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Autore: EdSheeran_ObsessED    10/04/2013    1 recensioni
Insicura. Timida. Fredda. Questa è Cate, una quindicenne che ha un pessimo rapporto con il suo corpo e con sua madre. L'unico a conoscerla a fondo è Peter,il suo migliore amico. Ma ciò che Peter non sa è che Cate gli nasconde un terribile segreto. Che scoprirà solo dopo cinque anni...
Volevo informare il lettore che il personaggio di Peter è ispirato al cantante britannico Ed Sheeran. Per cui la mia storia è dedicata a lui.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Capitolo 15:
Mallorie prese fiato. “Ok cerchiamo di stare calmi. Facciamo il test del DNA”
“E se è positivo? Se non è di Peter?” chiese Cate disperandosi.
“Aborti..”
“No” la interruppe Cate “Non dire quelle parole. Non si può uccidere una vita come se niente fosse. Cinque anni fa l’ho fatto perché ero stupida, e ancora me ne pento.”.
“Peter non sa dello stupro, potresti non dirglielo.”
“Una relazione basata sulle menzogne non dura.” disse Cate gettando il test di gravidanza nella spazzatura. “Glielo dirò, gli dirò tutto e decideremo insieme. Perché noi stiamo insieme…” disse Cate perplessa. Non era certa della risposta. Lei e Peter avevano avuto un rapporto, dei bei momenti, ma come si fa a capire quando due persone stanno insieme? 
Mallorie si accorse dell’insicurezza di Cate e le posò una mano sulla spalla.
“Si che state insieme, è ovvio. Non c’è mica bisogno di chiederlo ormai.”. Cate l’abbracciò e tirò un respiro di sollievo. 
“E poi ti ha anche detto che ti ama, che altro volevi? Una lettera scritta?”
Cate sorrise. Mollò Mallorie dalla presa e uscì dal bagno.
“Ho la strana sensazione che tutto andrà per il meglio.” disse Mallorie. 
Lei era una tipa sensitiva, percepiva le situazioni e i pericoli, perciò Cate volle credere alle sue parole. 
Il cellulare di Cate iniziò a vibrare. Cate guardò lo schermo.
“è l’ospedale” disse guardando Mallorie.
“Che aspetti rispondi!”.
Cate non ci pensò due volte e rispose. 
“Pronto?”
“Signorina Armstrong?” chiesero dall’altra parte del telefono.
“Si” disse Cate con timore. E se la situazione era peggiorata? 
“Dovrebbe venire qui in ospedale.”
Cate guardò l’orologio. Segnava le sette e trenta.
“Ma l’orario delle visite è finito.”
“Ma questa volta faremo un’eccezione per lei. Venga.”
Disse la segretaria riattaccando. Cate non aveva altra scelta. Mallorie la guardò. 
“Allora?” chiese con ansia. 
“Vogliono che vada in ospedale. Vieni con me Mallorie.”
Le due scesero le scale e si infilarono i giubbini. Cate uscì in strada mentre Mallorie chiamò un taxi. 
Fuori si gelava, ed era buio pesto. Cate sentì dei passi, si spaventò e si avvicinò al cancelletto di casa. 
Dall’oscurità sbucò Chuck. 
“Che ci fai qui?” chiese Cate esitando. “Mi stai pedinando?” 
Chuck le si avvicinò “Non posso permetterti di sparire così dalla mia vita” le disse prendendola per un braccio. Cate lo strattonò via. 
“Ma che dici, tu sei pazzo! Ci siamo frequentati per due giorni a stento.” 
“Ma so che se ci frequentassimo di più nascerebbe qualcosa tra noi.” insistette Chuck. 
“Chuck, va’ via, o vuoi che chiami la polizia?”
Chuck rise. “Sono io la polizia” disse mostrando il distintivo. “Se ti capitasse qualcosa secondo te i giudici a chi crederebbero? A un poliziotto o a una ragazza che ha subito uno shock emotivo a causa di uno stupro?”.
“Forse non è chiaro, io non voglio avere niente più a che fare con te. Tu sei un pazzo maniaco.” disse aprendo il cancello di casa.
“Cate non puoi farmi questo. Non puoi…”
“Posso e come!” urlò Cate. Chuck stava diventando davvero fastidioso. 
“Te ne vai e mi lasci in pace?”.
“E quindi finisce qui, noi finiamo qui.” disse Chuck allontanandosi. 
“Finalmente se ne va” pensò Cate. 
“Noi, non c’è mai stato nessun noi.” rispose Cate. 
Chuck si voltò e svanì nel buio proprio mentre Mallorie uscì. 
“Ero un attimo in bagno” disse. “Il taxi arriverà tra due minuti.”. 
Due minuti dopo i fari del taxi illuminarono la strada. Cate diede l’indicazioni per l’ospedale e in cinque minuti arrivarono. 
Cate e Mallorie scesero dalla macchina. L’entrata era bloccata dalla folla. Ragazze e ragazzi con in mano fiori e magliette si erano accampati davanti all’uscita. 
“Che succede?” chiese Cate.
Mallorie sorrise. “Ti sei forse dimenticata che il tuo ragazzo è un cantante famoso?”.
Da dentro l’ospedale la segretaria vide Cate e Mallorie e mandò un uomo a prenderle. Lentamente Cate e Mallorie iniziarono a camminare tra la folla scortate dall’uomo. Qualcuno scattava delle foto a Cate esclamando “è lei!”. Qualcun altro le urlava contro “Sgualdrina!”.
Cate si sentiva a disagio, non amava le attenzioni. Mallorie lo notò e le sorrise per rassicurarla.
“Che intendono con sgualdrina?” chiese Cate a Mallorie.
“Saranno fan gelose…” disse lei. 
Finalmente riuscirono ad entrare in ospedale. Cate salì le scale di corsa fino alla stanza di Peter. 
Fuori c’era un gruppo di medici che chiacchierava. Cate entrò e guardò verso il lettino di Peter. Sorrise. 
Peter stava seduto sul letto, aveva gli occhi aperti e il rumore fastidioso del respiratore era sparito. 
La guardò e le sorrise. Cate iniziò a piangere mentre correva verso di lui. 
“O mio Dio, Pete!” urlò. 
Peter l’abbracciò con tutta la forza che aveva e iniziò a piangere anche lui. 
“Cate” disse a bassa voce. Le prese il volto tra le mani e la baciò.
Il cuore di Cate andava a mille. Aveva sperato a lungo quel momento, quelle erano state due settimane interminabili. Le era mancato tutto di lui, persino il suo respiro, cosa a cui non faceva mai caso. 
Un dottore si avvicinò a loro. Cate e Peter si mollarono. 
“Signorina potrei parlarle?” chiese il medico.
“Certamente” disse Cate. I due si allontanarono dal letto. 
“è stato molto fortunato. Il coma di solito riporta dei danni celebrali al paziente, ma non è stato il caso del signor Miller. Se posso darle un consiglio lo riporterei subito a casa. Probabilmente le segretarie le chiederanno di farlo rimanere qui per un po’, ma il suo sistema immunitario è debole per il momento e qui in ospedale ci sono molti più germi di quanti ce ne possono essere a casa sua.”.
Cate sorrise, era contentissima del consiglio del dottore, non vedeva l’ora di riportare Peter a casa. 
“Grazie dottore.”. 
“Per cosa?” chiese quello. 
“Lei e la medicina lo avete salvato” disse Cate stringendo la mano del medico. 
Il dottore le sorrise. “Beh a dire il vero, tutto è cambiato quando io e lei abbiamo litigato nella stanza, è come se l’organismo del signor Miller avesse riacquisito la voglia di lottare. Forse perché lui ci sentiva, e sapere che lei credeva in lui, gli ha dato la forza.”
Cate arrossì. Le piaceva pensare che Peter ce l’aveva fatta per lei. Si avvicinò al lettino e il dottore uscì dalla stanza lasciandoli soli. 
“Mi sei mancata” disse Peter sorridendole.
“Anche tu…”. Aveva voglia di abbracciarlo, ma decise di frenare i suoi sentimenti. 
“Pete, com’è stato? Intendo il coma…” chiese Cate prendendolo per mano. 
“Terribile. Non soffrivo fisicamente, ma mentalmente. Sentivo tutto Cate, sentivo i dottori parlare, disperarsi perché non miglioravo.Ho sentito anche te quando mi hai letto la lettera che ti avevo scritto. Era come se la tua speranza se ne stesse andando, e io ero incapace di fare tutto. Volevo muovermi, aprire gli occhi. Mi sforzavo con tutto me stesso di parlare, per poterti rassicurare, per poterti dire “Cat, sono qui, ti sento.”. Volevo muovere le mani per prendere le tue. Quando eri tu a farlo, quello era l’unico sollievo che avevo.” 
Cate iniziò a piangere. “Non è giusto che tu debba soffrire così tanto per colpa mia. Sono una stronza, ti ho lasciato andare, non dovevo fidarmi delle parole del tuo manager.”.
Peter la rassicurò “Ma Cate non è colpa tua. Tu sei solo una piccola innocente persa in un mondo di gente cattiva. Sei troppo buona per accorgerti del male che c’è nella gente.”.
Cate rise. “Adesso mi farai una statua?”. Peter rise. Ad entrambi erano mancati quei momenti spiritosi, quei momenti tutti loro.
Mentre rideva Cate si copriva il fianco dell’occhio, cercando di nascondere le rughe che le si facevano per la risata. 
“Mi è mancata questa tua mania.”
“Che mania?” chiese Cate. 
Peter rise, prese il foglio e la penna che stavano poggiati sul tavolino affianco al suo lettino e iniziò a scrivere. Cate cercò di sbirciare, ma ogni volta che lo faceva lui chiudeva il foglio. Poi lo ripiegò e glielo infilò in borsa. 
“Quando ti senti giù leggilo e capirai.” disse ridendo. 
Nella stanza entrò un’infermiera. “Signor Miller sono qui per aiutarla a rivestirsi.” . 
Peter arrossì, era troppo timido per farsi vedere da un’infermiera. Cate lo capì. 
“Non si preoccupi, lo aiuto io.”.
L’infermiera uscì senza controbattere.
Cate prese i jeans di Peter. Lui lentamente si alzò in piedi e se li infilò. Poi prese la felpa e lentamente gliela mise. Finalmente sentiva il suo profumo di zenzero, e la sua pelle morbida. Peter l’abbracciò. 
“Ti amo” disse. 
“Ti amo.” rispose lei. 
Quando uscirono dall’ospedale, Peter riprese un po’ del suo colorito. Volle fermarsi a fare gli autografi per i suoi fan. Lui amava i suoi fan, li trattava sempre come se fossero stati dei suoi cari amici.
Arrivarono a casa. Peter non aveva fame, e si andò a sdraiare nel letto. Cate si stese affianco a lui e si mise a leggere. Quando sentì che si era addormentato tirò fuori dalla borsa la lettera. 
“La tua mano sta nella mia come se fosse fatta solo per me,
Ma tienilo a mente è così che doveva essere.
So che non hai mai amato le rughe dei tuoi occhi quando sorridi,
Non hai mai amato la tua pancia o le tue cosce.
Le fossette nella tua schiena alla fine della colonna vertebrale
Ma io le amerò senza fine…”.
Cate chiuse il foglio e sorrise. 
  
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