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Autore: Crypto    06/04/2013    6 recensioni
Alex, un ragazzo che ama l'avventura, decide di perlustrare il paese in cui si è trasferito da poco, e si incammina in un bosco, da cui emerge un'antica casata,
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sì, era davvero capitato in uno strano posto, Alex. Il ragazzo se lo stava ripetendo per l’infinitesima volta nella sua mente.
 Codici intagliati nel legno, freccette con una strana sequenza, steccati con stelle a cinque punte, un pilastro dai cerchi concentrici formato da tutti i colori, il parquet crollato sotto i suoi piedi. Tutto completamente strambo. E ancor più strambo era ciò che vide quando puntò la torcia verso il basso. La luce sprofondò in quel piccolo buco quadrato totalmente immerso nel buio. Al centro dello spazio sotto la superficie era appoggiata una scatola dal verde smeraldo, un colore acceso, quello stranamente preferito di Alex. ‘Non sono coincidenze.’, si disse tra sé, per tranquillizzarsi. Una scatola senza il solito fiocco né bigliettino. Una scatola, forse, per nessuno. Ma che, sfortunatamente, il ragazzo aveva trovato, seguendo il suo istinto e le sue teorie arzigogolone.
-Allora? Hai trovato qualcosa?-, la voce della ragazza-senza-nome giunse alle orecchie di Alex quasi come un sussurro. Al disopra di lui troneggiava l’imponente tavola da biliardo che rendeva pressoché debole la sua voce. ‘Bel posto, per metterci un regalo!’.
-Sì, qui c’è una scatola verde.-, rispose pacatamente Alex.
-E muoviti a vedere cosa c’è!-, ricominciò la ragazza, munendosi di quel suo modo di parlare scorbutico e a dir poco insolente. Alex decise di non rispondere, altrimenti l’avrebbe offesa. Eppure c’era qualcosa in lei di straordinario, non solo prepotenza.
Appoggiò la piccola torcia sul pavimento freddo, un miscuglio di forme geometriche e figure concave, caleidoscopio di colori, in modo da proiettare la luce in quella piccola apertura, e, prono, allungò le sue braccia per prendere la scatola, invano. L’apparente regalo era collocato più profondamente, cosa che impediva alle braccia del giovane di prenderlo. Allora Alex serpeggiò sul glaciale pavimento e si avvicinò un po’ di più al buco. Gettò nuovamente le sue braccia e finalmente ebbe nelle sue mani quello strano pacco, freddo.
-Preso.-, disse alla nipote del proprietario, ex sindaco della cittadina. Stranamente non aveva dato molta importanza e dedicato molta attenzione a quella notizia che poco prima la ragazza gli aveva detto con determinazione, venando la sua voce quasi di odio. ‘C’è ancora tempo’, si disse tra sé. ‘O almeno credo.’. Strisciò con il corpo sulla superficie del pavimento con il pacco tra le mani, bramando di uscire da quel mostro che incombeva su di lui, come dagli abissi del mare. Il contatto con le piastrelle fredde del pavimento gli fece venire la pelle d’oca, mentre brividi serpeggiavano lungo tutto il corpo. Sembrava uno di quegli esercizi che fanno i militari nel campo d’addestramento, intrappolati sotto un groviglio di reti fastidiose, bramosi di arrivare al traguardo. Alex riemerse e, togliendosi la polvere dalla sua maglia dei Guns N’Roses nera e dai pantaloni, guardò la ragazza dai riccioli rossi. E le porse l’ipotetico dono.
-Ecco. Apri e vedi cosa tuo zio, probabilmente, ha lasciato.-, le disse, accennando un sorriso.
La ragazza-senza-nome lo guardò con occhi da cui trapelava pura incertezza e anche paura. Emozioni stavano trafiggendo come lance i suoi ricordi, risaliti a galla in un secondo, pronti a torturarla.
-Io…-, uscì dalla voce della ragazza, come un sussurro. Volse gli occhi verso il basso, inspirò profondamente e avanzò verso Alex, il quale non sapeva come comportarsi. Ella prese il pacco e si avviò a piccoli passi verso una sedia riccamente decorata con diversi fiori rossi e viola, all’angolo destro della stanza. Si sedette e poggiò il pacco verde sul tavolino di cristallo che era posto di fronte a lei, gli occhi persi nel vuoto. Alex osservò in silenzio reverente la scena e poi decise di avviarsi anche lui verso la ragazza sconosciuta, i capelli che le coprivano il volto. –Scusami se non ti ho detto il mio nome…-, cominciò quella con voce spezzata, alzando lo sguardo e puntando i suoi occhi in quelli di Alex, stupefatto dal cambiamento repentino della ragazza. –Comunque mi chiamo Teresa, è un piacere conoscerti…-. Si alzò e porse la sua mano ad Alex.
Teresa: finalmente il grande mistero era stato risolto. Alex le porse per la seconda volta la sua mano un po’ tremante. Le loro mani si unirono armoniosamente. –Ri-piacere, mi chiamo Alessandro, per gli amici Alex, ed è un piacere conoscerti, Teresa-, cominciò in tono scherzoso il ragazzo, per sdrammatizzare un po’ e per rompere quei muri di ricordi velenosi.
Almeno il giovane le strappò un sorriso, insinuando in lei un bagliore confortante, da tempo seppellito nelle rovine del suo cuore.
Si guardarono per pochi secondi, poi Alex decise:- Su, ora vediamo cosa contiene quella scatola.-
Teresa continuò a guardarlo, dicendo:- E comunque, se ti interessa, ho sedici anni.-
‘L’amore non ha età!’. Un pensiero si insinuò nella mente di Alex, che le scoccò di rimando un sorriso.
Entrambi, quindi, nello stesso momento, si avviarono verso il tavolino: l’uno si sedette, stiracchiando le sue gambe indolenzite; l’altra si piegò per aprire il pacco smeraldo. –Pronti?-, chiese retoricamente Teresa, gravida di emozione.
-Pronti.-, ripeté con decisione Alex, curioso di vedere cosa si celava dietro quelle mura di cartone verdi.
Teresa allungò le sue mani sulla scatola, tolse il coperchio. All’interno vi era una busta contenente sicuramente una lettera, chiusa da un pallino verde di ceralacca. Di fianco alla busta si trovava un piccolo contenitore di ferro a forma di esagono.
La ragazza prese,con mani tremanti, la busta, mostrandola ad Alex. –Apri-, enunciò quest’ultimo con voce invitante. –Non avere paura-. Teresa vacillò per un po’ di tempo, incerta di vedere cosa contenesse quel messaggio. Con suo zio non voleva più a che fare.

Allora poggiò le sue lunghe dita sulla superficie ruvida della busta, aprì con forza, spezzando il sigillo di ceralacca verde, spiegò il foglio color crema e cominciò a leggere nella sua mente, mentre i suoi occhi dribblavano.
-Cosa dice?-, chiese con gentilezza Alex, curioso del contenuto. Teresa alzò gli occhi, si schiarì la voce e cominciò:


“Buon salve, gentaglia.
Donc, se state visionando questo messaggio, vuol dire che avete, attraverso
un processo di ragionamento certosino e mirato, scoperto e seguito
la sequenza elaborata dalla mia mente brillante, grondante
ingegno smisurato e aspaziale.
Certo, la mia incomparabile genialità è stata eguagliata, ma resterà pur
sempre irraggiungibile. Modestia a parte, ovviamente.
Bravo, ye!  chiunque tu sia, hai vinto una lettera del sindaco di Rancerco.
Pardon, ex sindaco.

Sono stato esiliato per mano vostra, cittadini, poiché mi riteneste
inadatto a questa carica.
Sappiate che, dopo l’espulsione, mi sono allontanato da questa feccia
di paesino viscido, stanziandomi in un posto tranquillo, desolato,
dove poter intrattenermi con la solitudine e la bellezza del paesaggio,
e non della natura.
La natura è spietata.

Veniamo al dunque, caro ignoto cittadino.
Un avvertimento io ti lascio: fa’ buon uso del codice da te
stesso trovato.
Se la sequenza leggerai (e forse l’hai già fatto.), il tesoro
troverai. Vuoi un piccolo indizio?
Nah, sta a te scoprire il tutto.
Altrimenti… che gusto c’è?

Un abbraccio stritola-costole.
Con affetto,

L’ex strambo sindaco della feccia Rancerco, lurido
posto di luridi individui.
Firmato, Arturo. (sì, bel nome, faccina-con-occhiolino.)

                                               
                                       Teresa, mi manchi.”





Quando ebbe terminato di leggere la lettera, sul viso di Teresa cominciarono a scendere lacrime. ‘Teresa, mi manchi.’, tre parole che l’avevano paralizzata dentro.
-Posso dirti una cosa?-, iniziò Alex, dopo un lungo silenzio.
-Spara.-, replicò Teresa, con voce impastata. Lo zio doveva aver rivestito sicuramente un ruolo rilevante nella sua vita.
-Senza offesa, ma… francamente tuo zio mi sembra un tipo strambo. Da come scrive, il suo pizzico di ironia, la sua schiettezza… ma mai giudicare dalle apparenze. Scusa se ti dico questo, non lo faccio per ferirti…-. ‘Ormai è troppo tardi, bamboccio’. La solita vocina malefica serpeggiò nei suoi pensieri.
-Ma và, non preoccuparti!-, disse la ragazza, accennando una piccola risata. –Sì, è strambo, senza ombra di dubbio. La sua follia gli è costata cara però…-, e lasciò in sospeso il pensiero, che si disintegrò nell’aria.
-Puoi togliermi una curiosità?-, chiese Alex. ‘Quanta curiosità, peggio di Pandora!’, gridò la vocina. ‘Ma sta’ un po’ zitto, stupido’, aggredì la seconda vocina, quella buona.
-Spara, baby.-
-Abbiamo scoperto questo codice, no? Bè, mentre osservavo la stanza, mi ha colpito quella scritta sul lampadario della tavola da biliardo. SPQA. Mi chiedevo, insomma… che cosa significa?-
-Mio zio era un erudito, passava la maggior parte del suo tempo a leggere tomi e mucchi di libri, oltre a svolgere, evidentemente in malo modo il suo ruolo. Amava il latino, soprattutto un oratore di nome Cicerone. Così, quando fece costruire questa casa, il giorno dopo della sua elezione a sindaco, chiese che fosse stampata questa breve sigla. Senatus populusque Arcturi, ecco cosa significa.-, disse senza interruzioni Teresa.
‘Strambo, non c’è alcun dubbio’, pensò Alex. Assorto nei suoi pensieri, e investito da una raffica di quesiti, si ricordò di qualcuno.
Sua madre. Le aveva detto che sarebbe andato a comprare un libro, e invece aveva mentito.
-Per caso hai un orologio? Puoi dirmi che ora sono?-, chiese Alex, preoccupato.
Teresa prese dalla tasca del suo jeans a tubino un i-Phone 4 e lesse l’ora. –Sono le 14, 30.-, rispose.
-Occazzo!-, gridò Alex. Si stava teresizzando. –Scusami, ma devo proprio andare. Io sono nuovo qui e non voglio che mia madre si preoccupi già da ora.-
-Non preoccuparti, vai pure.-, rispose pacata Teresa, sorridendo.
-So che sto liquidandoti in modo pazzesco, ma devo proprio andare! Ti va bene se ci incontriamo qui alle 17, 30?-
-Mmmh… okay, baby.-
-Grazie Teresa. Potresti accompagnarmi alla porta? Non so da dove uscire.-, affermò Alex impacciato.
-Vieni, da questa parte.-, indicò la ragazza, avviandosi verso la porta dalla quale, all’inizio, era scesa.
Alex la seguì, incamminandosi nel buio su scale che sembravano interminabili.
Arrivarono al piano terra, nel soggiorno. Ora Alex vedeva il buco del parquet maledetto. Si avviò verso la porta, accompagnato da Teresa. Il ragazzo aprì la porta e si voltò, guardando negli occhi la sedicenne.
-E tu ora resti qui?-
-No, tra un po’ torno a casa, non preoccuparti per me.-, rispose Teresa. E successivamente aggiunse:-Ah, e non preoccuparti per me. Grazie di tutto…-
-E’ stato un piacere conoscerti.- Alex si corazzò di coraggio, le si avvicinò e le diede un bacio sulla guancia, come simbolo di congedo.
Sì girò e si avviò verso casa, ringraziando il parquet per essere crollato sotto i suoi piedi.










Sì, mancano i colpi di scena, lo so!
Ma se non avessi scritto oggi, non avrei più continuato, ahahahah! Sparisco, non ho altro da aggiungere. Non l'ho nemmeno riletto perché sono stanchissimo! (la scuola distrugge)
Leggete, se volete, e recensite!!
Crypto.
PS: fa schifo, lo so ;)
  
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