Cosa ti
spinge ad abbandonarti all’altro, senza un’apparente
motivo logico?
L’amore?
Anche nel
caso di Ibiki Morino ed Anko Mitarashi?
Forse.
In
effetti, lo sanno solo i due interessati: Ibiki sa perché si è
lasciato sedurre da Anko e lei sa perché non si è arrabbiata poi così tanto per i commenti sarcastici dell’uomo,
prima di arrivare al dunque.
E se
qualcuno avesse il coraggio di chiedere ad uno dei due il perché di
queste tolleranze, molto probabilmente gli risponderebbe che la risposta
dovrebbe essere cercata nel passato, neanche troppo remoto.
Ed
allora quella persona capirebbe.
Tutti i loro incontri, tutte le loro missioni insieme, tutti gli esami passati a bocciare e
promuovere aspiranti chunin…Non significano niente?
Perché loro due si conoscevano fin troppo bene: vizi e virtù non
erano un segreto per l’altro.
Come
Ibiki conosceva estremamente bene le sfuriate e le
manie di protagonismo della donna, Anko conosceva altrettanto la dura logica ed
il cinismo sferzante dell’uomo.
Ed
entrambi sapevano l’amore, la dedizione e la
disponibilità con la quale si mettevano sempre in gioco per il bene del
loro paese.
E
piano, piano la loro amicizia si era trasformata in una sorta di
complicità ben più profonda, nella quale riuscivano a fidarsi,
nonostante tutto.
In fin
dei conti, qualcosa di simile all’amore si era già creato,
soltanto che nessuno dei due se ne era ancora accorto:
Ibiki integerrimo davanti ai sentimenti di eccessiva importanza nei confronti
altrui ed Anko…Era troppo impegnata a cercare da altre parti.
Era
necessaria, dunque, una spinta.
E
dopo?
Dopo ci
sono i periodi di prova e le conferme.
*
La
mattina giunge sempre e prima di quanto si pensi.
La donna
sbuffa girandosi dall’altra parte, sperando che il raggio non la
raggiunga: il sole dell’alba riesce ad essere fastidioso quanto quello di
mezzogiorno.
E la
raggiunge di nuovo.
Uno
sbuffo e la testa si nasconde sotto il cuscino, ma
è tutto inutile: ormai è sveglia e non riesce più a
ricadere fra le braccia di Morfeo ed alla fine si decide ad aprire gli occhi.
Il suo
sguardo si sofferma subito sulla figura al suo fianco che, nonostante i raggi
del sole la colpiscano in pieno, continua a dormire indisturbata.
Lei non
può fare a meno di sorridere ed una mano sfiora il braccio
dell’uomo: pieno di cicatrici anch’esso.
E le
torna in mente la sera precedente…
*
Una risata cristallina riempie il
silenzio e copre eventuali rumori: Ibiki viene preso
da un po’ di nervosismo.
-Cosa c’è da ridere?-
Lei lo fissa con malizia: povero ed ingenuo
Morino-san…
-Be’, di solito un uomo non vede l’ora di passare all’azione,
mentre nel tuo caso, l’imbarazzo supera qualunque altro stato
d’animo.- Se la luce potesse illuminarlo, forse
il suo viso mostrerebbe un lieve rossore.
Lei all’improvviso smette e lo fissa perplessa dando voce ad un pensiero ricorrente.
-Perché non vuoi svestirti? Di cosa ti vergogni?- Anko non si era mai fatta
problemi: il suo corpo non era mai stato un punto debole e le piaceva
mostrarlo, ma Ibiki…
Sempre coperto dalla punta dei
piedi al capo, fatta eccezione per il volto e mai una volta che si fosse tolto
anche solo i guanti.
Il Jonin S chinò il capo a disagio: era così difficile da
spiegare, anche per un uomo come lui.
-Vedi
Anko…Ehm…E’ una cosa complicata e non saprei come
spiegartela…-
-Ti imbarazzano le condizioni del
tuo corpo?- Ecco. Alla faccia delle cose realmente complicate! L’uomo
sospirò e mosse la testa in un cenno che sarebbe
dovuto essere affermativo.
E senza che se ne rendesse neanche conto, il copri-fronte gli venne sfilato
dalla donna con estrema velocità.
-Ehi! Lo rivoglio indietro!-
L’unico oggetto che unisse l’utile al
dilettevole: amore per la propria terra e possibilità di nascondere le
evidenti cicatrici.
-E perché scusa? Per lasciare che la tua paura ti domini?- Ibiki fece finta di non averla sentita e
continuò ad inseguire la mano che teneva ancora l’oggetto che
voleva, fino a cadere nel letto insieme a lei.
Bloccato in quella posizione
ambigua, tentò di liberarsi con scarsi risultati perché Anko
aveva pensato bene di intrappolarlo: con una velocità impressionante gli
tolse la giacca che era solito indossare.
I segni delle cicatrici sulle
braccia erano ben visibili, nonostante il buio e ciò sembrò
imbarazzarlo di più e questo fece capire alla Jonin S che forse aveva
colpito Ibiki in un punto molto dolente.
-Ibiki, lo dico per te, rilassati
e guardami.- Una strana richiesta quella della donna, ma lui obbedì:
fissarla in quelle condizioni gli sembrò un’impresa enorme.
-Ora dimmi, ti
sembro perfetta?-
-Sì.- Lei arrossì,
ma replicò infastidita.
-Non è vero! Nessuno di noi
è perfetto e non bisogna vergognarsi dei propri difetti! Cosa c’è di male nell’essersi battuto fino allo stremo
per il proprio paese?!- L’uomo tacque incapace di ribattere.
La donna lo
prese come un segnale.
Le mani di Anko
risalirono il viso, fino ad arrivare alla testa dell’uomo: le dita
percorsero ogni singola cicatrice con delicatezza, soffermandosi su quelle
molto profonde che probabilmente avevano addirittura oltrepassato il cranio.
Quanti messaggi, compagni ed informazioni erano state
salvate per quel ringraziamento? A centinaia ed Anko lo sapeva bene: maledetto
Ibiki e la sua incorruttibilità che la facevano
sempre sentire perennemente impacciata nei confronti degli altri colleghi!
Poi scesero fino alle braccia e dunque
toccò anche le ferite causate dalla sua trappola.
-Ti fanno ancora male?- Lui scosse
la testa per la prima volta rilassato da quando erano
entrati nella stanza.
-Ho passato di peggio e penso che
l’abbia capito pure tu.- Lei ghignò e gli sussurrò in risposta una domanda.
-Vuoi provare a mostrarmi il
peggio?- L’uomo spalancò per un istante gli occhi, cercando di
riflettere con la poca lucidità rimastagli, cosa teoricamente
impossibile, ma praticamente sì.
Provare a superare la vergogna? E se poi dopo Anko fosse rimasta disgustata dai troppi segni
sul suo corpo?
La risposta giunse prima
sottoforma di pensiero…
“Cosa sono
tutte queste menate mentali, caro Ibiki?! Datti una mossa e non vergognarti! Sembri un moccioso insicuro!” …In seguito arrivò
sottoforma di parole…
-Oh, al diavolo! Tanto questo non
è stato il peggio che ho dovuto affrontare!-
E la serata proseguì
“normalmente” se così si potesse
definire una serata tipo di Anko Mitarashi…
*
Quando
le sue dita sfiorarono il viso dell’uomo, egli si mosse infastidito sotto
le coperte.
Non si
arrese.
Mosse
più lentamente che poté la mano sul materasso e con calibrata
pressione la poggiò sulla spalla dell’uomo.
Egli non
si accorse della presenza che forse credeva una semplice parte del lenzuolo. Ma i lenzuoli non danno i pizzicotti forti come quelli della
kunoichi anche perché non ne sarebbero capaci.
-Ma che
c…- Ibiki si interruppe prima di iniziare a
sparare imprecazioni e perdifiato: l’idea di poter svegliare eventuali
vicini alle cinque di mattina non lo allettava affatto.
-Buondì
dormiglione!-
-Dormiglione?!
Ma se sono solo le cinque di mattina! E poi…-
-…E poi non hai avuto tempo di dormire tutta la notte: lo so,
lo so…- Continuò per lui Anko mimando particolarmente bene
l’espressione mezza-addormentata ed inalberata del collega.
In
risposta al cipiglio alzato, replicò ironicamente.
-Ah, gli
uomini d’oggi hanno sempre bisogno di riposare…- Ibiki
sbuffò in risposta, mentre la donna ghignava: un
cambiamento radicale dalla sera alla mattina.
Non si
vergognava di alcuna cicatrice, ferita o segno che gli
era rimasto impresso sul corpo e questo la rendeva più serena: neanche
fosse stata la sua insegnante di autostima!
-Comunque…-
Anko si fece attenta.
-…Alla
fine…- Fatidica domanda: non aspettava che quella.
“Dai…Chiedimi
se mi è piaciuto…Così dopo posso
prenderti un po’ in giro per poi dirti che è stato
fantastico…”
-…Il
succo di tutto quanto…-
-…sì?-
-…E’
il seguente: cosa diamine hai capito ora?- Un simbolo onomatopeico sarebbe
stato sufficiente per descrivere una caduta a gambe all’aria della donna,
se lei fosse stata in un fumetto, s’intende.
Però
quella era una domanda molto più impegnativa:
cosa aveva capito?
Ora era
il suo turno di riflessioni.
Ed
era pronta.
Gattonando
volutamente lenta verso Ibiki, arrivò vicino a lui al punto che solo
pochi centimetri li separavano: l’abbracciò.
Spiazzato
dal gesto, l’uomo contraccambiò, nonostante quel poco di imbarazzo che gli era rimasto, essendo loro nudi e quindi
a stretto contatto fisico.
Ma non
cedette alla paura di risultare inopportuno o non
all’altezza, visto che ormai il peggio era passato.
E poi
lei, cosa molto importante, non aveva mai dimostrato problemi nei suoi
confronti.
Dopo
qualche minuto di semplice abbraccio, ella si
scostò un poco dal corpo dell’uomo e sussurrò con una
dolcezza che neanche lei riteneva possibile.
-Non sei
il mio primo uomo, ma il secondo: ho capito questo. E se tu non hai inteso
quello che ho detto, vedrò di spiegartelo con
parole più semplici…- Forse stava raccontando una bugia o molto
probabilmente no: i suoi sentimenti erano in uno stato totalmente confusionale,
ma qualcosa riusciva a distinguerlo comunque.
-…Credo
di amarti e vorrei capire se te l’ho detto per convenienza o
perché è quello che sento veramente.- Ibiki si diede una manata
in faccia ghignando rassegnato.
-Eh, cara
Anko…Il lupo perde il pelo, ma non il vizio, immagino…- Lei rise.
-Immagini
bene.-
-Allora
dovrò aiutarti per forza: rischio di creare una telenovela di
proporzioni gigantesche se non mi metto in mezzo! Puoi considerarmi il tuo Deus
Ex…- Non ebbe il tempo di finire la frase: i baci non lasciano mai finire
nessuno di parlare e questo l’aveva capito per
esperienza personale.
L’esperienza
più strana della sua vita: la prima di cui non sapesse davvero la fine,
nemmeno per immaginazione.
I tempi
delle conferme si avvicinavano.
Fine
/me cerca
di imitare il porcellino dei Tunes
Ed-ed-ed-ed è-è-è-è-è-è
t-t-t-t-t-utto g-g-g-g-gente!
Ah, che soddisfazione finire una
long-fanfiction per il verso! Anche se questo finale avrebbe bisogno di qualche
aggiustata: mi sembra un po’ troppo artificioso, ma l’importante,
almeno per il momento, rimane il fatto che sia leggibile
e capibile.
Se non riesce a raggiungere codesta soglia, rischio di fare una
figuraccia! Ma una figuraccia grande, grande! /me cerca di fare la bambina catastrofica
Be’, adesso me la pianto di
rompervi le scatole e spero soltanto che abbiate gradito lo sforzo di una
povera autrice, altrimenti…Critiche, critiche, critiche
ed ancora critiche! (io lovvo
le critiche, l’importante è che siano costruttive e che non
danneggino la mia persona)
Sentivate già odore di
repressione, eh? Dai che lo so!
Comunque è la prima fanfiction con più capitoli che concludo e
lascio on-line! Yeah! Stasera in discoteca a
festeggiare, anche se in ritardo! Vai!
Ora però me la smetto di
scrivere di boiate e ringrazio decentemente coloro che hanno
letto cotale lavoro che ha ricevuto la sua fine un po’ in ritardo per vie
traverse.
Ringrazio tutti i lurker, i recensitori in
particolar modo Iobia e GgPoulain
per aver commentato il quarto capitolo, sperando di non aver deluso le loro aspettative, anche se sono sicura che sia così, visto
che mancano troppi dettagli riguardo i due piccioni che tubano nel
letto…Purtroppo non sono brava a descrivere cotali scene…Sigh…Voglio avere più possibilità di
allenarmi!
Per il resto vi saluto e vi
rinnovo l’appuntamento ad una prossima storia!
Au revoir mes
petits et grands lecteurs!