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Autore: MoreUmmagumma    09/04/2013    5 recensioni
Una ragazza normale. Un carattere insolito. Due corteggiatori altamente improbabili. L'Europa e l'America come sfondo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jimmy Page, John Bonham, John Paul Jones, Nuovo personaggio, Robert Plant
Note: Lemon | Avvertimenti: Triangolo
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-Da quant’è che non vieni qua?-
-Da qualche anno- risponde forzando la serratura della porta con la chiave.
-Ci sarà un bel lavoro da fare allora!-
Finalmente la porta si apre con un sonoro clack e un forte odore di polvere e di chiuso mi pervade le narici non appena metto piede nel cottage. I mobili sono coperti da delle lenzuola bianche e il soffitto è pieno di ragnatele.
-Ci aspetta un bel pomeriggio!- esclamo sarcastica aprendo le ante in legno di una finestra, così da far entrare un po’ di luce.
-E speriamo di finire entro stasera! O mi hai portata qui solo per aiutarti a pulire casa?- aggiungo, sempre con ironia.
-Se anche fosse ti darei un compenso per il disturbo- replica maliziosamente.
-Sei fortunato comunque: non mi dispiace fare le pulizie di casa-
Si avvicina con passo felpato al mio orecchio sussurrando: -Allora il compenso te lo meriti tutto-
Il suo respiro che mi sfiora il collo mi dà un brivido di piacere che mi percuote tutta la schiena, arrivando alle gambe.
-Ma non adesso...-
Si avvicina poi ad una porticina nascosta sotto le scale dalla quale estrae una vecchia scopa di saggina, vari strofinacci per la polvere e qualche prodotto per la pulizia.
Così dedichiamo tutto il pomeriggio a pulire l’intera casa, rimuovendo la polvere ovunque, le ragnatele dagli angoli delle pareti, un alveare dal caminetto, e anche una specie di formicaio in cucina.
Solo verso sera, quando finiamo, mi rendo conto di quanto calda e accogliente sia la casa di Robert.
Il soffitto e il pavimento sono formati da travi di legno e tutto l’arredamento è in pefetto stile countryside inglese.
Nel soggiorno ci sono un divano e una poltrona, entrambi ricoperti da un romantico rivestimento floreale, poggiati su un grande tappeto beige. Su un comò in legno massello, tra le varie argenterie, si erge un maestoso e non più lucido grammofono anni ’20 circondato da vecchi vinili. E per concludere, accanto a un rustico caminetto in pietra, un antico orologio a pendolo, ancora funzionante.
-Sono le 9:30 passate- annuncia Robert –Che ne dici se prepariamo qualcosa da mangiare? Poi ti faccio vedere meglio il resto della casa-
-Ok-

Anche la cucina rispetta lo stesso tipo di arredamento del soggiorno e della casa in sé. Il tavolo, posto al centro della stanza, è in legno ridipinto con una vernice verde, che divide un’enorme credenza ottocentesca piena di stoviglie in porcellana, dalla cucina in legno bianco.
-Dì un po’...- annuncio entrando dall’arco in mattoni che separa la cucina dal soggiorno –Ci porti tutte le tue amanti qui?-
-Solo quelle carine- replica mentre apparecchia la tavola –E quelle intelligenti... e anche quelle che fingono sempre di essere disinteressa...-
-D’accordo! Ho capito!- esclamo avvicinandomi al tavolo per aiutarlo ad apparecchiare.
-Ci veniamo per scrivere le canzoni- puntualizza quando iniziamo a mangiare –Questo posto è una fonte inesauribile di ispirazione. E poi c’è pace, tranquillità... è perfetto!-
-Ci vieni da molto, vero?-
-Da quando ero piccolo. Io e la mia famiglia passavamo qui le vacanze-
-Sì, ho visto le foto al piano di sopra-
In effetti è così: la casa è piena di vecchie fotografie di famiglia, poste su vecchi mobili o appese alle pareti a mo’ di quadri.
-E’ bello qui...- aggiungo poi –Mi piace davvero molto-
Non appena finiamo di mangiare, ci alziamo entrambi dalle sedie pronti per sparecchiare.
-No, lascia!- esclama Robert   -Faccio io, tu sei l’ospite-
-Sei sicuro?-
Annuisce.
-Allora visto che sono ancora un po’ impolverata vado a farmi un bagno-
Robert mi rivolge un ghigno prima di osservarmi uscire dalla cucina.


-Avanti!- pronuncio mentre, seduta nella vasca, giocherello con la schiuma da bagno.
Robert entra, tenendo in mano una pila di asciugamani.
-Ti ho portato qualcosa per asciugarti-
-Grazie, poggiali qua- gli dico indicando un punto accanto a me ai piedi della vasca.
-Sai, stavo pensando che...anche io avrei bisogno di un bagno caldo...-
-Ho quasi finito!- replico, sapendo perfettamente dove vuole andare a parare. Ma è così divertente provocarlo!
-Se c’è una cosa che non sopporto...- dice appoggiando le mani sulla vasca -...sono gli inutili sprechi d’acqua-
-E quindi?- domando guardandolo negli occhi, accesi di desiderio.
-Quindi... – si leva i vestiti e li lancia a terra con un sonoro tonfo  -Fammi spazio, dolcezza!-
La vasca è decisamente troppo piccola per tutti e due...ma chi se ne importa!
Robert si siede dietro di me cominciando a stamparmi dei baci sul collo e sulla spalla.
Ci ritroviamo poi faccia a faccia a sostenerci lo sguardo a vicenda, mi prende per i fianchi e mi fa sedere sulle sue gambe e non posso non far caso alla sua immediata erezione, premere contro il mio inguine.
-Ti voglio! Ora!- mugugna con voce colma di lussuria, toccandomi ovunque.
Con un rapido movimento mi penetra inziando a spingere sempre di più, sempre più famelico.
Gli unici rumori che fanno da cornice al tutto sono il frinire dei grilli, i nostri gemiti e l’acqua della vasca che viene smossa dai nostri movimenti.
Un’altra spinta.
Due.
E un’altra.
E un’altra ancora...
Mi aggrappo alle sue spalle, disperata. Mi sta facendo diventare matta.
Veniamo insieme. Lui sorride, appagato.
-Ti amo-

La mattina seguente vengo svegliata dal cinguettio di un passerotto che saltella sul davanzale della finestra. Mi metto a sedere sul letto guardandomi attorno. La stanza è illuminata dai raggi solari che filtrano attraverso il vetro della finestra e mettono in risalto la carta da parati giallo chiaro, i mobili in legno e il letto a baldacchino, rivestito da una morbida coperta a fiori.
Sono sola però, circondata dal silenzio.
-Robert?-
Nessuna risposta. Non sento nemmeno il rumore dell’acqua dal bagno.
Scendo dal letto, mi vesto e scendo di sotto.
Robert è in cucina a prepare dei sandwich.
-Ciao!- lo saluto con la voce ancora assonnata.
-Buongiorno!- replica voltandosi di scatto –Come va?-
-Sono...felice-
-Molto bene, perché presto scoppierai dalla gioia!-
-Perché?-
Ma lui invece di rispondere alla mia domanda mi dice di prendere “quel cestino sulla sedia, sopra la coperta in patchwork”.
Faccio come mi dice, aggrottando le sopracciglia e gliela porgo. Il cestino è il tipico cestino da picnic, in vinimi, foderato all’interno da una stoffa a quadretti rossa e bianca.
-Facciamo una scampagnata?-
-Già... ti piace l’idea?-
-Assolutamente! Vuoi che ti dia una mano?-
-No, ce la faccio da solo-
-Ok, allora vado a finire di prepararmi-

I raggi tiepidi del sole che ti baciano il volto, il vento fresco che ti accarezza i capelli, il cielo terso... e poi verde, verde ovunque. Questa è la mia idea di posto perfetto. Il posto in cui vivrei il resto dei miei giorni. Come scrisse Tolstoj in La felicità domestica: “Credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna. [...] E poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità.”
E poi lui.
Lui che mi porta in una radura attraversata da un tranquillo ruscello che scorre placido.
Ci sediamo ai piedi di una quercia e mangiamo, parliamo, ridiamo, scherziamo... ci amiamo.
Lui mi suona qualche canzone con la sua armonica a bocca e io gli leggo il mio libro di poesie di Keats, con la testa appoggiata sulle sue gambe. Il pomeriggio più bello della mia vita. Robert mi canta Tequila Sunrise degli Eagles e San Francisco di Scott McKenzie mettendomi un fiore tra i capelli, mi insegna a fischiare usando i fili d’erba, a far rimbalzare i sassi sull’acqua e insieme rimaniamo sdraiati sulla coperta, con gli occhi rivolti verso il cielo, cercando di indovinare a cosa somigliano le nuvole, e andiamo alla ricerca di rovi di more. Fino al calare del sole, quando, una volta raccolte le nostre cose, ci incamminiamo verso casa, mano nella mano, ammirando il paesaggio che ci circonda, inondato dalla calda luce del tramonto.

Robert mi spinge contro il tavolo della cucina, premendo la sua lingua contro la mia, e mi ci fa sedere sopra, divaricandomi le gambe, mentre con le mani esplora ogni centimetro del mio corpo, come se dovesse trovare un punto ancora sconosciuto. Le infila sotto la mia maglietta cercando il contatto con il mio seno, mentre le mie si insinuano velocemente nei suoi pantaloni.
-Andiamo di sopra?- sussurra con voce roca.
-Sì-
Il resto poi viene da sé. Robert mi trascina più volte sull’orlo dell’orgasmo, facendomi impazzire sempre di più. Mi guarda, mi tocca, mi bacia, mi lecca, mi penetra...sempre più affamato, chiamandomi “bambina”, “piccola” tra un gemito e l’altro. Finché entrambi non cadiamo sfiniti e appagati sul materasso, beandoci e contemplandoci l’un l’altro, nel suono dei nostri sospiri, facendomi sentire in pace con me stessa.


-Manca ancora molto?-
-Siamo quasi arrivati, giusto qualche curva-
Mentre il motore romba guardo fuori, osservando tra gli alberi che crescono lungo la strada. Si intravede qualcosa, delle case mi sembra, e infatti dopo che la strada torna dritta, appaiono le prima abitazioni del paesino in cui ci siamo fermati due giorni fa, situato nel verde della campagna. Trattengo il fiato per l'emozione, è una visione veramente meravigliosa, come se l'uomo fosse finalmente riuscito a trovare la giusta armonia tra costruzioni e paesaggio.
-Eccoci!-
-E' cambiato tanto dalla tua infanzia?-
-Sai, è proprio come quei paesi in cui abitano poche persone, dove si conoscono tutti. Qui è come se il tempo non esistesse-
Proprio sul limitare della strada appare un piccolo parcheggio sotto gli alberi, dove Robert ferma la macchina.
-Questa non ci serve più, andremo a piedi-
-E cosa proponi di fare in questa giornata?-
-Vedrai- mi sorride sornione, con enigmatica seducenza  -Ti piacerà-
Mano nella mano ci incamminiamo dirigendoci verso il centro, mentre Robert comincia a raccontarmi tutto ciò che sa sulla storia del paese.
-Sai, Machynlleth ha una storia di quasi 5000 anni, già dall’Età del Bronzo...- e così passa poi a raccontarmi dell’epoca romana, arrivando a parlare poi di quando nel ‘400 divenne sede del Parlamento, per poi arrivare alla storia della Torre dell’Orologio, monumento tipico del borgo. Il tutto sotto il mio sguardo realmente interessato.
-Non sapevo conoscessi tutte queste cose-
-Non era poi così male Storia a scuola-
All’ora di pranzo entriamo in un’accogliente taverna e ordiniamo da mangiare, parlando del più e del meno, principalmente del loro ultimo album pubblicato, Presence, che ancora non ho avuto l’occasione di ascoltare.
Quando finiamo di mangiare Robert mi porta in un giardino, dove ci sono persone sdraiate all’ombra di un albero, ragazzi che parlottano felici tra di loro e bambini che fanno volare gli aquiloni.
-Dai papà, facciamolo volare!- esclama un bambino entusiasta del nuovo aquilone appena comprato dal padre a un chiosco ambulante.
-Hai mai fatto volare un aquilone?- domando a Robert con gli occhi fissi sul bambino.
-Qualche volta-
-Io no-
-Vuoi provare?-
Annuisco toccandomi le tasche cercando qualche spiccio e mi dirigo verso il chioschetto e ne compro uno arancione e verde a soli 50 penny.
Per fortuna c’è abbastanza vento, quindi forse ho buone probabilità di riuscita.
-Come funziona?-
Robert prende l’aquilone fra le mani, cercando di capire da quale parte soffi il vento.
-Tira il filo!- esclama.
Quando mi allontano abbastanza da avere il filo teso, Robert lancia l’aquilone in aria.
-Corri e tiralo dietro di te!-
E così faccio. L’aquilone prende subito il volo, seguendo il mio breve tragitto.
-E adesso?-
-Adesso lascia andare piano piano la corda, finché non raggiunge la giusta altezza-
E andiamo avanti così per tutto il pomeriggio, ridendo e scherzando... felici.
Ed è così anche al ritorno a casa al tramonto, consapevoli di aver passato giornate memorabili. Manca un solo giorno al ritorno a Londra. Poi riprenderemo le solite vite di sempre. 
Dopo essermi offerta di lavare i piatti della cena, raggiungo Robert fuori la porta. E’ seduto a terra, con la schiena appoggiata al muro, mentre fuma una sigaretta.
-Hai visto come si vede bene la Via Lattea da qui?-
Alzo gli occhi verso il cielo, annuendo, mi stringo nel cardigan e mi siedo accanto a lui, sull’erba umida. Robert mi accoglie tra le sue braccia e mi porge la sigaretta.
-Vuoi dare l’ultimo tiro?-
-No, grazie-
Così, dopo averlo dato lui, butta la cicca a terra e mi fa appoggiare la testa sul suo petto e insieme rimaniamo qualche minuto fuori, ad osservare il cielo e la sua maestosità.
-Che dici, rientriamo?- domando strofinandomi le mani.
-Hai freddo?-
-Un po’-
I suoi occhi si illuminano di colpo e gli angoli della bocca si piegano in su  -Io conosco un modo per combattere il freddo-
-Ah sì?- esclamo alzandomi in piedi.
-Sì. Vieni dentro che te lo mostro-

Il giorno seguente lo scroscio dell’acqua mi sveglia improvvisamente. Poso gli occhi sulla finestra davanti a me e noto che fuori piove. Robert dorme ancora, abbracciandomi da dietro, con una mano posata sul mio addome. Mi giro verso di lui, ritrovandomi col mio viso a pochi centimetri dal suo e con due dita gli accarezzo lentamente il volto, svegliandolo.
-Buongiorno...- mugola con voce ancora assonnata.
-Ciao!- esclamo io, radiosa.
Dopo qualche secondo si rende conto anche lui che sta piovendo.
-No, accidenti! Non ci voleva!-
-Beh, non è poi così male- esordisco io –Ci sono tante cose che avrei voluto fare oggi... tutte dentro casa-
-Ossia?- ghigna lui.
-Beh, ad esempio... ascoltare la musica, fare l’amore, crogiolarci fra le lenzuola...-
-Mmh, mi piace come ragioni, piccola!- si avvicina sempre di più a me e posandomi una mano dietro la schiena mi fa scivolare sotto di sé, le sue labbra che sfiorano il mio collo.
-Andiamo a fare colazione?- domanda di punto in bianco dopo avermi stampato un lungo bacio sulle labbra.
-Pensavo volessi fare altro-
-Abbiamo tutta la giornata per quello-
Dopo aver fatto un’abbondante colazione a base di uova, bacon, toast imburrati e the, stendiamo una grande coperta sul tappeto di fronte al divano. Poi Robert prende il suo vecchio giradischi da una delle stanze al piano di sopra e uno scatolone pieno di vecchi dischi.
-Sono tutti tuoi?- domando sbalordita.
-Già- annuisce fiero.
-Vediamo un po’ cos’hai...- inizio a spulciare i vinili tirandoli fuori dallo scatolone. Sono quasi tutti dei 45 giri.
-Gene Vincent e i Blue Caps... Muddy Waters...Robert Johnson...Willie Dixon!-
-Metti questo!- mi sfila il 45 giri dalle mani e lo mette sul giradischi e le prime note di una canzone blues si diffondono nell’aria e Robert inizia a cantare:

You know you shook me, you shook me all night long
Whoa you shook me, pretty mama, you shook me all night long.
Oh you just kept on shakin' me baby,
oh you done messed up my happy home.


Nel frattempo io continuo a frugare nello scatolone –Skip James... Bukka White...e poi Elvis, Elvis, Elvis e ancora Elvis... dì un po’, ti piace Elvis?-
-Da piccolo volevo essere come lui-
-Beh... ci sei andato vicino...-
Quando You shook me finisce cambio vinile, riposandolo accuratamente nella sua copertina, e metto Heartbreak Hotel. Robert si alza in piedi cominciando a imitare Elvis, sia nella voce che nei movimenti.

Well, since my baby left me
Well, I found a new place to dwell
Well, it's down at the end of Lonely Street
At Heartbreak Hotel

Where I'll be
I'll be there so lonely baby
Well, I'm so lonely
I'll be there so lonely, I could die

- Oh, questa mi piace!- esclamo quando anche il secondo disco finisce.
Alzo la puntina e cambio disco, inserendo Moonlight Serenade di Glenn Miller.
-Posso avere l’onore?- Robert mi porge la mano e mi fa alzare invitandomi a ballare nel salotto della sua meravigliosa casa di campagna.
Lascia scivolare l’altra mano sulla mia schiena, attirandomi a sé e insieme cominciamo a dondolarci in silenzio a ritmo di musica. Istintivamente poggio la testa sulla sua spalla, lasciandomi cullare da lui. Inspira profondamente prima di baciarmi il collo, per poi salire sulla bocca. Lentamente ci sdraiamo sul pavimento e io, in estasi tra le sue braccia, lascio che mi tocchi e che assapori la mia pelle. Con un rapido movimento mi spoglia dei pochi indumenti che mi coprono e li lancia via, per poi fare lo stesso con i suoi. Così ci ritroviamo avvinghiati l’una all’altro tanto da sembrare che i nostri corpi siano diventati uno solo. Con diligenza Robert comincia a passare la sua lingua ovunque: sul collo, sulle spalle, finendo poi sui miei seni. Affondo le mie mani fra i suoi ricci mentre la sua lingua e i suoi denti continuano a torturarmi i capezzoli.
Lo faccio risalire su di me e lo bacio appassionatamente sulle labbra.
-Sei mia!- esclama poi con un mugugno, prima di penetrarmi a fondo, deciso, emettendo un forte gemito. Mi aggrappo alle sue spalle, affondando le unghie nella sua schiena, non appena lo sento entrarmi dentro, “in tutta la sua lunghezza”. Comincia a spingere. Sembra ci provi gusto a sentirmi gemere, sempre più forte.
-Continua... Ti prego non smettere...-
Senza farselo ripetere due volte aumenta il ritmo con il quale si muove dentro di me. Ardiamo come il fuoco di un camino. I nostri respiri si fanno sempre più affannosi e raggiungiamo l’orgasmo insieme, gridando all’unisono. Robert si sdraia esausto accanto a me, accogliendomi fra le sue braccia. Il 45 giri ormai gira a vuoto sul giradischi da un bel po’. Il solo pensiero che tutto questo finisca domani mi fa stare male e una lacrima cade inevitabilmente sulla mia guancia.
-Che hai?-
-Non voglio andar via. Voglio rimanere qui-
-Lo vorrei anche io, piccola-


Il viaggio di ritorno a casa è stato straziante: montai in macchina con gli occhi lucidi e con la consapevolezza che probabilmente non avrei più rivisto quella casa. La vidi allontanarsi sempre di più, per poi sparire tra gli alberi fitti. Durante quasi tutto il tragitto nessuno dei due osò proferir parola. Me ne sono rimasta in silenzio, con le braccia incrociate, a guardare attraverso il finestrino.
Quando arriviamo davanti al vialetto di casa mia Robert spegne il motore e rimaniamo per qualche secondo immersi nel silenzio.
-Perché sei stata così silenziosa?-
-Pensieri...- rispondo guardando fisso davanti a me.
-Vuoi dirmeli?-
-Ho amato questi giorni, Robert. Più di quanto mi sarei aspettata. E sapere che non li potremo rivivere più...-
-Ma certo che li vivremo ancora! E saranno ancora più belli di questi. Non guardiamo eccessivamente al futuro. Godiamoci quello che abbiamo ora, focalizzarci sul presente, altrimenti rischiamo di vivere qualche cosa che potrebbe o meno avvenire, lasciandoci dietro qualche cosa che abbiamo a portata di mano qui ed ora-
Dopo qualche secondo di silenzio annuisco accennando un sorriso.
-Sì... hai ragione...-
Lentamente avvicino il mio viso al suo, baciandolo sulle labbra prima di scendere definitivamente dalla macchina.
-Ciao Robert...- lo saluto chiudendo lo sportello. Mi incammino con passo lento verso la porta di casa, trascinando la mia borsa e mi volto verso di lui un’ultima volta. Lui mi guarda negli occhi, con sguardo eloquente, mette in moto la macchina e se ne va. Mentre la sua auto volta l'angolo mi ritrovo a parlare a me stessa: in fondo va bene così. Sono stata bene, ed è questo ciò che conta, così come so perfettamente che non posso appartenergli per mia scelta. E' giusto così. E' stata una piccola deviazione dal mio percorso, di cui non mi pentirò mai in tutto l'arco della mia vita. Tiro fuori le chiavi e mentre apro la porta mi lascio andare ad un sorrisetto. Ora è il momento di tornare alla mia quotidianità, riprendendo la mia strada, senza Robert.


Nota dell'autrice: SONO VIVA!!! Non vi ho abbandonato, tranquilli xD E' che questo capitolo mi ha portato via taaaaaaaanto tempo e questo week-end ho avuto anche un po' da fare ^^"
Mi scuso per questo ritardo :( Odio non essere puntuale con gli aggiornamenti.
Vabbuò, spero che il capitolo vi sia piaciuto *3*
Alla prossimaaaaaaaa :*


Nessuno scopo di lucro per "You shook me" di Willie Dixon e "Heartbreak Hotel" di Elvis Presley
  
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