata alla frangia. Che ora stava liscia a coprire la fronte di Hermione. Il prefetto si riguardò allo specchio. Non ci credeva. Ed abbracciò l’amica. “Mettiti il cerchietto azzurro…così poi starai ancora meglio…” le suggerì Giulia. Il prefetto annuì e torno nella stanza e cercare l’oggetto nel baule. Anna si trascinò piano in bagno. L’amica le sorrise e si pettinò i capelli. Poi, si sistemò il solito fermaglio a teschio. Tornò al suo baule. L’uniforme era già preparata. Piegata ordinatamente la sera prima. Si infilò veloce la gonna. I calzini viola a teschietti. Ed allacciò le scarpe della divisa. Guardò rammaricata le Converse ai piedi del suo letto. Poi si mise la camicia e litigò ancora con il cravattino rosso oro. Infine aggiunse il pullover smanicato con lo stemma di Grifondoro. Quella giornata prometteva freddo. Hermione fece lo stesso. Il cerchietto azzurro a pois tra i capelli. Che le ricadevano con i boccoli morbidi sulle spalle. Giulia lesse l’orario e buttò dentro la borsa i libri necessari. Seguita da Hermione. Anna arrivò poco dopo, facendo tutto con molta calma. Nonostante questo, erano in orario. Si guardarono un’ultima volta allo specchio ovale vicino alla finestra e uscirono. Passarono per la Sala Comune. Scesero le scale. Ed arrivarono in Sala Grande. Erano appena entrate, quando un ragazzo le raggiunse. “Oh cos’è quella luce che brilla da quella finestra? Essa è l’oriente, e Giulietta, è il sole!” recitò Keith. Anna lo guardò scettica. “Giulia è lei…” precisò, indicando l’amica. Il ragazzo scosse la testa. E le prese la mano. Poi sfoderò uno sguardo ammaliatore. O almeno, secondo lui. “Anna…io andrei in capo al mondo per te!” esclamò poi. La ragazza liberò la mano. “Ah si? E dimmi Keith…sapresti starci anche a lungo?” sbottò infastidita. Lui la guardò qualche minuto per cercare di capire la battuta. Mentre Giulia ed Hermione ridacchiavano. “Sei bella anche quando mi insulti sai?” le disse poi. Anna sbuffò. “Si dai continua! Tutto quello che ti fa piacere! Avanti!” la incitò. La ragazza lo guardò esasperata. “Ci ha già pensato madre natura ad insultarti abbastanza…” sbottò. Prese le amiche a braccetto. E filò veloce al tavolo di Grifondoro. “E io che avevo sperato che dopo aver visto cos’era successo a Josh mi lasciasse in pace…” sospirò Anna affranta. Hermione scosse la testa. “Certa gente è proprio dura di comprendonio…” le diede ragione. Giulia intanto sorrideva al solito tavolo insegnanti. Piton però stava annuendo verso Lumacorno. Si voltò verso le amiche solo quando sentì dei rumori sospetti. Keith era tornato all’attacco. E Draco gli stava pizzicando la mano che lui aveva messo allegramente sulla spalla di Anna. “Potresti lasciarci mangiare in pace? Grazie!” sbottò Hermione. Keith le rivolse uno sguardo glaciale. “Finchè non me lo dice Anna non me ne vado!” rimbeccò. “Bravo…allora vattene…” rispose subito la castana. “Visto? Allora rimango!” continuò Keith. Draco stava per mollargli un destro sul naso. “Che logica schiacciante…” sospirò esasperata Giulia. “Vorrei solo sapere…Keith…quando hanno distribuito i cervelli…tu eri fuori a rincorrere le farfalle?!” sbuffò al limite Hermione. Anna, Giulia e Draco la guardarono. Poi scoppiarono a ridere. Keith diventò paonazzo. “Questa me la paghi Granger!” esclamò. Poi tornò al tavolo dei Corvonero. “Brava la nostra Herm! Ha fatto una battuta maligna e divertente allo stesso tempo!” si complimentò Anna. Il prefetto sorrise fiera. Draco baciò la castana e poi tornò al suo tavolo. Giulia si stiracchiò. Anna le diede una gomitata. E le indicò un rosso famigliare. L’amica si voltò e vide Ron. Guardava febbrilmente Hermione. Giulia si chinò verso il prefetto. “Hai un ammiratore a quanto pare…” le sussurrò. Lei si voltò e vide Ron. Poi arrossì. E scosse la testa. “Starà guardando qualcuno dietro di me…” disse svelta. Anna ghignò. “Hey Ron…chiudi la bocca, oppure ti entreranno le mosche…” lo richiamò. Il ragazzo sobbalzò. Hermione iniziò a torturarsi una ciocca di capelli nervosa. “Visto? Sta benissimo con i boccoli!” esclamò poi Anna. Ron annuì. “Tutto…merito…di Giulia…” sorrise Hermione. Il ragazzo ricambiò il sorriso. Poi si voltò verso Harry. Anna battè una mano sulla spalla del prefetto. “Cosa fate stasera?” chiese Ginny, sedendosi. Mary Kate e Blaise si stavano scambiando effusioni tra i due tavoli. “Passeggiata al lago con Draco…” rispose Anna. Giulia arrossì. “Giretto…” rispose solo. La rossa si voltò verso Hermione. “Che bene che stai con i boccoli!” esclamò. Il prefetto la ringraziò. Poi prese una ciambella glassata ed iniziò a mangiarla. Giulia si buttò su cappuccino e brioche. Mentre Anna si diede al caffè e pasticcini. Appena finito, Hermione tirò fuori l’orario. “Prima ora, buca…potrei ripassare le ultime cose di Rune…” osservò. Giulia prese l’orario dalla borsa di Anna. “Anche noi abbiamo ora buca!” esclamò allegra. “Bene…allora lo studio di Rune è rimandato…” disse subito la castana. Il prefetto la guardò dubbiosa. “Usciamo a fare una passeggiata!” rispose. L’amica alzò le spalle rassegnata. Poco dopo i dolci sparirono. Lasciando così liberi i tre uragani. Si diressero con calma verso il giardino. Ebbero il tempo di fare un passo sull’erba, che piccole gocce iniziarono a cadere. Giulia alzò lo sguardo. “Bene…che ne dite della biblioteca?” propose subito Hermione. Anna scosse la testa e le prese una mano. Poi la trascinò sotto la pioggia. Veniva giù piano. Fredda. Giulia sorrise. E le raggiunse. Alzò le braccia al cielo e chiuse gli occhi. Inspirò l’odore della pioggia. Quel profumo pungente. Ed inebriante. “Anna! Lasciami!! Ci prendiamo una polmonite se stiamo sotto la pioggia!” protestò Hermione. Cercando di ripararsi sotto la borsa. Anna piroettava. Colpita dalla miriade di goccioline. “Con tutto quel metallo sei un perfetto parafulmine…” notò Giulia. La castana le fece la linguaccia. Hermione si era arresa. Non cercava più di ripararsi. Ma rideva. Anna alzava le braccia al cielo. Con gli occhiali sulla punta del naso. E Giulia sorrideva. Vedendo le sue amiche. La pioggia diventava sempre più fitta. Hermione starnutì. “Torniamo dentro…” propose. Giulia annuì. Prese Anna a braccetto e rientrarono nel castello. Con un colpo di bacchetta del prefetto, tornarono asciutte. Mancavano ancora dei minuti alla fine dell’ora. Hermione controllò l’orario. Un’ora di Difesa. Poi lei avrebbe avuto Aritmanzia. Le tre, annoiate, decisero di recarsi all’aula della prossima lezione. Era strano essere già davanti alla porta. Di solito Giulia voleva aspettare Anna. Che ovviamente era in ritardo. Ed Hermione aspettava Giulia. Così, arrivavano tutte e tre in ritardo. Dopotutto. Erano i Tre Uragani. Una campanella pervase l’aria. Ecco. La prima ora era finita. La porta dell’aula si spalancò. Però non c’era la solita folla di studenti sbuffanti che usciva. Dei capelli neri fecero capolino. “Santo Manson! Samara!” esclamò stupita Anna. Hermione scosse la testa esasperata. “Molto divertente signorina Haliwell…mi stupisco di vedervi già qui fuori…” commentò acido Piton. Giulia gli sorrise. “Sa prof…non ci passava niente e allora siamo venute in anticipo!” rispose ancora la castana. Il prefetto le diede una gomitata. Mentre Giulia rideva. “Entrate…prima che la signorina Haliwell possa dire ancora qualcosa di incredibilmente stupido…” ordinò Severus. Giulia ed Hermione obbedirono, mentre la castana sbuffò. Si sedettero ai propri posti. Poco a poco anche gli altri li raggiunsero. Appena l’aula fu piena, Piton ordinò di tirare fuori i compiti. Poi, con un elegante gesto di bacchetta, li raccolse tutti e lo poggiò sulla cattedra. Giulia sobbalzò. Si era ricordata che il suo tema era il primo che il professore si era ripromesso di correggere. Piton diede una scorsa ai fogli. “Vedo che si è sprecato signor Weasley… signorina Haliwell…vedo che si è degnata di rispettare la consegna per la prima volta in sei anni…” commentò maligno. Poi li riappoggiò sulla cattedra. Ed iniziò la lezione. Quell’ora passò veloce. Senza però l’azione del giorno prima. Successivamente Giulia e Anna si recarono in biblioteca. Anche quel giorno, Piton si era preoccupato di dare una miriade di compiti per il giorno dopo. Così, mentre Hermione frequentava Aritmanzia, loro cercarono di svolgere un compito decente. Tanto il prefetto se la sarebbe cavata in nemmeno mezzora. Il resto della giornata passò veloce. Anche se era iniziata con meno energia, le ore quel giorno volarono. Arrivando alla cena. con la Sala Grande ghermita di studenti. Dalle loro chiacchiere. Mentre fuori il tempo si scatenava. Anche il cielo artificiale della sala ne dava dimostrazione. Nubi nere si erano addensate coprendo le magiche stelle. Accompagnate dai veri lampi fuori dalle finestre. Hermione sobbalzò un po’ di volte all’udire dei tuoni. Quando i dolci sparirono, le tre andarono in dormitorio. Anna si buttò sul letto sbuffando. Giulia iniziò a cercare una felpa per sopportare il freddo che la pioggia aveva portato. Ed il prefetto finì il tema di Difesa, che aveva iniziato prima di cena. “Vai lo stesso da Draco?” chiese quest’ultima, mentre scorreva veloce la penna sulla pergamena. Anna alzò le spalle. “In dormitorio ci sono già Blaise e mia sorella…quella bamboccia…santo Manson, sono io la più grande! Dovrei avere la precedenza!” sbottò. Giulia sorrise. “Precedenza di cosa?” chiese dubbiosa. “Di letto ovvio…” rispose pronta Hermione. Anna la guardò allibita. “Quei boccoli ti fanno uno strano effetto Herm…” commentò. Il prefetto sorrise innocente. “Comunque dovevamo andare al lago…ma con questo tempo…però Draco non mi ha detto nulla a cena…quindi vuol dire che ci vediamo…” ragionò Anna. Giulia si stiracchiò. “Tu vai da Piton?” le chiese ancora Hermione. l’amica annuì. Indicò il comodino. La castana allungò il collo per vedere. Delle foto spaiate erano sparse. “Le foto di quest’estate al mare?” ipotizzò quest’ultima. Giulia annuì. Ed Hermione arrossì di botto. “Non vorrai farle vedere a Piton!” sbottò. La ragazza annuì tranquilla. “Ma siamo in costume! Io non voglio che Piton mi veda in costume!” protestò ancora il prefetto. Giulia rise. “Herm…non penso che Piton starà a guardare te…c’è la sua futura moglie mezza nuda in quella foto…” osservò Anna. Giulia arrossì. “Sarà…però mi vergogno lo stesso…è imbarazzante!” commentò Hermione. La castana scosse la testa. “Io non mi vergogno…” rispose. “Logico! Sei riparata sotto l’ombrellone! E poi…con tutte le volte che Draco ti ha vista in costume…” rimbeccò ancora il prefetto. Anna scosse la testa. “Solo due volte…se è per questo anche Lucius mi ha vista in costume…” precisò. Hermione sbarrò gli occhi. Giulia diede una gomitata alla castana. “Di la verità…il tuo obbiettivo era vedere Malfoy senior!” scherzò. Anna arrossì. “Certo…e magari mi mettevo pure a sbavargli davanti con Draco e Narcissa vicino…” aggiunse acida. Giulia rise. Poi si alzò e mise le foto nella tasca della felpa. Si stiracchiò e guardò fuori dalla finestra. La pioggia imperversava ancora. Colpiva l’acqua del Lago Nero con violenza. Gli alberi erano martoriati dal vento. “Anna…fammi il favore di non uscire…c’è davvero un tempo da cani…” la pregò la ragazza. La castana annuì. “Nemmeno sotto tortura…mi si increspano i capelli tra vento e pioggia!” rispose sicura. Un lampo squarciò il cielo. Le nubi l’avevano coperto. Un tuono lo seguì subito. Hermione sobbalzò e l’inchiostro le cadde sul pavimento. Subito prese la bacchetta e pulì. “Ma dimmi Herm…perché ci chiedi dove andiamo?” chiese sospettosa Anna. Il prefetto la guardò con indifferenza. “Ve lo chiedo sempre…” disse cercando di essere convincente. La castana la guardò dubbiosa. “Non è che non vuoi rimanere da sola?” le chiese Giulia. Il prefetto scosse sicura la testa. Anna la guardò. “Herm…hai paura…di la verità…” ghignò poi. “Non ho affatto paura!” rimbeccò Hermione. Ma un lampo tagliò a metà il cielo. Seguito da un tuono. Il prefetto tirò un urletto. Ed Anna ghignò soddisfatta. Giulia si avvicinò e le accarezzò la testa. “Vuoi che rimaniamo qui con te?” le chiese. Lei scosse la testa. “Devo fare la ronda notturna nei corridoi…non dovrei nemmeno lasciarvi uscire…” disse. Giulia e Anna la guardarono supplichevoli. Ed Hermione sorrise. “Ovvio che vi lascio uscire…oramai Silente sa che ve ne andate a spasso tutte le sere…” osservò. Le amiche tirarono un sospiro di sollievo. Anna si diresse al suo baule e si tolse la divisa scolastica. Buttò tutto sul letto promettendo di mettere apposto al ritorno. Come faceva con sua madre. Prese una gonna fino al ginocchio. Nera, con tulle e fiocchi. Poi tirò fuori una maglietta nera senza disegni. Maniche corte a rete, collegate a dei copribraccio sempre in rete tramite un gancetto. Con passante al dito medio. Scollatura tonda con una piccola V, nascosta dal pendente a croce regalatole da Draco. Il collare largo che fasciava il collo. Giulia ripiegò con cura la gonna della sua uniforme e si infilò una gonna a pieghe a fantasia scozzese viola e nera. Usava molto quella gonna ultimamente. Sopra la felpa viola. Con le orecchie di gatto sul cappuccio. La stessa che aveva messo a fine scuola. Quella notte. Quando Severus era rimasto a vedere l’alba con lei. Anna intanto rivoltò tutto il baule. “Hai visto le mie calze nere?” chiese all’amica. Hermione si astenne a commentare, mentre si sistemava la spilla con la P di prefetto al gilet smanicato dell’uniforme. Giulia scosse la testa. “Se vuoi ti presto le mie…anzi, te le regalo…le ho usate solo una volta…” sorrise. Passò alla castana una busta. Anna l’aprì e vi trovò un paio di calze nere uguali alle sue. Fino alla coscia. Con ricamo. Giulia si era messa i calzini a teschietti viola su sfondo nero. Buttò in la le scarpe dell’uniforme e si mise le sue amate Converse viola. La castana si allacciò gli anfibi. Hermione le squadrò. “Sembra che dobbiate andare chissà dove…” commentò. Anna sorrise. “Ovvio…stiamo andando dai nostri uomini!” esclamò. Giulia arrossì. “Io mi vesto sempre così…” precisò in un sussurro. Hermione scosse la testa affranta. Poi si mise una mano sugli occhi. “Ora conterò fino a cinque…voi avrete tempo di sparire dal mio campo visivo…così non avrò visto nulla…” spiegò. Le due si guardarono e sorrisero. “Promettiamo di non tornare tardi…” precisò Giulia. Hermione tossì. Poi iniziò a contare. Le amiche sgattaiolarono fuori dalla stanza. Percorsero le scale. Ed arrivarono alla Sala Comune. Su due poltrone, stavano placidamente seduti Ron e Harry. “Dove andate?” chiese quest’ultimo. Giulia arrossì e Anna la prese a braccetto. La trascinò verso l’uscita della sala. “Ron fai qualcosa! Sei un Prefetto!” rimbeccò ancora Harry. Anna gli fece la linguaccia. “Abbiamo il permesso di Hermione!” precisò Giulia. Il rosso rimase a guardarle con aria ebete. Mentre le due uscivano. Anna e Giulia percorsero i corridoi. Le scale. Erano vicine ai sotterranei, quando videro un ragazzo famigliare appoggiato al muro. “Sera fanciulle!” salutò Draco. Anna si buttò fra le sue braccia. Mentre Giulia lo salutò con un cenno della mano. “Buon divertimento!” disse ai due. Draco la guardò dubbiosa. “Vado a fare un giro…” sorrise la ragazza. Anna le fece l’occhiolino e prese il biondo a braccetto. Lo trascinò via per qualche corridoio. Fino a quando Draco puntò i piedi. Anna lo guardò sorridendo. Lui la bloccò con le spalle al muro. E la baciò. “Fuori non si va…cosa facciamo?” gli chiese. Draco la guardò. Iniziò a giocare con una ciocca di quei morbidi capelli castani. Ghignò. La prese per mano. Anna sorrise. Ed il biondo iniziò a correre. La ragazza che cercava di stare al passo. Percorsero le scale. Fino ad arrivare ad un piano. Il settimo. Draco lasciò la mano della castana. Quando furono davanti ad un arazzo. Anna conosceva bene quel posto. Incrociò le braccia al petto in attesa della prossima mossa del ragazzo. Questo camminò avanti e indietro alla parete di fronte all’arazzo tre volte. Subito una porta apparve. Anna l’aprì piano, curiosa. Si trovò davanti una stanza di media grandezza. Al centro, un letto a baldacchino. Una fedele copia di un tipico letto Serpeverde. “La tua fantasia ha larghi orizzonti…” commentò la castana. Draco scosse la testa divertito. La spinse nella stanza. La porta si richiuse con un tonfo. Anna si guardò in giro. C’era solo quell’ovvio letto. Guardò truce il ragazzo. “Bhe, che c’è?” sbottò lui. “Non mi sono agghindata così per stare tutta la sera su un letto…” rispose la castana. Poi con fare stizzito si slacciò i pesanti anfibi. Abbandonandoli da una parte. Draco ghignò. Tipico. La solita ragazza. Pronta a lamentarsi di tutto. Con quel suo tono freddo. Che lo faceva impazzire. Si avvicinò ad Anna. La baciò. Mordendole il labbro inferiore. Lei aveva chiuso gli occhi. Come faceva sempre. Appena staccati, Draco la spintonò. Anna cercò di mantenere l’equilibrio ma cadde sul letto. Scosse la testa divertita. I suoi soliti modi. Così nascosti. Violenti. You don't remember my name. Draco la raggiunse subito. Sovrastando la figura esile della ragazza. Anna lo guardò. In quegli occhi color ghiaccio. Draco sostenne il suo sguardo. E fu un attimo. La baciò ancora. Con passione. La lingua che scorreva piano sulle labbra della ragazza. Così morbide. Anna arrossì. Strinse in una mano il braccio del biondo. Ci impuntò le unghie. I don't really care. Mentre lui continuava. La sua sadica tortura. Ed ecco. Le loro lingue iniziarono ad incrociarsi. A danzare. Coinvolte in un ballo. Sensuale. Che infuocava le guance di lei. E trasmetteva una scarica di adrenalina a lui. Can we play the game your way? Si staccarono piano. “Draco…” sussurrò Anna. Il ragazzo la zittì. Con un altro bacio. La mano di lei sfiorò l’avambraccio del biondo. Che trasalì. La seguì piano con gli occhi. Fino a vederla poggiare sul copriletto scuro. Quelle dita affusolate. Can I really lose control? Draco intrufolò piano una mano sotto la maglietta della ragazza. Anna si lasciò sfuggire un gemito. Quando la mano del ragazzo le si poggiò sulla pancia. Poi scese pian piano. A sfiorare l’orlo della gonna. Le calze. Just once in my life I think it'd be nice. Iniziò a sfilarne una. Lentamente. Anna si irrigidì. Il suo cervello voleva fermare la mano di Draco. Purtroppo però. Era il cuore che in quel momento comandava. Lasciandolo continuare. Just to lose control- just once. Le sfilò anche l’altra calza. Lasciandola poi cadere sul pavimento. Accanto all’alta. Draco passò piano un dito sulla gamba di Anna. Liscia. Con quella pelle chiarissima. Lei lo guardava. Ammaliata. Immobile. Come una bambola. La sua bambola. With all the pretty flowers in the dust. Draco si chinò. La baciò sulle labbra. Senza malizia. Un casto bacio. Poi le baciò una guancia. Ed il collo. La morse. Violento. Senza pietà. Anna si lasciò sfuggire un gemito. Un misto tra dolore. E piacere. Mary had a lamb, his eyes black as coals. Pian piano il ragazzo iniziò a scendere. Seguì la scollatura. Le scostò una manica. Rivelando la spallina nera. In pizzo. Iniziò a giocarci. A intrecciarla sul dito. Anna lo guardava. Con gli occhi luminosi. La mente annebbiata. Da quella droga chiamataamore. If we play very quiet, my lamb Mary never has to know. L’altra mano ancora sulla gamba di lei. Salì di nuovo. Piano. Le accarezzò un ginocchio. Draco baciò ancora Anna. Doveva approfittarne. Era brutto da pensare. Però ogni bacio potrebbe essere stato l’ultimo. Perché si era cacciato in quella situazione? Non lo sapeva. Just once in my life I think it'd be nice. Il ragazzo si staccò. E ricominciò a torturare il collo della giovane. Quella pelle candida. Morbida. Vellutata. Pian piano iniziò a salire con la mano. La coscia. Mentre cercava di concentrarsi su di lei. Sulla sua Anna. La sua piccola Anna. E non sul peso che aveva sul cuore. Just to lose control- just once. “Draco…” lo chiamò Anna. Era talmente assorto che non la sentiva nemmeno. La ragazza trasalì. Mentre la mano di lui le tirava su di poco la gonna. “Draco!” lo richiamò ancora. Nessunarisposta. Ed ancora. If I cut you down to a thing I can use I fear there will be nothing good left of you. Dopo averlo richiamato una decina di volte, Anna sbuffò stufa. Gli prese la mano e gliela storse. Draco si risvegliò dai suoi pensieri. La ragazza lo guardava con aria arrabbiata. “Draco…stai bene?” gli chiese. Raddolcendosi. Il ragazzo si spostò. E si stese vicino a lei. Anna si voltò. Gli prese la mano che poco prima gli aveva storto. E incrociò le loro dita. “Scusa…” mormorò il biondo distratto. Anna scosse la testa. “Sei scuro che va tutto bene?” gli chiese poi. Draco annuì. “Ero soprappensiero…” rispose. La castana lo guardò dubbiosa. “Avanti…vieni qui…” le disse lui. E la strinse a se. Sospirando. Doveva smetterla. Stare con lei il più possibile. Senza mentire. Senza farla star male. E quando sarebbe arrivato il momento giusto. Le avrebbe detto. Intanto però. Doveva nasconderlo. Quel tatuaggio oscuro che era il simbolo dei suoi peggiori incubi.
Nel frattempo, Giulia aveva percorso la strada per i sotterranei. Quasi scivolò sui gradini. Percorse il corridoio trotterellando fino ad arrivare all’ufficio di Piton. Si bloccò davanti alla porta. Tese le orecchie. Una musica lenta si propagava da dentro. Giulia si concentrò. Era la voce di Sharon den Adel. La cantante dei Within Temptation. La ragazza sorrise. Era sicura che gli sarebbero piaciuti. Bussò piano. La musica smise di imperversare. “Avanti…” rispose Piton. Giulia entrò. “Buonasera professore! Vedo che un cd le è piaciuto!” sorrise. Severus tossì indifferente. Era alla solita scrivania. Con i soliti compiti davanti. La piuma in mano. La ragazza si sedette sulla sedia davanti a lui. “Sono i nostri compiti quelli?” chiese poi curiosa. Severus la ignorò. Mentre scorreva lo sguardo sulla pergamena che aveva sotto gli occhi. Giulia si sporse. E trasalì. Quella era la sua scrittura. “Gliel’avevo detto che il suo sarebbe stato il primo…” ghignò Piton. La ragazza arrossì. Si rimise sulla sedia. Iniziando a torturare l’orlo della gonna nervosa. I minuti sembravano non passare mai. Così Giulia si fece coraggio. “Come sta andando?” gli chiese. Severus scosse la testa divertito. “Poteva fare di meglio signorina Wyspet…” commentò acido. La ragazza si intristì. E rimane in attesa che l’uomo staccasse gli occhi dal foglio. Finalmente, dopo qualche altro minuto, Piton vi scrisse qualcosa e lo posò alla sua sinistra. Quella che sarebbe stata la pila di compiti corretti. Giulia lo guardò supplicante. “Compito poco accurato e superficiale…mi aspettavo di meglio…” sentenziò il professore. La ragazza sospirò affranta. “Nonostante questo le conoscenze ci sono…anche se presumo che per lei il lessico specifico non esista…ha fatto certi giri di parole degni della signorina Haliwell…” continuò Piton. “Mi scusi…è che non abbiamo avuto molto tempo per svolgere il compito…mi sono arrangiata con gli appunti della lezione…” si scusò Giulia. Severus la guardò inarcando un sopracciglio. “Esiste una cosa chiamata biblioteca…” sbottò. Lei arrossì. “Prometto che il prossimo compito sarà migliore…” promise poi. Piton la guardò scettico. Ed iniziò a leggere il compito successivo. Era quello di Hermione. “Le serve una mano professore?” gli chiese Giulia. L’uomo scosse la testa. “Se le facessi leggere i compiti dei suoi coetanei non sarebbe corretto… anche perché metterebbe un voto eccellente a tutti…” commentò poi. La ragazza sorrise. Iniziò a dondolare le gambe. Mentre si guardava in giro. L’ufficio non era cambiato di molto. C’era solo qualche boccetta in più rispetto alla capienza delle mensole. Giulia si alzò ed andò allo scaffale vicino alla fornitissima libreria. Iniziò a scorrere lo sguardo sulle boccette. Erano tutte impolverate. La ragazza ci soffiò e una nuvola di polvere si librò nell’aria. “Non tocchi nulla...è capace di provocare un disastro solo spostando l’aria…” la richiamò Piton. Giulia tossicchiò. “Quanta polvere!” esclamò poi. Severus scosse la testa. “Sa signorina Wyspet…non ho molto tempo per darmi alle pulizie…” commentò. La ragazza annuì imbarazzata. “Professore…sa…anche io vorrei avere così tanti libri…” disse poi. Piton sorrise. “Ha due librerie qui a scuola…e anche a casa sua…a Spinner’s End…ce ne sono così tanti!” osservò Giulia meravigliata. Sbirciò i titoli di qualche libro. Quelli almeno che arrivavano alla sua altezza. “Non credo che il genere di lettura che seguo le interesserebbe molto…” commentò divertito Severus. In effetti quei pochi titoli che aveva letto Giulia, riguardavano pozioni. La sua attenzione fu attirata da un volume dalla copertina lucente. Nera. Il titolo inciso a lato con caratteri viola. La ragazza allungò una mano per prenderlo. Ci arrivava a filo. Era davvero un volume pesante. “Chissà se Herm l’ha letto…” esclamò curiosa Giulia. Quella era la grandezza minima dei libri dell’amica. Piton si voltò curioso. Appena riconobbe il libro però, trasalì. Giulia passò una mano sulla copertina. Scorse veloce gli occhi sul titolo. Severus si alzò. La raggiunse. E glielo strappò di mano. “Non ci sono cose che le possono interessare in questo libro…” disse acido. La ragazza lo guardò dispiaciuta. “Io…avevo visto la scritta viola…e allora…mi aveva incuriosito…” si scusò in colpa. Piton scosse la testa. E sospirò. Aveva reagito veramente in modo avventato. Doveva immaginarlo che Giulia lo aveva scelto in base ad altri criteri. E non in base al contenuto. “Sembra un volume molto prezioso…” commentò poi la ragazza. Severus alzò le spalle. “Posso vederlo?” gli chiese poi lei. Il professore la guardò incerto. “Non è un libro per bambini…” sbottò maligno. Giulia sbuffò. “Voglio solo…dargli un’occhiata…” cercò di convincerlo. Piton la ignorò e lo rimise apposto nella libreria. La ragazza lo guardò triste. “Signorina Wyspet…gradirei che lei stesse più lontana possibile da…certe cose…” le disse secco. Giulia abbassò lo sguardo. “Mi…mi scusi…” si scusò. Severus la guardò. E le accarezzò la testa. “Lei è come una bambina…deve ficcare il naso sempre dappertutto…” sorrise. La ragazza sbuffò. Però accennò ad un sorriso. Piton tornò a sedersi alla scrivania. “Professore…a dir la verità…io…ho già letto dei libri sulle Arti Oscure…” disse sincera Giulia. Severus la guardò inarcando un sopracciglio. “Anna ne ha ricevuti molti da sua nonna…alcuni di storia, altri di leggende…altri ancora di incantesimi e altre cose proibite dal Ministero…con l’eventuale spiegazione del motivo per cui sono state vietate…come ad esempio le Maledizioni…” raccontò. Piton annuì. Diede una rapida occhiata alla sua libreria. Ad Hogwarts teneva meno volumi possibili riguardanti le Arti Oscure. Con l’approvazione di Silente ovvio. Non si fidava a lasciarli a casa. Così quelli più preziosi li teneva in ufficio. Oppure, in camera sua. Riconosceva benissimo quelli di cui gli stava parlando Giulia. Li aveva letti. “Ne legge almeno uno all’anno…se li deve portare dietro…altrimenti chissà che fine farebbero se li scoprisse sua madre…” continuò a raccontare la ragazza. Severus annuì. Conosceva bene Ilary McGuire, madre di Anna. Dopotutto avevano frequentato Hogwarts nello stesso periodo. E sapeva che quella donna era allergica ad ogni forma di magia oscura. Curioso. Che poi si fosse andata a sposare con un uomo allevato si come un babbano, ma pur sempre con sangue Serpeverde. “Hermione ne ha letto solo uno…quello sulla storia…io invece li ho letti più o meno tutti…sono libri antichi…però scritti dettagliatamente…” proseguì Giulia. Piton la guardò. “Trovo che una ragazza della sua età non dovrebbe interessarsi alle Arti Oscure…” commentò. La ragazza sorrise. “Non si preoccupi…ero solo curiosa…non mi interessano gli incantesimi proibiti e quelle cose…” gli rispose. Poi tornò a sedersi davanti a lui. diede un’occhiata al foglio che stava leggendo. Era scritto in modo disordinato. E con parecchie correzioni. Dalla faccia riluttante di Piton doveva appartenere per forza ad Harry. Giulia lo guardò. E rise. Vecchi ricordi le erano riaffiorati nella mente. Quella notte. Al lago. Quando aveva perso il suo bracciale. Osservò l’oggetto. Che stava al suo polso. “Professore?” lo chiamò. Piton alzò la testa. “Lei ci crede agli angeli?” gli chiese la ragazza. Lui la guardò dubbioso. “Se lei non ha nulla da fare non significa che anche io me ne debba stare con le mani in mano…” sbottò poi seccato. Giulia sbuffò. “Avanti…mi risponda!” lo supplicò. “Se credo agli angeli? Cioè quegli stupidi addobbi natalizi vestiti di bianco e con le ali?” chiese Piton. La ragazza scosse la testa. “Gli angeli…quello che diventiamo quando…insomma…quando moriamo…il corpo riposa sulla terra mentre l’anima vola il cielo…” spiegò. Severus la guardò inarcando un sopracciglio. “Ha diciassette anni eppure crede ancora a queste storie da bambini?” rimbeccò. Le parole gli erano uscite da sole. “Io negli angeli ci credo! Anche perché…anche io ne ho uno…” annuì Giulia. Piton la guardò come se avesse detto che Silente e Voldemort fossero diventati amici. “…quell’angelo…è proprio lei professore…” sorrise la ragazza. Severus sobbalzò. Lui?! Un angelo?! “Ha preso proprio la persona sbagliata signorina Wyspet…” commentò sicuro. Giulia scosse la testa. “Lei mi protegge…si preoccupa per me…mi sta sempre accanto…lei…è il mio angelo professor Piton!” spiegò. Le guance di Severus si colorarono. Non riusciva a credere alle parole che le aveva rivolto la ragazza. C’erano altri modi per definirlo. Molti dispregiativi. Però. Angelo. Non di sicuro. “Lo so che sono pensieri un po’ infantili…” disse imbarazzata Giulia. Il professore scosse la testa. E sorrise. “Sa signorina Wyspet…mi hanno affibbiato molti appellativi nella mia vita…ma questo, senza dubbio, è quello più strano e particolare…che però ricorderò senz’altro…” rispose. La ragazza sorrise. Severus tornò a concentrarsi sui compiti. Se l’avesse guardata negli occhi, non si sarebbe più staccato. Giulia intanto lo osservava felice. Ne era convinta. Quell’uomo di fronte a lei era il suo angelo protettore. “Sono certa che sarà un buon angelo…anche per Eveline…” sussurrò piano. Il professore alzò di poco la testa. E sorrise. Poi tornò alle correzioni. Giulia lo guardava. Intenerita. Tutti dicevano che Piton era un professore gelido. Senza cuore. Un avvoltoio. Bastardo. Ma lei no. Lo sapeva. Che per far sciogliere quell’armatura ghiacciata dal suo cuore. Bastava un sorriso. Il suo sorriso. I suoi pensieri infantili. O semplicemente. Farlo sentire a suo agio. Perché con lei. Severus riusciva ad essere se stesso. Così Giulia chiuse gli occhi. “I can fly, but I want his wings…” iniziò a cantare. Severus si estraniò dalla calligrafia minuta di Anna. Per concentrarsi su quella voce. “I can shine even in the darkness, but I crave the light that he brings, revel in the songs that he sings…” continuò la ragazza. Aveva lo sguardo rivolto verso il soffitto. Anche se gli occhi erano chiusi. La sua mente vedeva. I mille e mille ricordi. “My angel Gabriel…” sorrise. Ricordandosi della prima volta. Quando era entrata in Sala Grande. Attaccata ad Anna ed Hermione. Così timida. Persa. E si era voltata. Verso quel tavolo. E l’aveva visto. Un uomo. Vestito di nero. Capelli corvini ad incorniciargli il viso. Espressione corrucciata. E quegli occhi. Che per qualche minuto avevano incrociato i suoi. “I can love, but I need his heart…” sospirò. In quel piccolo istante. quegli occhio profondi. Neri come l’inchiostro. Belli come il mare di notte. Le avevano dato una sicurezza. Pari solo a quella di un angelo. “I am strong even on my own, but from him I never want to part…” disse Giulia. Severus la guardava di soppiatto. Lei. Il viso verso il cielo. Gli occhi chiusi. Le mani unite sul ciondolo. E d’improvviso. Gli venne in mente. Della prima volta che l’aveva vista. Che sgambettava in Sala Grande con la scia di primini. Stretta alle sue amiche. Una bambina come le altre. Che però l’aveva guardato. Negli occhi. Come nessuno del primo anno aveva mai osato fare. La prima persona che Giulia aveva guardato entrando. Era lui. Aveva incontrato per la prima volta quegli occhi nocciola. Così innocenti. Così persi. Imploranti di sostegno. “He's been there since the very start…my angel Gabriel…” sussurrò la ragazza. Se lo ricordava ancora. Che dopo aver incrociato i loro occhi. Giulia aveva sorriso. La prima volta che aveva visto il suo sorriso. Allora non sapeva. Che quella bambina dagli occhi nocciola. Sarebbe diventata la sua via d’uscita. Da quel mondo buio che si era creato. Quella bambina. Che ora era davanti a lui. Diventata oramai ragazza. Ma con la stessa purezza negli occhi. Nello sguardo. Nei gesti. Che era diventata tutto per lui. E che sarebbe diventata sua moglie. Colei che era riuscito a svegliarlo. Da quel tedio che era la sua vita. “My angel Gabriel…” sorrise infine Giulia. Aprendo gli occhi. E guardandolo. Perché quella canzone era solo per lui. Quella voce era solo per lui. Quello sguardo era solo per lui. lei era solo per lui. Così. Come fu quel giorno di sedici anni prima. I loro occhi si incontrarono. Solo che qualcosa era cambiato. La luce che brillava. Non più paura. Non più odio. Solo amore. Dolce. Tormentato. Desiderato. Felice. Amore.
Intanto, Hermione percorreva i corridoi. Annoiata. In effetti aver qualcuno da rimproverare era un buon passatempo la sera, quando le sue amiche erano occupate. Il prefetto si stiracchiò. Sbadigliando. Nella tasca della camicia il suo più grande tentatore. Quell’infernale mp3 azzurro. Era diventata una dipendenza. Ed ostacolava le sue ronde. Perché lo aveva portato con se? Semplicemente perché si era affezionata. A quell’oggettino. Alle canzoni che racchiudeva. Che la tiravano su nei momenti bui. Solo quando avrebbe iniziato a fare i compiti con le cuffie alle orecchie se ne sarebbe liberata. Come dire che ci sarebbe riuscita. Hermione sbuffò. Iniziò a torturarsi un ricciolo. Giulia aveva davvero fatto un buon lavoro. Il prefetto stava percorrendo l’ennesimo corridoio. Quando sentì dei rumori strani. Sobbalzò. “Chi…chi va la?” chiese. Un tuono risuonò nel corridoio.  Ed un lampo squarciò la semi oscurità. Le fiamma delle torce traballò. Ed Hermione rabbrividì. Quanto avrebbe voluto rimanere in camera. Al riparo. Sotto i cuscini. Altri rumori sinistri. Quando avrebbe voluto strozzare Anna in quel momento. Per tutti i film horror che le aveva fato vedere. “Pix…se…se sei tu…non è divertente!” sbuffò. Nessuna risposta. Solo un altro tuono. Il prefetto cercò di ricomporsi. Di pensare in modo razionale. Non c’era nulla di cui aver paura. Era ad Hogwarts. Immancabilmente i fantasmi c’erano. Ma erano buoni. O quantomeno, indifferenti. Anche se in effetti pur di non star da sola in quel corridoio semibuio avrebbe preferito la compagnia di un fantasma. Sentì dei passi dietro di lei. Ma non osò girarsi. Una mano le si poggiò sulla spalla. E il prefetto tirò un urlo. Che riecheggiò per tutto il corridoio. “Scusa…non volevo spaventarti…” disse stupito Ron. Hermione sospirò di sollievo. “Non mi…hai spaventato…” rispose poi. Il ragazzo la guardò scettica. “Ronda da prefetto eh?” le chiese. la ragazza annuì. “Se vuoi la facciamo assieme…passiamo alcuni corridoi…poi torniamo assieme in Sala Comune…” propose Ron. Hermione sorrise ed annuì. Incredibile. Uno spiraglio di interessamento nei suoi confronti. I due iniziarono a camminare. I lie awake at night, see things in black and white. Lui, con le mani nelle tasche dei pantaloni. Fischiettando. Lei, guardandosi le scarpe. Torturandosi ancora quella povera ciocca di capelli. Timidamente. Nervosamente. I've only got you inside my mind. Quando le cose si erano fatte complicate? Quando lei era diventata così distaccata. You know you have made me blind. “Cosa…cosa facevi in giro? Cioè…ronda anche tu?”gli chiese Hermione. Ron scosse la testa. “Harry voleva pensare ai suoi piani contro Malfoy… con la Mappa del Malandrino…così io sono andato a farmi un giro…” spiegò. La ragazza abbassò lo sguardo. Ora si spiegava. Harry era occupato. Ecco perchè era rimasto li con lei. I lie awake and pray that you will look my way. “Dovrebbe smetterla di escogitare stratagemmi per infastidire Draco…non capisce che fa soffrire Anna così?” si limitò a sentenziare Hermione. Il rosso si stiracchiò. “Anche secondo me Malfoy sta architettando qualcosa…ma non ne sono così ossessionato come Harry…piuttosto…le selezioni di Quiddich…quelle si che mi preoccupano!” esclamò. Ecco un altro argomento. Il Quiddich. I have all this longing in my heart. “Ah è vero…ci sono le selezioni…Harry è il capo della squadra…e sei il suo migliore amico…quindi…” cercò di commentare poi. Non si intendeva molto di quello sport. Ma sapeva solo che il rosso era negato. Però un po’ d’incoraggiamento non gli avrebbe fatto male. I knew it right from the start. “E Giulia dove se ne va tutte le sere? Anche l’anno scorso se non sbaglio si dileguava!” chiese curioso Ron. Hermione trasalì. Fece spallucce. “Come…ti trovi con le materie dei M.A.G.O.?” gli chiese poi. Prevedibile. Il rosso scoppiò a ridere. “Tipico di te Hermione…la scuola è iniziata solo ieri!” disse divertito. La ragazza arrossì. Se solo lui si fosse accorto di quanto fosse cambiata. Oh my pretty pretty boy I love you like I never ever loved no one before you. Ron la guardò. “Comunque…come stai?” le chiese. Hermione trasalì stupita. “I…io? Bene…grazie…e tu?” rispose timida. Il rosso sbadigliò. “Assonnato direi…” disse poi. La ragazza sorrise. Ed un lampo illuminò il corridoio. Ma lei nemmeno se ne accorse. Perché era persa nella contemplazione del rosso. Pretty pretty boy of mine just tell me you love me too. “Ho visto che ti hanno regalato un mp3…” le disse Ron. Hermione annuì. Lo prese dalla tasca e glielo passò. Il ragazzo lo osservò. “Non sapevo che ascoltassi musica…” notò. La ragazza sorrise. “Tutti ascoltano musica…anche io!” esclamò. Un po’ più sicura. Oh my pretty pretty boy I need you. “Che genere ascolti? Quel’è il tuo cantante preferito?” le chiese subito il rosso. “Non ho un genere in particolare…comunque la mia cantante preferita è Avril Lavigne…” disse Hermione con orgoglio. Ron la guardò stupito. “Miseriaccia… non pensavo che ti piacesse quel genere…ti ho rivalutato!” esclamò. La ragazza sorrise felice. Oh my pretty pretty boy I do let me inside. “Sai…papà mi ha portato un vecchio mp3 dal suo ufficio al Ministero…un regalo di compleanno…non è molto intatto, però funziona…” spiegò Ron. Le ridiede l’oggetto azzurro. E frugò nelle tasche. Per poi estrarne un altro. I used to write your name and put it in a frame. Rosso scuro. Aveva un laccetto striminzito per appenderlo al collo. E il vetrino tutto rigato. “Non è malaccio dai…quello di Giulia ha il vetrino in mille crepe…” sorrise Hermione. Ron annuì. “Per non parlare di quello di Anna…non so come faccia a sopravvivere con quel disastro di ragazza…” disse ancora. Con affetto. Il rosso rise. And sometime I think I hear you call right from my bedroom wall. “Quando eravamo alla Tana non abbiamo parlato molto…con tutto il via vai che c’era…” osservò poi Ron. Hermione annuì. “In più dopo la disastrosa visita a Diagon Alley…” completò lei. “Giusto…Harry ha avuto le cinque dita di Anna in faccia per due giorni!” commentò divertito. “Ha fatto bene a dargli quello schiaffo…” sentenziò sicura Hermione. You stay a little while and touch me with your smile. “Io sinceramente non ho ben capito…se Anna è così sicura che Malfoy non ha il Marchio Nero…allora perché ha reagito così?” le chiese Ron. La ragazza sobbalzò. Una domanda. Pure intelligente. Quella era la sera dei miracoli! Hermione alzò le spalle. “Probabilmente perché era come dire che Draco fosse un delinquente…e nonostante le apparenze, credimi, quel ragazzo ha un cuore d’oro…o almeno…da quanto dice Anna…” gli rispose. Il rosso annuì. Poi si guardò in giro. And what can I say to make you mine to reach out for you in time. “Io direi che di gente qui non cen’è…per stasera abbiamo girato abbastanza!” commentò Ron. Hermione si voltò. “In effetti…non c’è nessuno…saranno tutti troppo stanchi per gironzolare…” concordò. “Allora torniamo alla Torre di Grifondoro…” propose lui. La ragazza annuì. Oh my pretty pretty boy I love you like I never ever loved no one before you. Ripercorsero i loro passi. Che rimbombavano nello spazio vuoto intorno a loro. Hermione lo guardava di sottecchi. Timida. Cercando un argomento per parlare ancora. E si sentiva patetica. Perché avrebbe voluto abbracciarlo. Guardarlo negli occhi. Magari anche baciarlo. E se ne stava li. A camminare a metri didistanza. Pretty pretty boy of mine just tell me you love me too. Un altro tuono arrivò da fuori. Hermione sobbalzò. Le sfuggì uno squittio. E Ron se ne accorse. Sorrise intenerito. “Hai paura dei temporali?” le chiese. Lei scosse fermamente la testa. Però un altro tuono la fece sobbalzare ancora. “Colpa dei film horror che mi fanno vedere Giulia e Anna…non sono la mia passione…” spiegò imbarazzata. Oh my pretty pretty boy I need you. “Odio tutto quel sangue…anche se so che è finto…non lo sopporto…” commentò ancora la ragazza. Oh my pretty pretty boy I do let me inside. Ron sorrise intenerito. Fu un attimo. Prese coraggio. E si avvicinò. Voleva starle vicino. Accorciando così la distanza fra i loro passi. Fra le loro parole. Fra i loro pensieri. E fra i loro cuori. Make me stay right beside you.
Anna sospirò piano. Guardando l’ora. Erano le undici passate. E lei era stanca. Sapeva che se fosse rimasta un minuto di più su quel letto. Abbracciata al suo Draco. Si sarebbe addormentata. La castana si voltò piano. Il biondo aveva chiuso gli occhi. Quell’espressione così tranquilla. Da bravo ragazzo. “Draco…” lo chiamò piano, battendogli una mano sulla spalla. Il ragazzo non si mosse. “Draco…” ripetè, spingendolo di poco. Ancora nulla. Si era addormentato. “Amore…” lo chiamò ancora spingendolo. Draco si mosse. Anna sorrise intenerita. Gli baciò la fronte. “Andiamo…svegliati…dobbiamo tornare in dormitorio…” gli sussurrò. Il ragazzo mosse una mano nel sonno. Girandosi poi dall’altra parte. La castana sbuffò contrariata. “Draco!!!” esclamò, quasi urlando. Il biondo sobbalzò dallo spavento. Poi la vide. “Ti sei svegliato amore si?” ghignò soddisfatta. Lui la guardò sospettoso. E sbadigliò. “È tardi…dobbiamo tornare in dormitorio…” gli spiegò, alzandosi a sedere. Draco però la prese per un braccio e la riportò a se. “Scegli…o mi lasci andare, o ti stacco le braccia…” propose Anna. Il biondo rise. E la liberò dal suo abbraccio. La guardò. Mentre si metteva a sedere. E si infilava le calze. Piano. Scrupolosamente. Per farle aderire bene. Poi aveva preso gli anfibi. Allacciandoli piano. Anna si alzò e lo guardò. Draco ricambiò supplichevole. “Prometto che domani sera rimando a dormire da te…” gli sussurrò. E gli porse una mano. Il ragazzo sorrise. Ed accettò. Non voleva fare capricci. I due uscirono dalla stanza. E la porta scomparve alle loro spalle. Intanto, qualcun altro aveva riposto una pila di compiti corretti sulla scrivania. Giulia sbadigliò. Piton aprì la bocca ma la ragazza lo anticipò. “Ho capito…è tardi…” sorrise lei. Severus la guardò divertito. Giulia aveva preso un libro dalla libreria li accanto. E l’aveva divorato tutta la sera. Mentre lui correggeva i compiti. Incredibile di come lo avesse letto velocemente. La ragazza si avvicinò. “A domani allora…buonanotte professore…” disse. Si chinò per dargli il consueto bacio sulla guancia. Ma stavolta fu Severus ad anticiparla. Si alzò e le scostò la frangia. Dandole un bacio sulla fronte. Giulia sorrise felice. “Io l’ho detto che lei era il mio angelo…” disse poi. Il professore sorrise divertito. “Buonanotte signorina Wyspet…” la congedò. Così, la ragazza uscì dall’ufficio. Correndo verso la torre. Mentre Ron ed Hermione avevano percorso i corridoi. Fatto le scale. Ed erano arrivati alla Sala Comune. Anna e Giulia si incontrarono davanti alla Signora Grassa. La castana salutò Draco. Ed entrò. Le due andarono in dormitorio. Trovando il prefetto con un’enorme nuvola rosa sulla testa. Ovviamente ci fu l’annessa spiegazione. Dopo l’aggiornamento di serata, le tre si cambiarono. Hermione si spazzolò i capelli. Dando l’addio ai suoi boccoli perfetti. Anna si struccò. Togliendosi quella maschera di matita e mascara. Che la separava dal mondo. E Giulia. Si tolse il bracciale. Ripensando ai soliti occhi. Che la facevano sognare.

  
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