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Autore: Water_wolf    08/04/2013    4 recensioni
Avete presente quelle storie che parlano di angeli? E quelle sui quattro elementi? Ecco, prendetele e buttatele nel cestino perché questa fanfiction non ha nulla a che vedere con la normalità. Perciò, ecco gli ingredienti per questa storia:
-Un angelo rincorso in metro
-Una quindicenne sempre in ritardo
-Una Milano piovosa
-Una sana dose di divertimento
-Tre cucchiai di buona musica
-Cavolate q.b
-Magia in abbondanza
-Quattro Elementi strampalati
-Una missione da compiere
-Un pizzico d'amore (attenzione a non esagerare!)
[Cap. 6 “Prendi appunti coscienza: quando un padre arrabbiato incontra un ragazzo semi nudo in casa con sua figlia, il ragazzo semi nudo è un ragazzo morto”. Il pugno lo colpì in pieno volto, l’angelo cadde a terra, dal labbro era iniziato a scendere sangue. ]
[Cap. 10 Devi aiutarlo. Devi salvarlo. Corri. Più forte. Va’ da lui. Lui ha bisogno di te. Jonas ha bisogno di te. Quei pensieri, quella consapevolezza, le facevano muovere le zampe freneticamente, mentre i cuore aveva abbandonato il petto già da un po’ per trovare una sistemazione più accogliente in gola. ]
Genere: Azione, Comico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Le doveva delle scuse eppure, quando incontrò i suoi occhi marroni, non poté fare a meno di provare altro che un’antipatia profonda, forse odio.
E quando Chiara la vide di nuovo provò l’impellente bisogno di prenderle il collo e spezzarglielo, come si fa con le galline.
E quando Jonas vide le due ragazze ergersi in tutta la loro statura, cercando di prevalere l’una sull’altra, seppe con certezza che quel giorno niente sarebbe andato per il verso giusto.
E quando Emilia notò l’atteggiamento combattivo dell’amica, non poté non gioire intimamente.
<< Avanti, alleniamoci. >> disse Chiara, secca. Era un pomeriggio ozioso, ma i ragazzi si erano incontrati ugualmente per conoscere Shai e aggiornarsi riguardo alle sue scoperte. Poi erano andati nel solito campo fuori Milano per allenarsi. Decisero di formare delle coppie: Emilia e Jonas, Shai e Chiara.
All’inizio le due ragazze si studiarono reciprocamente. La Custode dell’Acqua testò la tempra dell’avversaria scagliando qualche getto d’acqua che la violinista parò facilmente creando dei vuoti temporali, in cui li risucchiava.
Poi Chiara decise di fare sul serio. Iniziò a stuzzicare Shai, la fece innervosire, e al tempo stesso lottava con la rabbia ribollente che covava alla bocca dello stomaco. La mora, da parte sua, strinse i pugni fino a far sbiancare le nocche; la furia che le grattava sotto lo sterno voleva a tutti i costi venire fuori.
All’improvviso, un mulinello d’acqua si abbatté sulla violinista. Chiara gioì come mai prima in vita sua. Era uno spettacolo di sottile bellezza osservare la sua rivale bagnata fino all’osso. Così non si accorse che il tempo si era fermato, e lei con esso.
Shai si avvicinò alla castana ancheggiando, godendo della rabbia che scorgeva nelle occhiate che la ragazza le indirizzava. Fece una risatina frivola. Poi mise le mani a coppa e un globo tra il viola e il blu di Prussia si formò.
Che diavolo è quel coso? si chiese Chiara. 
<< Massa di tempo, se voglio posso farti invecchiare di cento anni, con questo. >> rispose Shai, intuendo lo sgomento dell’altra Custode
. Lanciò uno sguardo al globo e sorrise maliziosa. << Questa volta, però, ti farò soltanto male. >> aggiunse, feroce. Il tempo ritornò al normale scorrimento.
Shai puntò la sfera contro Chiara. In un altro frangente forse avrebbe impresso meno potenza in quell’attacco. La quindicenne cadde a terra, colpita. Non diede spazio al dolore che le mordeva il ventre e si concentrò sul contrattacco.
Chiuse gli occhi, e quando li riaprì dietro di lei si ergeva un’onda di cinque metri. Shai evocò uno scudo temporale. Quest’ultimo s’infranse contro la massa d’acqua, impedendo solo di non inzupparla completamente. L’allenamento diventò un vero e proprio scontro; le due ragazze erano concentrate e combattive come non mai.
Dopo che l’ennesimo scoppio rimbombò nell’aria, Emilia e Jonas deciso di fermarle. L’angelo bloccò Shai, Emilia Chiara. La quindicenne tentò di divincolarsi ma inutilmente.
<< Non dovete uccidervi, prima dobbiamo salvare Upward. >> disse Jonas, aumentando la stretta sulla compagna. << Già, non ancora. >> sibilò Shai, tra i denti.
<< Sarà meglio prendersi una pausa. >> aggiunse Emy << Conosco un bar carinissimo dove possiamo riposarci. >>
Chiara sbuffò un assenso, Shai si liberò dalla morsa di Jonas e annuì, consenziente. Emilia lasciò andare l’amica e si avviò. Fecero il tragitto a ritroso, e l’angelo creò una corrente d’aria calda per asciugare la violinista. Arrivarono in una via zeppa di piccole boutiques, e Emilia li condusse in un bistrot dall’insegna colorata disegnata sul muro.
Quando entrarono ebbero l’impressione d’essere catapultati in un’altra epoca. Le pareti erano rosa cipria, il bancone color acqua-marina era luccicante, le vetrine erano colme di pasticcini e leccornie all’americana, e tutt’attorno oggetti inutili in stile retrò. Il profumo dei dolcetti si insinuò a fondo nelle narici dei ragazzi, inducendoli a sognare quei cibi deliziosi.
<< Mi devi spiegare come fai a conoscere questi posti. >> bisbigliò Chiara, all’orecchio di Emy, che rispose con un’alzata di spalle.
Si sedettero attorno ad un tavolino coperto da una tovaglia a quadretti rossi e bianchi. Ordinarono tutti qualcosa. Shai prese una tazza di thè. Stava per portarla alla bocca ma Chiara la bloccò, prese un paio di bustine di zucchero e ne rovesciò in contenuto nella tazza.
<< Che stai facendo?! >> ringhiò la violinista, visibilmente irritata. << Aggiungo un po’ di zucchero, non si sa mai che diventi meno acida! >> rispose la quindicenne, maliziosa. Shai sbuffò e distolse lo sguardo dal suo thè rovinato.
Gli occhi le caddero su un piattino, con sopra un muffin alla crema rosa e verde, e un’idea malvagia le balenò in mente. Fece per prendere la tazza ma, invece, fu rapida a far volare il pasticcino nella direzione di Chiara. Jonas chiuse gli occhi e mormorò una preghiera. La Custode dell’Acqua si tolse dalla maglietta i resti del muffin, in viso era più scura della notte.
<< Mi dispiace… non l’ho fatto apposta. >> si scusò Shai, con falsa innocenza.
Chiara fece un sorrisetto indecifrabile e disse << Non ti preoccupare, ce n’è anche un po’ per te. >>
Si passò una mano sopra la crema e la spalmò sulla faccia della violinista.
<< Oh, ma lo sai che è buonissimo? Perché non ne prendi ancora? >> la incalzò la violinista che, intanto aveva già afferrato il dolcetto di Jonas.
<< Dov’è la boccuccia? >> chiese, come si fa con i bambini per farli mangiare. Simulò il percorso di un aeroplano col pasticcino che, però, si schiantò sulla fronte della quindicenne. Prima che le due potessero fare altri danni, Emilia le fermò, ordinando loro di uscire. Pagò alla cassa e fece alzare Jonas.
<< Che cosa facciamo adesso? >> domandò lui.
La bionda sorrise << Cosa farai tu, piuttosto, perché sei l’unico che può mettere fine a questa guerra. >>
Emilia gli passò accanto, oltrepassando l’entrata. L’angelo rimase dentro, sbalordito, incapace di oleare gli ingranaggi della sua mente. Fuori Chiara e Shai si lanciavano occhiate in cagnesco, e alcuni passanti si lasciarono sfuggire una risata nel vederle sporche di crema.
<< Visto che non riuscite a sopportarvi >> iniziò la bionda, con fare risoluto << direi che è meglio se torniamo a casa. >>
<< Lo credo anch’io. Domani, tra l’altro, dobbiamo andare a scuola, a differenza di alcuni individui a cui servirebbe molto un’infusione d’intelligenza… >> commentò Chiara.
E secondo la quindicenne, l’individuo che aveva bisogno di un’infusione di intelligenza era Shai. La violinista fece per ribattere ma Jonas fu rapido a tapparle la bocca e trascinarla via, salutando di sfuggita le due ragazze con la mano.
<< Tu mi devi davvero tante spiegazioni, J. Come hai fatto ad innamorarti di una tipa come lei ?! Dio, è così … così… >> la mora si perse nel trovare le parole. L’angelo si permise un sorriso.
<< Che c’è da sorridere? >> lo aggredì.
Lui fece un gesto di non curanza con la mano. << Niente, niente. >> rispose.
Ma invece un motivo c’era eccome. Lo divertiva e, al tempo stesso, lo preoccupava l’improvviso cambiamento di Shai non appena aveva incontrato Chiara: non era più la ragazza riflessiva e ragionevole, ora era maliziosa, schietta e agguerrita.
Ricordati che lo è diventata grazie a te, cervellone cinguettò la sua coscienza.
“Ma gli affari tuoi non te li fai mai, mh?” La vocetta nella sua testa proruppe in una risatina frivola.
Eh già, ti tormenterò fin che morti non ci separi, caro.
Jonas sbuffò “Non mi ricordo d’essermi mai sposato”.

§

La bella ragazza bionda salutò la sua amica dai capelli nocciola, coperta da capo a piedi di resti di cibo.
Il ragazzo la osservò premere il pulsante rosso, quello con cui si prenotava la fermata. Era alta e snella, un fisico da pallavolista, constatò il giovane. I jeans le calvano perfettamente, così come il giubbotto di pelle colorato rosso.
In un altro momento avrebbe volentieri attaccato bottone, anche solo per vedere di che colore aveva gli occhi quella graziosa creatura. Invece aveva bisogno di soldi e un portafoglio valeva come un altro, non importava se la vittima designata fosse di una certa bellezza.
Se poi quest’ultima era stata così sbadata da lasciare il portafoglio in bella vista, metà fuori dalla tasca dei pantaloni, non c’era occasione migliore. Si tirò giù il cappuccio e calcolò il momento perfetto per agire. La osservò mentre si avvicinava alle porte scorrevoli e aggrapparsi al palo centrale, per non cadere.
Rapido e silenzioso, le fu dietro. La bionda non si accorse di nulla. Il ragazzo sentiva i muscoli fremere sotto la pelle. Non era altro che un corpo, un busto di lego da muovere a piacere, pronto a scattare, pronto a scomparire nell’oscurità alla minima minaccia.
L’autobus si fermò. La ragazza mise un piede sul marciapiede. Il ragazzo agì: mosse la mano e la tasca si allargò giusto quei due millimetri che gli permettevano di sfilare il portafoglio senza sfiorare la ragazza. Se lo mise nella tasca del giubbotto e corse veloce tra le vie. Missione compiuta.

§

Forse fu la strana sensazione che le percorse la schiena, forse l’impressione di essere osservata, forse lo spostamento d’aria improvviso, fatto sta che si voltò di scatto e lo vide. Un ragazzo piuttosto basso, la pelle olivastra delle mani che brillava nella semi oscurità, il cappuccio tirato giù fino a coprirgli il volto, e il luccichio di un oggetto che sparì pochi attimi dopo.
Si portò le mani al portafogli. I suoi polpastrelli sentirono il vuoto. Ci mise il tempo d’un battito di ciglia a capire che cos’era accaduto: era stata derubata. Si gettò subito verso il ragazzo, sicura che fosse lui il ladro. Corse più veloce che poté e intanto gridava a squarcia gola << Fermatelo! Mi ha rubato il portafoglio! >>
I muscoli le dolevano, il buio la disorientava e si maledisse per aver prolungato troppo a lungo la giornata e gli allenamenti, proprio in quel Marzo che non aveva nulla della primavera.
Un passante si parò davanti al ragazzo, e lo sbilanciò facendolo cadere a terra.
Emilia gioì nell’animo, ora gli era dietro. Il ladro si rialzò prontamente e riprese a correre, il fiato corto per via dello sgomento e dell’adrenalina.

§

In tutta la sua carriera di ladruncolo di strada non era mai stato beccato o, almeno, non in quel modo, non così facilmente. Aveva considerato male le carte della sua vittima. Un uomo di mezza età gli si parò davanti, facendolo cadere.
Sentì una fitta dolorosa al polso, su cui si era appoggiato per non cadere di faccia, ma si costrinse ad alzarsi e continuare la corsa. Ora però la bionda gli era dietro, e correva e correva nella speranza di raggiungerlo.
Poi, alle sue spalle, uno scoppio e avvertì un calore innaturale alla spalla destra. Si voltò per vedere che cosa stava accadendo. Il tessuto della felpa era bruciato completamente, e ora la sua pelle era esposta. Rallentò la corsa.
Che diavolo stava accadendo? Quello fu il suo errore. La vittima lo raggiunse e gli mollò un calcio nello stomaco. Non era il dolore più atroce che avesse mai sopportato, lui che portava un marchio indelebile sulla pelle, eppure ebbe la potenza di farlo chinare a terra.

§

Il cuore le batteva a mille, le faceva male, sembrava un trapano che le scavava un foro nel costato. Non ce la faceva più, aveva il fiato corto, e riusciva ad andare avanti con la sola forza della speranza. Allora concentrò le sue ultime energie in un globo di fuoco e lo lanciò nella direzione del ladro.
Lo colpì di striscio alla spalla destra. Meglio di niente. Lui però rallentò, esterrefatto.
Sorrise, e scattò. Gli fu vicino e gli tirò un calcio nello stomaco. Non gli diede il tempo di riprendersi.
Lo afferrò per il cappuccio e lo sbatté al muro di una casa. Il viso fu visibile e si stupì della giovane età di chi si trovava davanti.
Aveva i lineamenti asiatici tipici dei cinesi, ma gli occhi non erano a mandorla, bensì grandi e neri. Neri come la pece, neri come le ali di un corvo, neri come la notte, neri come l’inchiostro.

§

Gli prese il cappuccio della felpa con veemenza e lo attaccò al muro. Esitò sul suo viso, come tutti, come ogni persona che aveva incontrato, come tutti tranne i suoi genitori.
Si concesse di fissarla negli occhi. Erano bruni, e vicino all’iride delle tacche mogano brillavano rischiarando l’oscurità. Non ne fu sicuro, eppure sembrava che mandassero fiamme, che quello che danzava nell’iride fosse fuoco, braci ardenti di un camino.
<< Dammi i miei soldi, bastardo! >> lo aggredì, schiacciandolo contro la parete.
Lui sorrise, beffardo.
<< Ti strappo quei denti uno a uno se non fai quello che dico! >> gridò e le sue mani resero a bruciare.
<< Che fai, mi arrostisci, ragazza calorifero? >> la schernì, meritandosi un pugno in pieno volto.

§

<< Che fai, mi arrostisci, ragazza calorifero? >> la prese in giro. Emilia ribollì di rabbia e gli mollò un cazzotto in faccia.
Quel ragazzo… non sapeva dire se fosse la furia, l’adrenalina, la paura ma il suo stomaco era in subbuglio.
Quegli occhi, quei labirinti… la intrigavano, la stregavano. Il giovane sorrise ancora.
Lei fece una risatina isterica, aumentando la pressione contro la parete ancora di più.
<< Facciamo così, dimmi il tuo nome e io ti dirò il mio, così renderò la tua misera vita più felice e poi tu, per riconoscenza, mi ridarai ciò che è mio. >> azzardò.
Era un’idea sciocca, pericolosa, ma, in qualche modo, in quel momento suonò sensata.
Quello allargò il sorrise, si passò il dorso di una mano sul labbro spaccato che sanguinava e disse << Dimitri, il piacere è tutto mio, ragazza calorifero. >>

***
ANGOLO DELL'AUTRICE
Okayyy, ora mi ucciderete, quindi aspettate un secondo, chiedo perdno per averci messo un'eternità di tempo ad aggiornare, tutta colpa del liceo e della "mia grande organizzazione".
Non mi perdonate?
Bene, aspettate prima di avvicinare di più quelle spade... Expeto Petronum!
No, eh? Sono così imbranta che non riesco nemmeno a rimettere il nero, mi sa che vi toccherà leggere in verde... XD
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, ve l'ho fatto penare ma alla fine è arrivato.
Devo le mie più sincere scuse a
Bimba98, sei un'amore a scrivermi un messaggio dicendomi di aggiornare, non pensavo tenessi tanto a questa storia! *----*
Ringrazio anche
P!nk, sia benetta questa donna che mi ha conciliato la scrittura ahahah Lol
Cavolate a parte, chi è il misterioso Dimitri? E perché gli ho dato questo nome? Una spia russa? Un'assassino? Un discendente dei Romanov?
No, ok, non sto affatto bene, chiamate qualcuno di esperto per me!!!
Perdonatemi gli errori, ce ne saranno a bizzeffe, non ho riletto per pigrizia, poco tempo e voglia di pubblicare^^
Vi aspetto al prossimo capitolo che *spero* arriverà prima.
Baci

Water_wolf



 

  
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