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Autore: Norgor    11/04/2013    7 recensioni
"Il silenzio regna sovrano nella mia mente, ma il respiro mozzo e irregolare mi costringe a soffrire lentamente il dolore che attraversa il mio corpo. Avverto qualcosa premere fortemente sulla mia testa, i colori attorno a me risultano sempre più offuscati e indistinti. Vorrei parlare, ma dalla mia bocca fuoriesce solamente un lamento strozzato. Non percepisco più le braccia, le gambe non rispondono più ai comandi. Sono esausto, sono solo, e sto morendo. Lo capisco dalla stanchezza opprimente, dalla sofferenza lancinante che mi attraversa. Sto morendo, o forse sono già morto. Oramai il dolore è talmente forte che non lo avverto più, riesco a sentire solamente un leggero fastidio poco insistente. Ho paura di chiudere gli occhi, perché temo che non li riaprirò più".
[Raccolta di One-Shots dedicata a personaggi morti nella saga, degni di essere ricordati]
*Finnick: Hybrids and roses smell.
*Clove: It was only a stone.
*Foxface: Nightlock in the dark.
*Rue: My life in a four-notes song.
*Primrose: They aren't parachutes.
*Cato: Born to kill, dead breaking lives.
*Marvel: Death caught me unprepared.
*Glimmer: Shine like a broken diamond.
*Cinna: The chains of my soul.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Glimmer: Shine like a broken diamond.

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  Cammino dietro i miei alleati con disinvoltura, i capelli lucenti che scintillano sotto i potenti raggi del sole, gli occhi di una sfumatura verde brillante che riflettono i bagliori dorati della foresta. Non mi preoccupo di fare silenzio, perché solamente uno sciocco attaccherebbe una Favorita in gruppo. Provoco uno scrosciare di foglie secche e rametti, mentre un sorriso approfittatore si fa spazio sul mio viso. Da quando siamo entrati nell’Arena la sensazione di godimento e superiorità che mi ha investito non mi ha più abbandonata. Mi sento potente, invincibile come non mai. Prendo un sasso e lo lancio contro il tronco di un albero, giusto per rendere il tutto meno noioso. Davanti a me scorgo l’imponente figura di Cato, accerchiato da Clove e Marvel, e tutto ciò non fa che crearmi una voragine di solitudine nel petto. Una smorfia di dolore compare sul mio volto. Per troppe volte mi sono sentita abbandonata da tutte le persone che amo, senza una ragione di esistere. E forse è proprio per questo che voglio essere sempre al centro dell’attenzione, sotto i riflettori; per avere la prova di fare parte di questo mondo, per essere considerata veramente da qualcuno almeno una volta.
  Intravedo una sporgenza rocciosa poco più avanti, ma mi accorgo che i miei alleati si sono fermati quando vado a sbattere contro la schiena di Cato. La mia espressione inizialmente indignata diviene confusa quando noto lo sguardo sadico e scintillante dei Tributi del Due. Volto gli occhi verso sinistra, e sorridendo estasiata comprendo la causa di tanta eccitazione. La ragazza in fiamme si trova nel laghetto a pochi metri da noi, nuota a pelo d’acqua per cercare di non essere notata. Riporta un ferita da fuoco non poco profonda sul polpaccio, quindi inseguirla non dovrebbe essere un problema. Non sembra essere neanche molto sveglia, probabilmente se non avessimo urlato di gioia non ci avrebbe nemmeno notati. Sta di fatto che comunque ci fiondiamo verso di lei festeggiando come se avessimo già vinto tutto il programma. Guadagniamo terreno mentre lei esce dall’acqua e si dirige nel folto degli alberi più avanti. Sento Cato e Marvel che ululano di gioia e Clove che incita i due afferrando i suoi coltelli. Io rimango indietro per il semplice motivo che devo fare da guardia a un Peeta arrancante e puzzolente, cosa che mi dà un certo fastidio. Sento il vento che sibila e che mi scompiglia le trecce dorate, mentre corro verso la nostra futura preda. I miei scarponi colpiscono violentemente il terreno, sollevando parecchia polvere da terra e oscurandomi la visuale. Eppure non smetto di urlare, incito Cato ad ucciderla. Avverto la faretra che ho legato attorno al corpo sbattere contro la mia spalla destra, mentre le frecce che sporgono mi solleticano lievemente la nuca, riaprendo ferite che credevo fossero chiuse da tempo.
Sono a faccia in giù, a gattoni sul pavimento, e vari conati di vomito minacciano di risalirmi per la gola. Sento diversi colpi sulla schiena, mi lasciano ferite e dolori che sono sicura mi porterò dietro per tutta la vita. Ho il fiato mozzo, mi manca il respiro, mentre le grida di mio padre ubriaco fradicio riempiono le stanze di casa mia, distruggendomi da dentro.
I cespugli verdi aumentano sempre più, segno che ormai siamo nel pieno della foresta. Il mio sguardo è freddo ma il mio cuore scalfito da pesanti tagli. Ci fermiamo alla base di un enorme tronco e tutti insieme puntiamo lo sguardo verso l’alto, dove Katniss si sta arrampicando tra i rami dell’albero. Un ghigno perfido viene formato dalle mie labbra, e subito mi volto verso il Favorito del Due. Cato mi fa l’occhiolino e io di risposta gli rendo il mio arco. In seguito il mio alleato incocca una freccia e, prendendo la mira, la scaglia verso la ragazza del Dodici. Il sibilo è perfettamente udibile, ma non vi è alcun impatto. Katniss schiva il colpo nascondendosi dall’altra parte del tronco, ma se crede che così facendo si stia garantendo un minimo di protezione si sbaglia di grosso. Un’altra freccia parte ma non ha successo. Cato ne scaglia un’altra e un’altra ancora, ma niente da fare. Vengo investita da un’ondata di rabbia, e quando Katniss suggerisce di lanciarle addosso la spada, non ci vedo più dall’ira. Sottraggo il mio arco dalle mani del mio alleato e incocco l’ennesimo dardo meglio che posso. Il fruscio è palese, ma ancora una volta il mio colpo si ritrova senza un destinatario. Ho fatto la figura dell’oca, e questo non sarebbe dovuto succedere. Mi tremano le braccia e stringo i pugni per allietare la tensione. Insieme decidiamo di passare la notte accampati qui sotto, in attesa del minimo movimento da parte del nostro nemico.
  Ci concediamo un falò, e nel caso in cui qualche Tributo si facesse vedere, non avrebbe neanche il tempo di aprire bocca che si ritroverebbe una lancia infilata nello stomaco. Ridiamo e scherziamo in gruppo, e a testa diamo un’occhiata all’Innamorato del Dodici, che sembra aver trovato parecchio interesse nel terriccio che ha di fianco. Ha lo sguardo fisso al suolo da almeno un quarto d’ora, come se avesse paura di alzare gli occhi al cielo.
  La sera tardi mi sdraio di fianco a Cato, con la testa appoggiata sul suo petto e il suo respiro che mi solletica i capelli. Per qualche momento, stretta fra le sue braccia, mi dimentico di tutto il resto e mi lascio coccolare dolcemente. Tra noi due si è creato uno strano rapporto in questi giorni. Solo con lui riesco ad essere veramente me stessa, e solamente lui riesce a tirare fuori la vera me. Il suo abbraccio protettivo mi crea conforto, e ora so per certa che questa sarà una notte tranquilla.
  Dopo un periodo imprecisato sento il lieve russare del mio alleato e comprendo di essere l’unica ancora sveglia. Volgo lo sguardo verso il cielo e mi perdo nella bellezza delle stelle che splendono sopra di me.
  Tu sei una stella, Glimmer. Brilli come un diamante – Mia madre mi guarda con i suoi occhi spenti. Un cipiglio severo si forma sul suo viso, facendola apparire di qualche anno più vecchia. So che si aspetta grandi cose da me, non desidera altro che il mio successo e la mia vittoria agli Hunger Games. È solamente per questo che mi ha messo al mondo; ma io delle sue moine non me ne faccio niente. Questa è la mia vita.
  Una lacrima mi scivola giù per la guancia, e con un sussulto mi risveglio dai miei pensieri. Spaventata mi rigiro sul fianco di Cato e mi sdraio nuovamente cercando una posizione comoda. Sento che sono al confine, che ormai non manca molto alla vittoria, e mi addormento con il sorriso sulle labbra.
  Vengo improvvisamente svegliata da un sonoro ronzio che mi trapassa le orecchie, mandandomi in confusione e facendomi perdere l’orientamento. Spalanco gli occhi di scatto e mi metto a urlare con tutto il fiato che ho in gola. Mi sollevo da terra velocemente e giro su me stessa, cercando di individuare la causa di tanto dolore. Avverto ogni particella della mia pelle che punge terribilmente, mi sento come se mille spade affilate mi stessero trapassando il corpo contemporaneamente. Ansimo e continuo a urlare, mentre la mia splendida e scintillante pelle si riempie di enormi bolle e si inizia a deformare.
  Un colpo assordante. Mia madre a terra, mio fratello scappa e mio padre tracanna l’ennesima bottiglia di liquore, urlando non so cosa. Io piango, mio padre ride di me. Mi chiama illusa, perdente.
  Non sono un’illusa, né una perdente. Si sbaglia di grosso. Inciampo in un masso e cado per terra, gli aghi inseguitori ne approfittano per beccarmi dappertutto, lacerandomi i vestiti e rovinandomi i miei bellissimi capelli. Una puntura sulla palpebra mi crea un fortissimo dolore, sento che il mio occhio è stato in qualche modo bucato. Vedo i miei alleati che mi abbandonano, che mi lasciano al mio destino e capisco che forse era il loro intento fin dall’inizio. Grido disperata, piango perché non mi rimane altro da fare. Un rumore di carne strappata mi trapassa il cervello, ormai il dolore è così forte che non avverto più niente.
  Cammino incerta e tremante, mio padre che mi spinge da dietro, ed entro per la prima volta in Accademia, portandomi dietro i miei otto anni di misera esperienza. Mi guardo attorno impaurita, sento degli schianti e cerco di scappare, di nascondermi. Ho paura della violenza, nonostante sappia che nel mio futuro ci saranno solamente morte e distruzione. Temo quello che diventerò. Mio padre ride e si prende gioco di me.
  Non urlo più solo perché non posso. Ho la faccia schiacciata a terra, le guancie cave e scavate nell’osso. Posso sentire la carne lacerata che mi è stata strappata dal viso, le costole sporgenti che gli ibridi mi hanno dilaniato lentamente. Mi contorco a spasmi e non riesco a chiudere gli occhi, costretta a vedere le torture che sto subendo e che non posso contrastare.
  Combatto con il mio istruttore. Non ho paura, fin troppe esperienze mi hanno temprata solo per ricordare il significato di quella parola. Sono feroce, agile e assassina. Mio padre sarebbe orgoglioso di me. Tiro una frustata al mio avversario, ghigno malefica. Non vi è senso di colpa in me. Non più.
  I miei alleati sono già lontani e salvi, e io sono bloccata qui a terra. Stringo a me l’arco e la faretra, come se potessero garantirmi una protezione che in realtà non arriverà mai. I miei abiti sono zuppi dalle lacrime che ho versato e dal sudore che sta impregnando quello che rimane della mia pelle. Non mi muovo più, a malapena penso.
  Il vento è forte, la tensione palpabile. Ma io ghigno soddisfatta, perché questo è il mio anno.
  Il vento è forte, ma io non lo percepisco. Scorgo solamente quello che resta dei miei capelli muoversi e oscurarmi la vista. La testa si fa leggera, il cuore smette di battere e il respiro viene meno.
  Mi offro volontaria. Mi offro volontaria come tributo.
  Il cannone spara. 

Angolo autore
Ok. Finalmente riesco a postare l'OS su Glimmer :3 Che, tanto per cambiare, a mio parere avrei potuto rendere meglio. Tuttavia mi sento abbastanza soddisfatto XD Allora, in questa OS ho cercato di riassumere la vita di Glimmer al contempo della sua morte *spera di non aver fatto una cavolata*. Comunque, fatemi sapere cosa ne pensate con una recensione, vi prego ;) Grazie a tutti voi che seguite questa storia, a chi recensisce o a chi ci passa e basta! <3 Grazie mille anche a quelli che mettono la storia fra le preferite/ricordate/seguite u.u
Spero vi sia piaciuta! Alla prossima :D
   
 
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