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Autore: Luine    13/04/2013    2 recensioni
[…] qualcosa diceva a Bloom che non era così e che la minaccia che stava incombendo su di loro non era terrestre, ma magica e non erano gli Stregoni. Qualcosa di più antico e più familiare. Non sapeva come poteva avere questa sensazione, ma preferiva scoprirlo nelle sembianze di una fata,[...]
Un nuovo nemico minaccia Alfea e la Terra, Roxy è stata attaccata e solo lo Scettro di Domino può salvarla. Cosa accadrà? E chi è il nuovo nemico delle Winx? Scopritelo leggendo!
(Ambientata tra le puntate 13 e 14 della quarta serie)
Fanfiction vincitrice dei premi Best Long Fic e Best Work-In-Progress nel Ventinovesimo Turno di Never Ending Story Awards
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Oritel, Roxy, Specialisti, Winx
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 12

Bruschi risvegli



Quello che Roxy percepì non appena fu completamente sveglia fu l'odore di disinfettante tipico degli ospedali. Il fatto che suo padre fosse accanto a lei e che dormisse con le braccia incrociate sul morbido materasso di quel lettino di ferro, le faceva capire che doveva essere davvero finita in ospedale.

Solo non riusciva a spiegarsi la presenza di quello strano ragazzo vestito di una casacca blu, di un paio di pantaloni dello stesso colore, con ai piedi un paio di stivali neri di cuoio lucido, gli occhi di colori diversi e i capelli corvini, che se ne stava impettito di fronte al suo letto. Era molto alto e il suo fisico era asciutto e ben proporzionato.

Roxy si sentì arrossire, non solo perché lo trovava molto bello, anzi, era probabilmente il problema minore: era il modo in cui lui la guardava, con quella curiosità puramente accademica, come se lei fosse una specie di fenomeno da baraccone, a metterla a disagio.

S-sei un infermiere?” si costrinse a chiedere, per rompere il silenzio e quello scambio di sguardi davvero troppo imbarazzante.

Si maledisse per quanto era sciocca quella domanda e per quanto dovesse esserlo sembrata a lui: era troppo giovane, per essere un infermiere.

Lui sbatté le palpebre. Il suo occhio destro era blu, di un colore che ricordava molto quelli di Roxy, mentre l'altro era dorato ed era, secondo lei, quello più inquietante, forse proprio perché era così particolare.

Ma oltre alla bellezza, il ragazzo non sembrava avere il dono della parola. O almeno quello dell'educazione. Si voltò e afferrò la tenda tirata intorno al letto di Roxy senza degnarla di una risposta. Klaus, ancora, dormiva accanto a lei, non si era accorto di niente e forse era meglio così: non era detto che avrebbe preso così bene la presenza di quel ragazzo sconosciuto.

Ehi!” esclamò Roxy, per richiamare indietro lo sconosciuto. Lui si fermò e si girò quel tanto che bastava perché lei potesse vedere solo l'occhio dorato. Deglutì. Visto da quell'angolazione, sembrava non solo bello, ma anche regale. Tutto in lui, anche il più piccolo movimento, lo sembrava. E lei si sentì molto goffa, su quel letto, coperta solo da una misera coperta e da una camicia da notte rosa che, di sicuro, non era sua. “Dove stai andando, adesso?”

A chiamare Faragonda.” rispose solo lui. Aveva un timbro profondo, e il suo tono era gentile. Era un genere di voce che non aveva mai sentito e le venne da pensare che quel tipo dovesse venire di un altro pianeta.

No, aspetta!” gridò, ancora. Klaus si mosse nel sonno, ma non si svegliò.

Il ragazzo si fermò e attese, senza parlare, che lo facesse lei.

Sai che fine ha fatto Artù?”

Lui la valutò per un istante con il suo sguardo penetrante e non rispose. Roxy si sentì molto a disagio e cominciò a tormentare la coperta con le mani. “E' il mio cane.” si sentì in dovere di spiegare, per spingerlo a parlare. “Non vorrei che gli fosse successo qualcosa di male... io... io ci tengo molto e anche lui tiene molto a me. Non potrei mai perdonarmelo, se gli fosse successo qualcosa!”

Quando alzò lo sguardo, credette che lui se ne fosse andato via senza ascoltarla e fu stupita di vederselo davanti, accanto all'apertura della tenda che aveva lasciato di nuovo andare. “Mi dispiace.” le disse soltanto. “Non l'ho visto. Non era con noi, quando... quando siamo partiti.”

Il cuore di Roxy sprofondò e gli occhi le si riempirono di lacrime. Quel ragazzo le sembrava così freddo e insensibile, alla faccia della sua bellezza; non riusciva neanche a guardarlo negli occhi mentre stringeva più forte la coperta e singhiozzava, sperando che il suo adorato cagnolino stesse davvero bene. Non ricordava cosa era successo esattamente, sapeva solo che era stata con lui nel boschetto sopra Gardenia, lì dove ci sarebbe stata una gara di aquiloni, e che poi aveva avuto una strana sensazione. Era svenuta, quindi, e aveva perso ogni traccia di Artù.

Ma dov'erano le Winx, adesso? E perché lei era sola con un ragazzo gelido e suo padre?

Che cosa mi è successo?” chiese, anche se non era sicura di voler ricevere una risposta. “Partiti per dove?”

Ti spiegherà tutto Faragonda.” rispose il ragazzo.

Roxy credette di non capire. Scosse la testa. “L-la preside di Alfea?”

Il ragazzo inarcò un sopracciglio. “Ovvio.”

Ovvio un cavolo!” sbottò in risposta lei, fissandolo in cagnesco, ma non ci riuscì per molto tempo, perché qualcosa nell'espressione smarrita sul volto di lui le fece perdere il cipiglio severo, in favore di una risatina, cosa che riuscì a mandarlo ancora più in confusione. Era il ragazzo più strambo che le fosse mai capitato di incontrare. “Comunque, io mi chiamo Roxy. E tu?”

Zephiro.” la risposta di lui sembrò arrivare ancora prima che avesse il tempo di comprendere cosa stava facendo. L'espressione stupita di lui pareva dare credito a questa teoria. E forse Roxy non era del tutto in torto.

Decise di prendere la cosa a proprio vantaggio. Si mosse leggermente sul letto e lo fissò, cercando di assumere un tono quantomeno risoluto. “Dove siamo? E dove sono le mie amiche?”

Siamo ad Alfea.” lui sospirò. “E le tue amiche... le tue amiche sono partite.”

Partite? E per dove? E perché mi hanno portato ad Alfea? Cosa ci fa qui mio padre? E...”

Senti,” lui agitò le mani in aria, con l'intento di farla smettere di porre domande. “ti spiegherà tutto meglio la preside... io... io non ci capisco niente.” scosse la testa e sparì così velocemente che Roxy credette che volesse scappare da lei e dalle sue domande.

L'ultima fata della Terra rimase immobile a guardare il paravento nel punto in cui era sparito Zephiro – così aveva detto di chiamarsi quello strano ragazzo – e a finire di porre quesiti sempre più ingarbugliati alla propria testa.

Ogni volta che rifletteva su quello che era successo, incapace di capirci più di lui, tornava a pensare a lui e al suo strano nome, al suo portamento e alla sua scarsa loquacità. Si chiedeva chi fosse e come mai fosse stato con lei, nel momento in cui si era risvegliata. E, se era davvero ad Alfea, come poteva essere che ci fosse anche suo padre?

Non riusciva a spiegarsi questa cosa. Forse era tutto uno scherzo della sua mente, magari era ancora addormentata e quel ragazzo era solo un parto della sua immaginazione.

Decise di no, però: era difficile riuscire a sognare un tipo così poco attraente, lasciando perdere un punto di vista più puramente fisico. Perché era uno schianto, molto simile agli Specialisti, non possente come Sky o Riven, ma quello di Zephiro era un fisico che comunque si lasciava guardare con grande piacere.

Arrossì, rendendosi conto di quali pensieri le stavano attraversando la mente. “Ma che cosa vado a pensare!” sbottò. Le era capitato altre volte di guardare dei bei ragazzi, ma mai come allora le sue emozioni erano state così forti.

Il solo fatto di essere ad Alfea avrebbe dovuto farle un effetto maggiore, avrebbe dovuto occupare gran parte delle sue preoccupazioni e sogni. Era nella scuola per fate, la stessa che anche le Winx avevano frequentato prima di diventare le meravigliose paladine della gente di Gardenia, le coraggiose ragazze che l'avevano protetta dalla minaccia degli Stregoni del Cerchio Nero. Era in quel luogo che l'aveva messa in soggezione dal primo momento in cui ne aveva sentito parlare!

Il solo nome, Alfea, che dava, in chi lo ascoltava, un senso di fiabesco e magico, per lei era sempre stato motivo di timore: un giorno, anche lei – così aveva detto Bloom – avrebbe studiato lì, sarebbe diventata una fata, avrebbe incontrato ragazze che volevano imparare la magia buona, come lei.

Ma Roxy sapeva che non era così, che non erano come lei. Perché le altre ragazze che avrebbe conosciuto in quel futuro ipotetico, avrebbero saputo così tante cose sulla magia che lei neanche immaginava perché erano cresciute a stretto contatto con essa, fin dalla più tenera età. Lei aveva scoperto solo da pochi mesi di essere una fata, figuriamoci se poteva conoscere qualcosa del mondo magico. Sarebbe stata lo zimbello di tutta la scuola.

Il nome di Alfea era terribile come il Cerchio Bianco che portava al dito e che, una volta, era stato il tramite che aveva permesso a Nebula di possedere il suo corpo. Era ancora lì, quel dannatissimo costrutto magico, e sembrava scintillare più che mai, forse per via dell'aria che lei stava respirando. Non era più densa, non sapeva di magia. Era semplicemente aria. Chissà perché, si era immaginata che Magix sarebbe stato un luogo dove niente avrebbe assomigliato alla sua adorata Gardenia. Invece, l'aria era identica.

Senza svegliare suo padre, decise che voleva dare un'occhiata in giro. Non voleva svegliarlo per una semplice ragione: voleva affrontare da sola quella piccola battaglia, era una cosa che riguardava solo lei e nessun altro, neanche il suo adorato genitore che l'aveva seguita fino ad Alfea. Chissà cosa ci faceva lì e come ci era arrivato.

Uscì dal suo piccolo rifugio e capì subito di essere in un'infermeria.

Le sfuggì uno sbuffo divertito: era un'infermeria così come ce n'erano tante, anzi, c'era da dire che persino quella della sua scuola a Gardenia era infinitamente più fornita di quella, che pareva contenere solo due letti e un armadietto dei medicinali con dentro roba colorata che sembrava chiedere a chiunque fosse malato di starvi lontano. Forse quella scuola, in fin dei conti, non era poi tutto questo granché e le Winx erano solo la proverbiale eccezione che confermava la regola.

Andò alla finestra.

Non era preparata alla vista mozzafiato che aveva di fronte.

Si era aspettata un luogo buio e pieno di fulmini, pipistrelli alati e strade putrescenti piene di gente bieca, magari di qualche troll e di streghe con le verruche sul naso. Le scuole di magia, nei libri, non avevano niente di così lontanamente bello come il parco smisurato che si stendeva sotto i suoi occhi, neanche le mura rosa del castello luminoso e pieno di vetrate, le alte torri con i tetti azzurri. E che dire di quel cancello a ventaglio, che pareva fatto di vetro? O la rigogliosa foresta che si perdeva al di là del muro di cinta?

Roxy rimase semplicemente a bocca aperta nel vedere degli strani mezzi di trasporto volanti che si fermavano nel parco e ne facevano scendere alcune ragazze.

Vedo che sei già in piedi, Roxy.” la voce dolce di una donna anziana ruppe quel momento di meravigliata contemplazione.

La ragazza si voltò, sgranando gli occhi, quando vide la preside Faragonda in persona che le sorrideva bonariamente. Era proprio come la ricordava, dall'ultima volta che l'aveva vista dal computer di Tecna: con i capelli bianchi e gli occhiali a mezzaluna, il sorriso dolce e comprensivo di una nonna. In lei, però, c'era anche una certa aura di potere che, dal vivo, era molto più presente che attraverso uno schermo.

Anche Zephiro era tornato, stava a debita distanza dietro la preside e osservava la scena con una compostezza militare, le mani intrecciate dietro la schiena. Se aveva pensato che era strano, Roxy adesso credeva di poterlo confermare al duecento percento.

Sono felice di poterti conoscere di persona, mia cara.” continuò Faragonda. “Zephiro ha detto che, non appena sveglia, hai cominciato a fare un mucchio di domande!” ridacchiò.

Roxy arrossì. Ho fatto un'altra volta la figura della stupida, pensò.

Faragonda rise di nuovo. “Non ti preoccupare, mia cara.” disse, come se si fosse resa conto di cosa passava nella mente della ragazza. E Roxy pensò che potesse davvero essere così. “E' normale che tu abbia delle domande e io sarò più che felice di risponderti, però, non adesso. Vorrei che tu ti riprendessi ancora un po'.”

Ma io sto benissimo!” protestò Roxy. “La prego, mi dica che cosa ci faccio qui!”

Faragonda scosse la testa. “E' ancora presto e devo sbrigare alcuni affari urgenti, prima di poterti ricevere adeguatamente. Vorrei parlare con Grizelda, prima di tutto. Volevo vedere se stavi bene come Zephiro mi ha detto e mi sembra che non abbia affatto esagerato.” si voltò verso di lui che, invece, non stava facendo una piega. Sembrava addirittura essersi fossilizzato sul posto.

Roxy si chiedeva che cosa mai potesse aver detto, oltre al fatto di essere stato mitragliato di domande. “Ma io...” provò di nuovo.

Beh, dato che sembri così impaziente di fare qualcosa,” continuò Faragonda. “mi sembrerebbe un'ottima idea farti visitare la scuola. Che cosa ne pensi?”

Ma...”

Faragonda alzò una mano e questo ebbe il potere di porre fine a tutte le sue obiezioni.

Roxy si chiese se non fosse stata opera di una magia, ma no: era solo il senso di rispetto che scaturiva da quella donna.

La preside si voltò verso il ragazzo alle sue spalle. “Zephiro, vorresti essere tu a farle vedere la scuola?”

Gli occhi vuoti di Zephiro si riempirono della luce della sua ritrovata presenza mentale. Si girò a guardare Faragonda, ma Roxy non avrebbe saputo dire se era più incredulo o terrorizzato. “Io?” domandò. “Perché io?”

Sarebbe molto carino da parte tua, visto che sei rimasto con lei fino al suo risveglio.”

Roxy, stupefatta, non riuscì a non guardare lui che, invece, era diventato rosso fin sopra le orecchie. “Ma, preside... sono in punizione!”

Oh, lascia perdere, parlerò io con Grizelda. Roxy ha bisogno di svagarsi.” concluse Faragonda, rivolgendogli un sorriso. “E mi farebbe piacere se fossi tu, caro Zephiro, a fare gli onori di casa.”

L'espressione incredula sul volto di lui si trasformò in una smorfia risoluta. Si impalò di nuovo in quella postura rigida in cui sembrava trovarsi tanto a suo agio.

Roxy non sarebbe stata stupita se avesse fatto cozzare i tacchi degli stivali.

Come...” Zephiro deglutì. “Come comanda, preside.”

Roxy alzò gli occhi al cielo.


La visita guidata di Alfea fu una vera noia. Il suo anfitrione era l'essere più noioso esistesse al mondo; non aveva detto che qualche parola e solo per dire: “questa è l'aula di questo, questa è l'aula di quest'altro, questa è la biblioteca e di là ci sono i bagni e gli appartamenti delle studentesse”. Quando lei faceva qualche domanda, lui si limitava a rispondere con un grugnito o un monosillabo.

Roxy lo trovava irritante, tanto che, già dopo la prima rampa di scale che avevano sceso per arrivare al più ampio e bel corridoio che avesse mai visto, aveva deciso che Zephiro le stava molto antipatico e che, con lui, non avrebbe più voluto averci niente a che fare.

Aveva deciso, inoltre, che invece di dedicarsi a lui, doveva guardare le bellezze di Alfea, i marmi pregiati, la luminosità dei corridoi e la magnificenza di ogni atrio e delle decorazioni e delle rifiniture di quel castello maestoso e colorato, che dava un vero senso di pace.

Ricordava molto la bontà e l'amore che le fate avrebbero dovuto portare nel mondo. E la vista dalle ampie vetrate che lasciavano entrare la brillante luce mattutina la rilassava. Le sarebbe molto piaciuto andare un po' all'aperto, annusare l'aria della Dimensione Magica, perché, adesso, era convinta che avrebbe avuto un altro sapore, che avrebbe sentito un profumo intenso e diversissimo da quello che aveva potuto percepire sulla Terra.

Anche gli animali fatati che, ogni tanto, svolazzavano di qua e di là nel castello, per lei, erano motivo di meraviglia, perché erano completamente diversi da quelli che avevano creato le Winx, quelli che curavano nel loro Love & Pet e che lei aveva prelevato a migliaia.

Possiamo andare nel cortile?” domandò, rivolta a Zephiro che si era fermato in mezzo al corridoio come se fosse stato una specie di automa. Faceva sempre così: ogni volta che Roxy si fermava ad ammirare qualcosa, lui si fermava e riprendeva a muoversi solo quando lei gli si posizionava a fianco.

Se vuoi.” le rispose.

Roxy gli si affiancò di nuovo e allora Zephiro riprese a camminare. Per lei, quel ragazzo con gli occhi dal colore diverso, era davvero un mistero.

Tu parli sempre così poco?” gli domandò, incapace di trattenersi.

Lui si voltò a guardarla, aveva un'aria curiosa, come se la domanda gli risultasse strana. Indicò una porta aperta sulla loro destra. “Questa è l'aula del professor Palladium.” lo disse come per smentire il fatto che parlasse poco.

Roxy non avrebbe potuto sentirsi più sconcertata, se le avesse sputato addosso. L'attimo dopo avevano già ripreso a camminare lungo i corridoi. Ancora non c'era nessuno, neanche una studentessa. “Ma come mai Alfea è così vuota?”

La sua voce rimbombava nel silenzio dei corridoi e le pareva quasi di aver svegliato l'intero castello.

Non è vuota.”

Roxy si sentiva sempre più frustrata e arrabbiata. Avrebbe voluto colpirlo con un pugno e chiedergli quale fosse il suo problema. Non sapeva neanche lei perché si trattenesse.

Quanti ragazzi ci sono, nella scuola?” insistette.

Ragazzi?” fu la sua unica risposta.

Intanto erano arrivati nell'atrio deserto come il resto della scuola. Un'ampia scalinata che si allargava mano a mano che si scendeva si stendeva di fronte a loro e portava verso le porte principali di Alfea.

Roxy non aveva mai visto niente di più magnifico, ma non bastò per sanare la sua voglia di uccidere quel bamboccione.

Sì! Ragazzi! Quanti altri stupidi come te ci sono, in questa scuola?” sbottò, acida, squadrandolo in cagnesco. Lo stupore sul volto di lui si acuì.

Stupidi come me?”

Esatto.” ringhiò Roxy, a denti e pugni stretti. “Stupidi come te.”

Zephiro sbatté le palpebre. “Intendi studenti... studenti maschi?”

No! Intendo proprio stupidi imbranati!” gridò Roxy e stavolta non lo aspettò. Non voleva più vederlo in tutta la sua vita, non avrebbe risposto delle sue azioni, altrimenti. Si avviò a grandi passi giù per le scale; voleva mettere più distanza tra loro possibile, pur di non vedere più la sua faccia da fesso che la guardava come se stesse parlando una lingua straniera o avesse una lingua forcuta o cose del genere. Lei non li sopportava proprio, i maschi, se erano tutti così.

Sperava che gli altri non fossero come lui e che, anzi, conoscessero un po' di buone maniere.

L'aria esterna era più fresca e l'odore era davvero diverso da quello della Terra: la brezza leggera portava le fragranze degli alberi oltre le mura e il cielo era splendente e privo di nuvole. Ce n'erano solo un gruppo molto lontano e scuro, quasi non riusciva a scorgerle, tanto erano lontane. Da quelle parti, doveva esserci un brutto temporale. Ma aveva comunque una brutta sensazione che la fece rabbrividire e che la fece stringere nelle spalle. Non era il freddo della mattina che, anzi, era anche piuttosto calda anche per la primavera, erano proprio quelle nuvole a metterle quella sensazione di gelo addosso.

Ehi, tu! Roxy. Roxy, aspetta! Non puoi allontanarti!” Zephiro le corse dietro, fin nel porticato che precedeva il giardino dove la ragazza si era fermata. Avrebbe voluto non aspettarlo, ma la sua presenza, scoprì, era rassicurante: quel mondo sconosciuto e sconfinato, era meglio affrontarlo con qualcuno che ci era vissuto.

Che cosa c'è laggiù?” lei indicò le nuvole scure e sperò che Zephiro potesse risponderle senza dire qualcosa di stupido. Lui guardò nella direzione del suo dito puntato e tacque, come se anche lui fosse stato colpito dalla stessa sensazione di gelo. “Allora?”

Zephiro distolse lo sguardo. “Torrenuvola.”

Torrecosa?”

Torrenuvola.” ripeté lui. “La scuola delle streghe.”

Roxy sgranò gli occhi, stupefatta. “C'è una scuola anche per le streghe? Quelle con le verruche al naso e i cappelli a punta?”

Zephiro girò la testa per nasconderle un sorriso divertito. “Sì, alcune sono così.”

Roxy fu stupefatta più di quello che gli aveva visto fare che del fatto che esistessero davvero streghe con le verruche. Guardò il ragazzo, i cui occhi si erano spostati nel parco della scuola e lo sondavano silenziosamente. Roxy si chiedeva cosa gli passasse per la testa e chi fosse in realtà quel misterioso ragazzo.

Posso farti una domanda?”

Lui sembrò risvegliarsi da un sogno agli occhi aperti e si voltò di nuovo verso di lei. Si limitò a fissarla, e Roxy pensò che fosse il suo modo per dirle di andare avanti. Allora si fece coraggio e prese un lungo respiro.

Perché sono stata portata ad Alfea?”

Per salvarti.”

Roxy sbatté le palpebre. “Dagli Stregoni del Cerchio Nero?”

Lui la squadrò come se si stesse chiedendo se venisse preso in giro. “No.” disse, infine.

E allora da cosa?” Roxy si stava di nuovo alterando. “Oh, insomma,” sbottò, infatti, stufa di ricevere solo monosillabi in risposta. “non sai fare un discorso senza venire imboccato ogni due per tre? Voglio sapere cosa è successo! Per quanto tempo sono rimasta addormentata? Prima di svegliarmi ero nella mia città, a Gardenia, e ora sono qui ad Alfea, nella scuola per fate, c'è mio padre e le Winx non sono qui! Che cosa sta succedendo?”

Zephiro aprì la bocca per rispondere e Roxy non ci poteva credere, stava quasi per mettersi a ballare di gioia perché finalmente avrebbe ricevuto le risposte che neanche Faragonda aveva voluto darle, dicendole che doveva parlare con una certa Grizelda. Però dalla sua bocca non uscì alcun suono: i suoi occhi di colore diverso si spostarono oltre la sua spalla, e allora il suo viso pallido, se possibile, divenne ancora più bianco.

Quando Roxy si voltò per guardare che cosa gli avesse fatto avere quella reazione, si accorse che era un gruppetto di ragazze, guidato da una ragazza con i capelli biondi legati in due code. Sembravano molto allegre e affiatate. Roxy capì che erano delle studentesse, dato che non erano poi molto più vecchie di lei, anzi, la più piccola tra di loro sembrava non avere più di quindici anni ed era come se seguisse le altre da lontano; tentava di tenersi al passo con loro ed era la più goffa del gruppo. Immaginava che lei, una volta entrata a scuola, non sarebbe stata da meno e che, forse, sarebbe stata addirittura presa in giro. Non voleva entrare ad Alfea, non aveva intenzione di fare la fine di quella povera ragazza.

Zephiro, dietro di lei, gemette. “Vieni via.” le sussurrò.

Cosa?”

Le afferrò la mano. “Non parlare! Vieni via!” e così dicendo la strattonò di nuovo dentro la scuola.


§


Musa scosse la testa, confusa e non del tutto sicura di dove si trovasse. Sapeva solo di avere addosso le facce preoccupate di Aisha, Flora e Nabu. Le immagini, però, che ricordava erano ancora molto confuse. C'era una Furia, con lei, una Furia che si fingeva disperata, e c'era Stella... che usava un potere benefico e magnifico. Era stato un sogno davvero strano; non credeva che, potendo scegliere, avrebbe scelto lei per sconfiggere la Furia, anche se Stella era di certo una delle sue migliori amiche.

Che... che succede?” domandò, con la voce impastata dal sonno. Poi, come un lampo, ricordò tutto: il suo incontro con Jason al bar, la faccia spiritata di Riven, la sua lotta contro di lui, e anche la trasformazione dello stesso Jason che, per motivi inspiegabili, si era alleato con Riven come se, anche lui, fosse stato contagiato dal potere di una Furia. L'ultima cosa che ricordava era che una di quelle creature maligne aveva raggirato e catturato anche lei.

Si alzò a sedere di scatto, facendo gridare le sue amiche per lo spavento. Ricordava tutto, e si sentiva il cuore rimbombare nelle orecchie. “Riven!” gridò, improvvisamente del tutto sveglia. “Dov'è Riven?”

Flora e Aisha si scambiarono un'occhiata, stavano esitando e la cosa non fece che allarmarla ancora di più. Il cuore le era arrivato letteralmente in gola.

Ragazze?” le chiamò. “Ragazze... non fate scherzi, che sta succedendo?”

Ecco...” balbettò Aisha, ma fu Nabu a parlare e aveva l'aria contrita proprio come le due Winx: . “Riven è scappato.”

La fata della musica sgranò gli occhi. “Che... che cosa?”

Aisha distolse lo sguardo. “E' colpa mia, avrei dovuto imprigionare anche lui nel Morphix!”

Pensavo che le liane avrebbero retto!” raccontò Flora, posandosi le mani sulle guance, evidentemente mortificata.

Non è stata colpa tua, Flora. Non potevamo sapere che avrebbe usato quell'attimo di distrazione per strappare le liane!” la consolò Aisha, mettendole una mano sulla spalla. “Con tutto quel vetro non era certo difficile.” disse, rabbuiata. “Se c'è qualcuno da biasimare, quella sono io che non ho agito in fretta!” sospirò e si rivolse a Musa con un sorriso rassicurante. “La cosa più importante, però, è che sei riuscita a liberarti della Furia, Musa.”

Siamo così sollevate!” esclamò Flora, con trasporto. “Stavamo per contattare Faragonda. Timmy è al computer da un'ora, che cerca di mettersi in contatto con la preside, ma non risponde nessuno...”

E' successo qualcosa?” Musa non immaginava cos'altro avrebbe potuto accadere oltre quello. Riven era scappato. Era sotto il controllo di una Furia ed era scappato chissà dove, a combinare chissà che cosa. Si posò una mano sulla fronte. “Sta andando tutto a rotoli!”

Aisha scosse la testa. “Non avere notizie è così frustrante!” esclamò, stringendo i pugni, tremante. “Ma piuttosto... come hai fatto a ristabilirti? Credevamo che ti avesse presa una Furia! Sei riuscita a liberartene?”

Musa sbatté le palpebre. “Beh...” si fermò, impensierita. “In realtà, non capisco.” ammise. Gli sguardi si posarono su di lei, confusi e lei alzò il proprio verso di loro, come cercando in loro una spiegazione. “Non credo di essere stata io a liberarmi della Furia.”

Che stai dicendo, Musa?” domandò Aisha, per tutti. “Che intendi?”

Non lo so.” ammise la fata della musica, guardandosi i palmi delle mani. C'erano piccoli tagli e ferite che si era procurata durante la battaglia con Riven. “Non ne sono sicura. Penso che sia stata Stella.”

Stella?” ripeté Flora. “Ma come... ha usato lo Scettro?” il suo tono si era fatto urgente e speranzoso. “Vuoi dire che... oh, ma è magnifico!”

Musa scosse la testa. “Non so cosa fosse, ma da come Faragonda ha descritto i suoi effetti non mi pare. È stato come se una sferzata di sentimenti positivi fosse entrato dentro di me e avesse distrutto la Furia che mi stava corrodendo. Non è qualcosa che è partito da me... veniva da Stella. Forse ho sognato tutto. Non so spiegarvelo meglio di così, ragazze, scusatemi.”

Non appena ebbe finito di parlare, il silenzio cadde pesante. Poi la fata dei fluidi scosse la testa e si aggrappò al collo di Musa, stringendola forte. “Qualunque cosa sia stata, sono felice che tu sia ancora con noi!”

Musa si sentì commossa dal gesto di Aisha e non poté fare altro che abbracciarla a sua volta, felice di poter sentire il contatto amorevole di una delle sue migliori amiche. Rimasero così per un po', e quando si separarono lo fecero perché Musa aveva bisogno di risposte.

Dov'è arrivato Riven?” si guardò intorno. ”L'avete preso?”

Flora abbassò lo sguardo e si rabbuiò, anche Aisha distolse lo sguardo. La loro reazione fu preoccupante. “E Jason?” Musa sentiva sempre più la tensione crescere, soprattutto perché le sue amiche sembravano così reticenti. “Ragazze... cos'è successo? Parlate! Non preoccupatevi di dirmi qualcosa di male... sto bene! E devo sapere se è successo qualcosa ai nostri ragazzi!”

Fu di nuovo Nabu a prendere in mano la situazione: “Sono scappati anche loro.” borbottò, così piano che Musa ebbe un po' di difficoltà a sentirlo, era come se il mago avesse parlato in quel modo come per negare anche a se stesso che fosse successo.

Loro chi?”

Helia.” ammise Floria. I suoi occhi, già colmi di lacrime, dissero alla fata della musica che la sua amica stava compiendo uno sforzo enorme per non mettersi a piangere. “Anche lui è stato... preso. È stato... è stato terribile.”

E come è potuto accadere?”

Aisha si strinse nelle spalle e si passò le mani sulle braccia come se avesse avuto un improvviso brivido di freddo e fu Flora di nuovo a parlare. “Stava combattendo contro gli altri... un attimo prima era il mio Helia e l'attimo dopo...”

Flora singhiozzò e Aisha proseguì nel racconto, come se questo potesse bastare per scacciare il dolore della sua amica. “Ti stavamo soccorrendo, quando Riven è riuscito a scappare. Abbiamo lasciato a Nabu il compito di riportarti indietro e Aisha ed io siamo corse dietro a Riven... Jason e Helia” deglutì, nel dire il nome dello Specialista. “erano nel Morphix, non avrebbero creato problemi... o almeno così credevo. Che stupida a pensare una cosa del genere!” scosse la testa, contrariata.

Insomma, quando siete tornate non c'erano più?” capì Musa, fissando prima l'una e poi l'altra, allarmata. “E ora dove sono?”

Aisha si rabbuiò. “Abbiamo perso di vista Riven e, quando siamo tornate indietro, anche gli altri due erano spariti.”

Ma... il Morphix...”

Lo hanno distrutto.” nella voce di Aisha c'era un fremito di rabbia e il suo pugno tremante lo confermò. “Non so come hanno fatto. Deve essere una specie di potere delle Furie. Se il loro potere è forte, allora il nostro si indebolisce, come quello che succede se le persone non credono in noi. Solo che, stavolta, sono i sentimenti negativi che ci indeboliscono.”

Perché non siamo abbastanza pronte e piene di sentimenti positivi che possano contrastarli.” capì Musa.

Guardò Flora che era andata ad affacciarsi alla finestra, guardando fuori con aria malinconica. Era mortalmente pallida e poteva capire benissimo quanta paura provasse per la sorte del suo fidanzato. Anche lei era molto tesa, pensava a Riven che l'aveva attaccata, a Jason che era impazzito con lui... poteva benissimo capire come si sentisse la sua amica e avrebbe voluto chiederle di andare pure a cercare il suo ragazzo, piuttosto che rimanere lì. E il fatto che il Morphix fosse stato distrutto era particolarmente preoccupante, oltre al fatto che tre persone contagiate dalle Furie erano scappate.

Forse è meglio se torniamo ad Alfea” propose. “e chiediamo l'aiuto di Faragonda. Ma dove è finita Bloom? Non è ancora...”

Aisha scosse la testa e la fata della musica, per quel suo gesto così definitivo, si sentì raggelare. “E'... è successo qualcosa? Non è che...” il pensiero la faceva terrorizzare. “Non è che Timmy non riesce a mettersi in contatto perché è successo qualcosa alle nostre amiche o ad Alfea?”

Musa, calmati!” esclamò Aisha, posandole un braccio sulla spalla. “Ti sei appena svegliata e non sappiamo...”

La fata della musica scacciò la mano con un gesto e gettò le gambe oltre il letto. “Senti, Aisha, Riven, Helia e Jason sono stati attaccati da una Furia e sono scappati, e gli altri sono tutti spariti e non danno notizie di loro! Non c'è tempo davvero per pensare a me! Dobbiamo trovare i nostri ragazzi e Jason e impedir loro di nuocere finché Bloom non tornerà da Domino! Che cosa sta facendo? Vi ha detto niente? Perché non è ancora qui?”

Di nuovo, gli sguardi lontani dei suoi amici che non riuscivano neanche a guardarla negli occhi parlarono molto più di quanto avrebbero potuto usando la voce.

Sta succedendo di nuovo,” le parole di Flora le riscossero e fecero distogliere tutti e tre dalla discussione per dare attenzione a lei. “proprio come accadde ai guerrieri che seguirono le fate su Domino, proprio come allora. Amici che combattevano contro gli amici e che uccidevano, prima di venire uccisi..” gli occhi le si riempirono di nuove lacrime.

Flora....” chiamò Aisha sollevando una mano verso di lei, come se volesse toccarla e non potesse.

La fata dei fiori alzò lo sguardo e nei suoi occhi brillava la più assoluta risolutezza; per quel che la riguardava, aveva deciso che cosa voleva fare. “Ha ragione Musa: dobbiamo cercarli e catturarli prima che sia troppo tardi. Helia... Helia rischia la vita, così come Riven e Jason. Non possiamo rimanere qui con le mani in mano!”

Sì, abbiamo perso fin troppo tempo.” disse Musa. “E potremmo non averne altrettanto.”

Aisha non trovò come controbattere, guardò Nabu che le restituì uno sguardo pieno del suo appoggio. Poteva benissimo immaginare come si sentissero le sue amiche: senza di lui, si sarebbe sentita persa e distrutta e il fatto che Flora fosse rimasta lì fino ad allora, doveva esserle costato uno sforzo immane. Capì di non poterla trattenere ancora e che se lei l'aveva fatto era stato per la preoccupazione per la sua migliore amica e, forse, anche perché covava la speranza che lui tornasse indietro, al Love & Pet, da lei, dalla ragazza che amava.

Non potevano più aspettare, le sue amiche avevano ragione. Annuì. “Avete ragione. Dobbiamo pensare a Helia, Riven e Jason.”

Contate su di me.” Nabu fece un passo avanti. “Se ci divideremo, avremo più possibilità.”

Timmy,” Aisha si rivolse al ragazzo che, incitato dal suo tono autoritario, si era messo sull'attenti, da dietro lo schermo del computer dal quale non si era alzato mai, febbrilmente impegnato sullo schermo del computer. Anche lui, come gli altri, voleva disperatamente ritrovare le altre e i suoi amici Specialisti. “tu, allora, cerca anche di scoprire a che punto sono Bloom e le altre a proposito dello Scettro. E mettiti in contatto con Faragonda. Dobbiamo sapere che cosa è successo. Non possiamo continuare così. Quando saremo di ritorno, i ragazzi dovranno essere con noi, imprigionati oppure liberi dalle Furie.”

Contate su di me, ragazze!”

Le ragazze si scambiarono delle occhiate, poi si presero per mano. “Siamo le Winx.” disse Musa, sorridendo in modo rassicurante a Flora, che si costrinse a fare lo stesso. “Ce la faremo!”

Winx Believix!”

  
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