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Autore: Ellies    10/04/2013    3 recensioni
"Lorcan aveva sempre ritenuto di non amare i bambini. Odiava i loro urletti, le troppe domande, le nottate in bianco -che avrebbe voluto passare in bianco per ben altri motivi- e i pannolini da cambiare.
Non era semplicemente predisposto per fare il genitore, tutto qui."
Genere: Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Albus Severus Potter, Lorcan Scamandro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Fears and Children.


Lorcan aveva sempre ritenuto di non amare i bambini. Odiava i loro urletti, le troppe domande, le nottate in bianco -che avrebbe voluto passare in bianco per ben altri motivi- e i pannolini da cambiare.
Non era semplicemente predisposto per fare il genitore, tutto qui.
Forse perché era già lui stesso un bambino. Quando andava in giro per Diagon Alley, insistendo per avere un gelato da Fortebraccio, dove, inoltre, il ragazzo che serviva al bancone era proprio carino; quando si fermavano davanti alle vetrine di dolci, dovendo entrare per forza per comprare qualcosa; quando le giostre erano troppo illuminate per poterle lasciar perdere così. Era un bambino troppo cresciuto e non sarebbe mai cambiato del tutto.
Ma questa sua convinzione si smontò irrimediabilmente un giorno di Ottobre, quando entrarono in casa due figure, una ben conosciuta e un'altra completamente nuova.
Dopo anni, ce l'avevano fatta. Con l'aiuto di un loro amico, Magiavvocato, erano riusciti ad ottenere il permesso per la loro adozione. Non sapeva nemmeno quanto Albus avesse cercato di convincerlo che sarebbe stato bellissimo, e non sapeva nemmeno come era riuscito a cedere. Di fatto, non si era mai mostrato entusiasta per questa loro scelta, tuttavia ogni volta che la loro richiesta veniva respinta, e vedeva la delusione e la tristezza sul volto di Albus, un peso al cuore lo aveva anche lui. E lo abbracciava, e gli diceva che sarebbe successo, alla fine, che sarebbe andato tutto bene. Ma non ci sperava più nemmeno lui.
Così, quando la direttrice dell'Orfanotrofio Magico Londinese li chiamò, -facendo per altro squillare il loro telefono per la prima volta da quando l'avevano comprato, e capendo che nemmeno dall'altra parte del filo erano tanto esperti con quell'aggeggio Babbano- dicendo loro che avevano completato le pratiche per l'adozione della loro bambina, e che potevano andare a prenderla esattamente tre giorni dopo, si era sentito felice.
E aveva visto la gioia sul volto di Albus, pura gioia, che non vedeva da molto tempo. Sarebbero diventati... Genitori.
Non avrebbe mai ammesso che la cosa lo spaventava da morire, non voleva farlo perché Albus lo desiderava tantissimo, e non gli avrebbe mai rovinato quel momento. Ma suo marito lo conosceva troppo bene, dopo dieci anni e, la sera prima del fatidico giorno, affrontarono nuovamente quel discorso, seduti sul divano della loro casa.
"Amore?"
Lorcan si ridestò dai propri pensieri, accorgendosi di essersi incantato per troppo tempo su di una tazzina adagiata sul tavolino basso davanti a loro. "Cosa c'è?"
"Andrà bene." Mormorò Albus, comprendendo lo stato d'animo dell'uomo accanto a lui, come aveva sempre fatto. Si accoccolò tra le sue braccia, prendendo ad accarezzargli i capelli sulla nuca, sapendo che trovava la cosa davvero rilassante. Come previsto, la tensione dei suoi muscoli si allentò, e Lorcan fece un piccolo sospiro. "Lo so..."
"Non avere paura di essere un cattivo genitore. Nessuno sa come fare, all'inizio."
"Ho solo paura di non riuscire ad amarla abbastanza." Sussurrò quelle parole come se stesse ingoiando una cattiva medicina, piene delle sue paure accumulate in quel tempo, da quando era cominciato tutto. Appoggiò le labbra sui capelli di Albus, chiudendo gli occhi.
"Quella sarà una cosa tua, Lorcan. Imparerai ad amarla nel corso del tempo, o magari dopo poco. Sarà una cosa del tutto naturale, e nessuno può sapere come andrà."
Lorcan lo guardò negli occhi. Aveva sempre avuto buoni consigli da dare, era intelligente e saggio, Albus. Aveva preso molte buone caratteristiche da colui di cui portava il nome. "Ti amo, Albus."
"Anche io, Lorcan." 
Le loro labbra si sfiorarono, e un sorriso comparve su entrambi i loro volti: sapevano di poter contare sempre l'uno sull'altro.

 

~~~~~~
 

 
"Lorcan, per favore."
"Te l'ho detto, mi dispiace..."
"Dannazione, era importante!"
"Te l'ho detto!" Urlò di rimando il biondo, passandosi una mano tra i capelli. "Britchard mi aveva messo un turno questa sera, ma l'ho dovuto spostare perché Gerard è malato, e avevano bisogno assolutamente di qualcuno, stamattina. Sono arrivati dei casi di avvelenamento da pozioni e..."
"Ho capito." Asserì, sbuffando. "Ci andrò da solo. Grazie a Salazar avevamo già firmato i documenti."
Detto questo, Albus prese le chiavi di casa e se ne andò, lasciando l'altro in mezzo al salotto, in piedi a fissare la porta. Sapeva che Albus ci teneva, ma era stato costretto a prendere quel turno. Gerard gli doveva almeno tre sere di cambio.
Prese il camice dalla sedia del salotto e, con un sospiro, si Smaterializzò direttamente al San Mungo.

 

~~~~~~
 

 
Il turno era finito relativamente presto, per fortuna, e lui era riuscito a tornare a casa e a farsi una doccia, prima di chiudersi nella camera che stava -più o meno segretamente- ristrutturando da qualche settimana. Ad Albus aveva detto che sarebbe stato il loro nuovo studio ma, beh, alla fine il progetto era ben diverso.
Le pareti erano dipinte di colore azzurro pastello, e decorate con un disegno davvero ben fatto di un paesaggio di campagna. Si era fatto aiutare da sua madre, nel dipingere le spighe di grano in primo piano -che si muovevano lievemente come mosse dal vento- e come sfondo delle colline verdi. Il tutto dava un effetto rilassante, e di pace. Era sempre stato piuttosto bravo nel disegno, dopotutto.
Su una parete era collocata una grande libreria, piena di ogni sorta di libro: da quelli per bambini, a quelli più impegnativi, per il futuro. La libreria partiva dai due estremi della parete, per formare come un ponte, con uno spazio al centro in cui era collocato un letto, con il piumone di un verde brillante, che a Lorcan ricordava la primavera.
Una piccola scrivania era collocata in un angolo, mentre un armadio occupava un'altra intera parete.
La stanza era piena, ma non dava un senso di oppressione: era addirittura spaziosa.
Lorcan era soddisfatto: ci aveva lavorato per così tanto tempo, e non vedeva l'ora di mostrarlo ad Albus, sperando che il fatto che l'avesse dipinta senza chiedere il suo consenso non lo facesse troppo risentire.
Ma quello era il suo regalo, per farsi perdonare di tutte le paure che aveva avuto, e tutte le preoccupazioni che si erano riflettute anche su di lui.
Chiuse lentamente la porta, facendo un piccolo sorriso, e tornò in salotto, aspettando l'arrivo del suo uomo.

 

~~~~~~
 

 
La porta del loro appartamento si aprì, e Albus entrò con tutta la tranquillità del mondo, tenendo in braccio una bambina placidamente addormentata, mentre in cuor suo, Lorcan era più che agitato. Anzi, pensava davvero di star sudando dall'agitazione. E la cosa era terribile. Si alzò in piedi di scatto, aprendo la bocca per parlare ma, ad un cenno del ragazzo, che gli intimò di far silenzio, tacque.
Si avvicinò a lui, con un sorriso smagliante in volto, e gli lasciò un breve bacio sulle labbra, prima di adagiare la bambina -che aveva i capelli biondi raccolti in due adorabili treccine- sul divano, accanto a loro. Poi andò a sistemare le buste della spesa che aveva con se, in cucina, lasciandolo da solo con la bambina e facendo un po' di trambusto con le antine della dispensa.
"Beh? Mi lascia semplicemente così, senza una parola?" Pensò Lorcan, sedendosi sul divano accanto al corpicino che respirava piano. Quanti anni doveva avere? Non potevano essere più di tre...
La bambina, forse a causa del movimento causato dal suo corpo che si sedeva accanto a lei, o forse dal rumore esagerato che stava facendo Albus, mosse dapprima il naso, e poi aprì gli occhi, guardandolo incuriosita.
Lorcan aveva sempre ritenuto di non amare i bambini. Odiava i loro urletti, le troppe domande, le nottate in bianco -che avrebbe voluto passare in bianco per ben altri motivi- e i pannolini da cambiare. Ma quando la bambina si svegliò, aprendo gli occhi che erano di un meraviglioso color verde -voglio dire, è una cosa seria?!- Lorcan pensò davvero di essersi sbagliato per ventisette anni di vita, e di essere davvero, davvero innamorato di quella creatura.
Trattenne il fiato per qualche momento, prima di sentire una mano posarsi sulla sua spalla. Alzò il viso, incontrando quello di Albus, che gli sorrise e poi si rivolse alla bambina, davanti a loro. "Charlie, questo è Lorcan."
"Altro papà?" Chiese, con tutta l'innocenza che poteva avere un bambino, illuminandosi il viso con un sorriso.
Il respiro gli si mozzò, a quella parola. Papà. Non poté fare a meno di sorridere: ora era davvero fregato.
"Sì, Charlie. L'altro papà." Sussurrò, e Lorcan poté percepire l'emozione nella sua voce, a quelle parole.
La bambina soffocò uno sbadiglio, e Albus la prese di nuovo in braccio, posandole un bacio tra i capelli, come se fosse la cosa più naturale e facile del mondo. E, forse, era davvero così. Si perse un momento ad ammirare quella scena, con gli occhi seriamente lucidi dall'emozione, prima di vederlo indirizzarsi verso le scale, che portavano alla loro camera da letto.
"Albus!" Si accorse di aver quasi urlato, alzandosi di scatto dal divano. L'uomo si girò velocemente, allarmato, spalancando gli occhi. "Cosa c'è?"
"Io, scusa. Devo solo mostrarvi una cosa..." Detto questo, si avvicinò a lui è gli prese dolcemente una mano, intrecciandone le dita, prima di portarlo verso una porta chiusa. Lo guardò solo per un momento, nascondendo un sorriso alla sua espressione curiosa, ma serena, ed aprì la porta. Premette l'interruttore della luce, rischiarando la stanza e mostrandola agli occhi delle due persone dietro di lui.
Lasciò ad Albus qualche momento per ammirare il tutto, mentre la bambina si sporgeva verso il muro, cercando di afferrarlo, con una risatina.
"Oh, Lorcan... È meraviglioso." 
"Speravo che ti sarebbe piaciuto. Temevo che ti saresti arrabbiato, perché non avevo chiesto il tuo parere..."
"È un bel regalo. Per me, ma soprattutto per lei." Sorrisero entrambi, per poi voltarsi verso Charlie, che si strofinava gli occhi. Lorcan incontrò un momento il suo sguardo, e Albus annuì, lasciandogli in braccio la bambina e uscendo dalla stanza.
Quando l'ebbe messa a letto, e augurato una flebile buonanotte, compresa di bacio sulla fronte e un libro di favole, Lorcan raggiunse il suo compagno nella propria camera, sedendosi sul letto e guardandolo, con un sorriso smagliante.
"È una bambina davvero intelligente, lo sai? È socievole, educata... Abbiamo fatto amicizia davanti ad una coppa di gelato. Sai quali sono i suoi gusti preferiti?" Chiese, con una risatina.
Lorcan scosse la testa, ovviamente. "Stracciatella e melone. Anche se ha una grande attrazione verso la menta."
L'altro spalancò gli occhi. "Stai scherzando?"
Quelli erano anche i suoi gusti preferiti.
Albus si mise una mano davanti alle labbra, ridacchiando e scuotendo la testa. "Affatto!"
"Ha i tuoi occhi."
"E i tuoi capelli, se è per questo."
"Sento già di volerle un gran bene, Albus."
"Lo so, per me è lo stesso."
"Ti amo."
"Anche io."
Mormorarono, prima di stringersi in un abbraccio e mettersi sotto le coperte, sussurrando un veloce "Nox". E Lorcan, da quel momento, seppe che non avrebbe mai più desiderato nient'altro, che stare ogni momento con la sua nuova famiglia.

   
 
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