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Autore: 48crash    07/04/2013    4 recensioni
Premetto che il mondo del rock mi ha sempre affascinato. Ho sempre trovato figure particolarmente interessanti le groupie, e ho sempre desiderato diventare una di esse. Ma documentandomi un po' sull'argomento, ho scoperto che non era affatto semplice reggere la vita della groupie. Forse qualcuno che aveva la mia stessa idea leggendo la mia ff cambierà idea.
NON è tratto da una storia vera, ma cercherò di rendere il tutto il più realistico possibile. E' la storia di una ragazza, groupie, che conoscerete andando avanti. Parla della sua vita al fianco degli Arosmith, all'inizio della loro carriera, nel periodo tra Get Your Wings e Toys In The Attic, quando la loro vita era davvero tutta "sesso, droga e rock 'n' roll", quando io avrei dato l'anima per essere lì in mezzo. Però sono qui, e non mi resta che parlare di questa ragazza, alla quale con lo scorrere del tempo mi sono affezionata, a lei e a tutti i suoi problemi, alle sue follie, alle sue passioni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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25 ottobre 1974, 13:06
Mi sveglio rannicchiata sul fondo del bus. Mi trovo accanto una bottiglia di succo e ne bevo un sorso, accompagnandola ad un tiro dalla canna che mi ritrovo in tasca assieme all'accendino. C'è un biglietto vicino al punto in cui avevo poggiato la testa, ci riconosco la scrittura di Kathie.

Io e le altre siamo in studio con i ragazzi a sentire le prove. Ti ho lasciato qualche waffle se ti va, il succo, e della pasta fredda. Immagino che non starai molto bene perciò ti ho lasciato le aspirine in borsa e uno spinello in tasca, così te lo fumi appena sveglia e superi i postumi, ma non prendere altro. Bevi solo acqua. Se ti va raggiungici in studio, quando arrivi lascia le chiavi a Randy. Per ora riposa. Baci, Kat”.
Sorrido. La solita premurosa allegra Kathie, probabilmente con qualche influenza di Joe. E io che in questi giorni non ho cercato nemmeno un po' di confortarla su Larissa. Larissa che non ci sta più telefonando ormai. Chissà dov'è finita.
Non ho molto tempo per pensarci perché non appena mi alzo sento le tempie martellarmi ritmicamente, come se mi ci stessero scaricando contro una raffica di proiettili dall'interno. Mi piego subito a frugare nella borsa e recupero un paio di aspirine che prendo bevendoci dietro il succo, poi mi risiedo a terra aspettando che facciano effetto mentre cerco di fare mente locale riguardo a ciò che è successo tra ieri sera e adesso.
Rannicchiata in posizione fetale stringo tra le dita piccole e sottili la medaglietta dorata che porto al collo. Ce l'ho da quando avevo sette anni, quando mia nonna me l'ha regalata. Da allora sono solita a torturarlo con le unghie quando mi concentro su qualcosa, mi aiuta a isolare ciò che mi interessa dal resto.
Chiudendo gli occhi, pian piano sento distaccarsi dalla confusione di fondo che oscura tutta la mia mente alcune immagini. Lentamente, si fanno più dettagliate e si espandono man mano che le metto a fuoco. La droga. Kathie che mi trucca. La stretta di Joe sopra la mia spalla. La maglietta di Brad. La maglietta lercia di Brad, poveretto. Il concerto. Joe e Steven. Poi i dolori. La paura. Il bagno grigio. Lily.
Su di Lily i miei ricordi subiscono un brusco arresto, ma dopo qualche secondo di buio riesco a far fronte al muro che il mio cervello mi para davanti. I ricordi sfocati cominciano pian piano ad allargare il loro raggio d'azione, e inizio a vedere com'è andata poi. Lily mi ha sollevata da quel pavimento in qualche modo, e Kathie è venuta a vedere cos'è successo, trovandoci lì. Immagino che Lily le abbia spiegato chi è e come mai fosse lì a soccorrermi piuttosto che al concerto. Probabilmente le ha parlato di Amanda e del discorso che mi ha fatto. Ma di questo non sono sicura. Ho parecchi buchi nella memoria nell'ultimo lasso di tempo. Dal momento in cui Kathie mi risolleva aiutata da Lily per portarmi nel tour bus insieme a qualche roadie salta direttamente a qualche minuto dopo, credo, quando Kathie mi ha spogliato per mettermi dei vestiti puliti. Poi salta di nuovo, piombando direttamente a qualche, credo, ora più tardi, quando i ragazzi sono venuti a chiamarci per il party post-concerto. Poi mi vedo su un materasso della palestra, con Joey qualche metro più in là che fa sesso con un'altra del giro, Rita, la ragazza italo-americana che si è unita a noi poco fuori Minneapolis. Poi le braccia di qualcuno, Joe, che mi trascinano via. Joe, sudato dopo il concerto, caldo e forte. Non ci mette nulla a sollevare me, che sono sempre stata muscolosa ma piuttosto piccola. E ora più magra che mai. Mi pare una spiegazione plausibile. Sento ancora le braccia forti di Joe stratte attorno al mio corpo semi-incosciente. Mi ha già sollevata altre volte. Non molte a dire il vero, reggo bene quello che prendo in verità; ma le volte in cui sono stata veramente giù non ha esitato a farlo. Così mi concentro su quella sensazione, su quello che potrebbe essere accaduto dopo che Joe mi ha portato via. Non dormo molto quando sono così malridotta, o dormo molto male, perciò c'è ancora un periodo di tempo in cui non so cos'ho combinato.
Strizzo le palpebre cercando di ricordare. Ma la nebbia causata dagli acidi e da tutto il resto è fitta e difficile da diradare. Eppure qualcosa mi sembra di riuscire a scorgerlo. Joe che mi sdraia sul fondo dell'autobus, prima che rientrino gli altri. È mezzo spogliato, chissà chi si sarà fatto. Solleva la coperta e si stende al mio fianco. Io ho paura, mi aggrappo a lui. Lui mi culla e mi accarezza i capelli. E anche se lo vedo sfocato sento il suono penetrante della sua voce. Se fossi Elyssa non lo lascerei nemmeno per un secondo. Nella mia testa è tutto buio, riesco a ricordare solo quel suono. E poi le parole che gli ho detto, riecheggiano nella mia mente, come propagandosi per corridoi disabitati, ancora e ancora. << Non mi lasciare, non mi lasciare. Non mi lasciare sola >>.








Author's Corner:
E qui mi lascio andare a questa sorta di romanticismo malato! Il che non è proprio da me. Ma più che altro supplivo all'esigenza di Jay di qualcuno che la rassicurasse. E ad ogni modo questa sua fase "fuori controllo" la faccio finire subito. E non vi subisso più con capitoli enormemente illeggibili.
Detto questo, vi abbandono.
Gli Aerosmith appartengono a se stessi (purtroppo!) e non a me, così come la canzone che dà il titolo al capitolo,
Never Let Me Go, che appartiene a Florence Welch e alla sua cricca (che adoro!).
Alla prossima, spero molto presto (visto come ho aggiornato in fretta, calcolando che avevo pronto questo già da una settimana, ho buone ragioni di sperare che sia davvero presto, anche se spero di produrre un capitolo più presentabile di questo, che non ha nè capo nè coda).
Un bacio,
Lucy

 

  
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