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A
te, che ritorni, e non ti rendi conto di
uccidermi tutte le volte.
Sai,
credevo che tu, piú di tutti, avessi imparato
a guardare. Ero convinta che tu avessi capito, che avessi intuito
qualcosa di
me che andava oltre ció che avevo permesso agli altri di
subodorare. Che
sapessi leggermi dentro, e vedere oltre l'apparenza dei miei sorrisi,
oltre il
tremolio delle mie braccia, oltre le mie parole spezzate. Ero convinta
di
averti dato tutte le prove del mio interessamento.
Non
eravamo amici, neppure fidanzati. Eravamo
qualcosa. E quel qualcosa mi
piaceva.
Mi
faceva stare bene. Ad essere del tutto
sinceri, ero anche un po' egoista: ero felice di riuscire a strapparti
qualche
cosa: una risata, una confessione, un ricordo. Mi sentivo leggera nel condividere
con te un particolare ridicolo, una brutta situazione, una
semplice esperienza come stare nel parcheggio sotto casa mia, a parlare
per
ore.
Ero felice, se tu c'eri.
Poi,
non si sa come, finí.
Piano
piano, ti sei allontanato. Hai messo
sempre piú metri tra me e te; non metri fisici, ma distanze
psicologiche, muri
di silenzio, assenze pesanti a cui sempre e solo io mettevo fine,
perché
nonostante la paura di essere di troppo, di disturbo, ho trovato le
palle per
scriverteli tutti quei messaggi, e lanciartele tutte quelle seconde
opportunitá, e concederteli tutti quei benefici del dubbio.
Dopo
piú di sei mesi, sono giunta alla
conclusione.
Tu
non hai mai capito nulla.
Né
allora, né ora.
Ha
fatto male, capirlo. Ha fatto molto piú
male di quanto avrei potuto credere all'inizio di tutto. Ha fatto male
perché
tu hai sempre fatto mostra di essere ben cosciente di tutto, dal mondo fuori a quello che abbiamo dentro,
soprattutto di quest'ultimo.
L'unica
differenza che c'è tra la me di allora e la me di
adesso è la rabbia.
La
rabbia delusa.
Vorrei
farti stare da schifo. Vorrei poterti fare del
male, male psicologico, e male e male e male.
Ma
non lo faró, per un semplice motivo.
Se
ti facessi del male, capiresti che tu ne hai fatto a
me. Non ti permetteró di addentrarti ancora nei miei
pensieri: ti offrirei il
fianco, mostrandoti come mi hai fatto male, e per quanto anche questo
sia
doloroso da ammettere, colpendoti colpirei me stessa.
Non
avrei mai il
coltello dalla parte del manico. Quando ti ho permesso di
sbirciare dentro,
anni fa, hai fatto un giro panoramico, valutando il disastro che si
stava
ancora consumando dentro di me, e poi sei scappato.
Questo,
piú di tutte le tue belle parole, mi ha dimostrato
che persona sei.
Un
codardo.
E
io, con quelli come te, non voglio averci a che fare.
Né ora,
né mai.
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...
Io ci ho provato a lasciar perdere.
Davvero.
Elle