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Autore: _TheDarkLadyV_    05/04/2013    6 recensioni
Un uomo vede il sesso ovunque.
Una sciarpa? State coprendo il seno.
Una scollatura? State mostrando il seno.
Un reggiseno? Evviva le tette!
E poi, ritornando al discorso sull'amore, lo sappiamo tutti molto bene: quando siamo soggetti a un colpo di fulmine,potremmo essere investiti da una macchina, cosparsi di panna montata, lanciati in orbita da un cannone, vestiti da macachi, e non ce ne accorgeremmo!
Buffo il genere umano, così intelligente da perdersi alle prime frivolezze. Forse era meglio nascere macachi.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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What?
 
Avrei voluto tanto azzerare il mio cervello e fare in modo che quel leggero contatto fisico da attacco cardiaco a prima mattina quando la tua piastra stufa di essere usata troppo scoppiava fra le tue mani, l'avessi solo immaginato. Così come quegli occhi troppo vicini e profondi attraverso la quale scorgevo un mondo misterioso e completamente fuori dalla mia portata.
Ville era una di quelle persone affascinanti e piacevoli con cui stare, ma forse anche una di quelle difficili da capire in alcuni momenti. A volte per me sembrava un libro aperto, altre volte invece facevo fatica a capire cosa gli stesse passando per la testa.
Per esempio in quel momento, mentre facevamo la strada di ritorno chiacchierando amabilmente, non riuscivo a capire se anche lui avesse sentito la stessa scarica elettrica che aveva scosso il mio corpo. Ero leggermente confusa, perché mai mi era capitato di provare quella sensazione, quel formicolio lungo il corpo, i brividi alla schiena e alla nuca. I muri di difesa lentamente e ineluttabilmente sembravano cadere e quel poco di freddezza che mi era rimasta stava cercando in tutti i modi di far sì che restassi intatta. In me in quei giorni risiedevano troppe emozioni positive e io non sapevo se esserne felice o angosciarmi più di quanto non lo fossi già.
Avrei voluto evitare quello sguardo che ad ogni parola che usciva dalle nostre bocche sondava la mia anima ancora incorrotta. Era pura, ma allo stesso tempo nera. Quella stessa anima che ora cercava di risvegliarmi da qualsiasi pensiero indecente e positivo su Ville.
Eravamo giunti nei pressi della torre e propri lì trovammo una persona a me fin troppo famigliare intenta a fissare l'abitazione di Ville in modo attento.
Mi fermai facendo arrestare anche l'avanzata del mio zombie del cuore e lentamente e quasi in un sospiro dissi: “ no..non può essere!”
“ La conosci?”- mi chiese a quel punto Ville incuriosito sia dalla mia reazione che dalla presenza di quella donna presso la sua abitazione.
“ Purtroppo sì.”- dissi sospirando senza guardarlo. Ero troppo presa ad osservare mia madre prendendo coscienza man mano dell'apocalisse a cui stavo andando incontro.
Come di incanto, mia madre proprio in quel momento sembrò fiutare la nostra presenza. Distolse lo sguardo dalla torre e spostò la sua attenzione sulla nostra direzione.
Stava per iniziare non solo l'apocalisse, ma uno dei miei peggiori incubi.
“ Tesoro!”- esclamò avvicinandosi e accarezzandomi la guancia felice e contenta.
“ Ciao.”- esordii io quasi con vergogna e sforzandomi al tempo stesso di sorridere da brava figlia. Non dovevo lasciare che le parole che mia madre avrebbe pronunciato in quel momento distruggessero quel che restava della mia positività. Nel frattempo gli occhi di Ville si spostavano da me a mia madre senza capirci effettivamente un cazzo.
A mia madre non sfuggì la sua presenza e, come un avvoltoio, spostò completamente la sua attenzione su di lui. Era in momenti come quelli che Jade doveva prepararsi al peggio.
“Oh e questo bel giovanotto?”- chiese studiandolo attentamente.
Okay Jade questo è semplicemente l'inizio di un incubo.
“Si chiama Ville.”- risposi al suo posto e poi mi rivolsi al diretto interessato per fare le presentazioni.- “Ville lei è Demetra. Mia madre.”
Marcai le ultime due parole come se fossero state dette con minaccia. A quel punto la confusione di Ville andò completamente via cedendo il posto ad un sorriso smagliante.
“Oh piacere di conoscerla.”- disse lui sorridendo e dandole la mano e abbassando di poco la testa come se si stesse inchinando. Quel movimento fu leggero e impeccabile. Come faceva ad essere sempre così..così..così?
“Per favore dammi del tu!”- esclamò mia madre, l'eterna ragazzina, evidentemente compiaciuta da quel gesto.
Sapevo già che la tempesta stava per arrivare più turbolenta e violenta che mai. Era solo questione di minuti e poi avrei detto addio alla mia dignità. Continuò a guardarlo allegramente e poi ad un tratto disse: “ sei davvero un bel ragazzo, Ville.”
Okay, forse la tempesta non era del tutto violenta. Giusto due scosse per scaldare l'atmosfera. In realtà chi fu in imbarazzo in quel momento fu Ville il quale sorrise e ringraziò. Era strano che un tipo famoso come lui, una rockstar dietro alla quale sbavava un intero esercito di donne, si imbarazzasse per quel semplice complimento ricevuto per giunta da mia madre, che probabilmente non sapeva nemmeno con chi stesse parlando.
“ Come hai fatto a fare conoscenza con mia figlia, l'essere più frigido di tutto il pianeta? Ce ne vuole di coraggio.”
“ Mamma!”- esclamai scioccata. Dopo le due scosse iniziali, la tempesta sembrava per iniziare ad attaccare in tutto il suo splendore, dando il meglio di sé.
“ Devi avere delle qualità davvero straordinarie per essere al suo fianco così tranquillo senza aver ricevuto una castrazione immediata, caro figliolo.”- continuò mia madre seria e come se io non ci fossi. Ville era leggermente scioccato, eppure avrei giurato di vedere del divertimento nei suoi occhi e in quel piccolo sorriso. Ero sicura che la mia faccia fosse completamente in ebollizione e non osavo nemmeno toccarla per evitare di ustionarmi. Mi limitai semplicemente ad maledire mentalmente quella lingua senza peli che si ritrovava mia madre.
“Okay, mamma come mai sei da queste parti?”
Quella semplice domanda fatta con decisione, portò alla rottura di quella situazione davvero assurda. A quel punto mia madre spostò l'attenzione su di me e allegramente rispose: “ ero passata da voi, ma nessuno era in casa. Poi mi sono guardata attorno e ho visto questa meravigliosa torre e mi chiedevo se ci abitava qualcuno. È così misteriosa, magari ci vive un bel giovane, sapete uno di quelli che appartiene alle leggende, che si strugge d'amore aspettando nella parte più alta la propria amata mentre magari suona qualche strumento.”
Mia madre si era immersa in un mondo fantastico che a stento riuscivo a capire in quel momento.
“Effettivamente qualcuno ci abita.”- disse Ville piano, interrompendo la sua espressione da tipica sognatrice. Mia madre si voltò verso di lui con occhi brillanti. Per quanto la situazione potesse suscitare ilarità, Ville continuava a sfoggiare quel sorriso senza traccia di presa in giro.
Mia madre non poteva davvero pensare che il bel giovane che si struggeva d'amore era proprio davanti ai suoi occhi.
“Oh, e sai chi è?”- chiese mia madre affascinata. Io al pari di Ville cercavo di restare seria.
" Io."- rispose lui con semplicità e sorridendo. L'espressione di mia madre fu indecifrabile.
“Davvero?”- esclamò senza fiato e con evidente stupore. Lo guardò sospirando e disse: “ a questo punto devo ammettere che fra tutti i ragazzi che mia figlia mi ha presentato tu sei in assoluto il mio preferito.”
“Mamma credo che sia il caso di finirla qui, non ti pare?”- cercai di evitare che la tempesta desse vita ad un uragano in piena regola. Non era proprio l'occasione adatta, non dopo quello che era successo al parco. O forse dovevo dire quello che per poco non succedeva.
“ Jade sei sempre la solita!”
“ Che ci facevi da queste parti oltre a fissare la casa di Ville?”- le chiesi facendo finta di non aver sentito. Lei mi osservò severamente e poi sbuffò.
“ Ero passata per farvi un saluto.”
“ Beh, sono sicura che se passi domani ci troverai tutti e tre. E poi essendo domenica Jonathan non è in palestra ed Elisabeth se tutto va bene almeno nel pomeriggio ci degnerà della sua presenza.”- dissi pensando alla sua scomparsa con il suo bel vampiro.
“ Bene allora passo domani.”
Si avvicinò a me e dopo avermi dato un bacio sulla guancia si rivolse a Ville dicendo: “ è stato un piacere, Ville.”
“ E' stato un piacere anche per me.”
Quando mia madre scomparì dalla nostra vista, mi sentii più leggera. Guardai Ville e dissi: " è un tipo strano mia madre. Parla senza pensare a volte. Non farci caso, fa così con tutti."
Lui scoppiò a ridere, probabilmente per la velocità con cui parlai. Mi succedeva tutte le volte che ero nervosa.
“Io la trovo simpatica. È un pò come te.”- disse lui ridendo.
“No ti prego! Faccio finta di non averti sentito.”
“Ma smettila!”- esclamò divertito.- “in fondo al tuo cuore lo sai meglio di me che il mio era un bel complimento.”
“Ti faccio mangiare altra neve.”- dissi minacciosa. In realtà come aveva detto il veggente fui contenta di quel complimento. Nonostante mia madre a volte fosse un mostro, ero felice di sentirmi dire che ero come lei.
Nel frattempo Ville alzò e disse: “ okay, te la do vinta solo perché qui potrebbero vederci tutti e non credo che ti piacerebbe essere sgridata come una bimbetta di cinque anni da un adulto.”
“Quanto sei simpatico.”
“Ognuno ha i suoi privilegi.”
Aprì con finta aria di superiorità il cancello, ma poi guardandomi di nuovo cambiò immediatamente espressione e dolcemente disse: " comunque oggi al parco mi sono divertito nonostante la botta enorme che ho preso."
Sorrisi leggermente imbarazzata. Era giunta l'ora di essere un pochettino più umana e mostrare che anche Jade disponeva di sentimenti un tantino lontani dalla solita stronzaggine.
" Lo stesso vale per me. Non mi divertivo così da non so quanto. E non mi era mai successo che mi divertissi con un ragazzo che non fosse Jonathan quindi..beh..ti ringrazio."
Avrei voluto tanto scomparire dopo quella frase, ma qualcosa di invisibile mi teneva imprigionata lì, davanti ad un ragazzo chiaramente sorpreso di aver sentito tali parole pronunciate per giunta da una bocca velenosa come la mia.
Restammo a guardarci per qualche minuto. Ma perché tutto quello che stava succedendo mi sapeva tanto di film e quindi di qualcosa di assolutamente inventato?
“Ti fa davvero male?”- chiesi poi alleggerendo la situazione, indicando la sua schiena un pò preoccupata.
Ville si ridestò e disse: “ oh no tranquilla. Ho fatto cadute anche peggiori di questa.”
“Scusami, davvero. È colpa mia. Se c'è qualcosa che posso fare non esitare a chiedermelo.”
A quel punto Ville rimise le chiavi in tasca e tolse la mano dal cancello. Si avvicinò di più e mi guardò a braccia conserte. Non avevo idea di cosa avesse in mente.
Jade, se muori qui sei davvero una gran sfigata.
“ Allora posso chiederti se ora che sei in piedi hai intenzione di riprendere il discorso lasciato in sospeso sulla neve.”
Il suo sguardo divenne più sensuale mentre io sentii tutto il fiato andare via dai polmoni e le gambe iniziare a cedere sotto al mio peso.
“Perché da un dito cerchi sempre di prenderti tutto il braccio?”- gli chiesi cercando disperatamente di riavere la mia saliva ormai persa. Lui ormai a poca distanza da me sussurrò: " perché quando qualcosa mi attira so essere molto testardo e..prepotente."
Non riuscii a parlare. Fui completamente catturata da quel volto da diavolo travestito da angelo. In vita mia non avevo mai visto una bellezza del genere. Avevo sempre giudicato i finlandesi come un gruppo di cinesi tutti biondi. Erano tutti così uguali, alti, slanciati che difficilmente pensavo potessero esistere delle eccezioni del genere. E non sapevo nemmeno che la voce di un finnico potesse far partire i cervelli per la tangente. Mi sbagliavo di grosso.
Sentii la sua mano posarsi sulla mia schiena. La sua presa si fece più salda e le sue labbra si avvicinarono sempre di più alle mie fino a quando non combaciarono perfettamente, come piccoli tasselli di un puzzle che finalmente aveva trovato i pezzi giusti per essere completato.
Fu il bacio più dolce della mia vita e quello che mi sembrò durare in eterno. Non era brutale e violento, era bensì timido. Seguivo i suoi movimenti delicati con altrettanta delicatezza e leggerezza, come se fosse il mio primo vero bacio.
Ma quel contatto ad un tratto cessò e come se fossi stata risvegliata da un incantesimo aprii gli occhi scoprendo che si era staccato dalle mie labbra da un pezzo. Mi stava guardando attentamente, come se stesse aspettando la mia solita reazione sproporzionata.
Ero meravigliata, stupita, ma soprattutto spaventata. Avevo paura per quelle difese le quali ora più che mai mi sembravano completamente fragili e non avevo nessuna intenzione di farle cadere. Così con il cuore che batteva all'impazzata cercai di mantenere la calma.
“ Scusami si è fatto tardi. De-de-devo a-a-andare.”
Non gli diedi modo di parlare. Mi girai e andai via sperando di non essermi messa a correre. In quei momenti era difficile tenere sotto controllo le azioni del mio cervello.
Quando entrai in casa cercai di soffocare l'urlo che prepotentemente voleva uscire dalla mia bocca. Mentre mi tolsi il berretto sentii una specie di fiamma ramificarsi lungo il mio corpo mandandomi in ebollizione. Mi toccai le labbra e mi avvicinai allo specchio dell'ingresso.
Quel brillio negli occhi mi spaventava.
 
A differenza di quanto avevo pensato di fare, quel giorno andai a dormire presto e non raccontai a nessuno quello che era successo. Non lo feci perché non riuscivo davvero a prendere atto della cosa. Non sapevo quanto fosse grave la situazione, o forse ero pienamente cosciente di quanto mi fosse piaciuta.
L'alba di un nuovo giorno era arrivata e io stranamente ero riuscita a dormire e a svegliarmi di buon orario nonostante il pensiero costante sull'avvenimento eccezionale. Mi sedetti alla scrivania e consentii alla mia mente di navigare su mari sconosciuti e mai solcati. Quei mari doveva essere speciali perché mi permisero di ricordare un bacio senza provare nessun disgusto. Non ebbi nemmeno l'istinto di scagliare la mia testa contro il muro. Mi era piaciuta la sensazione che avevo provato e quel desiderio bramoso finalmente ero riuscita a soddisfarlo. I finnici sapevano davvero baciare. Però Lady V non mi diede il tempo necessario per respirare ancora quel ricordo così fresco come si doveva e la sua apatia tornò prepotentemente su di me.
Era stato solamente un bacio e io non dovevo dargli molto peso. Forse il cinismo del mio alter ego aveva ragione. Così lo immaginai come il solito bacio rubato ad una ragazza giusto per una curiosità verso una donna ancora inesplorata.
Scossi la testa per allontanare quel pensiero e accesi il portatile di Jonathan che gentilmente mi aveva prestato la sera precedente.
Era da molto che le mie adorate lettrici non ricevevano un mio saluto. Mi tenevo in contatto con loro tramite il mio blog che avevo completamente trascurato da quando ero arrivata qui ad Helsinki. Lo usavo soprattutto quando era in fase creativa e sapevo che quelle donne erano le uniche a capirmi in quei momenti. Controllai la posta e risposi a molte domande.
Quel giorno mi sentivo decisamente meno apatica e con qualche sentimento in più nella tasca.
Perché non fai i ringraziamenti dovuti al signorino che ti ha ridotto in questo stato?
Non c'era proprio nessun volontario per l'assassinio della mia coscienza? Avrei pagato profumatamente e in contanti.
Guardai lo schermo del pc e iniziai a scrivere.
 
Ragazze mie adorate, amazzoni costrette a vivere in una terra di finti leoni dotati, ecco a voi il ritorno di Mister Simpatia, Diva per eccellenza nonché vostra amica virtuale e cartacea.
Ebbe sì, Lady V dopo aver attraversato vari gironi infernali è finalmente tornata per farvi un saluto. Ma chi me l'ha detto di scegliere come meta di riposo una città glaciale come Helsinki? Mi sembra di vivere fra i pinguini umanoidi.
Come me è una città molto fredda, ma bisogna ammettere che la fauna maschile non è proprio da buttare. Insomma se decidete di far prendere aria alla vostra amica, un pensierino su un finnico potete farlo. Non che mi sia sbattuta a più riprese un finlandese, ma basta farli una tac per capire come stiano messi qui. Non sono grigi, sciupati e privi di umorismo come gli inglesi, ecco.
 
Mi fermai e pensai per un attimo a Ville. Una strana sensazione che non seppi ben definire si fece spazio dentro di me. Come una stupida bambinetta mi sentii imbarazzata e scossi la testa cercando di tornare tranquillamente a scrivere.
 
Che fine ho fatto vi starete chiedendo voi, vero?
Beh sto cercando di accumulare tutte le mie forze e le mie idee in strati di fogli pronti a partorire il mio nuovo libro. Sì, avete letto bene. Sto lavorando al libro che vi ho promesso l'ultima volta che ci siamo sentite. Non è che sia facile. La Musa sta continuando a fare i capricci nonostante sia tornata a casa come il figliol prodigo.
Non le ho fatto la festa perché l'ho trovata inutile, ma le ho promesso che se fa il suo dovere ne faremo minimo cinque alla quale naturalmente sarete invitate anche voi.
È anche vero che qui ci sono molte distrazioni che provvedono in un certo senso a capovolgere e a stravolgere i miei piani, e quindi sono alla ricerca di un modo per evitare qualche caduta rovinosa. Non bisogna sottovalutare il fascino dei finnici, specie se questi vanno in giro armati di sorrisi disarmanti e visini niente male.
Eeh questa è una storia lunga da raccontare, ma non preoccupatevi! Ve la racconterò.
Ma state tranquille, Lady V al contrario di quello che la vostra mente sta pensando, sta facendo la brava e porta avanti il suo comportamento impeccabile. Forse con meno antipatia, ma lei è qui a comportarsi da ragazza giudiziosa.
Mi raccomando, mentre io sono bloccata qui, voi fate le brave esattamente come lo sto facendo io!
Credo che l'aria di Helsinki mi abbia dato alla testa più del dovuto, ma spero di essermi fatta perdonare per la mia assenza e pregate per me affinché riesca a connettermi più spesso per tenervi compagnia e aggiornarvi sulle dinamiche del libro.
Alla prossima!
Vostra Lady V.
 
Sorrisi rileggendo quello che avevo scritto e spensi il portatile. Presi poi dal cassetto il mio quaderno decidendo di raccogliere tutta la concentrazione esistente per continuare il mio lavoro. Ma non ci riuscii per via di strani rumori provenienti dal salotto.
" Ma che cos'è questo baccano?"- mi chiesi alzandomi dalla scrivania e avvicinandomi alla porta. Sentii una voce. Di solito Jonathan aveva la brutta abitudine quando si svegliava di buon umore di cantare a squarciagola tutto il repertorio di Beyoncé o nei peggiori dei casi Tina Turner. Nei peggiori dei casi perché le sue stonature avrebbero fatto cadere l'intera Muraglia Cinese e la stessa Tina Turner avrebbe suonato il campanello e si sarebbe scagliata come una furia sul mio tenero amico.
Due giorni prima aveva preso la spazzola di Elisabeth ed era entrato in cucina gridando come un ossesso la sua canzone preferita. Io non seppi se ridere o alzarmi dalla sedia e assestargli un bel calcio fra le gambe. Decisi di restare al mio posto aspettando che finisse l'acuto prima di riempirlo dei miei soliti insulti che lui accettò facendo l'inchino. Così immaginai che anche quel giorno Mister Ballerino si fosse alzato troppo felice. La cosa che mi venne da fare in quel momento fu quella di uscire dalla mia camera e dirigermi in salotto con l'intenzione di strangolare l'usignolo. Scoprii, invece, che quella voce apparteneva ad Elisabeth.
“Questo era il numero cinque o sei?”
“Siete tutti dei bastardi! Bastardi siete! Tutti!”- urlò Elisabeth. Entrai piano in salotto e la vidi sedersi sul divano piangendo. Prima però che potessi parlare qualcuno suonò alla porta. A quel punto come se fosse stata colpita da una scarica, Elisabeth si alzò in piedi.
“Questo potrebbe essere lui!”
Si avvicinò a Jonathan che, in pigiama e avvolto nel suo accappatoio che utilizzava come maglione di lana, allontanò la tazza del caffè da Elisabeth.
“Ridammi l'anello!”- urlò lei arrabbiata.
“Tu non metterai le tue belle dita nel mio caffè!”
Elisabeth afferrò la tazza e ripescò l'anello che aveva buttato pagandone però le conseguenze.
“AHIA!”
Soffiò sulle dita abbrustolite e si rimise l'anello al dito.
“Sei pazza!”- commentò l'altro.
“Si vede che ho pianto?”- chiese asciugandosi gli occhi.
“Sì.”- rispose serio Jonathan.
“Come sto?”- continuò Elisabeth sistemandosi i capelli.
“Male.”
“Fanculo.”
Nel frattempo io decisi finalmente di entrare nell'aria visiva dei due personaggi. Vedendomi Jonathan si toccò la testa con un dito spiegando quanto fosse pazza Elisabeth. Io invece capii quanto fosse innamorata. Evidentemente il bel vampiro l'aveva lasciata.
Lei aveva sperato con tutto il cuore che dietro a quella porta ci fosse stato lui, pronto a farsi perdonare per la sua infinita stupidaggine, e invece si ritrovò faccia a faccia con il postino che aveva un pacco da consegnare al giovane John.
Inutile dire che la disperazione di Elisabeth superò gli acuti dei grandi cantanti di lirica. A quel punto entrai in azione io con tutta la mia dolcezza e sensibilità. Arrabbiata mi avvicinai a lei seduta sul divano e dissi: “ Elisabeth non è così che si affrontano le cose! Diamine, hai letto i miei libri e hai detto che mi avresti preso da esempio e io mi ritrovo invece di fronte ad un polipo che si attacca ad un pezzettino di cibo in putrefazione! È in putrefazione, Cristo! Tu non meriti cibo putrefatto! Questo..”
“Edward vampiro con la forbice.”- suggerì John osservando il suo pacco ed entrando nel discorso per aiutarmi. Lo guardai scioccata e ripresi. - “ ecco.. questo vampiro è un coglione, come tutti gli altri.”
“Grazie eh!”- esclamò indignato il ballerino.
“Smettila di fare la diva offesa. Tu sei un caso a parte.”
Tornai su Elisabeth e prendendo le sue mani fra le mie dissi: “e poi ai vampiri non scorre il sangue..da nessuna parte..si sa..quindi non continuare a disperarti. Non tutti i mali vengono per nuocere. Adesso la smetti di starnazzare, ti cambi d'abito, ti trucchi e mi segui. Adesso si esce e naturalmente verrai anche tu. Come i vecchi tempi dedicheremo qualche ora in più a noi tre.”
“Vado a prepararmi allora.”- disse Jonathan allegramente lasciando il pacco sul divano e scomparendo in bagno.
“Hai ragione.”- disse Elisabeth togliendosi dal volto le ultime lacrime.- “ sono una stupida. Non devo piangere per uno del genere. Dovevo capirlo dall'inizio che era un coglione e non una persona di cui fidarmi.”
Si alzò e guardandomi disse: “non succederà più.”
Mi alzai anche io e l'abbracciai.
“Se la prossima volta ti vedo così giuro che ti lascio a terra senza vita.”
Lei sorrise e dopo essersi tolta gli ultimi residui umidi dal viso con un fazzoletto che io stessa le avevo passato, andò in camera per cambiarsi. Io invece restai in salotto e portandomi le mani ai fianchi sospirai guardandomi intorno. I mille pensieri tornarono nella mia mente in maniera prepotente e un senso di panico mi travolse all'improvviso.
Sarei uscita, avrei incontrato il mondo la fuori e forse anche Ville e al solo pensiero di quest'ultimo, uscire di casa a quel punto non mi andava più. Come avrei spiegato quel mio improvviso attaccamento al divano?
Sei una stupida.
Cercai di fermare i battiti accelerati del cuore che era diventato in quel momento il portavoce della mia strana paura del mondo esterno.
" Beh che fai? Non ti prepari?"- mi chiese Jonathan entrando in salotto a petto nudo e sventolando la sua camicia.
" Non tenerla in quel modo. Finirai per stropicciarla."- gli dissi avviandomi di nuovo in camera.
 
 
Quando tornammo a casa ancora non avevo deciso bene se dire ai ragazzi del bacio fra me e Ville. Ero davvero indecisa, o per meglio dire, spaventata dalla reazione che avrebbero avuto. Ma vedendo la tristezza negli occhi di Elisabeth decisi che le mie seghe mentali erano decisamente superflue in quel momento.
Così mi gettai completamente nel salvataggio della mia amica utilizzando ogni pezzetto del mio intelletto per farla sorridere.
Nel pomeriggio come aveva detto tornò mia madre. Ormai stava diventando una sorta di rito. Restava con noi per qualche chiacchiera, mi riempiva di rimproveri come al solito e poi andava via dandomi un bel bacio sulla guancia. Quel pomeriggio però non fu l'unica ospite della giornata. Infatti mentre noi tutti eravamo immersi nelle nostre risate il campanello suonò.
“Aspettate qualcuno?”- chiesi guardando Elisabeth e Jonathan che assai sorpresi scossero la testa.
“Visto i tanti volontari, vado ad aprire io.”- dissi sospirando.
Avrei dovuto calcolare la pericolosità mentre aprivo la porta. Infatti per poco non fui ad un passo dall'avere un infarto fulminante.
“Ehi, che sorpresa!”- esclamai ritrovandomi a faccia a faccia con Ville e cercando di dare un tono meno alto alla mia voce. Non era quello il momento di mostrare le mie grandissime qualità da cantante lirica.
“ Lo so è strano che io sia qui. Il fatto è che questa mattina mi sono accorto che nel mio cappotto c'era questo e credo che sia il tuo.”
Mi porse un orecchino blu che indubbiamente era mio. Lo presi e guardai confusa Ville.
“Credo che si sia infilato quando abbiamo giocato sulla neve.”- prontamente riuscì a schiarire la mia confusione. Come avevo fatto a non rendermi conto di tale perdita? Per giunta si trattava dei miei orecchini preferiti e io non mi ero accorta di niente.
Ah l'amore.
Cercasi volontario per uccidere la mia coscienza.
“Oh grazie infinite! Sono i miei orecchini preferiti e perderli in questo modo non era proprio il destino che li avevo riservato.”- risposi sorridendo. L'imbarazzo continuava ad aleggiare su di noi come un gas nervino. E quella maledetta neve era ancora lì pronta a farmi ricordare tutto quello che c'era da ricordare.
Prima che potessi dirgli qualcos'altro lui disse: “ senti io..io volevo scusarmi..per..per..ciò che è successo ieri. È che a volte riesco a frenare i miei impulsi.”
Sì passò una mano sul berretto completamente imbarazzato. Lo ero anch'io.
Non sapevo che i finnici fossero anche gli unici esseri al mondo capaci di giustificarsi per qualcosa del genere. Di certo nessun uomo mi aveva chiesto scusa dopo avermi baciato.
Chi mai avrebbe chiesto scusa dopo un bacio? Solo Ville poteva farlo. E quel gesto per quanto potesse sembrare strano, mi era piaciuto. Nella mia indiscussa caduta verso il vuoto Ville stava inesorabilmente acquistando molti punti a suo favore.
“ Sono sicuro che Lady V sta pensando a quanto sia uguale a tutti gli altri uomini. Quelli che colgono l'occasione per sedurre giovani vergini e dopo aver ottenuto ciò che vogliono vanno via senza lasciare tracce di sé.”- disse divertito.
Sorrisi, ma prima che potessi rispondergli una voce scosse entrambi. Inutile dire di chi fosse.
“Ville!” esclamò mia madre avvicinandosi.- “che bella sorpresa! Entra! Entra!”
Ma questa casa non era di Elisabeth e Jonathan? Perché gli onori di casa li stava facendo lei? Era inutile porsi queste domande; ormai era partita.
Ville un pò titubante entrò in salotto salutando gli altri. Elisabeth si era completamente chiusa in un gran mutismo, presa com'era dal contemplarlo. Mia madre, invece, insieme a Jonathan deteneva il potere della parola. Per un bel pò io passai inosservata e in un certo senso fu un gran sollievo per me.
“Perdona la mia deplorevole ignoranza. Non sapevo proprio che tu fossi un cantante, né che avessi fondato una band.”
“Non preoccuparti. Non è un sacrilegio.”- rispose Ville tranquillamente facendo un sorso del caffé che Jonathan stesso aveva fatto.
“Io trovo che il tuo sia un bel lavoro.”
“Grazie.”
“Mia figlia immagino che non ti abbia detto che possiede una chitarra e che ai suoi tempi aveva messo su una rock band tutta al femminile.”
Ecco la mia pausa dalle scene era durata fin troppo.
Ville si voltò verso di me per l'ennesima volta. Per tutto il tempo non aveva fatto altro che guardarmi e io come una stupida lo avevo imitato alla perfezione. In quel caso invece, avrei voluto che non mi guardasse, perché la mia faccia sicuramente non era delle migliori. Come sempre quando mia madre era in vena di aneddoti sulla mia vita, avrei voluto uccidermi.
“Davvero?”- mi chiese Ville chiaramente interessato e meravigliato.
“Non era niente di importante. Sai, era una di quelle fissazioni a cui se non credi fino in fondo svanisce così come arriva.”- conclusi gentile e sorridendo. Quell'atteggiamento non passò inosservato ai miei aguzzini.
La sua dolcezza in quel momento stava per uccidermi davvero, ma qualcosa di acido che era ancora presente in me, mi fece resistere dallo scioglimento totale.
“Ville mi stavo chiedendo se ti andava di venire alla mia mostra d'arte che si terrà questo giovedì sera. Sia Elisabeth che Jonathan non potranno esserci e Jade odia venirci da sola. Credo che non sarebbe affatto male se voi ci veniste insieme. Sempre se a te faccia piacere.”
Per poco non mi strozzai. L'aveva detto! Aveva detto quello che non mi sarei mai immaginata di sentire con le mie orecchie! Il cuore stava per rompersi insieme alla tazza che per poco non feci cadere a terra.
“Tutto bene tesoro?”- mi chiese la mamma mentre Elisabeth cercava di non ridere.
“Sì..tutto okay.”- risposi con un filo di voce. Ville era scosso quanto me, ma non ci mise molto a dare una risposta fottutamente positiva.
“Sì, mi fa piacere. Sempre se donze..ehm Jade voglia.”- rispose schiarendosi la voce.
Sbaglio o stava per dire donzella acidella? Per un mezzo secondo lo fulminai con lo sguardo, ma cambiai velocemente espressione quando mia madre mi guardò.
“Beh, che ti prende? Rispondi.”
“N-non ci sono problemi.”- risposi nascondendomi dietro la tazza del caffé vuota da un pò.
Oh e invece c'erano parecchi problemi!
 
 
" Abbiamo imparato tutti qualcosa oggi."- affermò mia madre dopo che chiusi la porta. Ville dovette andare per via del lavoro. Lo avevo accompagnato alla porta senza sapere bene come comportarmi, ma lui mi rese facile il compito. Mi disse “addio donzella acidella” scherzando e andò via prima ancora di poter avere modo di rispondere alla sua affermazione iniziale.
Prima di guardarla alzai gli occhi al cielo. Sapevo bene che stava per sparare una delle sue assurde idee.
“Cosa?”- chiesi avvicinandomi.
“Non riuscivate a staccarvi gli occhi di dosso. E il tuo cervello è già completamente fuso.”
Arrossi lievemente e iniziai a sorridere nervosa. Odiavo quella maledetta sfacciataggine e ancora di più i sorrisini dei miei due compagni.
“Senti mamma non so cosa tu ti sia messa in testa, ma togliti immediatamente ogni pensiero su me e Ville. Non è possibile che io abbia trovato un amico, solo un amico?”
E il bacio, Jade?
Già il bacio. Prima o poi ai miei cari spettatori dovevo pur dire quello che era successo, ma dicendolo non avrei fatto altro che aggravare quella assurda situazione e mia madre avrebbe avuto la meglio. No non l'avrei detto. Non ora almeno.
“Non ti agitare, cara.”
“Perché l'hai invitato? Nemmeno lo conosci!”- esclamai nervosa.
“Mi sembrava carino farlo. E poi è una persona a modo e mi piace il suo comportamento.”
“Mamma non convinci nemmeno i muri.”
Mia madre alzò gli occhi al cielo e disse: “oh e va bene! Lo sto facendo per il tuo bene.”
“ Tu sei completamente matta!”
Restammo tutti in silenzio. Ma possibile che dovessi avere una madre del genere?
“ Beh una cosa è certa. Di sicuro lì non ha di certo una chiavetta usb.”- commentò mia madre e a quel punto anche Elisabeth e Jonathan la guardarono scioccati e allo stesso tempo divertiti.
“Mamma!”- esclamai.
“Beh che ho detto? Tutte le donne vorrebbero un uomo con un martello pneumatico per amico e un cervello come pochi. Pensi che vorrebbero accontentarsi di uno scemo senza forma? Tu mia cara sei davvero fortunata ad averlo incontrato. Qualsiasi sia la fine.”
Jonathan stava venerando esplicitamente mia madre, mentre Elisabeth sorrideva divertita. Li avrei ammazzati tutti in quel momento se solo avessi avuto un pò più di coraggio.
“Stai parlando troppo.”
Iniziai a camminare velocemente avanti e dietro presa dall'ansia. Perché mi stavo comportando in quel modo? Semplice. Il fatto che ci sarebbe stato anche Ville alla mostra mi metteva in difficoltà.
“Oh su! Lo sai meglio di me.”- continuò mia madre divertita.
“ Io non so quello che sai tu.”
“ E allora perché sei nel panico più totale?”- chiese Elisabeth.
“Io non sono nel panico.”
“Se non lo sei perché continui a fare su e giù?”- chiese invece Jonathan alzandosi dal divano e avvicinandosi a mia madre. Mi fermai e presi a fissare tutti e tre.
Era assurdo. Avevo otto occhi puntati su di me e tre sorrisi che di certo non stavano esprimendo la gioia infinita, bensì l'ironia e il divertimento di sapere che avevano ragione.
“Mi lasciate in pace?”- chiesi infastidita.
“Non possiamo lasciarti in pace. È evidente quanto ti piaccia e non dire “ non è vero” o altre cose simili perché, mi spiace cara, ma non ti crederemo.”- disse Elisabeth a braccia conserte. Guardai sia lei che mia madre e capii che da quella situazione non ne sarei uscita viva. Jonathan sorrideva chiaramente divertito dalla mia difficoltà.
Qualcuno poteva ricordarmi che male avevo fatto per meritarmi quel trattamento?
“Cosa volete?”
“Oh niente di che. Solamente una tua bella trasformazione per quando verrai alla mostra.”- rispose con semplicità mia madre.
“No! Non se ne parla.”
“E invece ne parleremo.”- insistette.
“ Pensate davvero che apparecchiarsi per far colpo su un uomo sia la soluzione migliore?”
“ Beh in questo caso sì. Santo cielo, Jade! Sei una donna, non provi il desiderio di far colpo ulteriormente su di un uomo che è già cotto a puntino?”
“ Non è cotto a puntino.”- chiarii testarda come se lo sapessi per davvero. In realtà io non sapevo bene cosa avesse in mente Ville, o forse non volevo proprio pensarci.
“ Oh questo lo dici tu, tesoro. Eravamo presenti anche noi cinque minuti fa e il signor Valo non sembrava avere la faccia di chi ti vuole essere solo amico. È preso quanto te vuoi capirlo?”
La fissai senza dire una parola. In parte aveva ragione. Farsi bella non era poi un male orribile. Avevo sempre fatto sfoggio della mia bellezza quando era il caso. A quel punto qualcosa dentro di me mi disse che era giunto il momento di agire.
“ Tu sei impazzita e voi siete più pazzi di lei che la assecondate. E io devo essere molto più pazza di voi tutti messi insieme per darvi ascolto. Voglio tornare a Londra.”- sbottai.
“ Ha accettato.”- si dissero in coro guardandosi felici come non mai.
Sono tre mostri. L'unica risposta.
 
   
 
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