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Autore: tempebrennan    09/04/2013    2 recensioni
Santana e Brittany non si conoscono, parlano per la prima volta al parco, su una panchina. Possono due universi così distati entrare in contatto?
Ripreso per trama principale da 'Aspettando Godot' di Samuel Beckett.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Brittany Pierce, Quinn Fabray, Rachel Berry, Santana Lopez | Coppie: Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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L’albero è davvero spoglio ora.
La panchina è l’unica a non essere stata riverniciata, Santana ha grattato via la vernice fresca.
Oggi è stranamente meno freddo, nonostante sia già gennaio ben inoltrato.
Non c’è nessuno sulla passeggiata, ma è ancora presto.
C’è solo Santana che aspetta, come ogni pomeriggio da metà dicembre.
 
 
Brittany arrivò correndo come suo solito: la sua era una corsa leggera, quasi leggiadra, come se poggiasse i piedi a terra per librarsi e tagliare l’aria gelida.
“Credevo non arrivassi più” sorrise Santana quando la bionda l’ebbe raggiunta. Brittany si piegò su sé stessa, tese le braccia sulle ginocchia e regolarizzò il respiro: sollevò la testa e sorrise di rimando. Era impossibile resistere a Santana.
“È.. è che..” ansimò “Ho dovuto andare a prendere all’asilo mia sorella ma stavo colorando il mio album e.. non mi sono accorta del tempo”. Si era salvata in calcio d’angolo con quella bugia del tempo, probabilmente Santana l’aveva capito che non era in grado di leggere l’orologio.
“Capita” disse la latina stringendosi nelle spalle, poi le tese un piccolo pacchetto incartato nella carta colorata con i disegni di Paperino.
Brittany lo prese un po’ confusa prima di lasciarsi andare ad un sorriso luminoso.
Santana pregò che non smettesse mai di sorridere.
“San, io..”.
“Non dire niente, vedi solo se ti piace” le consigliò la latina, e la ragazza non se lo fece ripetere due volte: strappò con cura la carta per poi ripiegarla nella borsa e rigirò la scatola fra le mani con gli occhi brillanti.
“Sono magnifici!” esclamò aprendo l’astuccio e sfiorò con le dita ogni singolo pastello a cera.
“Me li chiedesti il giorno del nostro primo incontro” ricordò Santana “Li ho comprati la mattina dopo ma mi sono sempre dimenticata di portarteli. Considerali come un regalo di Natale in ritardo”.
Santana fece giusto in tempo a finire la frase perché si ritrovò nell’abbraccio di Brittany, che incrociò le mani quasi sul suo fondoschiena; Santana sperò che non sciogliesse quella presa perché, stranamente, non le dava fastidio il corpo di qualcuno attaccato al suo.
Di slancio Brittany le baciò una guancia e immediatamente la mano di Santana premette forte dietro la sua nuca, come per lasciare impresse davvero le labbra sottili sulla sua guancia ambrata.
“Possiamo andare a fare una passeggiata San?”.
Gli occhi di Santana si riempirono di parole non dette e quelli di Brittany divennero lucidi.
“Mi.. mi dispiace..”.
Ormai Santana non sapeva dire che quello quando Brittany le chiedeva di allontanarsi dalla panchina. Era l’unica persona che le rivolgeva la parola, tranne Quinn ovviamente, l’unica che si era data la pena di provarci, almeno. Si sentiva morire, e non sapere perché la spaventava a morte, ogni volta che era costretta a rifiutare ma lei aspettava.
“D’accordo” mormorò la ballerina dispiaciuta. Tirò leggermente in basso, verso i pantaloni della tuta rossi, la felpa gialla e si mordicchiò il labbro inferiore: ci era rimasta peggio di quanto si aspettasse, e la cosa la spaventava a morte. Le piaceva Santana, la intrigava: voi direte, ci si può innamorare di una persona a prima vista? Andiamo, a chi non capita? Il ragazzo sull’autobus, il compagno di università il primo giorno, un insegnante, qualcuno per strada: solo che alcuni li lasciamo scappare, altri proprio non ce la facciamo e li catturiamo. Così era stato per Brittany.
Santana non resistette oltre.
“Possiamo andare al laghetto se vuoi. Ho portato il pane” propose sperando di rincuorare almeno un pochino la ballerina. Ottenne l’effetto sperato: Brittany le afferrò il polso, quel polso, e se la trascinò dietro fino alla ringhiera.
Brittany, tirando fuori dal sacchettino un pezzetto di carota, guardò perplessa Santana, che si affrettò a spiegarle gentilmente che le papere di stagno erano vegetariane: la cosa divertì moltissimo la bionda, che si finì per creare, con l’inatteso aiuto della latina, piccoli sandwich di pane e verdura.
Alla fine ridevano così tanto che dovettero tornare alla panchina.
Le maniche della felpa di Santana si sollevano e Brittany sbiancò: lentamente, e quasi senza accorgersene, le prese il braccio sinistro con la mano mentre il suo dito indice prese a scorrere sul polso, su quella porzione di cute allungata rialzata, il tutto sotto lo sguardo irrigidito di Santana.
No, non poteva essere.
“San.. San cosa hai..”.
Santana ritirò la mano e si allontanò ulteriormente, per poi alzarsi ed indietreggiare di qualche passo mentre Brittany la guardava stranita dalla panchina: sarebbe certamente finita nel lago se non fosse andata a sbattere contro una ragazza, trovandosi poi nell’abbraccio di Quinn, accompagnata come sempre da Rachel.
“Santana? Santana che succede?”.
La latina si girò fra le sue braccia nascondendo il viso nel suo collo. Quinn si guardò intorno e notò Brittany: le fece cenno con la mano di avvicinarsi.
Le rivolse un’occhiata interrogativa e Brittany chiarì:” La cicatrice, quella sul polso. Io l’ho..”.
Gli occhi smeraldo di Quinn indussero Brittany a tacere, se voleva restare ancora sulla terra.
“Rach, perché non fate due passi?”.
Rachel non se lo fece ripetere due volte e portò via Brittany, che continuò a voltarsi indietro finchè la ragazza non disse:” È inutile, ora ci sono loro due”.
Quinn fece accomodare Santana su una panchina e la lasciò sfogare per qualche minuto: sollevandole la testa fu sorpresa nel constatare che non piangeva, ma che aveva solamente respirato corto e veloce, come se avesse il fiatone.
“Va tutto bene San” la tranquillizzò.
Santana scosse il capo. “No che non va bene Quinn. Mi sento strana accanto a lei, eppure ci sto così bene. La conosco solo da un mese, eppure è come se.. come se la conoscessi da sempre. Ed è strano sentire le farfalle nello stomaco, il sorriso ebete che mi spunta quando arriva di corsa, la tristezza quando se ne va”.
Sospirò e lasciò andare la testa sulla spalla di Quinn.
“Ti sei innamorata San” disse semplicemente la bionda.
Santana si irrigidì immediatamente a quelle parole. Non ci credeva nemmeno più, nell’amore.
“Tu aspetti da un anno su questa panchina che arrivi l’amore perché eri qui l’ultima volta che sei stata felice” cominciò Quinn “E qui l’hai trovato. Prova a vedere se ne vale la pena”.
“Non voglio rimanere ferita ancora. Queste cicatrici ne sono la prova”.
“È diverso”.
“No che non lo è. La paura è la stessa”.
“Ma se non ci provi nemmeno e te la lasci scappare te lo rimpiangerai per tutta la vita San” disse Quinn “E non voglio più vederti stare male. Prova a spiegarle quelle cicatrici. È il primo passo per vedere se buttarti in mare oppure rimanere sulla barca”.
Quinn sorrise vedendo le labbra della latina arricciarsi: Santana amava il mare, spesso vi si paragonava perché quando il mare è arrabbiato niente lo può fermare, ma quando è calmo ha il potere di tirare fuori il meglio di te, proprio come la latina stessa.
Quando Brittany e Rachel tornarono, la ballerina teneva gli occhi bassi e Santana l’invitò ad accomodarsi accanto a lei sulla panchina.
Quinn le fece l’occhiolino prima di prendere per mano Rachel e condurla verso il chiosco dei gelati.
Santana sollevò nuovamente la felpa e Brittany ancora tornò sulla cicatrice col suo tocco delicato.
“L’anno.. l’anno scorso..” cominciò Santana prendendo un bel respiro, subito fermata da Brittany.
“Se non te la senti non importa”.
“No, me la sento. Sento che con te posso aprirmi, non so perché ma è così. Davvero”. Scrollò le spalle e riprese. “Come dicevo, l’anno scorso.. anzi, fino all’anno scorso ero una ragazza abbastanza normale a scuola, sai, ero sì capo cheerleader assieme a Quinn, ma ero la prima della scuola, avevo una borsa di studio per Louisville. La mia famiglia era molto unita ma si è sgretolata praticamente un anno fa preciso. Una sera.. una sera mi hanno trovata in camera da letto con la mia migliore amica: stavamo facendo l’amore”.
Brittany smise di respirare e strinse la presa sul polso di Santana.
“Mia madre cominciò a piangere e quasi svenne, mio padre.. beh, lui non ha detto niente se non ‘Ti voglio in cucina fra due minuti’. Non ho neanche provato a dire che stavamo giocando o roba simile, ho semplicemente detto di aver capito di essere lesbica”.
Santana abbassò lo sguardo e proseguì.
“Mi ha schiaffeggiato molto forte e mi ha ordinato di andare in camera mia, non prima di avermi dato del disinfettante da passare su ogni mobile. Secondo lui ero infetta, malata. Non ci siamo parlati per giorni, a malapena tornavo a casa, stavo sempre dalla mia migliore amica tentando di capire se fosse una fase, un divertimento, o fossi davvero innamorata”.
La voce roca di Santana, che Brittany trovava adorabile, si fece più flebile.
“Una delle rare notti in cui tornavo, mio padre è entrato in camera da letto. E lui.. lui mi ha..”.
Gli occhi umidi di Brittany le fecero capire che non c’era bisogno di ulteriori spiegazioni.
“Avevo perso tutto ma la perdita dell’amore è stata irreparabile: non solo ho perso la mia migliore amica, ma anche la mia famiglia. Mia madre ha saputo solo dopo ciò che ha fatto mio padre e l’ha cacciato di casa, ora siamo solo io e lei. Dopo la violenza mi odiavo: mi odiavo perché gli avevo permesso di fare una cosa del genere, non avevo combattuto per me stessa. Ed è terribile. Mi sentivo fuori luogo, di non appartenere più a quella casa o a quelle mura. Un giorno, mentre ero sola, ho.. sono andata in cucina e ho preso un coltello. Ricordo solo il bagno pieno di sangue”.
Una lacrima le scivolò lungo la guancia, subito catturata dalle labbra di Brittany, che portò le mani sui fianchi di Santana.
“È un gesto brutto San, ma ti capisco” disse Brittany, a pochi millimetri dalla bocca di Santana “Ma quello non è mai il modo migliore, così la dai vinta agli altri, dimostri solo che stai scappando”.
“Non avevo scelta Britt”.
“Ce l’avevi invece! Quella di affrontare tuo padre! Se ci fossi stata io, ti avrei impedito una cosa del genere!” sbottò rendendosi poi conto troppo tardi delle sue parole.
Santana alzò la testa quel tanto che bastava per vedere Brittany cercare i suoi occhi e diventare rossa.
“No, cioè, io.. non volevo dire questo” tentò di giustificarsi.
“Quindi capisci perché non voglio mai allontanarmi da questa panchina? Perché se arriva di nuovo l’amore io voglio esserci, non voglio perderlo. Ero qui l’ultima volta che ero innamorata e felice, e voglio esserci quando e se tornerà. Questa panchina è come una stazione: se passa il treno della tua vita ma tu lo perdi, te ne pentirai. E io non voglio”.
“Se tu lo avessi fatto, non ci saremmo mai incontrate” sorrise Brittany ma di nuovo si rese conto troppo tardi di aver parlato ad alta voce.
Non ci provò nemmeno a scusarsi, stavolta; solo intrecciò le dita con quelle di Santana e le stampò un lunghissimo bacio sulla tempia.
Santana decise che forse era ora di darsi una mossa, magari Quinn aveva ragione
“Non ne avevo mai parlato con qualcuno che non fosse Quinn” disse dopo un tempo che parve infinito “Ma sento che tu sei diversa, non so spiegarti bene”.
“Io credo che le persone si scelgano ma il legame fra alcuni di loro è inspiegabile” commentò Brittany.
Santana sorrise contro la sua pelle.
Era veramente a pochi centimetri dalle sue labbra: sarebbe bastato un impercettibile movimento e l’avrebbe baciata. Ne aveva voglia, Dios se lo voleva! Ne era incantata.
Ma se ci avesse provato e Brittany l’avesse respinta? Avrebbe ottenuto solo di perdere quella ragazza che le faceva battere così furiosamente e misteriosamente il cuore.
Rinunciò sentendo però una fitta di delusione nel petto.
Il campanile rimbombò con i suoi cinque tocchi e Brittany era sul punto di saltare la lezione di danza per poter stare lì: ma il saggio era alle porte e non poteva permettersi assenze.
A malincuore si staccò da Santana.
“Ci vediamo domani” la salutò con il consueto bacio sulla guancia.
Ma Santana potè giurare che quel contatto fosse stato un attimo più lungo del normale. E le piaceva da morire, Dios se le piaceva.
 
 
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Salve a tutti! Scusate il ritardo ma l'università prende! Ad ogni modo, ecco il quarto capitolo.. abbastanza triste sì, me ne rendo conto xD Però  si svela la storia di San e chi aspetti alla panchina :) Spero di non aver fatto orrori ortografici o di stesura, se ce ne sono me ne scuso profondamente! E' che sono le 1 15 e non connetto molto xD
Grazie a tutti, chi legge, chi recensisce, chi preferisce! Davvero, di cuore! Hasta luego :D

  
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