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Autore: daemonlord89    06/04/2013    0 recensioni
Quando Jeremy riceve in eredità da suo zio una magnifica villa a Dover non riesce a crederci. Ma il dono è accompagnato da un misterioso messaggio, che lo zio ha voluto far pervenire solamente a lui, in privato. Qual è il significato della scritta sul biglietto di carta?
Un'avventura che porterà nel meraviglioso mondo del mare, per scoprire uno dei più grandi segreti che esso protegge.
Genere: Avventura, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le Cronache degli Abissi'
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Capitolo quattordicesimo
La fuga

 

Le prigioni si trovavano ad uno dei livelli inferiori della piattaforma, sotto al livello del mare. Ci arrivarono prendendo una scala di servizio che li portò nelle profondità. Là sotto non c'era molto e l'eleganza dell'ufficio di Mansell era solamente un ricordo. Il freddo e l'umidità regnavano sovrani, così come il silenzio. Solo i loro passi e quelli dei loro carcerieri lo interrompevano. Ogni tanto, qualcuno provava a liberarsi le mani dalle manette che gli erano state infilate, ma senza successo.
Giunsero davanti ad una porta in ferro e uno dei due uomini di Edward inserì un codice in un tastierino numerico, per aprirla.
“Entrate.” disse solamente.
Sotto la minaccia del fucile Jim e gli altri fecero il loro ingresso nella stanza. Si trattava di una camera rettangolare, completamente spoglia, con inferriate lungo tutti i lati. Il secondo uomo prese un mazzo di chiavi da una tasca del giubbotto e aprì una delle celle, intimando ad Annika e Jeremy di entrare.
Una volta chiusa quella porta, fu il turno di Andreas e Nathan, che furono sistemati in un'altra gabbia.
“Fate i bravi.” concluse uno dei soldati, prima di uscire e lasciarli soli.

Nessuno parlava. Nessuno ne aveva voglia.
Un fruscio attirò l'attenzione di Nathan; proveniva dalla cella di fianco alla sua. Controllando attraverso le sbarre, notò che nell'angolo in fondo si intravedeva una sagoma.
“C'è qualcuno?” chiese. Non ci fu risposta, ma la sagoma si mosse.
“Ehi, esci.” continuò Falker “Non ti faremo certo del male, siamo tutti nella stessa situazione.”
La sagoma strisciò sulle braccia, probabilmente troppo debole per alzarsi in piedi, ed uscì alla flebile luce delle lampadine.
Era una donna sulla quarantina. I lineamenti delicati facevano da contorno ad un paio di occhi azzurri e spaventati. Era ricoperta di polvere e terra, chissà da quanto tempo era lì.
Guardò Nathan negli occhi, come per chiedergli aiuto e il biologo la guardò di rimando.
Possibile che...
“Mi senti? Mi capisci?” domandò.
“Sì.” rispose lei, con un filo di voce.
“Tu sei per caso...” armeggiò con le sue tasche per recuperare la foto trovata sull'isola, che aveva tenuto lui “...questa bambina?”. Mostrò l'immagine alla donna e il suo sguardo si illuminò. Allungò di scatto le mani per prendere la cornice e Nathan gliela lasciò. Tutti gli altri si erano voltati nella direzione della prigioniera, interessati.
“Dove l'avete trovata?” chiese lei.
“Su un'isola, in un passaggio segreto nella roccia.”
“Siete stati là? Io... Dunque, siete qui per...”
“Siamo qui per il flauto.” intervenne Jeremy “Tu sai di cosa parlo, vero?”
“Certo. Certo che lo so.”
“Chi sei tu? Come ti chiami?” la voce di Annika era dolce. La donna misteriosa alzò gli occhi verso di lei ed esitò un attimo, come se non ricordasse il suo nome.
“Marina.”
Nome azzeccato, pensò Nathan.
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Io e mio padre, Franco, siamo italiani.” Marina stava raccontando la sua storia. Dopo aver scambiato qualche informazione con i quattro nuovi arrivati aveva deciso di potersi fidare di loro; dopotutto, a quanto pareva, avevano lo stesso interesse a salvare le balene.
“La passione per il mare è un difetto di famiglia.” rise su quelle parole “E' così che la chiamava mio padre. Fin da piccola sono stata abituata a vivere a contatto con l'acqua, a studiare le creature degli abissi e le leggende che li riguardano. E' nato in me un amore sconfinato per tutto questo.
Quando avevo appena dieci anni, però, mia madre è morta; un incidente durante un'immersione, ha perso il casco.”
“Oh, mi dispiace.” la fermò Andreas. Conosceva bene i pericoli che si correvano immergendosi.
“Non preoccuparti, di certo non è colpa tua.” sorrise Marina, prima di continuare “Mio padre ha subito un duro colpo e ha maturato la decisione di isolarsi dal mondo. Non voleva più avere a che fare con nulla che gli ricordasse Paola. Ci siamo trasferiti in Inghilterra, a Dover, ma ancora non gli bastava. Con una piccola imbarcazione abbiamo vagato per giorni, fino a che non ha finalmente trovato il luogo dove, secondo lui, avrebbe avuto la pace che cercava.”
“L'isola?” chiese Jeremy, pur conoscendo la risposta.
“Esatto. Trovammo i passaggi segreti e le rovine subacquee. Esplorandole, mio padre capì che si trattava di un edificio atlantideo. Decise di stabilirsi lì, di costruire una casa all'interno dello scoglio e di continuare a studiare quel luogo.”
“Dev'essere stata dura, per una bambina.”
“Neanche un po'. Mi permetteva di andare a Dover quando volevo, ero libera. Mi piaceva davvero vivere lì, con lui.”
“E il flauto?”
“Lo trovò durante un'immersione. In una delle caverne nelle rovine sotto all'isola c'era una nicchia nascosta, dove si trovava lo strumento. Dopo averlo recuperato, passò mesi a studiarne le proprietà, fino a comprendere che cosa fosse.”
“Cosa scoprì, esattamente?”
“Il flauto, finché viene ascoltato fuori dall'acqua, non è altro che un normale strumento musicale, ma quando il suono entra in contatto con il mare si trasforma e diventa identico al canto delle balene. Mio padre comprese che si trattava di un sistema per comunicare con quegli immensi animali.”
“Un richiamo, dunque?” Nathan era sempre più interessato e incalzava Marina con una domanda dopo l'altra.
“Non esattamente, era qualcosa di più. Le balene erano costrette a seguire quel suono, come se potesse agire sui loro neuroni.”
“Affascinante.” commentò Falker. Annika lo guardò stranita.
“Crudele.” disse.
“Sì, crudele. Ignoro quale fosse lo scopo originale di quel flauto. Mio padre voleva disfarsene, ma qualcosa gli diceva che, se usato da una persona buona, avrebbe potuto fare grandi cose. Lo tenemmo e imparammo ad utilizzarlo in modo da poter gestire una vasta gamma di comandi. Quando mio padre spirò, portai avanti io i suoi studi. Fino all'arrivo di Mansell.”

Marina raccontò di come gli uomini di Edward erano entrati nel passaggio segreto e l'avevano assalita per rapirla, portando con sé il flauto. L'avevano portata lì, alla piattaforma, e l'avevano costretta ad insegnare loro come usare lo strumento, attraverso torture indicibili.
“Dove si trova il flauto, ora? E le balene, dove sono?” domandò Jim, al termine del racconto.
“C'è un grande acquario subacqueo, assomiglia ad una serra, da fuori. Non è molto lontano da qui, si può raggiungere sfruttando quelli.” la donna indicò un pannello a livello del terreno “Sono finti condotti di areazione, in realtà passaggi per la struttura. Balene e flauto sono lì. A quanto ho capito hanno collegato il flauto ad un sistema computerizzato, che continua a suonarlo in modo da assoggettare le balene al volere di Mansell.”
“E' terribile. Dobbiamo fermarlo.” Andreas era determinato.
“Sì, ma come? Non possiamo fuggire”
“Non hai potuto farlo fino ad ora, perché eri qui da sola. Adesso siamo in cinque. Ascoltatemi tutti bene.”

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Tempo dopo, una delle guardie entrò per consegnare il pasto. Andreas attese il momento in cui si trovò quasi a contatto con la cella di Jim, prima di chiamarla.
“Ehi, idiota?”
L'uomo si voltò e lo guardò con odio. Fece per prendere il fucile, ma Jeremy fu più svelto. Raggiunse le spalle della guardia facendo passare le braccia attraverso le sbarre e tirò con forza verso di sé. Il colpo fu devastante e il carceriere svenne. Jeremy frugò fino a trovare le chiavi e aprì la sua cella, per poi fare lo stesso con quelle degli altri tre. Annika, nel frattempo, raccolse l'arma della guardia.
La porta si spalancò ed entrò il secondo uomo, attirato dal rumore. Si trovò la canna del fucile puntata contro e alzò subito le mani.
“Immagino che voi guardie abbiate accesso a quei condotti.” disse Anni, mentre Nathan, uscito dalla gabbia, lo disarmava.
“S-sì.”
“Bene. E' tempo che tu ci faccia continuare il tour iniziato da Mansell.”


 

   
 
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