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Autore: zara88    12/04/2013    3 recensioni
Alexis Castle fa una normale e banale vita da campus all'università della Columbia. Adora sua padre che è anche il suo migliore amico ed è felicissima della sua vita.
Ma ovviamente non si può mai sapere quando il destino decide di mettersi in mezzo.
Anche allontanarsi solo per qualche minuto può comportare una serie di eventi impensabili.
Un po' come il detto 'la farfalla che sbatte le ali a Pechino e provoca un uragano a New York'.
Ed è esattamente questo ciò che accadrà. Un imprevedibile serata che cambierà il corso della sua vita.
Alexis sarà l'unica che potrà cercare la verità e portare alla luce una serie di eventi apparentemente già segnati. Ma nulla è mai come appare.
Quando credi che la tua famiglia sia la cosa più importante della tua vita e non puoi fare altro che guardarla inesorabile mentre ti volta le spalle, rifiutandosi di vedere la realtà dei fatti, cosa puoi fare?-
[No Spoiler]
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alexis Castle, Kevin Ryan, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Eccomi con il primo capitolo!
L'altra volta ho pubblicato talmente in fretta che non ho scritto un briciolo di introduzione ma a questo giro rimedierò.

Che dire, come molti di voi hanno scritto nei commenti sono nuova di questo fandom. Si vede proprio ^^
Anche se seguo Castle in pratica dalla prima stagione. Però non si sa mai quando un idea può prenderti. E quindi eccomi qui!

Non ho molto da dire se non che questa storia conterrà molto drama e spero anche colpi di scena.
Però non aggiungerò altro perché non voglio anticipare nulla ma lasciare che possiate fare le vostre deduzioni ;)

Ringrazio di cuore chi ha trovato il tempo e la voglia di recensire il microscopico prologo. Davvero grazie ecco perché amo i fandom delle serie sul crimine! L'accoglienza che trovo qui non la trovo in nessun altro fandom.
Oddio beh bando alle ciance vi lascio in pace.

Spero solo non vogliate uccidermi alla fine di questo capitolo... xD *fugge via*



*torna in dietro* P.S. Vi lascio un link al mio se vi interessa avere News, Spoiler ecc...
Qui

 

*fugge di nuovo*


 

…•∆•…


Capitolo 1:


 


 

Alex... is.” ricadde con il viso a terra, emettendo un lamento, come il miagolio di un gatto.

Kevin oddio!” corse terrorizzata, andando ad inginocchiarsi accanto all'uomo.

Lo girò molto lentamente, trovandolo con la fronte madida di sudore e i capelli umidi.

Continuava ad emettere lamenti, e tenersi con una mano all'altezza dell'addome.

Appoggiò delicata la sua testa sulle gambe, tentando di asciugarli il viso con la manica.

Solo allora lo vide, il sangue. La mano sinistra ne era intrisa.

Perché sei qui? Perché non sei andato all'ospedale?” il panico nella sua voce. D'istinto andò a coprire la mano di lui nel tentativo, inutile, di rallentare l'emoraggia.

A... iutami ti prego.” rantolò.

Ma tu devi andare all'ospedale! Kevin stai morendo dissanguato! Qui! Alla Columbia!” l'isterismo ora che le aveva fatto assumere quel tono acuto e stridulo.

Le sembrava tutto così maledettamente assurdo. Perché diavolo era andato li? Non aveva alcun senso!

No! Devi... Aiutarmi, tu... Non ho... Nessun altro posto dove andare. Non posso farmi vedere in ospedale.” - Se possibile ora la confusione e lo sgomento nella ragazza le avevano formato sulla faccia una serie di rughe, che se sua madre l'avesse vista si sarebbe messa a piangere.

Ma...” provò ad obbiettare non sapendo cosa dire. Così fece pressione sui talloni e da inginocchiata si mise accucciata.

Ok però non puoi stare qui. Devo portarti dentro.

Prova...

Io non posso portarti sei troppo pesante. Devi riuscire a metterti in piedi in qualche modo.” il detective obbedì, cercando di sollevarsi tenendosi sorretto solo con l'uso delle braccia. Un guaito però fece comprendere alla ragazza che l'intento non fosse andato a buon fine.

Dovette prenderlo da sotto, lasciando che si appoggiasse contro il suo corpo minuto, e poi tirarlo su quasi di peso.

Si chiese come avrebbe mai potuto sorreggerlo tutta da sola.

Va tutto bene.” cercò di rassicurarlo, nonostante nemmeno lei ne fosse convinta.

Malfermo sulle sue gambe, Kevin si aggrappò a lei con tutta la poca forza che ancora animava il suo corpo.

La rossa avvolse un braccio attorno alla vita dell'uomo, mentre con la mano libera cercava le chiavi nella tasca posteriore dei pantaloni.

Recuperata la infilò nella toppa, e quando la serratura scattò, abbassò la maniglia. Provò a spostare l'uomo da una parte, in modo da poterlo tenere sollevato per un fianco.

Allora. Per fortuna le camere del campus sono dei buchi quindi non c'è molta strada.” spiegò stringendolo in modo da non rischiare di farlo cadere durante il tragitto.

Pronto?” non aveva nemmeno il coraggio di guardarlo.

Continuava a sembrarle tutto così folle. Perché, perché, perché a lei? Perché Kevin era li? Ferito in modo così grave. Eppure l'aveva cercata di proposito. Non poteva essere un caso fosse crollato proprio davanti alla sua porta.

Un milione di domande, e nemmeno un briciolo di indizi per potersi dare una risposta.

Non vide Kevin che annuiva per darle il consenso, solo, mosse un passo, e poi un altro.

Il detective barcollò, artigliandosi al braccio di lei fino a quando non furono arrivati accanto al letto, su cui poi si lasciò quasi cadere sopra.

Ok bene. Ora cosa pensi che dovrei fare? Perché io non sto cercando di laurearmi in medicina, doveresti saperlo...” quello era un pessimo momento per sfoderare il sarcasmo e sopratutto essere acidi ma il cervello gli stava ribollendo. Si sentiva morire di paura, confusione, e un sacco di altre emozioni, e quando l'adrenalina iniziava a scorrere, è così che reagiva. D'altronde quella era una caratteristica ereditata da suo padre. Tirare fuori pessime battute nei momenti peggiori.

Sentendo che non le era stato risposto a quell'a domanda del tutto retorica tornò a guardare l'uomo ferito che stava per morire dissanguato sul suo letto.

Con mano tremante, scostò un lembo della giacca, per poi posare le dita sulla mano di lui, invitandolo con solo un lieve contatto appena accennato a spostarla. Lui, ancora una volta obbedì, e allora Alexis prese un respiro profondo e trattenendo il fiato sollevò il bordo della maglietta con due dita.

Quello che vide e provò non sarebbe stata mai in grado di descriverlo.

Semplicemente non conosceva emozioni che si potessero pronunciare a parole.

Chi aveva potuto ridurlo in quello stato?

Solo allora un immagine, come un flash, le attraversò il cervello.

Si chinò sul ragazzo, obbligandolo a voltare la testa dalla sua parte, in modo che la guardasse. Due grandi occhi azzurri, pieni di terrore e dolore, che ebbero la capacità di spezzarle il cuore, si rispecchiarono nei suoi.

Che è successo? Ti prego dimmi come sta mio padre!” l'uomo parve quasi starci male a quella domanda, ma era talmente presa dall'ansia che non ci badò.

Sta... bene. Hanno ferito solo me...” - “Chi? E perché? Sei stato coinvolto in una sparatoria? Io... Davvero non capisco il perché di tutto questo...” l'ennesimo gemito che ne seguì costrinse Alexis ad interrompere l'interrogatorio e ricordarle che tutte quelle chiacchiere non fermavano il dissanguamento in pieno corso.


 

Corse a prendere un asciugamano, che premette forte contro la ferita provocata dal proiettile. Poi andò alla mensola che si trovava dalla parte della sua compagna di stanza e tirò giù tutti i libri che con cura aveva sistemato in perfetto ordine.

Per fortuna la ragazza ora si trovava al pano di sopra, alla festa, in compagnia del fidanzato, chiusi in qualche stanza... Quindi non era un problema.

Lo sguardo di lui puntato addosso.

Cosa?” domandò confuso.

Io non studio medicina. Ma la mia coinquilina sì.” spiegò pragmatica, per poi abbassarsi ed infilare la testa sotto al letto. Tirò fuori una valigetta in metallo di medie dimensioni, che trascinò fino alla sua parte della stanza. Fece scattare le due cerniere poste sopra il coperchio, aprendolo in due, e da cui poi estrasse altri cassettini più piccoli tenuti insieme da molle.

All'interno vi erano disposti alcuni strumenti chirurgici: bisturi, siringhe, e ogni altra cosa non sarebbe mai potuta mancare nella borsa di un dottore.

Alexis guardò Kevin.

Ho seguito alcuni corsi di medicina.

Ti ricordi quel periodo che ho passato al distretto per il tirocinio con la dottoressa Parish?” Kevin fece un flebile cenno.

Io non sono un dottore. Potrei ucciderti.” abbassò il viso, tentando di nascondere l'espressione disperata.

Qualcosa le toccò il mento, provocandole un sussulto, e tornò a sollevare il capo.

Sei l'unica che può aiutarmi. Ti prego...” un flebile sussurro.

Annuì a sua volta, asciugandosi il viso con il bordo della manica. Prese un pacchettino in plastica ed aprì l'involucro, mettendolo poi da parte. Poi prese una scatola di cartone, da dove sfilò un paio di guanti in lattice.

Purtroppo è solo una studentessa, quindi niente anestetici.” la rossa si alzò e tornò verso il bagno.

Le ci volle un po', ma cercò di andare più veloce che poteva per recuperare e preparare tutto il necessario.

Dispose vari asciugamani a terra, su cui sopra uno di essi mise ordinatamente in fila ciò che avrebbe dovuto utilizzare durante l'operazione.

Afferrato il bisturi, lo avvicinò alla ferita, ma la mano le tremava così tanto.

Scusa. Scusa ma non ce la faccio... Non posso. Questo non è una di quelle prove che ti fanno fare quando sei solo in specializzazione. Questo è... Omicidio. Io non posso. Davvero non voglio ucciderti. Ti prego non farmelo fare.” ora il tocco sul suo mento si era fatto più deciso, anche se talmente debole, che comunque non avrebbe mai potuto farle male. Alexis corse automaticamente verso quegli occhi azzurri.

Se non mi aiuti, morirò comunque... Almeno... Ho una possibilità.

E poi so quanto sei brava ed intelligente.

Non abbandonarmi, almeno tu. Ti prego.” le accarezzò la guancia, lasciandole una lieve striscia rossa, che le macchiò la pelle lattea.

Quelle parole le fecero chiudere del tutto la gola, tanto che per un momento le parve di smettere di respirare.

Provò a ricacciare indietro le lacrime. La lama affilata del bisturi premette sul bordo della ferita, che si allargò, lasciando sgorgare un abbondante rivolo di sangue denso e scuro.

Alexis trattenne un singulto.

Il detective emise un lamento, inarcandosi con la schiena. Ritrasse leggermente la mano, per poi fermarsi. No. Doveva essere pragmatica e professionale.

Strinse i denti e pregò solo Dio di riuscire.

Prese la pinza, un arnese ad L, che inserì nel buco, finché non urtò qualcosa di duro che emise un suono metallico.

Doveva essere il proiettile. Ora non rimaneva che estrarlo.

Guardò Kevin negli occhi. Non si dissero nulla. Solo un lungo sguardo. Poi tirò. Con tutta la forza che aveva.

Kevin urlò.

Quelle urla... Le sue urla, le tuonarono nella testa. Non le avrebbe mai più scordate.

Il primo tentativo andò a vuoto. Perse la presa sul proiettile e la pinza scivolò via a causa di tutto il sangue.

Si ritrovò seduta a terra, ansante e con il cuore che martellava furioso, rimbombando nelle orecchie fino a renderla sorda.

Scusa...” ansimò tentando di posizionarsi in modo più stabile e fermo sulle ginocchia.

Lacrime bollenti rotolarono fuori dagli angoli degli occhi dell'uomo, rigandogli le tempie, per poi perdersi tra i suoi capelli scuri.

Scusa mi dispiace tanto.” accarezzò le sue guance, asciugandolo meglio che poteva con uno degli asciugamani.

Il sudore che si mescolava alle lacrime.

Non... Importa.” boccheggiò l'altro con le labbra dischiuse.

Ma io... Davvero dammi una sola buona ragione per cui non dovrei chiamare un ambulanza, ora!” Alexis fece per alzarsi, ma qualcosa di caldo e bagnato le avvolse il polso. Abbassò di scatto il viso, trovando un polso intrappolato nella mano di lui. Quella grondante sangue che si stava ormai seccando.

Ritrasse lentamente l'arto, non trovando ulteriore resistenza.

La candida pelle ormai imbrattata di scarlatto. Del suo sangue...

Rilasciò un sospiro rimastole intrappolato in gola.

Lo avrebbe aiutato. Non aveva idea di quel che sarebbe successo. Ma non poteva abbandonarlo.

Afferrò nuovamente la pinza, e tornò a puntarla dritta sulla ferita. Ora sapeva dove fosse collocato il proiettile quindi non ebbe difficoltà a ritrovarlo.

L'uomo artigliò le lenzuola sotto di se. Il fiato che usciva dalle sue labbra corto e spezzato.
Alexis fece solo una lieve pressione, e riprese a tirare, questa volta con più decisione. Il proiettile fece un iniziale resistenza, ma con uno strattone scivolò via, come un guanto.

Portò la pinza sotto i suoi occhi. Rimirando l'oggetto. Sembrava una specie di bottone tinto d'oro e rosso.

Lo lasciò cadere con un tintinnio all'interno di una ciotolina in metallo, e posò anche la pinza.

Prese una bottiglia bianca a cui tolse il tappo, versando un abbondante dose di liquido rosato sulla ferita viva.

Kevin gridò con quanto fiato aveva in gola, sollevandosi la schiena dal materasso, la testa buttata indietro. La sua pelle pareva bruciare.


 

La rossa sobbalzò, sentendo le iridi inumidirsi e le pupille pizzicare. Soffocò la voglia di piangere cercando di respirare in modo regolare.

Ancora non era finita. Prese un grosso ago, e filo di nilon e iniziò a suturare ,aiutandosi con un altra pinzetta più piccola per tenere insieme i lembi di pelle lacerati.

Per fortuna il proiettile non ha preso organi o altro.” commentò atona. Era concentrata sul suo lavoro.

Ma la verità era che aveva paura di far uscire la sua voce con il rischio che risultasse troppo incrinata. Non voleva mostrarsi debole in un momento come quello. Doveva essere forte.

Però è pericoloso. Puoi rischiare delle complicazioni dovute al proiettile, l'emoraggia, lo shock. Non posso tenerti qui!” - “Alexis ti prego... Sei stata bravissima. Non importa dico davvero. Non voglio che tu ti senta in colpa. Ma se dovesse succedere qualcosa...” l'uomo deglutì e abbassò lo sguardo. Sussurrando un: “Non importa.”

Cosa non importa?” incalzò la figlia dello scrittore.

Se dovessi morire...”


 

La bocca di Alexis si spalancò, gli occhi talmente sgranati neanche stessero tentando di uscirle dalle orbite.

Sei impazzito? Perché dici una cosa simile!” quasi gridò. Era molto vicina dall'avere una crisi isterica.

Davvero credimi... Non ha importanza. Finisci di fare quello che devi. Poi vedrò di trovare un modo per andarmene...” il detective voltò la testa verso la parete, così da nascondersi da quello sguardo indagatore.

Andartene? E come pensi di farlo? Ma perché non posso chiamare nessuno al distretto? Perché non vuoi andare in ospedale! - Forse se avesse avuto una pistola Kevin le avrebbe sparato pur di farla tacere ma le parole le uscivano di bocca senza che potesse controllarsi.

E'... Complicato... Sono successe delle cose...” -

Era stufa di parlare e guardare qualcuno che si rifiutava di fissarla negli occhi e darle risposte precise. Così appena dato l'ultimo punto coprì tutto con un pezzo di garza quadrata imbevuta nell'alcool e poi lo fissò con un grande cerotto bianco.

Dovrei chiamare mio padre?” quando lo disse si trovava già in piedi. La testa bassa, e la speranza che potesse porre fine a quella storia.

Kevin si voltò, facendosi forza con i gomiti e strisciando sulla schiena per sollevarsi leggermente.

Non deve sapere che sono qui...”

La ragazza emise un sospiro ed annuì lievemente.

Prese il suo cellulare lasciato dentro al primo cassetto della scrivania, attenendo qualche istante che si accendesse.

Non ebbe nemmeno bisogno di fare il numero. Tanto era la prima chiamata rapida.

Portò l'apparecchio all'orecchio.

Uno squillo... Due squilli...


 

Il cuore dell'uomo batteva sempre più forte.


 

Cosa sarebbe successo ora? Se Alexis avesse avvertito Castle per lui sarebbe stata la fine. Non avrebbe più avuto un altro posto dove andare.

Diede comunque per scontato che quelle fossero le sue ultime ore da uomo libero.

Aveva quasi rischiato di morire dissanguato. Beh non che il pericolo fosse scampato del tutto.

Sinceramente tra le due non sapeva quale scegliere.

Una morte per dissanguamento sarebbe stata preferibile alla tortura e umiliazione che lo aspettavano.

Di li a poco un intera squadra di polizia avrebbe fatto irruzione nel campus.


 

La voce squillante di Alex lo fece sobbalzare e subito corse con gli occhi sulla ragazza, trattenendo il fiato nel tentativo di sentire cosa gli stesse rispondendo l'interlocutore dall'altra parte.


 

Papà!” esclamò la rossa.

'A... Alexis? Che ci fai ancora sveglia a quest'ora?' - solo ora la figlia dello scrittore si rammentò che fossero quasi le due di notte.

Oh scusami tanto papà è che ho studiato fino a poco fa ed ho proprio perso la cognizione del tempo.

'Ecco perché non hai risposto hai miei messaggi e le mie chiamate.

Tesoro mi hai fatto morire di paura. Volevo mandarti una pattuglia a controllare che stessi bene ma Kate me l'ha impedito...' ci fu un breve schiamazzo dall'altra parte. La ragazza fu costretta ad allontanare per un breve istante l'apparecchio dall'orecchio per non essere stordita.

Papà c'è Kate li con te?” ne dedusse la rossa scuotendo la testa con fare rassegnato.

Suo padre non rispose preferendo ignorare la domanda.

'Senti amore... Devo dirti una cosa. Veramente era anche il motivo per cui ho provato a chiamarti tutto il giorno ma forse è un bene che tu fossi impegnata.' Alexis sbatté le palpebre alcune volte, lanciando una breve occhiata all'umo a fianco.

E' successo qualcosa?” indagò, non volendo comunque dare a vedere che la cosa la prendeva più del dovuto.

'Veramente...' - un sospiro. Poi un attimo di silenzio. - 'Veramente sì. E nemmeno tanto bella. Riguarda il dipartimento. Se non fosse una cosa davvero grave ed importante nemmeno te lo direi ma siamo tutti coinvolti.'

Il cuore della giovane perse un battito. Un occhiata più eloquente alla sua destra.

'Si tratta di Jenny... E' morta' –

Non si accorse del singhiozzo che le era sfuggito dalle labbra a quelle parole.

No... A-A-Aspetta un attimo. In che senso: è morta?” un nodo alla gola per poco non la soffocò.

'E' stata uccisa. Lane dice probabilmente ieri sera.' - “Come?” - non diede nemmeno il tempo di finire il discorso a suo padre.

'Un colpo di pistola... Dritto al petto.' - Una stiletta di sudore scese lentamente lungo la schiena. Rischiò le scivolasse il telefono a causa delle mani sudate.

Si sa... Si sa chi è stato?” Non voleva conoscere la risposta a quella domanda.

Un sospiro.

'Purtroppo tutte le prove portato ad una persona.

So che è orribile. Nemmeno io riesco a crederci. Ho provato a pensare a tutte le possibili teorie.

A dire il vero una più assurda e ridicola dell'altra...' - “Papà!” gridò al limite dell'esasperazione. -'Scusa.

Le prove danno come colpevole Kevin...' - quell'ultima parola giurò di essersela immaginata.

Tra i vari farfugliamenti di suo padre poteva capitare che dicesse cose assolutamente senza senso.

Deglutì. Quella stanza era troppo stretta. Stava soffocando. Le girava la testa.

Ma non puoi crederlo davvero! E' uno scherzo.” si giusto. Uno scherzo! Tutto un maledettissimo scherzo!

Però la pallottola che aveva appena tirato fuori dall'addome del detective Ryan era reale...

'Vorrei. Vorrei tanto che lo fosse piccola mia.' - “E sapete dove si trova ora Kevin?indagò. Più che altro voleva essere sicura che non lo stessero cercando in quel preciso momento una squadra di SWAT che poteva fare irruzione da un momento all'altro.

'Purtroppo è scappato e non riusciamo più a trovarlo. So che sarà questione di tempo prima che lo ritrovino.

Non credo possa andare molto lontano...

Ma se dovessi vederlo. Devi chiamarci subito ok? Che sia io, o Beckett o anche la Gates.

E' molto pericoloso.'

A stento riuscì a trattenersi dallo scoppiare a piangere. Si voltò a guardare quello che una volta credeva fosse uno dei migliori detective. Un amico di suo padre. E si ok... Aveva avuto anche una bella cotta per lui in passato...

Come aveva potuto fare una cosa del genere?
Aprì la bocca. Voleva dirlo. Sapeva che doveva dirlo.

Doveva dire la verità. Perché era giusto... Ma qualcosa dentro di lei urlò, e si ribellò.

Forse era stato quello sguardo. Quelle due iridi così limpide e belle e che la stavano implorando di concedere loro almeno una possibilità.

'Gli occhi sono lo specchio dell'anima' si ricordò quel detto.

'Tesoro tutto bene ci sei?' - “Si papà scusa... E' che ancora non riesco a crederci.” mentì spudoratamente.

Senti papà... perché prima hai detto 'Non credo possa andare molto lontano?”- lunga pausa dall'altro capo.

Poteva immaginarselo mentre deglutiva nervosamente e si guardava attorno arrovellandosi per trovare una scusa abbastanza plausibile perché lei ci credesse...

'B-Bè è che come ti ho detto è fuggito... E nel trambusto... E' rimasto ferito...'

Ora sapeva come Kevin avesse fatto a rimanere in mezzo ad una sparatoria...

Lo avevano colpito, mentre tentava di scappare.

Come potevano averlo fatto? Come potevano averlo ritenuto tanto pericoloso da arrivare a compiere un gesto simile.

Preferì non rispondere a quell'informazione appena ricevuta da suo padre e si limitò a sospirare mestamente.

Comunque sta tranquillo. Se dovesse succede qualcosa ti avvertirò subito.” odiava mentirgli.

Ma in quel caso si trattava di una bugia a fin di bene.

Col cavolo probabilmente sarebbe finita in galera per aver aiutato un assassino!

Scusa papà ma ora devo andare. E' davvero tardissimo, mi dispiace avervi disturbato.” - 'Tranquilla piccola tanto anche noi credo non riusciremo a dormire sta notte, e domani dobbiamo essere in centrale molto presto.'

Fece un flebile sorriso, conscia che fosse al telefono e non parlando con qualcuno faccia a faccia.

Ormai non sapeva più che pensare.

D'accordo. Allora notte. Anche a Kate...” e chiuse la comunicazione.

Perché lo hai fatto?” quel suono improvviso le provocò un sussulto. Portò una mano al petto, ansimando velocemente.

Perché...” non lo sapeva nemmeno lei il reale motivo.

Volevo darti un occasione. Di spiegare. Di capire.”

Si fissarono a lungo prima che Ryan decidesse di risponderle.

   
 
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