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Autore: TheOnlyWay    12/04/2013    12 recensioni
“Stiamo rientrando adesso in albergo. Vieni, domani mattina? Lascio il tuo nome alla reception. Ti voglio bene, sogni d’oro.”
Oh, certo. Non sia mai che sua maestà la super celebrità del momento si scomodi. Dopotutto chi sono io? La sua migliore amica e basta.
È a me che tocca sbattermi da un angolo all’altro di Londra come un maledetto piccione viaggiatore, solo per poterlo vedere una misera e schifosissima ora. Sono io, tutte le accidenti di volte, a perdermi per colpa del mio pessimo senso di orientamento e sono io – ancora una volta – a dovermi sorbire quella piaga della sua stupidissima ma ahimé adorabile fidanzata.
Che poi, parliamoci chiaro, di adorabile ha ben poco: capelli lunghi e scuri, occhioni da cerbiatta, gambe affusolate, pancia piatta, buon gusto nel vestire.
Che razza di schifo, vero?
E se vi sembra che sia la gelosia, a parlare, siete sulla cattiva strada. Anche io sono esageratamente bella: ho i capelli scuri – un sacco di doppie punte, ma dettagli – e i miei occhi sono grandi e di un entusiasmante e assolutamente affascinante color cacca.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Louis Tomlinson, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VI.

 




Sapete, mi piacerebbe davvero tanto dirvi che dopo la litigata Louis si è reso conto di avere sbagliato ed è tornato da me in ginocchio, supplicandomi di perdonarlo e di dargli un’altra possibilità.
Ma le cose non sono andate così. Proprio per niente. Tanto per iniziare, ho spento il telefono per evitare di essere contattata da qualunque membro dei One Direction. Credo abbiano a cuore la situazione, ma non ho bisogno di una terapia di gruppo in formato famiglia, perciò non ho intenzione di parlare con nessuno di loro.
Secondo: ho trascorso la prima notte dopo il litigio a piangere e a domandarmi in che cosa io abbia sbagliato, salvo poi giungere alla conclusione che non ho alcuna colpa, se non quella di essermi innamorata di un povero deficiente.
La seconda notte, quindi, l’ho passata sveglia, con gli occhi spalancati e le mani incrociate sulla pancia, fingendo di trovarmi in un sarcofago. È stato molto d’aiuto pensare che se Louis fosse stato un Faraone e fosse morto, quella capra di Eleanor sarebbe stata seppellita con lui. Questo non spiega perché io sia rimasta praticamente mummificata, ma sapere che la Principessa sarebbe morta di fame e sete è stato molto consolatorio.
La terza notte è stata la peggiore, perché ho riacceso il telefono nella vana speranza di trovare una chiamata o un messaggio del mio migliore amico. O, meglio, ex-migliore amico, visto che la superstar non si è nemmeno degnato di darmi un cenno di vita.
Ma se la vuole mettere su questo piano, ovvero quello della reciproca indifferenza, io ci sto. Non vuole più sentirmi? Molto bene, vorrà dire che la prossima volta che avrà bisogno di me, farò ciò che avrei dovuto fare molto tempo fa: lo manderò al diavolo.
Sapete, mi sento anche un po’ patetica, al momento, ma il mio stato depressivo è così tenebroso e fantastico che non credo mi alzerò dal letto per molto tempo ancora. Almeno fino a che non smetterò di avere parvenze umane e potrò vagare per Londra portando con me la minaccia di un’invasione di zombie.
Ovviamente, i miei piani – anche quelli più semplici, come questo – non vanno mai a buon fine e questo per una ragione ben precisa. C’è sempre qualcuno che pensa di sapere meglio di me, che cosa è meglio per me stessa ed è davvero fastidioso rendermi conto che nessuno mi ritiene indipendente, autosufficiente, autonoma o come accidenti si dice.
Ed è proprio per questo motivo che quando sento mia madre mormorare un “non ne avevo idea” capisco che la fine è vicina. Perciò provo a tornare in camera mia prima che qualcuno riesca ad intercettare i miei passi sulle scale, ma considerato tutto ciò che ho detto poco fa, le speranze di farcela sono pressoché inesistenti.
«Hazel, amore della mamma, vieni qui.»
Amore della mamma? Oh, merda. Qualcuno deve averle detto che sono innamorata di Louis e che non sono per niente ricambiata, perché altrimenti non userebbe mai quel tono sdolcinato e melenso e… bleah, amore della mamma? Ma andiamo!
«Risponde la segreteria telefonica di Hazel Nicole Porter. In questo momento non sono disponibile, siete pregati di lasciare un messaggio e verrete richiamati al più presto. Bip!» cinguetto, facendo marcia indietro sulle scale.
Mamma comincia a ridere, ma la sua non è l’unica risata che risuona per la nostra microscopica cucina. Sono abbastanza sicura che ci siano almeno altre due persone ed io non ho la minima intenzione di farmi vedere conciata in questo stato. Sarebbe imbarazzante.
«Hazel, ci sono i tuoi amici!» continua mamma, imperterrita. Merda, ma perché non capisce quando è il caso di lasciare un messaggio alla segreteria – tra l’altro, era anche molto d’effetto, no? – e quando, invece, è il caso di ignorarmi completamente?
«Io non ho amici, mamma! Sono una creatura solitaria, indomita e selvaggia. Io solco i mari, i cieli e…»
«Hazel Nicole Porter!» sbraita, questa volta.
«Hazel Nicole Porter, nata il 26 Febbraio 1992, alle ore 10.30. Nata e vissuta a Doncaster, Hazel Nicole viene crudelmente strappata dalla sua casa natia alla tenera età di quindici anni, ad opera di una madre dedita al lavoro. Hazel, di ottimo temperamento e di aspetto adorabile…»
«La finisci di dire cavolate e vieni qui, per piacere?»
«Ma perché mi interrompi sempre sul più bello?» mugugno, trascinandomi in cucina di mala voglia. Non è giusto che mi costringa a farmi vedere in questo stato disumano. È imbarazzante ed umiliante per tutti gli abitanti del pianeta terra.
«Oddio, ma stai proprio uno schifo.» la delicatezza di Noah è come un balsamo per il mio cuore infranto, sapete? Dico davvero, non so proprio come farei senza la sua dolcezza, la sua sensibilità e il suo tatto.
«Apprezzo i tuoi sforzi di consolarmi, davvero.» sibilo, evidentemente sarcastica.
Noah si stringe nelle spalle.
«Ma è vero che stai da schifo, che ci posso fare io, scusa?» domanda, seriamente perplessa.
Be’, certo, come darle torto? Il fatto che potrebbe farmi stare ancora peggio dicendomelo è così irrilevante che non le passa neanche per la testa.
«Harry, Liam. Volete dirmi anche voi che sono una vergogna per la razza umana, o lasciate che Noah mi demolisca da sola?» chiedo, invitandoli a parlare con un cenno del braccio.
Harry mi sorride debolmente, poi mi stringe in un abbraccio così delicato che quasi mi viene da piangere. Resto, lì, accoccolata contro il suo petto, persa in un vortice di autocommiserazione dal quale non uscirò probabilmente nemmeno tra cent’anni.
«Ho preparato i biscotti al cioccolato, tesoro. I tuoi preferiti.» mamma appoggia sul tavolo un piatto colmo di biscotti e mi lancia uno sguardo triste e dispiaciuto. E allora capisco che si sente in colpa, perché qualche giorno fa era tutta un “Eleanor è così carina, spero che Louis la sposi presto” e adesso invece deve convivere con una figlia dal cuore spezzato.
«Grazie, mamma.»
«Potevi dirmelo, però.» mi accusa, dopo cinque secondi. Che fine ha fatto l’“amore della mamma”? Glielo chiedo, tanto per il gusto di ricordarle che ha osato chiamarmi in un modo tanto orribile e lei ride.
«È che mi sento in colpa! Ho difeso Eleanor, perché sembra davvero carina ma…»
«Ma alla fine avevo ragione io, come al solito. Ed è davvero la grande stronza che ho sempre detto. No?»
«Be’, sì.» conferma. Vorrei esultare per il fatto che mi abbia dato ragione – evento più unico che raro – ma mi rendo conto che avere ragione non mi dà tutta la soddisfazione che mi aspettavo. C’è solo una persona che potrebbe farmi stare meglio, ma non sembra interessata a me quanto dovrebbe esserlo, né quanto io vorrei che lo fosse. Perciò mi limito a mangiare un biscotto, in completo silenzio, sotto gli sguardi intensi  di Harry, Liam e quello perplesso di Noah, che mi sta osservando come se fossi un fenomeno da baraccone. Mamma, intanto, ha salutato tutti con un bacio volante ed è andata a lavoro. Non la rivedrò fino a questa sera tardi, ma non importa. Avevo comunque intenzione di trascorrere il resto della giornata chiusa in camera a disperarmi e ad odiare Louis.
«Non dirmelo.» sbotta Noah, dopo qualche secondo di silenzio.
«Ma se non sto nemmeno parlando!» replico, stupita da tutto quell’astio. Che ho fatto?
Noah si passa una mano sulla fronte, con aria sconsolata, poi mi guarda quasi con compassione.
«Ti sei già arresa, prima ancora di cominciare.»
Cominciare? Per quanto mi riguarda, la cosa finisce qui. Non c’è neanche da pensarci. Louis ha scelto, e non me. Perciò perché dovrei pensare ancora a lui, struggermi per un amore non corrisposto e deprimermi per il resto della mia esistenza?
Visto? L’amore mi fa diventare melodrammatica. E non è mai un bene, perché rischio di sprofondare in una cupa desolazione dalla quale uscirò solo in seguito ad un’abbuffata di Nutella. E mangiare troppa Nutella fa ingrassare. E visto che sono già grassa, dovrei evitare.
Comunque, siccome Noah sembra davvero in attesa di una mia risposta, mi affretto a spiegarle la situazione.
«Io non mi sono arresa, punto primo.» inizio. Il che è assolutamente vero: come puoi arrenderti senza nemmeno averci provato? È una questione di logica.
«E ora, magari, mi dirai anche che c’è un secondo punto.» celia lei, con gli occhi azzurri scintillanti di sarcasmo.
«Certo. Ma chissà perché ho come l’impressione che te ne sbatterai altamente e farai quello per cui sei venuta qui. A proposito, perché siete qui?» mi rendo conto che potrei sembrare sgarbata, ma in effetti non aspettavo visite e credevo che il telefono spento fosse un segnale abbastanza eloquente che indica la mia inesistente voglia di interagire con altri esseri umani.
«Siamo qui perché, questa sera, andiamo ad una festa.»
La guardo con la mia migliore espressione da “mi pigli per il culo?” e Noah si stringe nelle spalle, per poi fare un cenno ad Harry, che aggira il tavolo, mi si piazza davanti e incrocia le braccia al petto.
«Io e Louis abbiamo organizzato una festa. Saremo in pochi, giusto una ventina di persone. Ci divertiremo, e tu potrei parlare con Louis, oppure ubriacarti e andare a letto con il primo che capita. In quel caso, sappi che io sono disponibile.»
«Harry…» provo ad interromperlo, ma non mi lascia il tempo di parlare e continua nella sua fantastica – ed alquanto inutile – spiegazione sui dettagli della grandiosa festa.
«… che poi, potremmo andare a letto anche se tu non fossi ubriaca. Magari Louis si incazza talmente tanto che molla quella strega e capisce che ti ama e che…»
«Frena una attimo, Raperonzolo. Io a letto con te non ci vengo né ora né mai. E non perché tu sia brutto o perché nutra qualche dubbio sulla tua sessualità, ma non sono interessata. E poi, se proprio lo vuoi sapere, nemmeno tu verresti a letto con me: Louis non lo saprebbe neanche, perché ovviamente è occupato a fornicare con quella baldracca, ma non è questo il punto. Il punto è che non ti piacerebbe affatto vedermi nuda. Ho un sacco di rotoli di ciccia sparsi qua e là e ti assicuro che non è un bello spettacolo. Per non parlare poi della cellulite e delle smagliature, e…»
«Dovresti lavorare di più sulla tua autostima, Hazel.» mi interrompe Liam, osservandomi come se fossi un caso clinico e non, invece, una povera e sconsolata ragazza grassa.
«Tu dici? Grazie, dottor Freud, analisi perfettamente riuscita. Mi hai fatto perdere il segno, porca zozza.» e stavo arrivando alla parte più interessante, dico davvero. Prima che possa riprendere il mio inno ai brufoli e alle sopracciglia cespugliose, Noah si avvicina e mi tira uno schiaffo.
È uno di quelli schiaffi da manuale, sapete? Quelli sonori, che lasciano l’impronta delle dita e che intorpidiscono la pelle. Uno di quelli schiaffi che in un altro momento avrei restituito senza esitazione, ma devo ammettere che mi è servito: forse mi ha ricalibrato il cervello, perché mi rendo conto che sto passando per una ragazzina frignona, patetica e con l’autostima a pezzi.
Sono tutte e tre le cose, naturalmente, ma in genere evito di mostrarlo in pubblico. Come dice sempre mamma: “Ognuno lava i panni sporchi a casa sua.”
Okay, forse non c’entra, ma volevo dirvelo lo stesso.
«Mi hai tirato uno schiaffo.» boccheggio, incredula. So che i tempi di reazione non sono il mio forte, ma sto ancora cercando di riprendermi dallo shock.
Noah alza gli occhi al cielo.
«Brillante deduzione, Sherlock. Ora, se hai finito di sparare stronzate, passiamo alla parte seria del discorso.» afferma, scostandosi un ciuffo biondo platino dalla fronte.
«Io ero seria.» borbotto. Harry e Liam ridacchiano, Noah sorride.
«Questa è la parte peggiore, in effetti. Non puoi pensare certe cose di te, Hazel. Louis non ti ama perché sei perfetta.»
«È proprio questo il punto, Noah: Louis non mi ama. Perciò, dico davvero, perché non vi trovate qualcos’altro da fare? Non ho bisogno di qualcuno che mi sbatta in faccia l’evidenza dei fatti. Io amo lui, lui non ama me. È semplice come respirare.» spiego, sentendo gli angoli degli occhi pizzicare un po’.
Non pensavo che dirlo ad alta voce avrebbe fatto questo effetto. È un vero e proprio pugno nello stomaco e fa più male di quanto pensassi. Louis non mi ama. Io non gli piaccio. Punto, fine della storia.
«Questo non puoi saperlo, Hazel.»
«Ma fai sul serio? Ha scelto lei! Louis ha scelto Eleanor. E questo significa solo una cosa: non ha scelto me.»
Certo, sono un vero e proprio asso dei discorsi insensati e privi di logica, lo so anche io, ma non potete negare che ho ragione. Se Louis tenesse a me almeno un po’, non riuscirebbe a scegliere così alla leggera. Dico bene? Se aveva già scelto Eleanor, perché dirmi tutte quelle stronzate sulla confusione e…
«Non è sicuro.» realizzo all’improvviso.
All’improvviso, mi sembra di riuscire a cogliere un sacco di segnali: la sua rabbia, la frustrazione, il tentativo (quasi perfettamente riuscito) di allontanarmi, le battute sarcastiche, la stronzaggine assoluta. Ogni cosa acquista un senso.
«Ecco perché si comporta così! Vuole che io me ne vada senza metterlo nella condizione di scegliere. Sporco doppiogiochista che non è altro, questo non me lo sarei mai aspettato! È un colpo basso, perché non me l’ha detto subito, anziché comportarsi come un idiota? Se lo avessi saputo, mi sarei fatta da parte molto prima, anziché perdere tempo e trattenere un sacco di commenti per paura che ci restasse male.» farfuglio, a velocità sostenuta.
Mi rendo conto che nella cucina è calato il silenzio più totale, così mi affretto a guardarmi intorno, per capire cosa c’è che non và. Noah, che mi sta osservando con la bocca spalancata ed un’espressione a dir poco incredula, si schiaffa una mano sulla fronte ed alza gli occhi al cielo.
«Sai, io pensavo che fosse Louis il più cretino dei due. Ma anche tu, Hazel, non hai proprio capito un cazzo.»
Oltraggiata, accenno una protesta che esce fuori sotto forma di urlo stridulo, così ci rinuncio e pesto la fronte contro il piano del tavolo. Può essere che il mio cervello abbia bisogno di essere calibrato un’altra volta.
«La tua testa è già messa abbastanza male, senza che la sfasci contro il tavolo.» mi ricorda Noah, preoccupata. Poi sorride.
«Ora fammi vedere il tuo armadio.»
 
 
 
***
 
 
 
 
Oggi sto tremendamente male e ho avuto una nottata d’inferno. Perciò non mi viene in mente niente da dire, perché vorrei solo buttarmi a letto e uscire tra quarant’anni.
Spero che il capitolo vi sia piaciuto <3
  
 
   
 
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