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Autore: The queen of darkness    10/04/2013    1 recensioni
Ok, lo so che non dovrei con altre storie in corso, ma non ho proprio resistito. Naturalmente non ho nessun diritto di manipolare le vite di questi stupendi musicisti e so che sarà uno strazio, quindi ci tengo a sottolineare che tali eventi non sono mai accaduti sul serio, ma sono solo frutto della mia mente perversa e malata. Detto questo, spero vi divertiate
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nel buio della camera, Brian si prese un minuto per pensare agli ultimi avventimenti.
Erano passate due settimane da quel pomeriggio a casa sua, da quando Bridget era uscita dalla porta d’ingresso ed Eliza era tornata per seguire le proprie terapie.
A scuola aveva avuto il timore di essere braccato da occhi da avvoltoio, ma non era successo nulla di simile. Ben presto, il fenomeno da baraccone in vestiti provocanti e nuvole di profumo scadente si era trasformato in una schiva collega in tailleur scuro e sobrio, con i capelli raccolti e un paio di occhiali posati sulla radice del naso.
Ogni volta che capitava di incontrarsi in corridoio lei tirava dritto, senza nemmeno salutare; si comportava come se lui non esistesse e nulla, fra loro, fosse mai accaduto. E, se doveva essere sincero, aveva avuto il timore di che lei si fosse vendicata con i media, sfoggiando quell’aria innocente solo per depistarlo.
Da quel giorno non diede nessun segno di voler continuare quanto iniziato, né accennò di nuovo a quanto accaduto. Lui ne parlò con Jessy, sempre più confuso, ma non arrischiavano ad incontrarsi, prede di una qualche insana paura. A conti fatti erano stati stupidi, perchè di certo la donna non era onniscente, e non poteva controllarli in ogni momento.
All’inizio della settimana prima avevano ceduto, incontrandosi furtivamente come se fossero stati dei clandestini. Non vedendo nessuna conseguenza, ripresero ad incontrarsi con la stessa regolarità di prima e cominciarono nuovamente a rilassarsi nell’ambito lavorativo, mantenendo ovviamente la freddezza consona a due colleghi.
Ovviamente si chiedevano cosa avrebbe fatto lei, la strega, la ricattatrice, la femme fatale, l’unica capace di rovinarlo se lo desiderava ma, quando all’improvviso non la videro più, non ebbero più ragioni di temere alcunchè.
Bridget era semplicemente sparita: aveva portato via carte e scartoffie, il piano delle lezioni era tornato uguale a prima del suo arrivo, dal piano di studi erano state eliminate le sue ore, gli insegnanti avevano coperto i buchi e gli studenti avevano lasciato a marcire i libri riguardanti la sua materia. Volatilizzata nel nulla, era come se non fosse mai esistita davvero, ma fosse stata solo una loro momentanea fantasia.
Evidentemente non erano gli unici ad aver avuto dei dissapori con lei, infatti l’edificio sembrò respirare di nuovo quando scomparve, anche se la cosa puzzava di bruciato. Insomma, perché licenziarsi di punto in bianco quando si è ottenuto un lavoro stabile in una città tranquilla?
E poi, anche se solo loro due potevano saperlo, perché scegliere il momento in cui avrebbe potuto dirsi vicina ai suoi obbiettivi malsani? Alla fine non aveva ottenuto nulla di ciò che voleva, proprio un bel niente. Nessuna sua minaccia aveva trovato realtà nelle loro vite, e mai sarebbe successo, però era strano che avesse abbandonato di colpo le sue mire, visto quant’era agguerrita fino a neppure quindici giorni prima.
Conosceva una verità esplosiva sul suo conto, e non era cosa da nulla. Lei non era decisamente il tipo da lasciarsi sfuggire un’occasione tanto piccante di rovinare le persone, soprattutto quando aveva avuto l’opportunità di vedere realizzate le proprie ambizioni. Entrambi avevano imparato quanto potesse dimostrarsi tenace.
Quel silenzio li aveva riempiti d’angoscia: sfruttavano tutto il tempo a loro disposizione come se fosse sempre l’ultimo minuto, l’ultimo momento in cui potevano stare insieme. Aspettavano con ansia febbrile che qualcuno bussasse alla porta e scattasse fotografie, invadendo la loro vita e violandone l’anima precedentemente serena. Erano poi scivolati in una certa rassegnazione perché, non sapendo dove lei si trovasse, non avrebbero mai potuto impedirle di fare ciò che era nei suoi progetti.
Lasciavano che le ore corressero via dai loro corpi, ormai del tutto incauti e disillusi. Avevano deciso di non farsi vincere dalle sue macchinazioni, senza farsi sopraffare dalla tristezza o dalla commiserazione. Sarebbe durato quanto più possibile, ed erano decisi a conservare solo ricordi piacevoli di quel periodo insieme.
A Brian faceva bene al cuore amare nuovamente qualcuno, cercare di impegnarsi e fare di tutto per renderla felice. Lo assorbiva e gli dava qualcosa a cui pensare, per la quale vivere. Comparata alla piattezza esasperante della sua vecchia esistenza, dell’esagerazione in cui di tanto in tanto scivolava era di certo una rivoluzione in piena regola, e anche la più dolce che potesse capitargli.
Si voltò nuovamente, per osservarla dormire. Sembrava così serena e…vulnerabile. I capelli rosso fuoco, il viso giovane, le labbra carnose, indicavano la sua profonda innocenza, nonché intelligenza e un futuro brillante. Era sicuro che non l’avrebbe rovinato con le sue mani, un giorno?
Dovette distogliere lo sguardo, limitandosi ad ascoltarla respirare. Non aveva garanzie per la loro storia; legalmente non poteva sposarsi e sentiva che era troppo tardi per fare figli. Ormai era troppo vecchio per offrirle qualcosa di nuovo ed entusiasmante, o forse l’avrebbe guidata sulla strada sbagliata, come una pericolosa macchina da corsa lanciata nella carreggiata opposta, senza freno.
Non aveva certo fatto successo per la benevolenza che ispirava, dopotutto. E le droghe formavano una patina granulosa che rendeva il suo cuore inaccessibile da tutto ciò che di bello c’era nel mondo, come se fosse un morbo o semplicemente un’oscura abitudine, dura a morire. Certo, poiché nel suo corpo erano in grado di annullarsi solamente le cose positive, mentre quelle aberranti splendevano della luce riflessa dell’eccesso.
Eccolo, Marilyn Manson. Stava ricominciando a ridere di gusto, col suo ghigno malevolo, e Brian fece di tutto per soffocarlo. Non ne aveva affatto bisogno, in quel momento.
Per distrarsi prese in mano la sua cartella, che non apriva da secoli. Così assorbito dalle nuove rivoluzioni, non aveva ripreso in mano in libro che si era ripromesso di leggere e le prove d’esame che riposavano sotto il cuio ammorbidito. Aveva lasciato il lavoro ad accumularsi, e ciò non andava bene; doveva essere una persona normale, giusto?
Si alzò dal bordo del letto e si mise in vestaglia, poi ciabattò in cucina e accese la lampada sopra il tavolo dove di solito mangiava. Era l’unica superficie su cui poteva lavorare la sera, così vi aveva installato una specie di studio provvisorio, con dei libri incastrati sulla mensola delle spezie, che non avrebbe altimenti saputo come riempire.
Afferrò il primo plico, annoiato ma estremamente lucido. Quelle riflessioni aveva compromesso del tutto il suo sonno, ed era certo che non sarebbe più riuscito ad addormentarsi. Aveva estremo bisogno di fare qualcosa, qualsiasi cosa, e non voleva disturbare Jessy, che dormiva nella stanza accanto.
Sfogliò i vari documenti, scorrendo delle parole esasperatamente simili di alunni diligenti. Descrizioni accurati, studio puntiglioso, dettagli, precisazioni, date e correnti principali, influenze e artisti, il tutto buttato freneticamente su carta nello spazio ristretto, cercando di sfruttare ogni singolo pezzettino disponibile.
Ormai per loro era troppo tardi, certe menti erano impossibili da correggere. Per frequentare un corso d’arte serviva, prima di tutto, una buona dose di immaginazione e fantasia. Certo, la memoria era sempre utile, ma i suoi studenti non erano sufficientemente elastici nel creare, e si limitavano a riprodurre con buoni risultati il lavoro altrui. Un pessimo modo per essere ricordati dal resto del mondo, sempre alla ricerca di qualcosa di diverso e sconvolgente.
Presto, le sue dita distratte inciamparono in un rettangolo di un certo spessore. Sollevò un foglio, e si ritrovò davanti ad una busta di carta di zucchero, lilla.
Si chiese come potesse essere finita una cosa del genere nella sua cartella, soprattutto fra i compiti. Che qualche studente gli avesse fatto uno scherzo? Jessy infatti non aveva bisogno di spedirgli lettere, e quella non aveva la minima scritta, nemmeno il francobollo. Eppure l’aspetto parlava chiaro: era un’epistola da spedire quando si era in viaggio, oppure un contenitore per cartoline.
Curioso, aprì la chiusura e vide il bordo di un foglio piegato a metà. Il suo dubbio cresceva: chi aveva potuto mettere una cosa del genere? E poi, da quanto tempo era lì? Negli ultimi giorni non aveva mai controllato i compiti, così non poteva dire quando fosse comparso esattamente, ma aveva l’aria di essere stato vergato da una mano femminile. Sulla carta piegata, infatti, si notava l’ombra di una scrittura elegante e arzigogolata, aggraziata e leggermente più marcata sulle “g” e le “y”.
Sempre più confuso, scartò del tutto il messaggio e cominciò a leggere, riga dopo riga. E, ad ogni sillaba, il suo sconcerto si faceva sempre più grande.
 
Caro Brian,
non so quando leggerai questa lettera, ma ho bisogno di sapere che la troverai. Forse non ti interesserà saperlo, però l’ho messa qui perché so che non fuggirai mai dai tuoi doveri d’insegnante.
Non voglio scrivere troppo per non annoiarti, quindi cercherò di dirla in breve. Alla fine, ho deciso di sparire.
Ho capito che quest’alternativa non era solo la più facile, ma anche la meno imbarazzante, un modo per uscire di scena con classe. Mi sono resa conto di quanto egoistiche fossero state le mie condizioni per il tuo segreto, e anche che non avevo nessun diritto di uccidere la tua felicità.
Come ti ho già detto, io ti ho sempre amato. Potevo vederti sul palco, e solo tramite una maschera bizzarra eppure affascinante. Non conoscevo il vero te, ma purtroppo me ne sono resa conto troppo tardi; non eri felice, ma penso che questo non ti sia sfuggito, eh?
All’inizio sono rimasta devastata dalla tua scelta, ero completamente distrutta. Presi a cercarti in modo febbrile, ma fu un caso furtuito che arrivassi alla soluzione, dico sul serio: ti sei nascosto davvero molto bene, te lo concedo.
Allora ti ho visto con Jessy e ho capito che, se ti amavo davvero, ti avrei dovuto lasciare con chi tifaceva stare bene, cioè lei. Mi pianse il cuore, ma dovetti.
Non credere che io sia pazza, ti prego, sono semplicemente una persona che ha agito d’istinto, per forza della disperazione, senza pensare. È stato tutto troppo veloce nella mia mente, non ho avuto il tempo di capire quanto stessi sbagliando e che figura stessi facendo.
Quel giorno, a casa tua, ho incontrato l’amore della mia vita. Eliza è una ragazza fantastica, nonostante tutto quello che ha passato e che continua a vivere non si lascia mai cadere nello sconforto, ed è una delle doti migliori che qualcuno possa avere.
Il cielo ha voluto che lei scegliesse me così come io ho scelto lei. Andremo presto a vivere insieme, non abbiamo deciso dove, e nel suo appartamento andrà a stare sua sorella. Lei mi ha spinto a cambiare, non le ho detto nulla di questa storia.
Il tuo segreto è al sicuro, Brian. Sono decisa a cambiare pagina, così come hai fatto anche tu.
Visto che ti sto scrivendo, Eliza mi ha chiesto di salutarti; è venuta a stare da me fino a quando non troveremo la “casa perfetta”, e mi ha chiesto di allegarti una cosa che non posso guardare, quindi la metterò qui senza sapere cos’è.
Beh…cosa rimane da dire? Addio, Brian. Spero con tutto il cuore che tu possa essere felice, così come lo sono io, e che tu possa perdonarmi, un giorno. Sappi che non dirò nulla e che rimarrai per sempre una persona fantastica nella mia vita.
(Forse a mai più) arrivederci.
Tua,
Bridget.
 
Piano, con esasperante lentezza, dalla busta scivolò un piccolo involucro di carta. Con occhi confusi da ciò che aveva appena visto, Brian riuscì a vedere la scritta arancione sul fronte dell’allegato.
C’era scritto “sugar”. 
  
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