Perché forte come la morte è l’amore.
«Presidente!»
La voce di Alec
rimbombò sulle pareti colorate e il gatto in questione saltò giù dal divano,
Alec lo guardò con aria da rimprovero e riprese tra le mani il NintendoDS che Simon aveva dimenticato a casa di Magnus –
troppo occupato a prestare attenzione allo spacco assolutamente esagerato del
vestito di Isabelle -, e da quel che gli pareva aver capito ci poteva giocare.
Aveva così chiesto a Magnus di fargli un corso accelerato per capire il
funzionamento di quella macchina mondana
prima che andasse a fare il suo solito giro di affari.
~~~
Quello stregone era
incredibile, pensò Alec sbuffando in modo da spostarsi un ciuffo di capelli
dagli occhi – Magnus gli diceva che sembrava Ariel la Sirenetta, ma Alec non
aveva idea di chi fosse – accompagnando la porta con entrambe le mani e tenendo
con un piede Presidente Miao lontano da questa, in modo che non potesse uscire.
Non c’erano davvero altri modi per definire Magnus, se non grande. Si buttò sul divano
e sorrise: tempo addietro, quando dovette tradurre il suo primo testo dal
latino all’inglese, la prima parola che andò a cercare sul vocabolario fu
proprio quella, magnus, il termine
più logico per tradurre quell’aggettivo era “grande”, ma andando avanti a
leggere cosa diceva il lemma a proposito di quella parola trovò particolari
sfumature di significato che, adesso che Alec si ritrovava a pronunciare quel
sostantivo anche nel dormiveglia gli erano riaffiorati in testa, invadendola di
delicati fiori di pesco.
Magnus infatti
poteva essere riferito alla grandezza in senso fisico, oppure alla numerosa
quantità di qualcosa; al il genitivo o l’ablativo con valore avverbiale
significava “di grande valore”, “a caro prezzo”; il suo significato si
estendeva anche in altre grandezze, prendendo quindi delle sfumature come “durevole”
nel tempo, oppure indicava qualcuno con un’età avanzata; e anche forte,
vigoroso, energetico, importante, notevole, considerevole, illustre, eccelso,
glorioso, famoso, potente, nobile, generoso, magnanimo, superbo, fiero,
orgoglioso. Come poteva una parola dire tutto questo?
Poteva, poteva e
come. Ma Alec non si era mai soffermato a ragionare sul conto delle parole:
troppo complicato. Era un lavoro troppo lungo e richiedeva troppa pazienza e
passione. Ma sapeva che una sola parola richiedeva una vista di
trecentosessanta gradi per essere compresa appieno e, anche completato il giro,
questa sarebbe rimasta solamente un simbolo – qualcosa che rappresentasse
idealmente dei concetti, degli oggetti, dei sentimenti.
E magnus aveva una forza tremenda su di
lui, come se portasse con sé un bagaglio carico di emozioni che si riversavano
interamente su Alec, qualcosa che non si poteva uccidere con una spada angelica
o una runa, neanche una runa fatta da Clary. No, era
qualcosa di più potente.
Magnus. Le
labbra si staccavano completamente, allontanandosi e pregando di riavvicinarsi,
le guance si sollevavano come in un sorriso. E poi ritornavano unite, contratte
mentre l’aria usciva da queste lasciando che l’ultima lettera si sciogliesse
sulla punta della lingua come un cubetto di zucchero. Magnus.
Un brivido, un
brivido lungo un attimo che partiva dal centro della testa e accarezzava ogni
nervo, facendolo fremere di dolceamaro piacere, i sottili peli delle braccia si
drizzavano in alto e a contatto con i jeans facevano male, le dita dei piedi si
contorcevano lente nei calzini dimenandosi, lo sguardo si addolciva –
innamorato.
Magnus, ecco cos’era
Magnus. Era l’amore di ogni persona ridotto ad una parola: grande. Perché si
ama tantissimo almeno una volta, sia la volta sbagliata o adultera, ma è
quella. E non ci si può fare niente? No. Perché come le labbra si rincorrono
per concludere quella parola, anche i due innamorati del grande amore si rincorrono, e si sciolgono in un lungo abbraccio.
~~~
La musichetta di
Super Mario Bros, oltre che essere ridicolamente
allegra, sembrava avere un effetto catartico su Alec, nonché un livello di
dipendenza simile a quello della droga, o del sangue per i vampiri. Le casse
del NintendoDS sparavano quella serie di suoni
elettronici direttamente nelle orecchie del Nephilim,
gli occhi concentrati sullo schermo superiore e sull’omino baffuto che
scavalcava piante carnivore, saltava su tartarughe e muffin assassini e raccoglieva monete dorate. Il pollice premuto
sulla freccia per far avanzare Mario, così si chiamava. Il Presidente,
infastidito, era andato a riposare in camera di Magnus.
Un rumore secco fece
alzare lo sguardo ad Alec che svelto alzò il busto mettendosi seduto, chiuse il Nintendo che smise di suonare.
Veloce Magnus attraversò il salotto liquidando Alec con un gesto della mano
sinistra circondata da scintille azzurre e lilla. La porta si richiuse per la
corrente.
«Ehi» La voce del Nephilim non era arrabbiata, ma quasi preoccupata – sapeva già
qual’era il problema e lui non era la persona più adatta per risolverli, ma
poteva comunque… alleviare
la rabbia dello stregone. Lo vide salire le scale avvolto dalla sua magia che
si manifestava con scintille colorate e una sottile nebbiolina colore del cielo
attorno a lui. Lo seguì a piedi nudi, i jeans gli finivano sotto i piedi e lo
facevano inciampare, ma non cadere.
Arrivato alla porta
della stanza, Magnus sedeva sul bordo del letto ancora sfatto da quella mattina
mentre accarezzava il pelo morbido di Presidente Miao, amorevolmente acciambellato
sul cuscino di Alec. Il Cacciatore si avvicinò all’altro, poggiando piano la
mano sulla sua spalla fasciata da una particolarissima
giacca lunga fino alla vita color violetto coperta di brillantini bianchi
(Isabelle l’avrebbe definita “chic”),
gli occhi blu cercavano quelli felini dell’altro, piantanti a terra come a
volerlo perforare – un altro po’ e ci sarebbe riuscito.
«Il lavoro?» chiese
conferma della sua teoria, la voce calma e amichevole; un grugnito sfuggì alle
labbra perfette di Magnus e Alec si abbandonò ad un sorriso spontaneo, con un
gesto fluido si mise sulle ginocchia sul letto e si posizionò dietro a Magnus,
sfilandogli con tenerezza la giacca con i lustrini e gettandola in un angolo di
materasso dove non avrebbe dato fastidio. Lentamente le mani scivolarono sulle
sue spalle iniziando in un massaggio impreciso, inesperto ma pur sempre
piacevole. Era fatto con il cuore.
«Ripetimi l’ultima
volta che ho giurato di non dedicare il mio prezioso tempo alle sirene,
ripetimelo.» Mormorò stanco lo stregone, passandosi una mano sugli occhi che
sbavarono il suo eyeliner sulle guance olivastre.
«Ieri sera, mentre
controllavi le cose da fare oggi.» Alec continuava imperterrito a muovere le
mani, strappando qualche sospiro di piacere di Magnus, «Che è successo?»
Magnus gli raccontò della
giornata, nell’aver aspettato quella metà pesce che alla fine non è arrivata
mai, che gli aveva pregato di cancellare tutti gli appuntamenti del pomeriggio
per aiutarla e che ne sarebbe valsa la pena. Neanche un soldo e, come se non
bastasse, il tempo che ha sprecato a cambiare colore ai due caffè che si è
bevuto poteva essere brillantemente impegnato nello stare con Alec o nel
guadagnare soldi. Ma dopotutto si sapeva: Magnus aveva smesso di ascoltare le
promesse che si era fatto da un bel po’.
«Dovresti provare a
giurare sull’Angelo, magari la smetti davvero.» Consigliò caldamente Alec,
abbandonando la sua posizione di massaggiatore e lasciando che le braccia gli
cadessero molli, le mani appoggiate sulle cosce.
Magnus ruotò di
novanta gradi, una gamba piegata sul letto, «E cosa dovrei giurare, Alec? “Giuro
solennemente di mantenere i miei giuramenti”?» le dita schioccarono e le scarpe
dello stregone sparirono, in un momento si ritrovò davanti al Nephilim, anche lui in ginocchio, lo spinse verso il basso
con una mano sul suo petto, stendendolo e mettendosi a gattoni su di lui, i
capelli neri talvolta macchiati da accecanti colori e glitter gli scivolavano
sulle spalle, il viso si chinò ad annullare la distanza tra le loro labbra e
quel semplice contatto divenne un passionale gioco di lingue e bocca.
Le mani di Alec
salirono e circondarono il collo di Magnus, giocando con le collane che aveva, «Giuro
sull’Angelo che la prossima volta che hai un appuntamento con una sirena o un
tritone che sia, ti lego a letto.» Diretto.
Gli occhi di Magnus
brillarono a quella promessa e con una lentezza calcolata gli sfiorò la guancia
scendendo con le labbra sulla mandibola, raggiunse con facilità il collo grazie
al preziosissimo nonché volontario gesto di Alec di concederglielo palesemente,
spostando il capo di lato. Inizialmente si limitò a piccoli contatti sfuggenti,
leggeri come il tubare di una colombra; poi fu la
volta dei denti che arpionavano con una certa passione controllata piccoli
lembi di pelle candida, arrossandola e leccandola subito dopo come per
cancellare quella macchia più scura che risaltava tra il bianco dell’epidermide
e il nero scolorito dei vestiti.
~~~
Le coperte portavano
ancora l’odore della sera prima, quando Magnus si era messo a letto subito dopo
una doccia che prevedeva un set completo di shampoo e bagnoschiuma al sandalo.
Alec inspirò profondamente mentre le ultime luci della giornata scomparivano
rabbiose dietro i palazzi, i raggi venivano filtrati dalle lunghe tende
colorate di Magnus che pitturavano la stanza di calde vivide tinte rossastre.
Sorrise sentendo Magnus parlare alla porta con Simon, probabilmente era venuto
a cercare il suo videogioco, alzò le spalle e piegò appena le gambe verso il
proprio busto, tirandosi fino alle orecchie le lenzuola sistemate alla bell’è
meglio su di lui al fine di coprire il suo corpo nudo, raggomitolandosi come un
gattino.
Aveva perso
completamente la cognizione del tempo, che Magnus l’avesse fermato? Una piccola
risata gli scappò dalle labbra intorpidite dai baci che non sarebbero mai stati
troppi. La porta si chiuse e i passi di Magnus si avvicinarono, quando comparse
sulla soglia della porta con indosso la sua vestaglia-kimono rossa con un drago
dorato su questa, Alec non poté non scoprirsi il viso e regalargli un sorrisino,
uno dei più belli del suo di per sé scarso repertorio.
Lo stregone si
sedette sul letto e Alec si spostò verso di lui, arrotolato nelle coperte
sfatte.
«Non devi passare
all’Istituto, stasera? Maryse e Robert dovrebbero già
essere tornati.» Una mano olivastra sprofondò nei capelli arruffati, anche
sotto quei fili neri le unghie dorate di Magnus erano ben visibili. Il volto
dello stregone era rilassato e perfettamente struccato, forse – forse – Alec lo preferiva così.
Il Cacciatore annuì
piano, chiudendo gli occhi e godendosi quelle carezze che sarebbero dovute
durare un’eternità. La stessa eternità a cui lui ambiva silenziosamente, la
stessa eternità che li aveva rotti, spezzati, frantumati e allontanati, la
stessa eternità a cui Magnus era pronto a rinunciare. Gli occhi di Magnus brillavano della stessa
luce del sole, oro colato mischiato a quel verde smeraldo che toglieva il
fiato; Alec si accorse di non respirare e si dovette ricordare di riempire i
polmoni con l’aria impregnata di sandalo e vagamente di tabacco.
Lo stregone si chinò
a lasciargli un bacio sulla fronte e si alzò, con movimenti sinuosi ed eleganti
attraversò la stanza e si chiuse in bagno, poco dopo l’acqua della doccia
iniziò a scorrere ed Alec si ritrovò solo con i suoi pensieri.
~~~
Amami. Amami fino alla fine dei tuoi e dei miei
giorni. Amami come si amano i fiori, le farfalle, il cibo e un caldo letto dopo
una giornata di neve. Amami come fanno i poeti provenzali, come fa Dante con
Beatrice, Catullo con Lesbia. Amami fino allo spasmo, fino a ritrovarmi nei
tuoi incubi peggiori dove ti salvo con una carezza.
E quando mi avrai
amato, ricordati di come ti ho amato io, Magnus: allo stesso modo.
Perché è così che lo
faccio: con tutto me stesso, con tutto il mio cuore, con tutta la gioia che non
è trapelata dal mio volto per quegli anni di totale confusione e depressione. E
ti amo, ti amo per come cammini mentre ti allontani da me per andare a fare una
doccia, per i saluti minimizzati che mi dai quando sei arrabbiato, per le notti
in cui ti svegli per un incubo o per un ricordo che è venuto a galla nel modo
peggiore. Ti amo per i tuoi lenti respiri contro la mia pelle avvezza al dolore
e alle armi e mai ai baci, alle carezze. Ti amo perché sei semplicemente tu: l’uomo
dalle mille sfaccettature come il tuo nome: misterioso, caleidoscopico.
E adesso che lo stai
facendo, adesso che mi stai amando, dimostramelo: stringimi
a te come se fossi un tesoro, come se fossi solamente io.
Infine, prendi il
mio ricordo ridotto a un cumulo di sabbia colorata e chiudilo in un barattolo,
appoggialo nella mensola dove hai tutte le nostre fotografie e aspetta il
giorno in cui potrai raggiungermi nel luogo de nostri sogni.
«mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l'amore.»
Note
d’Autrice ▪ vi dovete arrendere alla
mia demenza A volte ritornano
Salve compagni di
nave. ♡
E perdonatemi per questa prima battuta squallida che tuttavia ho notato essere
una battuta dopo averla scritta: sono un genio, eh?
Che dire? Sono
abbastanza depressa per questa.. cosa
qua sopra e vi posso giurare sull’Angelo che non era affatto mia intenzione
scriverla così, però boh. Avete presente quando siete a scuola che volete
mangiare del pollo e tornate a casa e vi trovate davanti un osceno piatto di
pasta al sugo? Una cosa del genere.
Due parole in mia
difesa: se c’è scritto introspettivo, c’è
un motivo. Ergo se alcuni pezzi sembrano fuori posto nella trama della
storia, è perché sono effettivamente scollegati (o quasi) da questi. L’importante
è il loro contenuto(??) che, tuttavia, non mi soddisfa.
O meglio, a leggerlo
forse è anche carino e intenso (ma dove) ma il mio ego continua a dirmi
che c’è troppo pensiero “personale” e che nessuno lo capirà, starò a vedere, lol.
Pensate che una
volta, una volta, questa cosa qua
sopra doveva far ridere, e invece si è ritrovato un vago tentativo di
descrivere tutte le seghe mentali che Alec dovrebbe (nel mio piccolo malsano
mondo) fare sul suo sexy sexy Stregone, ma
sono dettagli.
Ovviamente il titolo
è totalmente a caso (ma dai?) è che davvero non sapevo cosa mettere ma, forse,
sotto sotto c’è un senso.
Ormai è fatta.
*sospiro*
E’ tutto nelle
vostre mani, dudes.
scots ●