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Autore: jas_    09/04/2013    3 recensioni
«Ricordi il giardino di tua madre, te lo ricordi?»
Annuii, «come dimenticarselo» dissi acida, tirando su col naso.
Pierre mi asciugò una lacrima col pollice e mi accarezzò una guancia senza smettere di guardarmi.
«Tu sei come una di quelle primule che io ti ho aiutato a portare in casa quando ci siamo conosciuti, sei bellissima e hai tanto da dare se solo... Se solo riuscissi a tirare fuori il coraggio! Ti nascondi sempre dietro a questi occhi tristi, so che è difficile ma così non fai altro che renderti piccola. Io vedo cosa sei, so il tuo potenziale, sei come una primula in inverno. Fa' arrivare la primavera e sboccia, mostrando i tuoi colori veri.»
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Endless love'
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Capitolo 12

 


I vestiti di Mr. Avvocato In Carriera Che Mette In Ombra Le Giovani Promesse, ossia me, non erano ancora pronti così, piuttosto che tornare in ufficio, mi concessi un frullato alla banana e una rapida occhiata alle vetrine di Montreal.
Era una giornata stranamente calda, per quando calda potesse essere quella città in autunno, e si stava bene a passeggiare per i marciapiedi non troppo affollati, lontana da quell'aria pesante che si respirava nello studio, specialmente ultimamente, per colpa del caso importante che stavamo affrontando.
Ero letteralmente sommersa dal lavoro che mi portavo le pratiche a casa, passando il poco tempo libero che avevo china su quelle pile di documenti. Mi resi conto che era da un po' che non mi concedevo un po' di tempo per stare sola coi miei pensieri, e quel pomeriggio sembrava il momento giusto per farlo.
Mi arrestai improvvisamente quando mi resi conto di essere arrivata dove Chuck e Pierre avevano il negozio di dischi, sembrava che fossi inconsciamente attratta da loro come una calamita, non era la prima volta che mi capitava di andare lì senza rendermene davvero conto.
Alzai le spalle con nonchalance e buttai il bicchiere del frullato, ormai vuoto, in un cestino lì vicino prima di decidermi di andare al negozio.
Non ci ero mai stata dopo l'inaugurazione, per motivi ben ovvi, ma ora quei motivi che mi avevano tenuta lontana da lì erano scomparsi e, dovevo ammetterlo, non vedevo l'ora di incontrare Chuck, ma soprattutto Pierre, nonostante ci fossimo visti soltanto alcuni giorni prima.
Aprii la porta del locale stranamente esaltata dall'idea, il suono di un campanello rimbombò nella stanza e notai subito Chuck, intento a leggere qualcosa al computer, alzare lo sguardo nella mia direzione. La sua espressione divenne prima sorpresa e poi felice, si alzò dalla sedia e superò il bancone con le braccia aperte, «qual buon vento!» esclamò, prima di stringermi in un caloroso abbraccio che ricambiai ridendo.
«Ero da queste parti così...» non appena mi staccai da lui vidi anche Pierre spuntare da quello che doveva essere il magazzino, con uno scatolone in mano.
Mi rivolse un sorriso sincero e felice che ricambiai leggermente spiazzata, una strana sensazione mi attanagliò lo stomaco, non riuscivo ancora a crederci che eravamo tornati... Amici.
«Ciao!» esclamò contento, e mentre riflettevo sul nostro rapporto, lui appoggiò lo scatolone sul bancone e mi abbracciò.
Ricambiai, scombussolata da quel gesto, ma allo stesso tempo mi sentii bene tra le sue braccia, avvolta dal suo profumo.
«Come mai da queste parti?» domandò , senza mai perdere il sorriso, quando si staccò da me.
Mi strinsi nelle spalle, «sono passata in lavanderia ma i vestiti non erano ancora pronti così ho deciso di fare un giretto e... Eccomi qua!» esclamai, allargando le braccia.
Chuck assottigliò lo sguardo, «ancora ai lavori forzati?»
Annuii abbassando lo sguardo e lo sentii sospirare.
«Lola, devi ribellarti...» disse lui, tornando dietro il bancone.
Pierre, che aveva assistito al nostro cambio di battute in silenzio e con lo sguardo confuso, prese parola.
«Ribellarti a che cosa?»
Rimasi in silenzio un attimo, con la bocca socchiusa, prima di ricordarmi che lui sapeva poco o niente di me e della mia nuova vita, avrei dovuto spiegargli la mia situazione.
«Lavoro in uno studio legale ma quello che subisco è più uno sfruttamento, che non concorre alla formazione di un avvocato, cosa che invece dovrebbe essere. Il mio capo mi fa, certo, preparare documenti su documenti per i casi ma l'ultima volta che sono entrata in un tribunale credo sia stata...» ci pensai su un attimo, «prima di laurearmi. Ho frequentato di più la lavanderia che sta nella strada parallela a questa o il bar sotto gli uffici dove gli prendo caffè e brioche tutte le mattine, pensa che una volta mi ha mandata pure da Cartier a comprare il regalo di Natale per la sua ultima moglie, ti sembra normale?» esalai, alzando eccessivamente la voce.
Pierre mi guardava con gli occhi strabuzzati e le sopracciglia inarcate, a braccia conserte, Chuck invece rideva sotto i baffi.
«Che c'è di divertente?» lo ripresi, voltandomi completamente verso di lui.
Lui scosse la testa, con ancora l'ombra di un sorriso dipinta sul volto, «scusa è che...» sospirò, «è strabiliante come tu abbia riassunto la tua carriera lavorativa in così poche parole.»
Alzai leggermente il mento e lo guardai con aria di superiorità, «sono un avvocato» gli ricordai.
Chuck alzò le braccia in segno di resa, «scusa!» si difese.
Pierre rise e si passò una mano tra i capelli, «stavo andando in pausa, ti va di bere un caffè con me?»
Mi voltai istintivamente verso Chuck, come se avessi bisogno della sua benedizione prima di rispondere, lui annuì.
«Va bene» acconsentii.
Pierre tornò al bancone, prese il cellulare e poi mi fece strada fuori dal negozio.
Mi sentivo stranamente bene a passeggiare per le vie della città con lui, come se quella fosse la cosa giusta da fare, essere amici.
Mi voltai a guardarlo con discrezione, aveva un'espressione serena dipinta sul volto e la sensazione che avevo provato quando mi aveva abbracciata si stava rifacendo strada dentro di me. Era come se non se ne fosse mai andato, come se Pierre fosse sempre stato lì con me, infondo, durante il mio diploma, il mio viaggio in Europa, la mia laurea, il mio tirocinio, tutto.
Lo sguardo preoccupato che mi rivolse mi fece destare dai miei pensieri, «eh?» squittii, presa alla sprovvista.
Pierre rise, «ti ho chiesto dove volessi andare, tu invece a cosa stai pensando? Giuro di aver visto uscire del fumo dalla tua testa.»
Avvampai e mi arruffai leggermente i capelli con la mano destra, cosa che facevo spesso quando ero a disagio, «a nulla... Decidi tu dove andare, per me è uguale» borbottai.
Pierre sbuffò, «come vuoi» disse, prima di tagliarmi la strada per entrare in un bar.
«Ehi!» lo ripresi, seguendolo all'interno del locale.
Lui rise mentre si guardava in giro alla ricerca di un tavolo libero.
«Quei tizi lì se ne stanno andando» gli suggerii, indicando una coppia che si era appena alzata dal proprio posto.
«Oh, brava» si congratulò, dirigendosi nella loro direzione.
Mi sedetti al posto che dava le spalle alla strada, odiavo che la gente che camminava sui marciapiedi mi vedesse, amavo invece notare il via e vai del bar.
«Sto morendo di fame» ammise Pierre, scrutando attentamente il menu che teneva in mano.
Ce n'era solo uno sul tavolo, così io mi appoggiai allo schienale del divanetto e mi limitai a guardarlo mentre lui aggrottava fronte e storceva le labbra.
«Che c'è?» domandai curiosa, sporgendomi leggermente verso di lui per vedere quale fosse la ragione del suo sgomento.
Pierre mi porse il menu, «gli hot dog. Non ci sono gli hot dog e io voglio gli hot dog» disse affranto, mettendosi a braccia conserte.
Lo guardai spiazzata per un attimo prima di scoppiare a ridergli in faccia, anche lui infine mi concesse un sorriso.
«Sei peggio di un bambino» lo presi in giro, prima di sfogliare anch'io il menu alla ricerca di qualcosa di buono da prendere, «e poi non dovevamo prendere un caffè?» domandai, ricordandomene solo in quel momento.
Pierre si strinse nelle spalle, «ho fame» ammise poi, e in quell'istante arrivò la cameriera a prendere le ordinazioni. Io mi accontentai di un caffè e di un muffin mentre Pierre prese un hamburger.
Non appena la ragazza si allontanò calammo in un silenzio imbarazzante, io osservavo distratta il bancone mentre Pierre aveva lo sguardo perso fuori dalla vetrina del locale; poi tutt'ad un tratto prese un respiro profondo e si voltò a guardarmi.
«Sei mai andata con lo snowboard?» domandò.
Lo guardai confusa, «perché me lo chiedi? Comunque no» risposi, senza capire dove volesse andare a parare.
Pierre sorrise, «avrei dovuto insegnarti io, non ricordi?»
Improvvisamente sentii una strana sensazione attanagliarmi lo stomaco e la gola seccarsi, «io...» mormorai soltanto, iniziando a spiegazzare un tovagliolo di carta appoggiato sul tavolo e mantenendo lo sguardo fisso su di esso.
«Siamo ancora in tempo» continuò lui, speranzoso.
«Non credo proprio, sono grande per finire con la faccia in mezzo alla neve e, sinceramente, non ci tengo» mi affrettai a rispondere, «se ho sempre rimandato in fondo un motivo c'è, non trovi?»
«Credo che sarai costretta ad imparare, ti trascinerò io stesso sulle piste quando saremo da Seb.»
Lo guardai sorpresa, «Seb?» ripetei incredula.
Pierre annuì tranquillo, «ti ricordi l'idea di passare tutti insieme un weekend nella casa in montagna di Seb? Ecco, Chuck mi ha detto che gli altri stavano pensando di organizzarsi per questo fine settimana.»
«E cos'aspettavano a dirmelo? Venerdì stesso? Mancano solo tre giorni!» esclamai alterata.
Pierre alzò gli occhi al cielo, «chissà quanto ti ci vuole a prepararti, non fare la bambina» mi scimmiottò, alludendo alle mie parole di alcuni minuti prima.
Feci per ribattere ma poi ci rinunciai, limitandomi ad una linguaccia che Pierre imitò all'istante; in quel momento arrivò la cameriera.
«Ecco a voi» disse soltanto, mentre appoggiava l'hamburger e il caffè sul tavolo.
«Dici che ci ha visti?» domandò Pierre divertito, mentre avvicinava il proprio piatto a sé.
«Secondo me sì» dissi divertita, lanciando una rapida occhiata alla ragazza concentrata nel suo lavoro.
«Tanto non ci conosce» si giustificò Pierre prima di dare un morso al suo hamburger e sporcarsi tutte le mani di ketchup e altre salse.
«Il tuo modo fine di mangiare non è cambiato per niente» gli feci notare.
Lui mi guardò con aria di sfida, «vuoi provare tu?»
Annuii decisa, non si doveva mai rifiutare una sfida, e mi sporsi leggermente sul tavolo per dare un morso all'hamburger.
«Sei peggio di me!» mi prese in giro Pierre mentre appoggiava il panino sul piatto e prendeva un tovagliolo per pulirsi le mani.
«Sei tu che non sei in grado di tenerlo in mano!» ribattei prontamente, bevendo un sorso di caffè.
Pierre non rispose, si limitò a guardarmi con una smorfia divertita.
«Che c’è?» chiesi.
«Ti sei sporcata tutta, anche tu sei sempre la solita» mi rimbeccò lui, prese un tovagliolo e si sporse verso di me per pulirmi la bocca, proprio come si faceva con i bambini.
Mi sentii avvampare davanti a quel comportamento così intimo, tuttavia cercai di dimostrarmi indifferente.
«Mi sembra che nessuno dei due sia cambiato poi tanto negli ultimi dieci anni» gli feci notare.
«Ed è un male?»
Ci pensai su un attimo e poi scossi la testa, «per quanto mi riguarda no, a me piacevi» ammisi sincera.
Pierre rimase sorpreso dalle mie parole, glielo lessi in faccia, ma poi si ricompose subito.
«Anche tu mi piaci.»


 

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Here I Am! :D
Scusate per il ritardo, ho avuto un po' da fare durante le vacanze e dopo, e quando volevo aggiornare - ieri - il pc faceva i capricci çç
Comunque ora sono qua, con questo strepitoso (AHAHAHAHAHA) capitolo abbastanza Loerre (?) Piola (?), okay, non esiste un nome decente adatto a Pierre e Lola uù
Spero che nel frattempo non vi siate dimenticate di questa storia, prometto che il prossimo aggiornamento arriverà moooolto presto, e vi anticipo che sarà dedicato al weekend in montagna dove ovviamente ci saranno dei colpi di scena!
Fatemi sapere che ne pensate, ci tengo molto!
E grazie per aver aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate, per avermi aggiunta agli autori preferiti e... Credo di avere finito coi ringraziamenti ahahah
Alla prossima!
Jas



 

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