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Autore: ccharlotts    08/04/2013    1 recensioni
-- momentaneamente sospesa, riprenderà a breve :)
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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“Non ti viene mai voglia di tornare a casa? Non ti manca Londra?”
Darren a quelle parole lasciò scivolare il piattino che stava sciacquando per poi riprenderlo e adagiarlo con cura sul fondo del lavello. Girò la manopola dell’acqua e si voltò verso Sofia, che era seduta sulla solita poltroncina con in mano il suo inseparabile quadernino e una matita che ora teneva attaccata al labbro superiore. Non aveva alzato lo sguardo, non lo stava guardando, ma la domanda era stata ben indirizzata dato che nel locale erano rimasti solamente loro due.
“Da morire..” sussurrò poi camminando verso la ragazza che ripose il tutto sul tavolino davanti a lei e accavallò le gambe intuendo che era arrivato il momento della solita chiacchierata serale con Darren.
“Mi manca Parigi, tremendamente. Mi sveglio al mattino e scosto la tendina della mia camera sperando di vedere la punta della Tour, esco di casa e pagherei per ritrovarmi in qualche viottolo soleggiato della mia città o per avere un museo a portata di mano. Ti ho mai detto che c’è stato un periodo in cui trascorrevo intere giornate al Louvre solamente fissando “Amore e Psiche”? Mi manca la mia casa, quella di Parigi, gli amici, le abitudini, anche la monotonia delle giornate che riuscivo sempre a deviare inventandomi sempre qualcosa di nuovo. Non fraintendere, Torino mi piace, ultimamente mi ci trovo sempre meglio, ma non è la stessa cosa e non lo sarà mai. E forse solo tu puoi capirmi!”
“E ti capisco perfettamente, Sof. Mi trovo bene qui, il bar ultimamente va meglio e ho trovato un’amica speciale, quella che a Londra forse non avevo mai avuto modo di conoscere, ma mi manca la mia città.”
“E allora cosa aspettiamo a tornarci?” disse scattante Sofia, prendendo tra le sue mani quelle di Darren e sorridendogli.
“Non si può, o almeno io non posso. Non posso lasciare questo posto, non ancora, e nonostante tutto devo ammettere che mi ci sono affezionato. Ma tu puoi tornarci se ti manca così tanto…”
“Non posso tornarci…” gli occhi della ragazza diventarono cupi tutto ad un tratto. “E un giorno ti spiegherò tutto Darren, giuro, ma quel giorno non è ancora vicino. Per quanto mi possa mancare Parigi, ora che mi sono allontanata e mi sono abituata a questa lontananza, sarebbe traumatico rivedere determinati luoghi, riprendere a vivere una certa vita che quasi non sento più mia. Ma non voglio tormentarti con le mie lamentele ora, chiudiamo questo momento nostalgico e pensiamo a goderci al massimo questa vita torinese. Dico bene?”
“Dici benissimo!” ovviamente Darren si era accorto del repentino cambio d’umore di Sofia, ma non volle approfondire. Si conoscevano da poco in termini di tempo, ma già abbastanza per sapere che quando lei voleva dirgli una cosa lo faceva senza alcuna esitazione. E poi Darren aveva intuito, forse…
“Novità mio caro londinese preferito?”
“Gli affari vanno un po’ meglio da quando una certa parigina ha messo il naso in questo posticino e tutto ciò mi rende davvero felice, anche se possiamo migliorare, vero? Perché quando si pensa di avere fatto abbastanza, in realtà non si è dato nemmeno un briciolo ancora, e questo me l’hai insegnato tu!”
“Siamo ancora all’inizio, davvero, dammi solo un altro po’ di tempo per elaborare idee e questo posto diventerà uno dei più esclusivi in tutta la città.”
“Sofi tu trovi il tempo per studiare, trovi il tempo per la tua famiglia in cui fai praticamente tutto, trovi il tempo per darmi una mano qua e hai anche il tempo per cercare nuove idee, ma un po’ di tempo per te? Forse mi sbaglio, ma a volte ho come l’impressione che tu pensi poco a te stessa. Non vuole essere una critica questa, anzi, è un merito, ma non ti sembra di stare facendo troppo? Non ci sarebbe qualcosa che ti piacerebbe fare oltre a tutti questi doveri?”
“Venire qua non è assolutamente un dovere per me, e nemmeno cercare nuove idee, lo faccio con piacere!”
“E questo lo so, me ne sono accorto, altrimenti ti avrei vietato da tempo di mettere piede qua dentro se non come semplice cliente. Non lo so Sofi, a volte ho come l’impressione che tu non voglia pensare a te stessa…” la guardò negli occhi e sperò che non stesse fraintendendo il suo discorso.
“Capisco perfettamente cosa stai cercando di dirmi Darren, anche perché è tutto così vero. Si nota così tanto? Voglio dire, è una cosa fastidiosa?”
“Fastidiosa? Ma sei matta? E’ una delle tante cose che ti rende così speciale, però devi trovarlo un po’ di tempo per te o prima o poi scoppierai e io non voglio assolutamente perdere la mia collega non che cliente preferita!”
“Non mi perderesti mai, ma comunque sappi che ne trovo di tempo per me. Leggo, vado a correre, ogni tanto canto sotto la doccia, non mi faccio mancare niente!”
“Pensavo avessi capito a cosa mi riferissi principalmente…”
Sofia lo guardò stranita. Non aveva intuito proprio nulla e pur facendo mente locale non riusciva ad arrivarci e Darren non si fece attendere troppo per svelare il tutto.
“Come posso spiegartelo? Non voglio…” ma non fece in tempo a continuare che qualcuno bussò col pugno sul vetro proprio accanto a loro per poi avvicinare il volto e svelare la sua identità. “Wow, la spiegazione è arrivata da sola!” esclamò stupito Darren senza rendersene conto.
“Come scusa?”
“Niente, stavo pensando ad alta voce. Ora però dovresti andare, io non lo farei aspettare al freddo e al gelo.”
Sofia si alzò e sorrise al ragazzo. Non aveva ancora fatto alcun cenno all’altra presenza al di fuori del locale, sapeva che la stava aspettando e questo bastava ad essere sicura che non se ne sarebbe andato.
“Sarò qui domani subito dopo le lezioni, promesso!”
“Il tempo Sofi, il tempo per te, ricordati!”
 
Ogni tanto controllava che Sofia fosse ancora dietro di lui e che lo seguisse nel traffico torinese. Non c’era stato verso di convincerla a non usare la sua macchina, si era intestardita dicendo che non aveva senso che lui l’accompagnasse dato che era già a casa sua e avrebbe viaggiato inutilmente.
Non avevano in programma niente di speciale per quella sera. Aveva sentito la ragazza in mattinata chiedendogli se avesse qualche impegno nel pomeriggio e dato che sarebbe stata occupata con Darren le aveva proposto un pizza e film a casa sua che Sofia aveva accettato senza esitare.
Si era chiesto più volte in quei giorni cosa stesse succedendo tra loro, cosa potesse pensare o provare Sofia, ma non riusciva a trovare alcuna risposta a queste domande. Lei sembrava così naturale e spontanea in tutto ciò che faceva con lui che era difficile intuire se da parte sua ci fosse amicizia o qualcosa in più.
A discapito di tutto ciò, Leonardo aveva ben presente quali fossero i suoi sentimenti.
Doveva essersi fermato in mezzo alla strada a pensare, ma a ricordarglielo fu Sofia, da dietro, strombazzando con il clacson. Alzò lo sguardo e notò il semaforo verde, chissà da quanto doveva essere così.
Nel giro di pochi secondi iniziò a squillargli il cellulare e per un attimo pensò che era destinato a non arrivare a casa quella sera.
“Sofia?”
“Sì, sono proprio io. Senti, ma se cambiassimo programma?”
“Non ti va pizza e film?”
“No, non è questo, è che pizza e film si può sempre recuperare, la mia voglia di aperitivo e poi andare a ballare invece è più unica che rara e mi chiedevo se ti andasse di accompagnarmi. Non sentirti obbligato, posso andarci anche da sola…”
“Ma che? Sei matta? Vengo, vengo, tranquilla. Piuttosto, non sono vestito per andare a ballare…”
“Cambierai idea dopo avere visto me. Ora fammi spegnere questo cellulare o rischio di tamponarti e io stasera voglio divertirmi, non voglio vederti col muso perché magari ti ho graffiato la macchina.”
Non ebbe il tempo per replicare perché Sofia dall’altra parte del telefono aveva già chiuso.
Sorrise tra sé e sé, no, non era destino che lui tornasse a casa quella sera.
 
Rispettivamente si guardarono prima di entrare nel locale. Una maglietta bianca a maniche corte con sopra un leggero cardigan, un paio di skinny jeans con i risvolti al di sopra delle caviglie e delle comode blazer ai piedi lei, una camicia che arrivava all’altezza dei gomiti, un paio di jeans e le Philippe Model lui. Scoppiarono a ridere.
“Non poteva coglierti già stamattina questa voglia di andare a ballare? Così magari, non so, mi vestivo un po’ meglio…”
“Ma taci. Sei messo molto meglio tu che io con questa tenuta da casalinga. Ma sai che ti dico? Chi se ne frega. Mal che vada se non vogliono farci entrare tu sveli la tua identità ed è fatta!”
“Ehi signorina, non puoi approfittare della mia notorietà. Ora capisco perché mi hai chiesto di accompagnarti…” rispose ironico Leonardo iniziando ad incamminarsi verso la porta.
“Non posso avere semplicemente chiesto ad un amico di accompagnarmi?”
“E’ possibile che all’amico venga qualche dubbio quando l’amica è una persona che in mesi di conoscenza non ha mai accennato a questo tipo di divertimento.”
“E la festa a casa mia?”
“Un’eccezione!”
“Stronzo!”
“Secchiona!”
Sofia si fermò, posò le mani sui fianchi e si volto quanto bastava per guardarlo negli occhi infuriata. Fintamente infuriata. Poi scoppiò a ridere e avvolse il suo braccio attorno a quello del ragazzo. “Entriamo dai!”
Per un momento, un piccolo, minuscolo istante, Sofia si chiese cosa avrebbe potuto pensare la gente di loro due. Non era solito pensare ai giudizi esterni, ma la situazione la induceva a farlo. Ma fu un secondo, un minuscolo istante appunto, poi si sedette al fianco di Leonardo su di un divanetto e quel pensiero non la preoccupò più.
Dall’altra parte, invece, il ragazzo non aveva ancora smesso di lasciare vagare la sua mente su quel pensiero che lo aveva portato a non accorgersi del cambio di colore del semaforo solamente un paio di ore prima.
Eccola Sofia, proprio là, davanti a lui, con un cocktail in mano, splendida nella sua semplicità. Bella anche con i capelli raccolti, un filo di trucco e vestita come se stesse andando in palestra e non di certo in uno dei locali più esclusivi di Torino.
“Perché mi fissi? Ho qualcosa che non va?”
“Assolutamente no, se ritieni normale vestirti così per andare a ballare.”
“Quindi secondo te ci stanno fissando per il nostro abbigliamento e non perché su questo divanetto ci sei seduto tu?”
“Beh, di certo non perché ci sei seduta tu!” esclamò sorridendole e bloccandole le braccia per evitare di incassare il colpo che sicuramente non avrebbe tardato ad arrivare.
“Ti odio, giuro che ti odio.”
“Chi disprezza ama…”
“E’ arrivato il filoso!”
“Sempre meglio che la dottoressa!”
“Senti, filosofo, io vado a ballare un po’. Ovviamente la tua compagnia non è gradita dopo la tua ultima battuta che ho trovato di pessimo gusto. Puoi aspettarmi qua o… Oppure non lo so, fatto sta che ora io vado a ballare!”
E si alzò, lasciando il bicchiere vuoto tra le mani del ragazzo che continuò a fissarla finché non la perse in mezzo alla folla. Gli piaceva, Dio quanto gli piaceva. Quei suoi modi di fare, la sua ironia, la sua sicurezza, la sua determinazione e la sua forza di volontà, tutto, gli piaceva tutto.
La ritrovò in piedi al bancone dall’altra parte della sala. Non stava ordinando nulla, era semplicemente appoggiata con la schiena e guardava la gente che le passava davanti.
“Scusa, sei da sola? Posso offrirti qualcosa da bere?”
“Le agganci tutte così?”
“Solo quelle che vanno a ballare con le blazer ai piedi!”
La ragazza abbassò lo sguardo quasi come se non ricordasse quali scarpe avesse indossato quel pomeriggio prima di uscire di casa. Poi lo guardò con uno sguardo esasperato, ovviamente stava nuovamente fingendo visibilmente. E poi scoppiò a ridere, senza un reale motivo, solo per la voglia di farlo. E quella risata travolse anche Leonardo che si ritrovò a compiere il suo stesso gesto con lo stesso gusto, con la stessa intensità.
La musica era alta all’interno del locale, eppure quel “Mi piaci” Sofia lo sentì bene. Uscì sincero, pulito, dopo una semplice risata di gusto, da labbra che sembravano aspettare quel momento da tanto, come se quelle due paroline fossero bloccate da qualche parte in fondo alla gola, o forse un po’ più in basso a sinistra, e non aspettavano altro che un po’ di coraggio per essere pronunciate.
“Come scusa?” e invece aveva sentito, si ripeté ancora una volta che aveva udito perfettamente, ma voleva sbagliarsi, o forse voleva risentirlo, o forse non sapeva di preciso cosa volesse.
“Ti ho detto che mi piaci…”
Guardò le mani del ragazzo, non stava bevendo e che lei si ricordasse non aveva toccato un goccio d’alcool lui. Eppure non si era avvicinato, non aveva fatto mezzo passo verso di lei che tutto ad un tratto si sentì piccola, minuscola, incompresa e …sola.
“Devo andare.”
“Come?”
“Devo andare, cosa non capisci?”
“Ma io ti ho appena detto che mi p…”
“Lo so cosa mi hai detto, l’ho sentito perfettamente la prima volta, ma devo andare.”
“Lascia almeno che ti accompagni!”
“No, Charlotte non dorme se io non torno a casa!”
“Ma cosa c’entra? E poi Charlotte starà dormendo da un pezzo!”
“Devo andare Leo, devo andare!”
E se ne andò scomparendo tra la folla.

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Lo so, mi odiate, sono passati millemila anni da quando ho postato l'ultimo capitolo. Non sto a spiegarvi i vari motivi per cui sono stata assente tutto questo tempo, niente di speciale, i soliti impegni da teenager, ahah :) Spero di tornare a postare con costanza, per il resto voi continuare a leggermi e a commentarmi, mi fa sempre tanto piacere!
Un bacione!
  
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