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Autore: DaubleGrock    07/04/2013    1 recensioni
E così dopo Inheritance una nuova avventura attende Eragon Ammazzaspettri e Saphira Squamediluce che li porterà di nuovo nella bellissima e misteriosa terra di Alagaësia alle prese con nuovi e vecchi nemici, amori mai dimenticati, amicizie, legami di sangue, giuramenti di fedeltà... e molto altro. Ancora una volta combattendo in nome della giustizia e della libertà.
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Eragon/Arya, Roran/Katrina
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un giorno fa…
“...ci hanno attaccati senza nessuna pietà senza nemmeno chiederci se volevamo arrenderci.” La donna si fermo reprimendo un singhiozzo e le lacrime che minacciavano di cadere. Poi facendosi forza e stringendo la mano del bambino a canto a se, molto presumibilmente suo figlio, continuò: “Hanno preso tutti gli uomini e li hanno giustiziati… Mio marito è stato ucciso davanti ai miei occhi…” In quel momento il bambino scoppiò a piangere stringendosi alla veste della madre che si inginocchiò stringendo a se suo figlio.
La regina di Alagaësia non poté più reggere la vista della madre e del figlio, quindi si girò verso il tavolo dietro di lei su cui era stesa una mappa del suo regno che fino a poco tempo prima aveva prosperato. Tutti i presenti avevano i volti rivolti verso la donna come se fossero incantati, nei loro sguardi Nasuada lesse sgomento.
Da quanto avevano raccontato, la donna e suo figlio, erano gli unici sopravvissuti di Celia, una cittadina tra Belatona e Kuasta, sulle sponde del lago di Leona. Erano arrivati quella mattina e si erano subito recati da lei. A quanto avevano spiegato, una guarnigione di duecento soldati aveva attaccato la cittadina la mattina di cinque giorni prima uccidendo tutti i suoi abitanti ma risparmiando loro per far arrivare la notizia del massacro nella capitale e facendo scoppiare il caos.
Nasuada si girò verso uno dei suoi falchineri, un nano: “Porta la donna e il bambino nell’ala ovest del castello, fagli preparare una stanza e provvedi che Farica si prenda cura di loro e che gli faccia avere tutto ciò che desiderano.” Detto questo lo congedò.
Quando la donna e il bambino uscirono Lady Furianera si rivolse a Jurmundur che fino a quel momento non aveva aperto bocca. “Come è possibile che si possano commettere questi atti contro della gente indifesa?” Chiese più a se stessa che al Capitano.
“Vi sono persone molto malvage e senza un briciolo di umanità. Tu più di tutti dovresti saperlo.” Rispose lui.
Nasuada si lasciò cadere pesantemente sul suo scranno riflettendo su tutto ciò che era accaduto nell’ultimo mese. “Sembra che il passato sia tornato a perseguitarci” sussurrò. “E che noi non possiamo fare niente per impedirlo” continuò.
Sentì una mano posarsi sulla sua spala per infondergli coraggio, la regina alzò il mento incontrando il volto di Murtagh che gli rivolse un sorriso rassicurante. Il Cavaliere indossava una tunica rossa aperta sui lati, sotto portava un paio di braghe nere, una camicia dello stesso colore e un paio di stivali alti fin sotto il ginocchio. Nasuada si ritrovò a pensare che lui insieme al suo drago, Castigo, aveva sofferto più di tutti durante la guerra contro Galbatorix.
La regina strinse la sua mano per ringraziarlo. Quindi si alzò e rivolgendosi al consiglio delle Terre Unite, un consiglio nato dopo la sconfitta del tiranno formato dagli ambasciatori dei paesi che formavano Alagaësia. “Miei cari consiglieri purtroppo da come avrete notato anche voi, la situazione sta degradando, quindi vi chiedo di essere uniti, dovremo marciare insieme, sotto un’unica bandiera perché ancora una volta qualcuno ha osato attaccare la nostra libertà.”
Detto questo si rivolse ai capi consiglieri, cinque in tutto che rappresentavano tutte le razze di Alagaësia: Umani, Nani, Elfi, Urgali e Gattimannari. “Bisognerà allertare tutto il regno soprattutto il Surda perché a quanto pare l’esercito sta attaccando prima questi.” I Cinque acconsentirono.
Poi uno dei consiglieri, Jedrick del casato Lorlen, si fece avanti e prese, con l’assenso della regina la parola: “Mia regina, a quanto pare da alcuni resoconti provenienti da Dauth, la città è stata attaccata anche con l’ausilio di un drago. Quindi le chiedo di poter richiamare dentro i territori del regno Eragon Ammazzaspettri e Saphira Squamediluce...” Lanciò uno sguardo a Murtagh “...non per mancare di rispetto a Murtagh e ad Arya Svit-kona, ma se hanno deciso di usare un drago per attaccare una città piccola come Dauth è probabile che cene siano altri...” disse.
“Non ha tutti i torti” disse Castigo rivolgendosi sia al suo Cavaliere che alla regina.
Il drago era accovacciato vicino la terrazzo e seguiva con sguardo acuto i movimenti di tutti i presenti. Le sue squame color rubino riflettevano la luce delle Erisdar, le lanterne senza fiamma usate sia dagli elfi sia dai nani e ora anche dagli umani.
La regina si fece avanti e rivolgendosi sia a Jedrick che agli altri consiglieri, disse: “Avevo già preso in considerazione la presenza di più draghi, quindi mi sono presa il libertà di convocare Eragon e Saphira. Il messaggero è partito una settimana e mezza fa e dovrebbe essere già arrivato. Molto probabilmente in questo momento Eragon si trova già in viaggio…” disse.
Prima che potesse continuare Murtagh intervenne: “E secondo i miei calcoli dovrebbero trovarsi qui tra massimo tre giorni.”
Dopo aver discusso per l’intero pomeriggio fino a tarda notte, Nasuada sciolse il consiglio e augurando una buona notte a tutti si ritirò nelle sue stanze. Si spogliò e entrò nel catino pieno di acqua calda che le era stato preparato dalle sue ancelle. Accolse con piacere il calore dell’acqua e si lasciò cullare dall’aroma dei petai di rosa appena colti pensando agli avvenimenti della giornata.
Dopo un bel po’ di tempo si asciugò, indossò la sua camicia di lino da notte e andò a dormire nel suo accogliente letto a baldacchino, conscia del fatto che molti innocenti mentre lei si rilassava avrebbero potuto perdere la vita e la loro libertà.
 

********

 
Erano passati tre giorni dalla loro partenza, tre giorni di viaggio, in cui Eragon e Saphira, per tacito accordo avevano deciso di non fermarsi, né per nutrirsi, né per riposare.
Nella luce dell’alba Eragon guardava le praterie infinite scorrere sotto di loro. A sud poteva scorgere la Du Weldenvarden con i suoi maestosi alberi millenari che fungevano da guardiani delle creature che prosperavano alle loro radici, a nord poteva vedere l’Az Ragni entrare nella catena dei monti Beor, dove neppure i draghi riescono a volare sulle loro vette. E infine dinnanzi a loro il deserto di Hadarac, che si estendeva a perdita d’occhio come se non avesse mai fine e che, Eragon, per esperienza personale sapeva essere vastissimo. Ma loro non avrebbero attraversato l’intero deserto, ma solo una piccola parte che li avrebbe condotti dritti verso Ilirea.
Senza che Eragon potesse accorgersene la lieve brezza mattutina lasciò il posto al sole cocente del mezzo dì, lasciando Eragon fradicio di sudore.
 “Dovremo fermarci, questo è l’ultimo tratto prima del deserto e sarà meglio rifornirci di acqua prima di attraversarlo.” Comunicò Eragon a Saphira all’imbrunire.
Allora la dragonessa si diresse in una piccola radura sule sponde di uno dei tanti piccoli affluenti dell’Az Ragni che attraversano la regione.
Quando la dragonessa atterò, sollevando una piccola nube di polvere, Eragon slegò i lacci alle gambe e scese da Saphira ma non appena appoggiò i piedi a terra le gambe gli cedettero ed il Cavaliere si ritrovò a terra. Pian piano si alzo e iniziò a camminare avanti e indietro per ridare sensibilità alle gambe intorpidite per il lungo viaggio. La radura era un piccolo spiazzo nel bel mezzo di un boschetto di pioppi, la pace e la tranquillità che dominavano il luogo erano intervallate solo dai cinguettii dei passeri.
Dopo un po’, mentre Saphira andava a caccia, Eragon mosso dalla fame decise di agire, quindi accese un fuoco con l’ausilio della magia e preparò una zuppa di farro, insaporita con alcune spezie che aveva trovato nei dintorni dell’accampamento.
Saphira arrivò poco dopo trattenendo tra le fauci la carcassa di una giovane cerva che divorò con foga. Quando finì di sgranocchiare anche gli ultimi residui della cena, la dragonessa iniziò a pulirsi gli artigli imbrattati del sangue del suo pasto. E quando Eragon ebbe finito di mangiare la sua zuppa si accucciò vicino al suo Cavaliere.
“Buona notte cucciolo mio” disse Saphira
“Buonanotte” rispose Eragon, che cullato dal calore del ventre della dragonessa si addormentò.
 

**********

Il mattino seguente Eragon, dopo aver riempito le borracce, salì in groppa a Saphira e iniziarono la loro traversata del deserto di Hadarac.
Il mattino seguente si erano già lasciati il deserto alle spalle e all’orizzonte si potevano scorgere le mura della capitale, un tempo chiamata Urû'baen, ora Ilirea, dove sia Eragon che Saphira sapevano avrebbero rincontrato molte delle persone che fino a pochi giorni prima avevano creduto di non rivedere più.
 

***********

 
Nel frattempo.
 
Erano passati due giorni dalla riunione del Consiglio, Lady Furianera, sedeva sul suo scranno ascoltando due uomini, anch’essi unici superstiti di un’altra incursione dell’esercito “Ombra”, come avevano iniziato a chiamarlo gli abitanti di Alagaësia perché dopo aver colpito scompariva come fumo.
I due uomini, come la donna e il bambino, erano gli unici sopravvissuti al massacro di Yazuac, cosa che preoccupava non poco la regina. Perché l’esercito Ombra avrebbe attaccato la parte più a nord di Alagaësia, quando avrebbe benissimo potuto conquistare tutta la parte sud? Perché conquistare Arunghia e Dauth, due grandi città nel sud e poi passare ad una città così piccola e insignificante?
Nasuada era talmente assorta a porsi queste domande, che non si accorse nemmeno che i due uomini erano stati congedati da Jurmundur.
“Ogni città che conquistano lasciano due superstiti.” Disse questi.
“Lo fanno per mandare il regno nel caos, in modo che i superstiti possano raccontare quello che hanno sofferto a tutti coloro che incontrano instaurando il seme della paura negli animi della gente.” Rispose la regina.
Murtagh emise un sospiro di sconforto. Non potevano continuare così, lentamente l’esercito Ombra stava facendo cadere Alagaësia nel caos, distruggendo città sotto il loro naso. Bisognava agire. Rispondere all’offensiva. Ma come? Come si poteva combattere contro un esercito che scompariva dopo ogni assalto senza lasciare traccia? Nasuada si convinceva sempre di più che l’appellativo Ombra era perfetto per quell’esercito.
Mentre tutti riflettevano su come poter anticipare la prossima mossa del nemico, un araldo entrò nella sala, e si fermò davanti ai tre con il volto pieno di terrore.
“Maestà…” Si piegò sulle ginocchia cercando di riprendere fiato “Maestà…” ripeté “…un drago… da est… si avvicina…punta verso la città…”
A Nasuada non servì altro. “Jurmundur, fa prepara le baliste. Murtagh, Castigo, preparatevi.”
Detto questo si avviò verso il cortile principale. I corridoi erano un via vai di soldati che consegnavano messaggi a destra e a manca.
“Perché ci attaccano proprio ora?” Chiese Murtagh
“Non lo so.” Rispose Nasuada.
Arrivata nel cortile scorse il capitano Farengar intento a preparare gli uomini per la battaglia.
“Serrate i ranghi” Urlò questi.
Appena vide la regina avvicinarsi fece un lieve inchino. “Maestà, gli uomini sono pronti a combattere” Disse.
Un attimo dopo Castigo atterrò accanto a loro facendole svolazzare il vestito della regina. Murtagh era seduto sul suo dorso intento a osservare il drago in rapido avvicinamento.
“Rimanete a terra non voglio che vi vedano se non per questione di vita o di morte.”
“Ma...” disse Murtagh.
Ma Nasuada lo interruppe prima che potesse continuare: “Niente ma, voi siete la nostra arma segreta, ed è meglio se rimanete un segreto.”
“Le baliste sono puntate.” Disse Jurmundur.
“Bene, ora non dobbiamo far altro che aspettare.”

 
*********

Ilirea era proprio lì, dinnanzi a loro, in tutta la sua potenza. Ma c’era qualcosa che non andava. Eragon e Saphira avevano un brutto presentimento.
Le strade della capitale erano vuote e silenziose ad eccezione dell’ululato di un cane, il cui suono faceva rizzare i capelli sulla nuca di Eragon. Il Cavaliere poteva sentire l’agitazione nella mente della dragonessa che voltava il capo da una parte all’altra per scorgere anche il più impercettibile di movimenti.
Davanti a loro c’era il castello di Niernen che significava letteralmente Orchidea in onore della Dauthdaert che aveva ucciso Shruikan, il drago nero di Galbatorix. Era diverso da come lo ricordassero. Diciassette anni prima era apparso molto più tetro, invece ora gli sembrava, luminoso. Uno scintillio su una delle torri di guardia attirò l’attenzione di Eragon, una lama.
Perché c’erano degli uomini sopra le torri di guardia? Ma prima che Eragon potesse indagare oltre un dardo da balista fu lanciato verso di loro e per poco non li colpì se non fosse stato per i riflessi pronti della dragonessa.
Perché li stavano attaccando? Forse credevano che era un nemico. Cercò di raggiungere le persone sulle torri con la mente, ma invano perché erano così concentrate a caricare le baliste che non si accorsero neppure della sua presenza. Loro, si accorse con sgomento Eragon, non li avevano mai conosciuti, quindi credevano che fosse un Cavaliere nemico che cercava di attaccare il castello. La loro unica possibilità era quella di farsi vedere da una faccia a loro familiare, come Nasuada. Quindi espanse di nuovo la mente e cercò quella della regina. La trovò quasi subito. Era indaffarata a dettare ordini nel cortile principale. Dovevano farsi vedere da lei.
Saphira, sentendo i pensieri del suo Cavaliere, appiattì le ali al corpo e si lanciò in picchiata verso il cortile più veloce di una freccia e quando arrivò a cento piedi dal suolo aprì le ali di scatto. Atterrando con grazia e potenza in mezzo ai soldati terrorizzati.
In poco tempo però questi serrarono i ranghi e si disposero a cerchio intorno a Saphira, puntandole contro le lance affilate.
“Fermi.” Urlò una voce. Che Eragon riconobbe come Jurmundur.
“Abbassate le lance!” Disse un’altra. Murtagh. Suo fratello. Eragon cercò di individuarlo. E dopo un paio di tentativi ci riuscì. Il fratello stava in groppa a Castigo. Affianco al drago c’era Nasuada che cercava di calmare alcuni soldati, era affiancata da un altro uomo che dopo un po’ iniziò a correre verso il cerchio di soldati intorno a loro, intimando i soldati ad abbassare le armi, giurando che se non avessero eseguito i suoi ordini sarebbero andati a pulire le stalle per il resto della loro vita. Eragon lo guardò con divertimento.
Lentamente, molto lentamente, i soldati iniziarono ad abbassare le lance, rialzandole all’improvviso quando Saphira fece uno sbadiglio mettendo in mostra la sua impressionante chiostra di denti.
“Lo hai fatto a posta” disse Eragon mentalmente in modo accusatorio alla dragonessa, senza però nascondere la sua punta di divertimento.
“No-oo” Rispose Saphira con ironia.
Eragon riuscì a stento a trattenere un sorriso.
Quando i soldati si furono allontanati la dragonessa si accovacciò per far scendere il suo Cavaliere.
La regina insieme a suo fratello li raggiunsero poco dopo. Nasuada portava uno splendido vestito di velluto rosso che metteva in risalto le sue forme, i capelli erano raccolti in con una retina di perle e sul capo portava una corona in platino con uno zaffiro nel mezzo. Suo fratello invece portava una lunga tunica che lo designava come Cavaliere dei Draghi. La tunica molto simile alla sua tranne che nel colore, perché come era tradizione doveva portare il colore del drago del Cavaliere che la indossava, era aperta sui lati e sotto di essa il Cavaliere portava delle brache e una camicia, entrambe nere e al suo fianco pendeva Zar’roc, la lama di Morzan, suo padre.
La regina di Alagaësia si fermò davanti al Cavaliere scrutandolo bene in volto, ma dopo pochi secondi un caloroso sorriso apparve sulle sue labbra e abbracciò forte il Cavaliere che senza esitazioni ricambiò.
Dopo avergli sussurrato nell’orecchio “Mi sei mancato.” La regina lasciò andare il Cavaliere che si girò verso il fratello.
“E così ci si rivede.” Disse Eragon.
“Già.” Rispose Murtagh con un sorriso sulle labbra.
“Allora… “Disse Eragon mettendo una mano dietro alla testa.
“Allora…” Ripeté Murtagh.
Eragon girò la testa verso Saphira che si era avvicinata, e notò che tutti li stavano guardando. Tutti lì sapevano che un tempo i due fratelli erano stati nemici. Ma quei tempi erano ormai lontani, così Eragon vincendo la paura si girò di scatto e abbracciò forte il fratello, il quale ricambiò con pari intensità.
I due si scambiarono delle pacche sulla schiena e Murtagh sussurrò: “Bentornato fratello.”
“Fratello.” Disse Eragon con un sorriso.
  
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