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Autore: M4RT1    06/04/2013    5 recensioni
Neal è finito all'ospedale e dovrà restarci per ventuno giorni. Che succederà? Chi gli terrà compagnia? Ma soprattutto: riuscirà Neal a sopravvivere a ventun giorni con amici che tentano di tirarlo... su di morale?
**
La storia si comporrà di ventidue capitoli: il primo parla di come Neal è finito in ospedale, poi ce ne sarà uno per giorno. :))
Spero vi piaccia!
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elizabeth Burke, Mozzie-Dante Haversham, Neal Caffrey, Peter Burke, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Peter non si presentò nemmeno il giorno successivo. Neal si svegliò presto, già agitato, con la febbre alta e dolori ovunque, ma ben deciso a chiarire con l’uomo.
Aspettò per parecchi minuti, teso, sporgendosi e sbirciando attraverso il vetro della porta, ma niente.
Passò tutta la mattinata così, fermo, mentre infermieri e medici gli sfilavano davanti per accertamenti vari. A mezzogiorno crollò a dormire, spossato a causa degli antibiotici e della nottata che aveva passato; fu proprio in quel momento, però, che la porta si aprì di nuovo. Neal sobbalzò e si alzò subito a sedere, ma non era Peter. Era Elizabeth
.
-Ciao, Neal- gli sorrise, un po’ tesa. Si avvicinò a piccoli passi verso di lui, indecisa su cosa fare, e lui non aiutò. Restò fermo, stupito dalla visita della donna, preoccupato per le motivazioni che potevano averla indotta a sostituire il marito.
-Che è successo a Peter?- chiese allora, sentendo di star per scoppiare.
-Niente, perché me lo chiedi?

Mentiva. Neal lo sapeva fare troppo bene per non riconoscere una principiante: lo vedeva dallo sguardo sfuggente, dai piedi inconsciamente rivolti al lato opposto rispetto a quello del letto; ma, più di tutti, sentiva la voce leggermente incrinata che la donna non aveva mai usato con lui.

-Sono due giorni che non viene, io…
Mentre parlava, Neal si rese conto di quanto sembrassero stupide le sue affermazioni: era un uomo adulto e vaccinato, non aveva bisogno che qualcuno passasse a trovarlo ogni giorno; e Peter era un agente speciale che, probabilmente, aveva molto cose da fare più importanti del fare da badante a un truffatore.

Non è così, sai che non lo è. Siamo amici.

-Ha… ha avuto da fare, ma domani verrà di sicuro- lo tranquillizzò la donna, poi si sedette sul bordo del letto e gli sorrise: -Allora, come sta il mio paziente preferito?
Il ragazzo trasse un profondo respiro, poi si richiuse a riccio come non faceva ormai da tempo. Sfoderò un sorriso e rispose:
-Meglio, grazie.
-Sono contenta…
Non lo era. Non sapeva il perché, ma Elizabeth non era sinceramente contenta.

Elizabeth non era sincera.

E, d’improvviso, Neal decise di cambiare tattica; decise di comportarsi, per una volta, non come il truffatore che credevano che fosse, ma come l’amico che dicevano che era.
-Non è vero.
-Cosa non è vero, Neal?
-Non mi sento meglio, e tu non sei contenta.
Anche quella frase, nel pronunciarla ad alta voce, divenne immensamente stupida.
-Cosa?
Elizabeth impallidì, stringendo la borsetta.
-Mi nascondete qualcosa- continuò il ragazzo, ormai troppo lanciato per fermarsi: -Sono due giorni che non viene e non si informa, e io so che Peter non è così. E poi ti vedo, sai? Non sono stupido, tu… voi mi nascondete qualcosa.
La sua voce, man mano che proseguiva nel discorso, si fece sempre più incrinata. Alla fine, si accorse che gli occhi gli bruciavano in maniera innaturale.
-E’ così, vero?- proseguì, schiacciato dal silenzio della donna: -Ma certo che lo è.
Elizabeth lo interruppe:
-Sai che non è vero, Neal. Io… è vero, non ti abbiamo detto una cosa- si arrese. Neal rabbrividì, terrorizzato: d’improvviso, si rese conto che avrebbe preferito che i Burke avessero continuato a mentirgli. –Ma non è come credi.
-E com’è?
-Io… Neal, devi promettermi che non ti arrabbierai con Peter, d’accordo?
Seguì un secondo di silenzio.
-Ci proverò- rispose il ragazzo.
Elizabeth annuì, conscia di non poter sperare di meglio:
-Qualche giorno fa una dottoressa ha parlato con Peter. Di te- specificò, poi prese coraggio: -La tua… la tua mano- esitò ancora, scossa dal brusco movimento del ragazzo: -Ci sono stati vari problemi. Non ti mentirò, Neal, rischi di perderla- concluse, veloce. Troppo veloce, quasi sperasse che il ragazzo potesse confondere le sue parole e non capirne il senso.

Seguì un silenzio troppo opprimente per definirlo tale. Elizabeth fissò il volto del ragazzo, il suo cambiamento repentino: prima impallidì, fissando il vuoto, respirando a fatica; poi provò a calmarsi, ma tremava troppo per farlo; infine, alzò lo sguardo verso la donna, che non aveva lasciato la sua mano nemmeno per un attimo, e provò a dire qualcosa.
-Cosa, Neal?
Le labbra gli tremavano troppo per parlare, ma ci provò comunque:
-Che… che vuol dire? Io… io non posso… non voglio, io…
Stava balbettando frasi senza senso, inutili, e lo sapeva. Eppure, non poteva fare a meno di pronunciarle, come se potessero portargli via un po’ di quel terrore che lo stava prendendo.
-E’ solo un’ipotesi, potresti anche farcela, ma la dottoressa ha ritenuto che dovessi saperlo.
Per un minuto, o forse dieci, o un’ora, Neal ed Elizabeth restarono immobili, spaventati dalla grandezza di quella notizia. Poi lei lo abbracciò; lui si lasciò stringere forte, abbandonandosi in quella stretta, la testa sulla spalla dell’altra. Restarono così per un tempo indefinitamente lungo, poi si separarono.
-Andrà tutto bene, Neal- mormorò ancora Elizabeth.
-Lo so.
-Adesso sei tu a mentire.
Elizabeth si sforzò di sorridere.
-Hai ragione- ammise il ragazzo, più rilassato.

 
 
Quando Elizabeth uscì dalla stanza, era passata l’ora di pranzo.
Peter aveva aspettato in corridoio tutto il tempo e la seguì, ansioso:
-Allora, com’è andata?- le chiese subito.
-Ha bisogno di tempo- rispose solo a donna. Il marito annuì. Per un attimo pensò di entrare, di vedere con i suoi occhi lo stato di Neal, ma poi si fermò.
Aveva bisogno di tempo. Di tempo per capire, comprendere il vero significato di quella notizia. Aveva bisogno di tempo e di qualcuno che sapesse fargli trovare la fora di continuare a guarire. Quel qualcuno non era lui: lui non era bravo con le parole.
  
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